Capitolo 48: Chi non conosce la morte

Avanzavano lungo la galleria che li avrebbe portati più vicini alla Bestia, lungo la galleria che li avrebbe condotti dinanzi ad un nuovo nemico, ma, i guerrieri guidati da Golia non apparivano sicuri nei loro passi; determinati lo erano di certo, ma avvertire la maestosa potenza del loro nemico aumentare sempre di più, diminuiva le speranze di riuscire, considerando che, fra quelli che avanzavano, alcuni erano già feriti ed altri lo sarebbero stati presto, per via degli scontri.

"Sommo Sacerdote…", esordì dopo alcuni minuti di silenzio Shiqo della Lontra, "il nostro nemico, la Bestia, è… spaventosamente potente; mai avrei creduto che potesse avere un potere tale, come fare contro di lui?", domandò l’Hayoka, "Lo vinceremo, Shiqo, come già abbiamo vinto altri potenti nemici quali Urano, Pontos, Gea e gli Horsemen!", spiegò con sicurezza il cavaliere d’oro.

"Sì, ma quelle battaglie sono costate delle vite e già diversi dei miei compagni Hayoka sono caduti, inoltre non sappiamo cosa ci aspetta ancora e, cosa ben più grave, non conosciamo le sorti toccate ai guerrieri in Giappone, a Mur ed alla Sacerdotessa d’oro che ci è giunta in soccorso…", continuò con rammarico il nativo americano.

In quel momento, Golia si fermò, voltandosi verso l’alleato, "Non possiamo che avere fiducia in chi lasciamo dietro di noi: non è concesso ai comandanti vivere in prima persona ogni battaglia, bensì, devono conoscere i propri compagni e sapere quando è tempo che qualcuno di loro si impegni in uno scontro singolarmente, anche distante da tutti gli amici, se è necessario. Ti posso assicurare, comandante degli Hayoka, che se Botan ha assicurato di aver trovato un modo per salvare i nostri compagni, allora vi è riuscita, inoltre, la Sacerdotessa di Cancer non è guerriero da poco, seppur il suo amore per la vita spesso ne fermi pugno." , concluse il Sommo Sacerdote di Atene, "Ora avanti, avanziamo!", ordinò secco Golia, voltandosi e correndo verso l’uscita della galleria, ormai sempre più prossima.

Dietro i due comandanti, avanzavano anche Lorgash, Elettra, Bow e Daidaros; fu proprio il figlio di Shun a fare una domanda all’Hayoka suo alleato che gli era accanto: "Come mai il vostro comandante non si preoccupa per il compagno che avete lasciato a combattere poc’anzi? Lo dà già per morto?", domandò sorpreso il cavaliere d’argento.

Un triste sorriso fu la prima risposta di Bow dello Storione, "No, Shiqo non si preoccupa di Ash per il semplice fatto che Ash non può essere ucciso… egli è ben diverso da noi, specialmente nel suo modo di combattere", concluse sibilino e dispiaciuto l’Hayoka, seppur, Daidaros non capì quale era la ragione di tale dispiacere.

Ash del Corvo era rimasto da solo con il suo nemico, il Leone Nemeo, che, una volta allontanatisi gli altri guerrieri, si era lanciato come una furia contro l’Hayoka.

Violenti e continui erano stati i fendenti generati dagli artigli dell’essere mitologico, tutti diretti al viso del pellerossa suo avversario; per un’interminabile decina di minuti, Ash subì immobile i colpi dell’avversario, finché questi non si fermò.

Fu allora che gli occhi scarlatti del Leone Nemeo si fermarono sul suo avversario, notando l’orrido scempio fatto del volto, di cui ora si intravedevano, oltre il sangue e la pelle lacera, le ossa rigate, ma, quell’immagine, ben presto si deformò nel sorriso, inaspettato quanto minaccioso, del pellerossa, la cui pelle, dapprima lentamente, poi in modo più rapido, si risanò, permettendo di distinguere chiaramente il sadico sorriso sul viso dell’Hayoka.

"Potente Tifone…", riuscì appena ad esclamare il Leone Nemeo, prima che una pioggia di dardi energetici lo sollevasse da sopra l’avversario, schiantandolo al suolo a diversi passi di distanza.

