CAPITOLO 10 - GRAVITY

"Sì, mi raccomando, cerca di comportarti bene, mh? Non far diventare matta la povera zia e, soprattutto, non picchiare nessuno! ...no, non mi interessa, sono tutte scuse, non devi assolutamente fare a botte chiaro?"

Kanon stava osservando Elena da un pezzo mentre lei sbraitava all'indirizzo di un ignoto destinatario all'altro capo della telefonata. Sorrise pensando alla piccola peste, magari un nipote o un fratellino al quale la ragazza riccia stava parlando in quel momento. Poi all'improvviso si fece serio, seguendo con gli occhi la linea dei suoi fianchi abilmente celata e sottolineata dalle pieghe del peplo che indossava. Il ragazzo greco si rabbuiò, che diamine gli stava prendendo? Aveva forse dimenticato che non conosceva affatto quella ragazza che aveva fatto della stranezza il suo personale stile di vita.

E allora perchè te ne stai qui ad osservarla di nascosto genio?

Ecco, le voci nella testa proprio come Saga, andando avanti di questo passo sarebbe impazzito anche lui e tanti saluti.

"Allora, fai il bravo, intesi? Altrimenti quando torno sono guai, sul serio" ancheggiò spostando il peso da un piede all'altro e l'unica cosa che a Kanon passò per la testa fu un'immagine particolarmente vivida di quelle terga nude sulle sue ginocchia.

"Ma no, ma certo che la mamma ti vuole bene. Ti mando un bacio, salutami la zia. Ciao piccolino mio, anche tu mi manchi tanto, vedrai che mamma ritorna presto ok?"

Mamma?

Quindi quella piccola volpe aveva un figlio. Forse questo era il motivo per cui non voleva vivere al Santuario...ma perché? In fondo era stata Athena in persona ad inaugurare l'asilo speciale per i bambini nati all'interno della fondazione, a maggior ragione avrebbe aiutato Elena, che un compagno sembrava non averlo nemmeno...

"Da quanto sei qui a fare la statua?" il suo tono era talmente perentorio che lui non riuscì nemmeno a mettere insieme un discorso sensato "Anzi no. Non mi rispondere, lo so già. Il tuo cosmo non è uno di quelli che passano inosservati."

Kanon riprese la sua solita espressione di sufficienza

"Ti cercavo. Se non sbaglio stasera dovremo ancora sorvegliare la prigioniera." attese che lei annuisse "bene, dato che mi hai fatto notare come le informazioni in mio possesso su di lei siano scarse, ho recuperato questa" estrasse una piccola chiave di comunissimo acciaio sventolandogliela davanti.

L'espressione attonita di lei era da fotografare e conservare gelosamente in attesa di usi più proficui che la semplice esposizione.

"Già, la chiave dell'archivio privato del Santuario, posseduta in copia unica solo dal Grande Sacerdote in persona, ed ora, bè, in duplicato, anche da noi."

Attese con un sorriso di trionfo che Elena digerisse la notizia

"Perché." I suoi occhi erano ipnotici "Perché hai rischiato così tanto, Kanon. Se solo ti avessero scoperto..."

"Non sono un mostro, ok? L'ho colpita, va bene, ma ti ho sentita, sai, hai detto: mi dispiace quando l'hai imbrigliata. Ho potuto avvertire il suo cosmo chiaramente, stamane e, bè, era...puro"

Puro come il tuo, cristallino. Una persona così non può essere prigioniera...

"Allora che aspetti, vuoi che tutti si risveglino dal sonnellino pomeridiano e vengano a cercarci?! " le arruffò i capelli, aspettandosi una battuta acida che, però, non arrivò mai.

L'aria della sala degli archivi era particolarmente fresca, offrendo un gradito rifugio dalla calura estiva. In realtà gli scritti che stavano cercando s trovavano in una ulteriore stanza nascosta all'archivio principale da un piccolo ed angusto corridoio che gli avventori abituali non scorgevano nemmeno incuneato tra due massicce librerie in mogano.

