CAPITOLO 6 - IL VASO DI PANDORA

Rhadamanthys era furioso, con il risultato che il pacchetto di sigarette comprato solo quel pomeriggio era già finito da un pezzo. Aveva sentito chiaramente il cosmo del suo signore, Hades in persona, ardere come una fiamma fino poi a spegnersi del tutto, precipitando in Giappone, accanto a dove si trovava lui, ancora di vedetta.

Aveva mantenuto fede a quanto ordinato dalla somma Pandora: era rimasto di guardia, a debita distanza per non farsi percepire ma ora non sapeva come procedere.

Rimanere vigile ed aspettare il momento opportuno per rapire Athena e fare strage dei suoi cavalieri in vacanza. Facile.

Ma come procedere, quando Hades in persona si era come materializzato a poca distanza dalla stessa dea?

Il suo avvento non era nei piani, nemmeno la stessa Pandora ne era a conoscenza così si era limitata a mandargli Minos ed Aiakos come supporto intimando loro di non perdere di vista i loro nemici, comunque avessero deciso di agire.

Il giudice moro stava ridendo sguaiatamente mentre seguiva un programma televisivo, all'interno della stanza, mentre Minos lo aveva raggiunto sul piccolo balcone che dava direttamente su uno degli scorci più caratteristici della grande Tokyo.

"Un penny per i tuoi pensieri" disse con quello strano accento norvegese che riusciva a far sorridere il ragazzo biondo.

"Non spenderesti comunque molto. Qui dentro" si indicò il capo "C'è solo confusione ora come ora." L'altro giudice si appoggiò al parapetto abbozzando una risata e porgendogli una sigaretta dal suo pacchetto ancora intonso.

Per un momento ci fu una luce rossastra ad illuminare i volti di entrambi

"L'unica cosa che possiamo fare è rimanere qui in attesa di un nuovo ordine." espirò una nuvola di fumo

"Sarà lo stesso Hades ad indicarci come procedere, Rhadamanthys, in fondo, lui stesso è contravvenuto al piano iniziale. Credo che laggiù" fece un cenno con il mento nella generale direzione del mare "stia accadendo qualcosa della massima importanza. Suggerisco di seguire l'esempio di Aiakos e di cercare di rilassarci un po'." Gli batté una pacca sulla spalla

"Oppure i tuoi sono pensieri correlati a qualcosa di più...personale" L'altro ragazzo si tese visibilmente imbarazzato

"Qualcosa che ha a che fare con una donna. Capelli neri, occhi viola, arpa magica..."

Nonostante le insinuazioni Rhadamanthys riuscì a sorridere, accingendosi a rientrare. La sigaretta, lanciata nel vuoto ancora accesa, brillò di rosso vivo prima di sparire nella notte.

"Ti prego non andartene!" Saori si era appesa al suo braccio. Le guance rosee non sapeva dire se per via della serata calda, un drink di troppo oppure a causa di quanto successo sulla spiaggia.

La dea ragazza stava trascinandola a viva forza in una piccola sala attigua quella principale dove un imbarazzato Shiryu teneva compagnia a Shunrei comodamente seduta su un divanetto, Hyoga e la sua ragazza accanto alla coppia cinese, lei un sorriso radioso in volto.

"Il tempo per un ultimo bicchiere, poi tolgo il disturbo, meraviglioso ricevimento, dico davvero." un cameriere le spinse in mano un bicchierone ricolmo di un liquido rosato ad alta gradazione alcolica.

"Cosa devi dirmi di tanto importante, Saori?" d'un tratto si sentiva stanca come non lo era stata da tempo, spossata ed invisibile come un fantasma che infestava la grande villa.

La ragazza dai capelli del colore delle pervinche sorrise.

"Fai attenzione, tornando a casa. Ho un brutto presentimento" si strinse convulsamente le mani, cercando, nello stesso tempo, di apparire convincente.

La ragazza mora sgranò gli occhi, mai più si era aspettata un avvertimento del genere. Involontariamente si rilassò sprofondando nella comoda poltrona

"Andiamo, Saori, non ti devi preoccupare. Vedrai che la tua sensazione non è altro che un po' di stress e...il profilarsi di una nuova situazione. O forse mi sono sbagliata eh, signora Solo?"

"Sarà" la dea Athena era arrossita "Ma sarei più tranquilla se tornassi a casa con Shaka e gli altri. In fondo siete diretti alla medesima destinazione...Per favore!" Alexandra allungò una mano arruffandole i capelli come se l'altra fosse ancora una bambina.

"Va bene. Ho capito. E scommetto che vuoi che domani pomeriggio faccia un salto qui in modo da potermi aggiornare sugli ultimi sviluppi..."

Si alzò a baciarle la fronte, come quando erano bambine "Stai tranquilla Saori, ci vediamo domani, intesi?" l'altra sorrise, le labbra stirate e gli occhi preoccupati.