Ash allora si rimise in piedi, scrutando impassibile l’avversario che ora gli appariva nel suo aspetto umano, non più circondato dal nero cosmo.

Le vestigia, oscure, ricoprivano per intero l’essere mitologico, ricoprendolo come una pelle di leone: le zampe costituivano i gambali, la cinta era coperta dalla coda ed il tronco dal petto stesso della mitologica bestia, mentre la criniera ed una maschera raffigurante la fiera ruggente componevano la difesa per spalle e braccia, ma, più di tutto questo, risaltavano le zampe anteriori che nascondevano completamente le braccia, apparendo come minacciose armi, poiché tre artigli, ognuno grande quanto un arto stesso di quell’uomo, fuoriuscivano dalle mani.

Quella nera armatura integrale, inoltre, era ancora intatta dopo l’attacco di Ash, come se i fasci d’energia non avessero prodotto alcun danno sulla stessa.

"Sembra che tu abbia evitato il mio colpo di poc’anzi, per quanto non capisco come", osservò con un sorriso sorpreso l’Hayoka, guardando il nemico ancora illeso, "Zitto, mostro! Cosa sei tu? Come puoi aver fatto ciò che questi occhi umani hanno visto? Quale folle divinità ti ha donato quei poteri?", ringhiò il Leone Nemeo, interrompendo le parole dell’avversario.

Un macabro sorriso si dipinse sul volto dell’Hayoka, mentre la pallida pelle si deformava divertita e gli occhi si sgranavano, quasi uscendo al di fuori delle orbite, "Donare dei poteri? No, mostro ellenico, ciò che il Corvo pellerossa possiede non è un dono, bensì una tetra maledizione…", replicò sibillino il nativo americano, lanciandosi poi all’attacco del nemico con un rapido balzo in avanti.

Il Leone Nemeo non si fece attendere, anzi rispose a quel balzo con uno scatto altrettanto deciso, portandosi al di sotto dell’addome nemico e piantando con violenza gli artigli sinistri nello stomaco dell’Hayoka.

Un rivolo di sangue bagnò il labbro di Ash, mentre un sorriso ancora maggiore si dipingeva sul suo volto; fu allora che una tetra energia cosmica circondò i pugni dell’Hayoka, che subito scagliò due potenti diretti sulla schiena del mostro nemico, cercando di piegarlo, ma ciò non bastò: già il Leone Nemeo era pronto a subire tali colpi, calando di proposito il ginocchio sinistro, per meglio tener l’equilibrio a seguito dell’impatto. Il figlio di Tifone si rialzò quindi di scatto, sferrando un montante con gli artigli di tale violenza da ledere l’intero addome ed il collo del nativo americano, il quale barcollò indietro per l’onda d’urto del colpo subito, ma troppo lentamente per evitare un secondo colpo del nemico, un attacco ben più potente che recise di netto il braccio destro di Ash all’altezza del gomito.

Il pellerossa concentrò, nello stesso momento in cui subiva l’attacco, la propria energia cosmica nella mano sinistra, colpendo con violenza lo stomaco del Leone Nemeo, tanto da schiantarlo lontano.

Nel momento stesso in cui volò verso il suolo, però, il mostro mitologico vide qualcosa che non aveva nemmeno mai pensato possibile: il sangue che copioso usciva dall’amputazione del braccio sembrava collegare l’arto reciso dell’Hayoka al resto del suo corpo e, d’improvviso, quello stesso sangue iniziò a scorrere al contrario, verso l’interno del gomito, riavvicinando la parte amputata finché questa non si riattaccò al braccio. E, come quella ferita più grave, anche le altre subite da Ash si richiusero immediatamente, senza lasciare segno alcuno sull’Hayoka.

"Mostro…", balbettò lo sconcertato Leone Nemeo, "Potrei dire lo stesso di te", ironizzò il pellerossa, toccandosi il labbro lì dove poc’anzi era apparso un rivolo di sangue, ora assente, "ma preferisco capire come fai ad essere ancora illeso, poiché tutti i miei colpi ti hanno raggiunto, senza però scalfire nemmeno la tua armatura." , analizzò l’Hayoka, osservando il nemico, che non aveva nemmeno una ferita, o il minimo danno alle vestigia.