Kanon faceva strada sicuro della destinazione e lei era talmente concentrata dall'ondeggiare ritmico dei suoi capelli sulla sua schiena scultorea che non si accorse nemmeno del percorso che conduceva alla loro destinazione. Quando scorse il tavolo ovale ed il piccolo divano rosso addossato alla parete, però, le immagini dei suoi ricordi cominciarono a vorticare nella sua mente. Lei e Saga, quella era stata la loro personale alcova, in quel giorno. Dio, quanto tempo sembrava essere trascorso, eppure, eppure le sembrava di avvertire la sua pelle nuda, il legno del tavolo duro e freddo sotto di lei. Saga che le chiedeva un amore che lei non poteva donargli, nemmeno impegnando tutta se stessa. Fu Kanon, però che la sorresse quando i tremiti la fecero vacillare al punto di non riuscire a tenersi in piedi.

"Tutto bene?"

No, gli occhi di Saga non sarebbero mai stati così limpidi.

"E' solo un...mi gira un po' la testa..." cercò di frenare il suo cosmo che istintivamente si era proteso verso di lui.

Prese posto sul divanetto scacciando il ricordo della testa di Saga sprofondata tra le sue gambe; brividi e piacere.

"Ti porto un po' d'acqua..." lei abbozzò un sorriso.

"No, grazie, ora passa..." gli prese una mano per istinto.

"Senti, Elena" il ragazzo sospirò "io non ti conosco, anzi, si può dire che siamo estranei, ma riconosco ancora la verità. Non è vero che non hai nulla e qualsiasi sia la tua preoccupazione, intuisco che è legata a questo posto, è il tuo cosmo che me lo suggerisce." si avvicinò maledicendosi per non riuscire a distogliere lo sguardo dagli occhi di lei.

"Se vuoi posso continuare da solo, ti accompagno fuori." fece per alzarsi ma Elena lo fermò stringendo ancora di più le sue dita fredde contro quelle calde di lui.

"Kanon, io..." qui è dove tutto è iniziato, qui è dove tutto finirà, perché proprio tu, Kanon? Perché il mio cosmo ha scelto te? "E' stato tuo fratello a scegliermi come Ancella di Athena, tra le dieci candidate. E' stato lui ad insegnarmi i riti ed i culti più antichi della dea. Proprio qui, in questa stanza, dove si tenevano le nostre lezioni. Lui era un maestro esigente e meticoloso, continuava a ripetermi che la salvezza di Athena stava nel valore dei cavalieri e nel cosmo delle ancelle." aggiunse scimmiottando la voce bassa e roca del santo dei Gemelli. Kanon sorrise su malgrado, temeva di capire cosa questa discussione avrebbe riservato, ma lasciò che la ragazza rivelasse a lui quella verità che forse nessuno sapeva.

"Trascorrevamo molto tempo qui, talvolta arrivavo prima dell'alba e tornavo al gineceo a notte inoltrata. Poi un giorno" le immagini nella sua mente diventarono vorticose "mi ha confessato di volermi. Lì per lì ho pensato che non dicesse sul serio, ma poi, i suoi baci e le sue carezze...ed io, come una scema, mi sono concessa a lui, totalmente. Non che lo amassi né lui mi ci aveva costretta, semplicemente è successo. Ci siamo resi subito conto dell'errore commesso, lui era un alto funzionario del Grande Tempio ed io un' ancella profanata. Così decidemmo di non rivelare a nessuno del nostro incontro. Il mio apprendistato finì quel giorno ed io fui ufficialmente riconosciuta come Ancella di Athena da quella sera stessa." Kanon stava trattenendo il respiro

"A volte il destino gioca brutti scherzi, così dall'errore più grande della mia vita è nato mio figlio Eraklion, la cosa più bella che mi sia mai capitata" guardò negli occhi il ragazzo accanto a lei

"Capisci, ora perché non posso vivere qui al Santuario, Kanon? Seppi solo in un secondo momento della follia di Saga e di quanto sangue avesse versato. Ma era troppo tardi, Marin e Aiolia avevano organizzato la mia fuga quando la gravidanza era diventata troppo evidente per passare inosservata. Non rivelai ad anima viva che il piccolo era il figlio di Saga, a nessuno." avrebbe voluto continuare, chiarire ancora che non odiava Saga, non l'avrebbe mai odiato, ma Kanon, contro ogni logica aspettativa le aveva chiuso le labbra con un bacio.

"Perdonalo, Elena. E perdona me, per questo bacio" le sua braccia la cingevano, forti, gli occhi del colore del mare luminosi e sinceri.