Alexandra era già sulla porta quando la sua voce le arrivò, appena un sussurro leggermente più grave del tono usualmente utilizzato dalla ragazza greca "Ti ricordi quando raccoglievamo insieme i fiori nel giardino del venerabile Soichiro...? Ecco vorrei...vorrei che tutto tornasse come allora."

Si affrettò ad uscire nella sala principale, ben intenzionata a togliere il disturbo senza essere notata.

"Stai forse cercando di lasciarmi indietro?" una voce sottile ma ferma, Shaka si era avvicinato a lei, sfiorandole la spalla con un lembo del suo abito fluttuante per attirare la sua attenzione.

"No. Figurati."

Si incamminarono insieme in silenzio, lasciando il ricevimento agli altri cavalieri

"Se vuoi rimanere posso procedere da sola. Saori è solo un po' stressata, non corro alcun pericolo" Shaka si voltò verso di lei. Poteva avvertire una luce azzurra emanare dalle sue palpebre chiuse

"La dea Athena conosce frangenti a noi ignoti. Il suo ordine è quello di scortarti alle tue camere ed assicurarmi che non le lascerai una volta entrata. Non ho intenzione di disubbidire."

Nonostante le parole decise, il suo tono era molto dolce, quasi confortante. Così lo seguì come un cagnolino addestrato senza ulteriori proteste fino alla scala che conduceva alla pensione.

Era quasi arrivata all'ingresso presidiato dalle due statue dei cani sacri, Shaka la precedeva in silenzio, il passo talmente leggero che lei si chiedeva continuamente se non stesse semplicemente fluttuando, quando un dolore pungente la colse, proprio in mezzo al petto, la vista le si offuscò, si accasciò al suolo. Che diamine stava succedendo?

Fece per chiamare il ragazzo biondo accorgendosi che le era già accanto sostenendola.

"Respira, continua a respirare, così, ancora..."

le avvicinò alle mani una specie di rosario buddista che crepitò e fu scagliato lontano da un'energia azzurra. Nell'aria si diffuse un persistente odore di fiori.

"Shaka..." lo stava stringendo talmente forte che le nocche erano diventate esangui.

"Stai tranquilla, ora vedrai che passa, continua a respirare."

Lei appoggiò il capo alla spalla di lui, maledicendosi per la sua debolezza, un secondo, poi il dolore parve attenuarsi lasciando spazio ad una sensazione di disagio pulsante, il profumo di fiori divenne meno intenso, il suo respiro più costante.

"Cosa mi è successo?" lui la stava aiutando a rimettersi in piedi

"Nulla" con un rapido gesto della mano recuperò il rosario

Lei avrebbe voluto ucciderlo, come nulla? Le era sembrato francamente di morire lì davanti alla sua pensione e lui le diceva "nulla"?

Stava già allungando le mani verso il suo collo pallido quando nonna Kaede accompagnata dal pittore in pigiama le corsero incontro con aria preoccupata.

"Cosa è successo?" sua nonna, terrea per la malcelata apprensione, le stava accarezzando il viso "Stavamo bevendo una tisana quando abbiamo avvertito un cosmo estraneo pulsare"

"La voce concitata di Shaka" concluse lui, scambiando uno sguardo d'intesa con la donna.

Alexandra annuì "Non lo so...sarà stato sicuramente qualcosa che ho bevuto..."

"Proprio così" Shaka si allontanò, quell'uomo in nero lo metteva a disagio, non riusciva ad avvertire alcun cosmo né alcuna ostilità provenire da lui, tuttavia i suoi sensi erano all'erta.

"Se mi volete scusare, la ragazza ha bisogno di riposo, consiglierei di accompagnarla alle sue stanze..."

Alexandra non poté fare a meno di avvertire una punta di ansia nel tono della sua voce solitamente così pacata.

Kaede l'aiutò a vestirsi per la notte e le rimboccò le coperte come quando era bambina lasciandole una tazza fumante di tisana sul comodino "Bevila, ti aiuterà a riposare...".

Stava per uscire quando qualcuno bussò. L'uomo dai capelli corvini scambiò un'occhiata complice con Kaede

"Ti disturbo?" lei scosse i capelli

"Volevo sincerarmi che stessi davvero meglio..." Kaede rispose per lei

"Sincerati che beva tutta la tisana, intesi?" si avvicinò alla porta "Vi lascio soli, buonanotte..." le rivolse il suo migliore sorriso da gatto.

Lei arrossì, che diamine stava prendendo a tutti quanti?! E cosa aveva cercato di sottintendere la cara nonnina con quel sorriso sornione?!

Lui si accomodò sul bordo del letto accanto a lei, scrutandola con quegli assurdi occhi chiari

"Hai ripreso un po' di colore..." le porse la tazza

"Senti, davvero noi ci conosciamo..." è a causa tua che mi succedono strane cose, vero? il disagio che avvertiva in mezzo al petto stava diminuendo lasciando posto ad uno strano nodo nello stomaco. Il profumo di fiori di campo stava lentamente aumentando.