"Sono il Leone Nemeo, fin dall’era del Mito nessuno riuscì mai a scalfirmi; Ercole stesso dovette soffocarmi per togliermi la vita, non potendo lenire la mia pelle invincibile!", spiegò con orgoglio l’essere mitologico.

"Può anche essere, ma quella che indossi non è la tua pelle, poiché sei solo un invasore nel corpo di un uomo mortale… quindi è nel cosmo che emani il segreto di questa tua invulnerabilità." , analizzò l’Hayoka avanzando, "Invulnerabilità che ben presto rivelerò, poiché è tempo che ti mostri il mio primo attacco!", tuonò ancora Ash, espandendo il tetro cosmo che lo circondava, mentre nere piume sembravano disporsi attorno alla sua persona, "Dark Feather!", esclamò infine.

Le piume oscure del Corvo pellerossa partirono dall’armatura dell’Hayoka, scagliandosi ad incredibile velocità contro il nemico che, immobile, attese l’avvicinarsi dei colpi nemici, impassibile, finché, al momento dell’impatto, quei tetri dardi si distrussero come se un’invisibile barriera li avesse frantumati poco prima del contatto, una barriera che, però, Ash vide chiaramente, mentre si ritirava: il suolo stesso si era sollevato attorno al Leone Nemeo, proteggendolo!

"Dunque è questo il misero trucco della fiera invulnerabile del Mito greco? Sollevare il terreno a propria difesa?", domandò, chiaramente deluso, l’Hayoka, "Non sottovalutare il potere della Pietra che mi vide vincere centinaia di nemici… mai potrai con questi semplici attacchi sperare di superarla, ma, ora permettimi di fare altrettanto su di te, testando queste tue immonde capacità difensive!", tuonò di rimando il mostro mitologico, mentre una nera e devastante energia circondava, come un maglio di pietra, l’avambraccio del Leone.

"Prego, accomodati… sferra su di me il colpo con cui hai vinto a tradimento Vake del Serpente", replicò, con un leggero inchino, ed un malefico sorriso, l’Hayoka, "Grande Artiglio!", fu l’unico urlo di rimando del nemico.

Tre solchi si aprirono dal maglio di pietra, segnando il terreno e volando feroci verso Ash, che, immobile, attendeva come poc’anzi il suo avversario, mentre le lame energetiche si richiudevano in una sfera oscura che rapida trapassò il petto dell’Hayoka all’altezza del cuore, lasciandolo barcollare indietro per alcuni secondi, prima che la ferita stessa si richiudesse. Il Leone Nemeo riuscì persino a vedere ogni singolo legamento e muscolo, persino i vasi sanguigni e le ossa danneggiate, ricomporsi; solo l’armatura rimase danneggiata, mostrando il punto che quel possente attacco aveva perforato.

"Quale orrido maleficio!", ringhiò il figlio di Tifone, "Come per te, anche il mio cosmo ha delle virtù difensive… piuttosto particolari", rise ironico l’Hayoka, prima di rimettersi in guardia, "ma ora basta scherzare, ho voglia di scoprire fin dove può arrivare la tua difesa prima di liberare quel corpo dall’orrido dominio che hai su di esso!", esclamò soddisfatto il pellerossa.

"Io non ho tutto questo tempo per giocare, folle mostro!", tuonò infuriato il Leone Nemeo, "Le creature immortali come te, che per millenni hanno sofferto la dannazione del Tartaro, pensavo avessero una considerazione più vasta del tempo, di quella che può avere un uomo mortale, che vede la propria luce spegnersi in un batter di ciglia…", rifletté infastidito Ash, mentre avanzava tranquillo verso il nemico.

"Cosa puoi saperne tu della dannazione eterna a cui siamo stati soggetti noi, figli di Tifone? Nostro padre sigillato e noi costretti alle sofferenze del Tartaro, l’Oscura Valle priva di luce, un luogo in cui anche le speranze sono schiacciate da urla di interminabile prigionia e sofferenza… urla che non voglio più sentire, né mia sorella deve più sentirle! Lei, la Sfinge, è ora intenta a combattere una nemica di cui non conosco i poteri, una guerriera che pare sapere come contrastarla." , analizzò titubante il Leone Nemeo.