"Non sono diverso da lui, anzi, forse sono io il peggiore dei due. Ma credo che Saga, se fosse stato lucido, ti avrebbe aiutata a prenderti cura di vostro figlio, non... non ti avrebbe mai abbandonata." lei gli sorrise, mesta, accarezzandogli il viso e i capelli con un gesto fluido

"Ti credo Kanon, ma non affermare con leggerezza di essere una persona malvagia. Il tuo cosmo, lo senti?" gli appoggiò una mano sul cuore

"Lui parla di te, sofferenza e redenzione, Kanon" le braccia i lei lo cinsero in risposta

"Sei dovuto scendere fin negli abissi del tuo dolore per poter risalire. Sei dovuto arrivare ai limiti del tuo stesso odio per capire e perdonare." lo baciò, leggera, sulle labbra

"Ma ora sei un uomo libero."

Entrò nella sua cella come una furia facendola sobbalzare, Shaka, invece, fluttuò con grazia al di là della porta aperta con un elegante cenno di saluto verso di lei. La sua prigionia si stava rivelando particolarmente deleteria per il suo cosmo neonato che sembrava ingarbugliarsi in spirali infinite provocandole dolore talvolta talmente intenso da farla gemere. Shaka le aveva spiegato con tono da maestrina che era l'effetto della barriera contenitiva e del bracciale che impediva ai suoi poteri di manifestarsi al pieno della loro potenza, tuttavia non vi era nulla che potesse tentare per stare meglio, solo abituarsi alla sua nuova condizione.

Ed ora, ad aggravare la situazione, ci mancava solo Milo, che aveva deciso di esibirsi in un'entrata chiassosa sbattendo la porta e spaparanzandosi sul divanetto accanto alla finestra. D'un tratto rimpianse il noioso silenzio di Shaka...

Gli rivolse un'occhiata sottecchi, non potendo fare a meno di notare gli occhi segnati e le bende che lo fasciavano.

"Contenta dell'operato dei tuoi cavalieri?" la apostrofò con un sorriso di evidente scherno

"Ci sono andati a tanto così, ma, purtroppo, non sono riusciti a farmi fuori. Ah ma non ti preoccupare, sai: penso proprio che non ci vorrà molto e presto potrai ricongiungerti al tuo caro sposo." odio e veleno nelle sue parole e nei suoi occhi ora cupi come l'oceano in tempesta.

Alexandra ristette

"Ci ha attaccati Aiolia per primo, se non erro, Milo. Non darmi colpe che non ho." lo guardò apertamente negli occhi sostenendo lo sguardo di lui

"Non ho capito perché vi dà così tanto fastidio che vada da lui...anche se fosse solo per farmi uccidere. Questo per te che differenza fa?" stava praticamente urlando, le mani, scosse da un tremito, facevano tintinnare il bracciale di opali.

Milo le fu addosso in due falcate, sbattendola con forza contro il muro e stringendole il collo con la sinistra. Antares brillante nella sua mano destra pronta a colpire

"Allora che ne dici di farla finita subito eh?"

Lei non vacillò, i suoi occhi del colore della terra guardavano oltre ai suoi, pungendogli l'anima

"Sto aspettando, Milo"

Un dolore bruciante e cieco gli appannò la vista insieme alle lacrime prepotenti. La lasciò di colpo

"Credi che ucciderti mi farebbe stare meglio? Credi che servirebbe a riportarlo indietro?"

Camus. Allora è per lui, vero Milo?

Il cielo si stava colorando della tavolozza del tramonto e Milo si lasciò cadere stancamente a terra

"Sai quanto gliene frega ad Athena dei cavalieri d'Oro?"

Alexandra si stupì dell'amara tristezza che traspariva dalle sue parole

"Nulla. Ci manda al macello tirandoci addosso Hades ed i suoi eserciti e l'unica sua preoccupazione è che i suoi cari paladini di bronzo non vengano coinvolti." si accese una sigaretta, offrendogliela mentre ne sfilava un'altra dal pacchetto sgualcito.

Lei prese posto accanto a lui

"Non dire così, Milo. Saori è una cara ragazza. Probabilmente sta attraversando un momento di stress e non riesce a focalizzarsi sulle questioni importanti." espirò una nuvola di fumo

"E poi la storia con Julian, io che...bè credo che tu lo sappia... immagino che si sia sentita tradita e che abbia istintivamente cercato la protezione di chi conosce meglio."

