Epilogo

Una settimana era passata dall’eruzione dell’Etna; poiché questo la gente ignara aveva visto: la furia del Vulcano siciliano che molto aveva distrutto, ma che, così come inspiegabilmente s’era animata, altrettanto inaspettatamente s’era dopo poco quietata, permettendo il conto dei danni compiuti.

Nessuno poteva immaginare la battaglia che si era combattuto nei meandri di quel luogo, né alcuno poteva immaginare che già in quel momento le tre Ancelle di Efesto, assieme a Zadra dello Scultore, ripresasi dopo il furioso scontro con Riesig, stessero lavorando alla riparazione delle sacre vestigia di più e più valorosi guerrieri, che avevano rischiato le loro vite pochi giorni prima in diversi luoghi del mondi.

Questo era il riposo che la Sacerdotessa d’Argento aveva scelto per se, un riposo ben diverso da quello della sorella.

Helyss del Pittore, infatti, risiedeva quietamente nel Sacro Regno di Asgard, ospite presso Bifrost di Megres, dividendo con lui le giornate e le faticose cure per risanare le ferite del Sovrano delle terre sacre ad Odino, Freiyr di Dubhe, che già si stava riprendendo quasi del tutto dalla dura battaglia contro il primo dei Generali Oscuri di Erebo, Vize.

Un riposo analogo, seppur in luoghi diversi, avevano scelto per se stessi Taranis del Nocciolo e Dorton del Cinghiale: il primo, ritornando nelle vaste lande della Scozia, rincuorando altresì Rhiannon, seppur ne dovette subire le ire, per non averle permesso di accompagnarlo in battaglia; il secondo nelle vaste terre di Cina, lì dove in pace viveva insieme alla sposa ed al figlio, che avrebbero cresciuto, fondamento per una nuova generazione di Runoini di Giada, che avrebbero combattuto per gli stessi principi a cui i due guerrieri erano riusciti a tornare, dopo l’inganno di Gea.

Al fine di addestrare una nuova generazione di guerrieri, anche un altro cavaliere era partito, abbandonando le terre di Grecia: Kano del Pavone, che già alla volta dell’India si dirigeva, pronto a mantenere una promessa fatta, diverso tempo prima, ad un amico e compagno d’arme, Tok’ra di Virgo.

E per alcuni che partivano, altri tornavano nelle loro patrie: Sekhmet di Bastet, ultima Pharaon d’Egitto, era tornata presso la nera piramide di Ra, riprendendo il suo ruolo di guardiana del dio Sole, ormai guarita dalle ferite del Portatore di Luce.

Altrettanto avevano fatto Esmeria di Suzaku, Regina di Cartagine, e Joen del Pavone, ultimo dei Goshasei a lei fedeli, tornando nella Sacra Città consacrata alla dea Era, lì doveva avevano offerto asilo e riposo anche a Kain di Shark, ultimo dei Mariners di Nettuno, che già, però, aveva iniziato ad addestrare Blat, redento generale oscuro, con il supporto dell’Hayoka Kela dell’Alce, sempre più euforica per il mondo che scopriva al di fuori dei territori consacrati alle sue divinità.

Dai cinque cavalieri d’argento rimasto, solo Real della Lira era tornato presso il Grande Tempio di Atene, riscaldando il proprio spirito alla calda luce del sole di Grecia, mentre le note del suo strumento musicale s’alzavano alte nel cielo.

Daidaros di Cefeo, al contrario, aveva accettato di buon grado l’ospitalità di Bow dello Storione, andando a passare la propria degenza presso le terre degli Hayoka, lì dove si trovavano anche Hornwer del Cervo, Vake del Serpente, Ash del Corvo e Peckend del Picchio, tutti rimasti presso i sacri territori consacrati a Waboose ed i suoi compagni, intenti nei rituali di purificazione del mondo, dovere di ognuno di loro.

Whinga dell’Oca Polare, che non in terre pellerossa si trovava, s’era invece diretto verso le lande della bianca Siberia, lì dove, assieme alla giovane Schon, avrebbe appreso i segreti dello Zero Assoluto da Camus dell’Acquario, cavaliere d’oro offertosi di addestrare ambo i guerrieri all’apprendimento del controllo ultimo sulle energie fredde.

Altre, invece, erano le lezioni che Lihat del Falco Rosso voleva da Ryo di Libra: il santo della Settima Casa, infatti, era risultato sorprendente agli occhi della giovane sciamana, date le sue doti curative, del tutto esterne ai poteri del cosmo, bensì generate dalla sola conoscenza del corpo e della sua mortalità.

Intento ad apprendere dai cavalieri di Atena era anche Shiqo della Lontra, che passava diverso tempo presso il Santuario di Atene, ascoltando le parole del Sommo Sacerdote del luogo: Golia del Toro, sopravvissuto alla battaglia con Tifone, malgrado il suo stesso corpo ne fosse stato gravemente segnato, non solo per l’occhio perso, ma anche per altri danni che persino le abilità unite della Bilancia d’oro, del Topo di Giada e del Falco Rosso pellerossa, non avevano potuto curare del tutto. Al suo cospetto, restava spesso il comandante degli Hayoka, così come la Sacerdotessa della Quarta Casa, Botan di Cancer.

Solitario, invece, nelle stanze della Decima Casa, lontano dalla statua che onorava il primo custode delle vestigia del Capricorno, risiedeva Lorgash, silenzioso e malinconico, immerso nel ricordo di Elettra e dei momenti con lei passati.

Quel silenzio era il destino che aveva scelto per se fino al momento di una nuova battaglia. Battaglia che di certo sarebbe arrivata prima o poi, poiché era nel destino dei Cavalieri di Atena combattere.