"Nemmeno immagini quanto sia potente quella Sacerdotessa d’oro. Di certo la Sfinge sarà già tornata nella valle del Tartaro a soffrire indicibili dannazioni." , osservò Ash, prima di fermarsi un attimo, quasi ad ascoltare una voce lontana, "No, ancora non è stata rimandata nelle profondità degli Inferi, la battaglia fra le due pare essere ancora in corso…", continuò, voltandosi verso il proprio nemico e ridendogli in faccia.

"Come osi sbeffeggiare il mio affetto fraterno?", ringhiò il figlio di Tifone, mentre sferrava un fendente energetico che segnò, per pochi attimi, il viso dell’Hayoka.

"Credevo che voi, mostri che tanto anelate la distruzione, non aveste di questi affetti…", spiegò ironico il pellerossa.

"Taci, tu sei il vero mostro! Tu che disprezzi il mio affetto per mia sorella, come puoi affermare di essere nel giusto? Ecco cosa siete voi uomini! Bestie che coprono le loro azioni sotto le mentite spoglie della giustizia, quando l’unica vera giusta azione sarebbe quella di piegarsi al volere del mio potente padre, il Grande Tifone!", tuonò infuriato il Leone Nemeo.

"Cosa ne sai tu dell’affetto che mi lega alla Sfinge? Con cui non solo condivido i genitori, ma persino il momento della nascita! Lei, più della Chimera, di Cerbero, di Ladone, Ortro, dell’Avvoltoio Nero e dell’Idra, mi è cara. Ai tempi del mito il destino volle che ci dividessimo, io per difendere le terre nemee e lei per costatare la scarsa sapienza degli uomini sulla via di Tebe; quello stesso destino ci condusse alla morte, per mano di un semidio, per ciò che mi riguardava, mentre un uomo corrotto, ma al qual tempo furbo, la sconfisse nei suoi stessi inganni! Non sono stato capace di difenderla allora, ma adesso le sarò accanto nella sua battaglia, sconfiggendo prima te e poi la donna che la sta sfidando!", ringhiò furioso il figlio dell’Echidna.

"Che storia commovente", lo sbeffeggiò Ash, impassibile, prima che un sadico sorriso riapparisse su di lui, "ma proprio per difendere i sentimenti degli uomini e la pace che su di essi deve regnare, io ho rinunciato agli affetti: per vincere il male bisogna combatterlo con le sue stesse armi, è da sempre questa la mia logica… per questo ho accettato il ruolo di Hayoka del Corvo, con ciò che comportava", sussurrò, mentre un’ombra di tristezza sembrava portar via quella folle e sadica gioia, seppur per pochi attimi.

"Parli di portare la pace fra gli uomini, ma come sarebbe possibile ciò se gli uomini stessi cercano costantemente la guerra? Vi sono fratelli che s’uccidono fra loro per i motivi più futili, senza nemmeno conoscere il senso della preoccupazione che in questo momento m’attanaglia!", replicò disgustato il Leone Nemeo, mentre nuovamente il cosmo si disponeva intorno a lui, creando come dei solchi nel terreno, che sempre più andarono aprendosi, rendendosi simili a profondi artigli scavati nella dura roccia.

"Ciò che dici è vero, ma è altrettanto vero che vi sono uomini che danno la vita per gente che nemmeno conoscono, per estranei, e questo avviene ormai da secoli, anche da prima che io nascessi, fin da prima che tu nascessi!", tuonò in tutta risposta Ash, mentre, vedendo il cosmo del nemico animarsi, sorrise, espandendo una tetra energia oscura intorno a se.

"Ora basta parlare, orrido mostro! Le Fauci del Leone di Pietra faranno il loro lavoro, sbranando le tue carni, così che non si possano più ricostituire!", urlò l’essere mitologico.

"Su una cosa sono d’accordo: non è più tempo di parlare! Forza, figlio della Bestia, fammi divertire, fammi sentire vivo! Mentre assaggerai su di te il fiero volo del Corvo!", esclamò di rimando l’Hayoka.

"Fauci di Pietra!", ordinò il Leone Nemeo, "Black Flying!", incalzò il pellerossa in risposta.