Lui allungò le gambe con un sospiro

"So che morirò nel so nome." uno sbuffo di fumo denso "ma non morirò per lei."

Milo, quanto dolore, lo poteva avvertire nell'aria che permeava la stanza. Pulsare insostenibile nel suo cosmo azzurro, come punture.

Si voltò verso di lei con un sorriso sghembo

"Ma tu, proprio da Hades dovevi farti scopare" lei sorrise sapendo che nessuna offesa era intesa dal suo tono scanzonato "ha l'esercito più numeroso dell'intero Olimpo..."

Ristettero, assaporando le prime stelle

"Certo che io ti devo stare proprio antipatica eh?" lui annuì, convinto

"Appena ti vedo, ho voglia di prenderti a schiaffi. Sei una tosta, però, sono certo che saprai farti rispettare, anche da Hades."

lei sorrise, arrossendo un poco al nome del dio

"Buonasera!"

Un cosmo assolutamente freddo ed uno improbabilmente caldo si palesarono sul piccolo balcone.

Si alzò di scatto, dimentica della sigaretta accesa che planò sulla testa riccioluta di Milo, seguita da una subitanea imprecazione.

"Hyoga, Ikki" si sporse dalla finestra per quanto consentito dalla barriera.

"Non è che ci fate entrare?" esordì il biondo "Sai, non è che siamo qui ufficialmente, non vorrei qualcuno ci vedesse..."

Milo sospirò aprendo di malavoglia un varco, così come gli aveva mostrato Kanon

"Cosa volete, mocciosi. Se Athena vi scopre è la volta buona che ci ammazza. Non vi ha forse ordinato di restarne fuori?" Alexandra ristette, non aveva mai sentito Milo così imperativo e serio. Così Saori non voleva i suoi paladini sul campo dii battaglia. Capiva perché Milo si sentisse così amareggiato.

"Già" rispose Hyoga con un sorriso talmente sghembo da conferirgli un'aria da ragazzo terribile "Ma tu lo sai già che noi, tanto, facciamo sempre di testa nostra."

Ikki si fece se possibile ancora più serio

"Non possiamo lasciarvi combattere da soli. Se fossimo rimasti a guardare non avremmo più potuto chiamarci Cavalieri."

Milo cacciò uno sbuffo

"Stupidi mocciosi senza cervello." obiettò il cavaliere dello Scorpione "avete preso un biglietto di sola andata per l'Ade, ve ne rendete conto almeno?"

Hyoga assunse la sua famosa aria da uomo navigato che si scontrava apertamente cn i suoi occhi sinceri

"Bè, Milo, sempre meglio che diventare vecchi come te. Guarda" gli premette un dito nell'addome muscoloso "Stai anche mettendo su pancia..."

"Già e ci vedi anche poco" rincarò la dose Ikki "io in realtà sono Shun..."

Risero, loro malgrado, continuando a stuzzicarsi a vicenda scherzando sulla vita e sulla morte come se fossero concetti che, in fondo, non li riguardavano affatto.

Ikki si voltò verso di lei, senza fare intendere il gesto ai due ragazzi, Alexandra era seria seria e, cosa che ancora di più lo preoccupava, non partecipava ai loro discorsi stupidi.

Le si avvicinò cercando di ignorare il gelo che emanava da lei.

"Ikki" non si era nemmeno voltata, stava cominciando a capire il suo cosmo...

"Non avresti voglia di buttarmi giù da questa finestra ed accertarti che mi sia sfracellata contro quelle rocce?" accennò un mesto sorriso voltandosi verso di lui, poteva avvertire le sue fiamme eterne ardere anche contro la sua aura fredda.

"Non capisci che è a causa mia se tutti combattono?" stava tremando "Tu non c'eri. Ho visto i cavalieri di Hades e quelli di Athena scontrarsi. Ho visto il loro sangue. Ho ferito Mu, senza volerlo." alzò su di lui i suoi occhi scuri e fu come se mille punture gli si fossero conficcate nell'anima "Sono un mostro, Ikki"

Lui tentò una carezza

"Noi ti proteggeremo, qui sei al sicuro." esitò mentre lei si appoggiava alla sua mano

"E' proprio questo il punto. Io non voglio essere protetta, non voglio stare qui con questi ridicoli vestiti. Io voglio" rivederlo, potergli parlare ancora.