"Sì" lui abbassò gli occhi, i capelli lasciati sciolti sembravano brillare di una luce scura.

"E' tutto così confuso...mi ricordo di te, mi sembra di conoscerti da una vita ma" si fece pensierosa "I ricordi che ho, insomma, mi sembra che non siano i miei. Mi sembra che tutto sia successo un sacco di tempo fa." lui le sorrise

"Quali sono questi ricordi?"

Lei sospirò posando la tazza nuovamente sul comodino e torcendosi le mani.

"E' tutto così confuso! Prati di fiori, alberi carichi di frutta, cieli azzurri. Tu che mi chiami...ma il nome...non è il mio. Poi diventa tutto buio, e tu mi tieni per mano...o almeno credo...Sembra quasi un sogno..."

Lui le prese una mano, portandola alle labbra.

"Mi dispiace, non volevo turbarti. Vengo qui tutte le estati da tanti anni. Sono stato contento di vederti ancora."

Stava cambiando discorso. Era rimasto impassibile di fronte alle sue parole, rispondendole solo con un sorriso in tralice. Che cosa la legava a quell'uomo?

Tutte le estati...stavi aspettando me?

Stava cominciando a dubitare della bontà della sua idea di trasferirsi da Kaede per l'estate, quando lui le si avvicinò.

Per un attimo credette che stesse per baciarla e, incoerentemente, non provò alcuna repulsione, anzi, una parte di lei stava smaniando per quel contatto. Le labbra di lui, però, le sfiorarono la fronte, amichevoli

"Cerca di dormire, questa notte. E domattina non voglio vederti correre come una scalmanata, intesi?"

Quando la lasciò le parve che un freddo innaturale si stesse diffondendo nella stanza ed intorno a lei.

Shunrei aveva serie difficoltà a controllare la nausea che le aveva tenuto una costante compagnia durante tutta la gravidanza. Ad aggravare la situazione c'era il fatto che Shiryu, camminando avanti ed indietro, stava praticamente scavando un solco nel pavimento di ricco marmo di Villa Kido.

La ragazza di Hyoga stava cercando di comunicare con lei in uno stentato giapponese e la ragazza cinese era grata di quel piacevole diversivo. Shiryu e Hyoga, invece, erano parecchio agitati. Saori stava confabulando con Mu riguardo all'avvento di chissà quale pericolo ignorando deliberatamente i suoi paladini di bronzo. Meglio così, almeno Shiryu non dovrà rischiare la vita...ancora.

Si sentiva una traditrice, ma l'idea di perdere il suo amore, il padre del suo bambino non ancora nato, le metteva i brividi.

La sua scarsa conoscenza della lingua le aveva insegnato a leggere negli occhi e nelle espressioni e quello che traspariva dalla serrata conversazione non le piaceva affatto.

La dea si alzò, congedandosi con grazia. Shunrei non poté ignorare la sua espressione di malcelato terrore.

La giovane dea stava letteralmente correndo verso la propria stanza. Il suo ricevimento, il giovane Julian, i cavalieri d'oro ancora una volta accanto a lei, tutto era impallidito di fronte al grido telepatico di Shaka che era esploso invadendo i suoi sensi.

"Somma Athena, si sta risvegliando...c'è qualcuno con lei che mi mette a disagio...non vorrei...non vorrei..."

Saori aveva subito conferito con Mu, ma aveva bisogno di rimanere sola e chiedere consiglio alla dea che viveva dentro di lei.

Hades.

Sei qui per me?

"Saori..." una mano forte la tratteneva, leggermente stretta introno al suo avambraccio, la ragazza si voltò di scatto

"Julian. Scusami, ho dimenticato di salutarti..." lui sorrise prendendole la mano

"Temevo...di aver fatto qualcosa di...sbagliato" lei sorrise, avvicinandosi a lui

"No, Julian, è solo che..." poi la dea parlò con la sua voce

"Poseidon, abbiamo un problema. Hades ha organizzato i suoi eserciti, temiamo che possa essere qui per completare le sue schiere ed aumentare il suo potere e la sua ingerenza su questo mondo."

Il ragazzo del mare sorrise "E come farebbe, divina Athena? Qui non ci sono soldati che possa utilizzare! Chi sarebbe venuto a prendere?" Athena sorrise

"Se solo sapessi di che si tratta...Ritengo che la mossa migliore, ora come ora, sia interrogare il sommo Dohko. Sono certa che lui potrà darmi una risposta."

Poseidon abbozzò un abbraccio "Sappi che io sarò sempre pronto a scendere in campo al tuo fianco..."

"E sappi che io non lo permetterò. Questa battaglia" si strinse un poco a lui, affogando nei suoi occhi azzurri "é solo mia."

Ma lui non l'ascoltava più, le sue labbra leggere su quelle di lei. Le sue mani accarezzarle la schiena.