Gli Artigli scavati nel terreno produssero un’onda tellurica senza pari, che scosse il suolo, fino ad aprire delle vere e proprie fosse, simili a maestose fauci, che correvano da tutte le direzioni verso l’Hayoka; allo stesso tempo, però, questi aveva lasciato espandersi il proprio cosmo attorno a se, creando un gigantesco corvo di luce nera che si librò in aria, gettandosi furente sul nemico.

Nessuno dei due colpi trovò ostacoli lungo il proprio percorso e travolse con violenza indicibile il proprio bersaglio, producendo un rombo assordante, che scosse l’intera caverna, all’interno del Vulcano Etna.

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Un serpente strisciava silenzioso in un vasto deserto, arrancando, mentre un leone dalla pelle stranamente scura, quasi fatta di pietra lavica indurita, lo inseguiva famelico.

Sembrava quasi che la sabbia non supportasse, inaspettatamente, la fuga del rettile dal proprio inseguitore, anzi ne rallentasse le movenze, finché, lesta, la fiera fu sulla preda, bloccandola con una zampa al centro del corpo.

Il leone aveva già sollevato la seconda zampa, la destra, pronta a calarla con ferocia sulla testa del serpente, per ucciderlo, quando un duro gracchiare echeggiò nel cielo, oscuratosi d’improvviso, ed una nera figura d’un corvo calò in picchiata sul gigantesco animale.

Queste furono le immagini che angosciarono, all’ultimo, il sonno di Vake del Serpente, prima che questi si riprendesse, all’improvviso, trovandosi sdraiato su un letto di legno in una piccola capanna che non conosceva.

"Ti sei svegliato, guerriero pellerossa…", esordì d’improvviso una voce di donna, prima che Vake, voltandosi, vedendo alla propria destra una ragazza dai biondi capelli con in braccio un pargoletto, "Io sono Mamiya del Topo, Runouni di Giada e questa è la casa in cui vivo con il mio sposo, Dorton del Cinghiale, ed il nostro bambino." , si presentò la guerriera d’Oriente."La sacerdotessa d’Oro, Botan di Cancer, ti ha condotto fin qui, prima di spiegarci, a me ed al mio sposo, quale pericolo stesse minacciando il mondo… ora sia Dorton, sia un guerriero celtico, antico alleato dei cavalieri di Atena, sono intenti a soccorrere i vostri compagni divisi fra il Giappone e le rovine di Mur", continuò con un sorriso la donna, prima di concludere: "sì, riesco a leggere nei tuoi pensieri."

"Lo supponevo", fu la rapida risposta di Vake, sorridente, "per quanto non immaginavo che fossi tanto celere nel rispondere, né potevo credere che vi foste organizzati così bene durante la mia convalescenza…", aggiunse, cercando di alzarsi, per poi ricadere dolorante sul letto.

"La tua ferita è piuttosto grave, guerriero pellerossa, ti consiglio di non muoverti per ora; so che ti preoccupi per ognuno dei tuoi compagni, ma gli alleati che avete con voi sono guerrieri degni di lode immensa per le numerose battaglie combattute e per le innumerevoli volte che hanno rischiato la vita per un alleato…", spiegò la Runouni prima di fermarsi.

"Che c’è?", domandò sorpreso Vake, "Non so leggere nella tua mente, ma i lineamenti del volto mi indicano che qualcosa ti ha stupito", analizzò l’Hayoka del Serpente.

"Sì, una figura che si collega ai tuoi sogni agitati, il tuo comandante, il guerriero del Corvo, perché sei sicuro che lui vincerà? Per lui sembri non avere alcuna preoccupazione, come mai?", domandò Mamiya, incuriosita.

"Perché è impossibile che lui possa morire…", rispose sibilino Vake, per poi accennare un sorriso, "lo so, come risposta sembra sciocca, ma credimi, guerriera di Giada, di tutti noi Hayoka, colui che conosce meglio la morte e per questo non ne viene sconfitto, è proprio Ash del Corvo, il mio gelido comandante." , spiegò il pellerossa.

"L’unico vero problema è se inizia a divertirsi", rifletté ancora Vake, poggiando di nuovo la testa sul cuscino, "in qual caso non smetterebbe di combattere se non all’ultimo momento, rischiando di mettere in pericolo anche i compagni che avanzano…", concluse.