Ikki si rabbuiò

"Sei qui prigioniera...Athena non ci aveva detto...Hyoga!" il biondo guerriero si avvicinò avvertendo l'urgenza nella voce dell'alto ragazzo moro.

"Quindi Milo è il tuo secondino" concluse il russo dopo aver ascoltato la frettolosa spiegazione

"Che fortuna..." fu il commento sarcastico dello Scorpione

"Athena ci aveva detto che ti eri rifugiata qui..." continuò soppesando le parole "Dobbiamo avvertire Seiya e gli altri." Milo sgranò gli occhi blu, avevano deciso di tenere una riunione segreta al Santuario?

Proprio in quel momento arrivarono anche Kanon ed Elena, un po' accaldati ed in netto ritardo.

"Scusate...Milo!" la voce di Kanon era un tuono "Cosa ci fanno loro qui? Hai forse deciso di dare una festa... senza invitarci?"

Lo Scorpione portò avanti le mani aperte in un gesto difensivo "Ehi, non cominciare! Sono venuti loro qui, io stavolta, non c'entro per niente."

Elena con fare sognante si era affacciata alla finestra, il trambusto nella stanza sembrava non contagiarla nemmeno

"Che strano, farfalle a quest'ora..."

Persefone si aggrappò al braccio del ragazzo che si era portato accanto a lei

"Milo...non mi sento bene..." il bracciale di opali stava mandando lampi scarlatti.

Un boato ed una colonna di luce provenienti dalla prima casa li riscosse

"Che diavolo" il pensiero lasciato a metà mentre le rispettive armature si adattavano ai loro corpi, in corsa verso l'Ariete. Più veloci, fino a sparire in un vortice di luce.

Davanti a loro Mu aveva retto il suo potente Crystal Wall, a scapito di due attoniti DeathMask e Aphrodite, entrambi in una scintillante armatura nera.

"Che sta succedendo?!" la voce di Milo era imperiosa ed allibita allo stesso tempo, ottenendo in risposta solo una sguaiata risata dal cavaliere del Cancro

"Buongiorno anche a te, Milo" fu la sua ruvida risposta "Ora consegnateci la ragazza se non volete morire per mano nostra".

Hyoga aveva già iniziato ad espandere il proprio cosmo, l'aria piano piano si stava raffreddando intorno a loro, quando Ikki gli prese una mano, stringendola "Fermati".

Si voltarono verso Mu che apriva e chiudeva ritmicamente i pugni, gli occhi semichiusi, sembrava in una profonda meditazione "Oh no..."

I due avversari si lanciarono all'attacco non appena il muro di energia fu abbassato

"Starlight Extinction!"

Le stelle esplosero a loro assoluto beneficio, luce bianca ed intensa, e poi più nulla: dei due guerrieri nemmeno una traccia

"Impressionante" fu il commento di Milo mentre il cavaliere dell'Ariete si voltava verso di loro, un mezzo sorriso gli stirò le labbra

"Ma bravo, Mu, non credevo fossi migliorato così tanto" una voce profonda da un uomo incappucciato poco distante. Il guerriero della prima casa parve vacillare, gli occhi sbarrati

"Cosa c'è piccolo Mu, non riconosci nemmeno?" si tolse il mantello liberando una massa arruffata di capelli di un verde lunare ed un'armatura dell'Ariete gemella, di un nero più profondo del cielo stellato

"Ma..maestro Shion" la voce gli tremava, mentre gli si avvicinava "Consegnami Persefone Mu" un pugno il pieno stomaco fece rantolare il giovane cavaliere "O sarò costretto ad ucciderti"

"Nhg." i capelli viola nascosero il suo volto, e Mu ringraziò che il suo maestro non riuscisse a scorgere le sue lacrime, incandescenti, sulle guance.

"Bè, visto che non vuoi collaborare, vuol dire che me ne occuperò personalmente" fece per oltrepassare il piccolo gruppo quando una voce lo fermò "Quanta fretta, amico mio, sono secoli che non ci vediamo e non mi degni nemmeno di un saluto?" Shion si voltò stupefatto "Dohko?" si lanciò al suo inseguimento, sugli altipiani di Atene, lontano dal Santuario.