"Non pensavo che fra voi, custodi della Pace, esistesse qualcuno che provava divertimento nel combattere." , osservò sorpresa Mamiya, mentre cullava il proprio bambino.

"Vi sono diversi modi in cui custodire la pace, Runouni di Giada, c’è chi fra noi vedeva nelle battaglie un modo per sentirsi vivi dopo anni di meditazione e stasi, chi le reputava il modo migliore per onorare le nostre divinità e chi avrebbe preferito in ogni modo evitarle… ma fra tutti i dodici Hayoka, l’unico che di certo sa il vero senso del termine guerra è Ash, l’unico che ha provato sulla propria pelle cosa voglia dire un arduo combattimento contro divinità nemiche." , spiegò il nativo americano.

In quel momento lo sguardo di Mamiya si fece ancora più sorpreso, "Ricordo, però, di aver letto che l’ultima guerra a cui parteciparono gli Hayoka del lontano Occidente fosse stata assieme al Manto Rosso, contro Inti, la divinità Incas, ma è una cosa avvenuta diversi secoli fa.", concluse la Runouni, mentre lo sguardo serio di Vake sembrava rispondere per lui…

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Entrambi gli attacchi eseguiti dai due guerrieri erano andati a segno, ma quale che fosse l’esito dei rispettivi colpi sulla difesa altrui era ancora un mistero sia per Ash sia per il Leone Nemeo, solo quando la polvere da loro sollevata si diradò, i due poterono osservarsi l’un l’altro: la fiera Nemea era ancora una volta illeso, o almeno così appariva, mentre mostruose ferite dilaniavano la pelle dell’Hayoka, ferite che, come già successo in precedenza, si richiusero celermente.

"Infine, figlio della Bestia, ho compreso quale è il segreto della tua cosiddetta invulnerabilità!", esordì d’un tratto il pellerossa, osservando il nemico ed indicandone il petto, "Non poteva esistere una superficie tanto resistente da non scheggiarsi nemmeno a contatto con un colpo energetico portato a quella velocità, te lo posso assicurare, e tu, Leone Nemeo, non sei rimasto illeso, o almeno, non lo è stata la tua difesa", spiegò il guerriero del Corvo.

"Il Mito narra che la tua pelle fosse invulnerabile quando era a contatto con il terreno che ti era dimora, infatti solo soffocandoti Eracle riuscì a vincerti, adesso, che hai derubato un uomo del suo corpo, non potevi contare su tale capacità divina, ma potevi sempre ricreare tale virtù mediante il tuo cosmo, esatto?", domandò ironico Ash, osservando il nemico.

"Complimenti, direi che è tempo di gettare la maschera se già hai compreso la verità dei fatti", esordì allora il Leone Nemeo, mentre la sua tetra figura sembrava quasi sgretolarsi, sotto decine di crepe che si andarono aprendo sull’intera armatura, per poi crollare in pezzi attorno a lui; ma, ciò che rimase dopo questo crollo, non era il corpo dell’uomo il cui spirito la fiera dominava, bensì l’armatura stessa, illesa ed intatta.

"Io controllo la pietra attraverso il mio cosmo, qualsiasi sia il terreno su cui combatto, se, anche solo nel sottosuolo vi è della roccia, questa, animandosi, giunge in mia difesa, inoltre, mi ricopre come una seconda armatura, oltre che disporsi attorno a me, simile ad un muro." , spiegò il figlio di Tifone.

"Sì, ma ciò che più stupisce di questa tua difesa è la velocità con cui agisce. Una velocità tale da rendere invisibile agli occhi di chi ti colpisce, perché superiore persino a quella della luce, la velocità del pensiero!", concluse Ash, interrompendo il proprio nemico.

"Esatto, mio avversario, hai scoperto la natura delle difese che utilizzo, ma ora dimmi, che orrida natura ha il potere che ti permette di rigenerarti? Ho avvertito un gelido senso di morte provenire dal tuo cosmo e penso sia legato anche alle tue virtù difensive, o forse sbaglio?", incalzò allora l’altro.

"No, non sbagli, ma non ti rivelerò quale è la natura del mio potere adesso, sappi solo che, ben presto concluderemo questo scontro." , tagliò corto l’Hayoka, lanciandosi di nuovo contro l’altro in una carica frontale.

Il suolo attorno al Leone Nemeo, intanto, si era frastagliato: alcuni pezzi di roccia, staccatisi da terra, infatti, s’erano disposti attorno alla sua armatura e lentamente la stavano ricoprendo; "Non puoi sperare di superare in velocità e potenza le mie difese, né la corazza, né il muro cadranno sotto i tuoi colpi", avvisò l’essere mitologico, partendo anch’egli alla carica dell’avversario.

"Non ho bisogno di forza e velocità per vincerti! In questo momento ti attacco solo per il mio piacere personale!", esclamò in tutta risposta Ash, prima di sfruttare la propria velocità per colpire con un potente calcio all’addome il nemico.

Il figlio di Tifone, però, non fu sbalzato indietro, appena barcollò, prima di sferrare una potente mazzata con il braccio sinistro, tale da spezzare, con un sordo rumore, il collo del nemico, che,

cadde al suolo.

"Stupido uomo…", ringhiò appena il Leone Nemeo, cercando poi con lo sguardo qualcosa nella zona circostante, "Se speri di trovare un modo per soccorrere la Sfinge, mostro mitologico, ebbene vana è la tua speranza: già ella è stata sconfitta e ben presto chi è riuscita a vincerla tornerà in questo luogo. Per allora anche tu dovrai essere battuto", avvisò d’un tratto una voce alle spalle del figlio di Tifone e grande fu lo stupore di questi quando, voltandosi, rivide l’Hayoka in piedi.

"Ma non muori mai, maledetto!" ruggì, in uno scatto d’ira, il Leone Nemeo, travolgendo con una serie di violentissime artigliate il nemico, che fu sbalzato indietro, contro una parete rocciosa, su cui si schiantò, mentre già le ferite infertegli si rimarginavano.

"No, non mi è data la possibilità di cadere in battaglia, ma, mi è concesso conoscere il dolore della perdita, lo stesso che, in questo momento, devi provare per le parole che ti ho detto… proprio per non farti dilungare tale sofferenza, figlio della Bestia, ti concedo un ultimo attacco prima di finirti. Forza, colpiscimi! Usa il tuo colpo migliore!", esclamò con sicurezza Ash, la cui ilarità stava lentamente lasciando il posto all’impassibile modo di fare precedente allo scontro.

"Vuoi il mio colpo migliore, mostro? Ebbene, te ne farò partecipe!", urlò in tutta risposta l’altro, mentre già il cosmo attorno a lui s’agitava e, inaspettata, la parete di pietra su cui poggiava l’Hayoka si mosse, imprigionandolo, "Così che tu non fugga!", furono le uniche parole del Leone Nemeo, mentre poggiava le mani al suolo.

Il suolo fra i due avversari parve piegarsi sotto la pressione delle dita dell’essere mitologico, prima che qualcosa prendesse forma dalla pietra, una gigantesca statua simile ad un maestoso e famelico leone, grande quanto l’intera caverna.

"Ora colpisci, Furia Nemea!", tuonò la mitologica fiera, mentre già la belva di pietra caricava il nemico, con gli artigli prima, con il proprio peso poi ed infine con le feroci zanne.

Il pellerossa non tentò nemmeno di difendersi, o divincolarsi, forse cosciente dell’inutilità di tutto ciò, semplicemente subì il colpo, che, data la potenza nell’eseguirlo, fece crollare l’intera parete dietro di se.

Quando la calma tornò in quel punto di quella piccola arena, solo il Leone Nemeo era in piedi, o almeno ciò fu vero per alcuni secondi, prima che il corpo martoriato, ed ormai privo delle vestigia, di Ash, si risollevasse.

"Com’è possibile?", si domandò il figlio di Tifone, "Le tue carni sono dilaniate, le ossa distrutte, le membra in pezzi. Privo d’armatura e d’ogni parvenza d’umanità sei ormai, come fai allora ad essere ancora in piedi? Quale mostro sei dunque tu?", balbettò il Leone Nemeo, mentre le ossa si rimarginavano e le carni si risanavano, mostrando di nuovo la figura dell’Hayoka.

"Io sono l’ottava persona che, in duemila anni, ha indossato le vestigia del Corvo, da quasi quattrocento anni le custodisco in nome delle divinità Pellerossa." , queste furono le prime parole con cui Ash rispose al nemico, "Non un dono è quello che spetta al comandante dei custodi dell’Autunno, bensì una continua penitenza ed ascesi, una stasi fra la vita e la morte in cui si è coscienti di ogni essere umano, o divino, che lascia la terra dei vivi per passare al mondo dei Morti. Ogni vita che si spegne viene da me avvertita, che sia pura, o malvagia, che la sua conclusione sia stata dolorosa, o meno, tutto mi è noto in ogni momento di chi varca le porte dell’Oltretomba. Duro è il carico dell’Hayoka del Corvo, ma allora lo accettai di buon grado, per purificarmi della mia impura voglia di guerre.

Io sono lo stesso Ash del Corvo che, con altro nome, combatté assieme ai propri compagni ed ai Tredici del Manto Rosso contro Inti; sono lo stesso Hayoka che vide arrivare alcuni cavalieri di Atena e dei Bersekers di Ares fra i Conquistadores… non invecchio, ma conosco il dolore della perdita, senza poter, per alcuni anni ancora, conoscere quello della morte dell’anima." , concluse il pellerossa.

"Dunque tu sei un Guardiano delle Porte dell’Ade che ha appreso come non morire?", domandò sbalordito il Leone Nemeo, "No, io non custodisco il Varco per l’Oltretomba, io sono il Varco per la Valle dei Morti." , rispose secco Ash.

"È tempo che tu attraversi di nuovo quell’uscio, figlio della Bestia; ti ringrazio della possibilità che mi hai dato combattendoti, quella di gioire nel pieno di una battaglia, ma ora è tempo che, assieme all’alleata che per Atena custodisce il Varco di cui sono parte, raggiunga i miei compagni." , sentenziò semplicemente l’Hayoka. Un nero cosmo circondò allora Ash, un’energia tetra ed immensa, "Crow’s Nest", esclamò il pellerossa, mentre la sua intera figura scompariva in un buco d’oscurità.

"Che succede?", riuscì appena a chiedersi il Leone Nemeo, mentre quel buco, che poco prima era il suo nemico, lo attirava a se, lasciando apparire due grandi ali dietro di lui, ali nere di morte, che ben presto abbracciarono il figlio di Tifone, lasciandolo scomparire al suo interno.

Quando ormai la presenza stessa del Leone Nemeo abbandonò la sala di pietra, un altro cosmo si palesò al suo interno, quello di Botan che, attraverso gli Strati di Spirito, fece ritorno dalla valle dell’Ade dove aveva combattuto con la Sfinge, assieme alla fanciulla che da quell’altra figlia di Tifone era stata posseduta.

La Sacerdotessa d’oro osservò sbalordita quella gigantesca e nera figura, simile ad un corvo, che si era trovata dinanzi, figura che, forse avvertendo la sua presenza, si ritrasse, lasciando il posto ad Ash, ora di nuovo coperto delle proprie vestigia e privo di ferita alcuna; vicino all’Hayoka, inoltre, vi era il corpo svenuto del giovane che era stato dominato dal Leone Nemeo.

Per alcuni secondi, la maschera d’oro di Cancer sembrò scambiarsi un silenzioso sguardo con il viso impassibile del pellerossa, finché questi non fece un passo in avanti.

"La tua battaglia è dunque conclusa con una vittoria, proprio come la mia, sacerdotessa di Atena, ne sono lieto…", affermò con tono distaccato l’Hayoka, "ora, però, dobbiamo affrettarci a raggiungere gli altri, diverse battaglie stanno ancora combattendosi", sentenziò semplicemente, oltrepassando Botan e dirigendosi verso la via presa dai loro alleati. "E loro due?", chiese la Sacerdotessa di Atene, indicando i giovani svenuti, "Lasciali così, affinché i corpi che ospitavano due fratelli tanto uniti, possano essere vicino come ora lo sono la Sfinge ed il Leone Nemeo", tagliò corto Ash, il cui tono sembrava quasi essersi addolcito momentaneamente, prima che l’Hayoka ripartisse verso la galleria.