XVI

 Due nere ombre percorsero di gran carriera le lunghe scalinate che conducevano al Tempio della dea Atena. Mai tanta oscurità era penetrata così a fondo in quei luoghi sacri. Lune e Valentine, dal canto loro, si meravigliavano che nessuno dei Templi dello Zodiaco fosse presidiato; che la maggior parte dei Cavalieri d’Oro si fosse allontanata da Atene si vociferava proprio mentre si accingevano a dare il via alla loro missione, ma che sarebbero avanzati così facilmente non lo avrebbero mai immaginato. Solo nel terzo tempio, quello dei Gemelli, avevano incrociato un cavaliere, che indossava un elmo adorno di un vistoso corto, che Valentine aveva spazzato via con un colpo solo; il poveraccio si era schiantato su una parete laterale con gran fracasso ed era caduto a terra in un lago di sangue. Che dunque il Santuario fosse davvero così mal custodito? A parte i tre Cavalieri d’Argento d’innanzi al tempio dell’Ariete e il gruppo di Alcmene che aveva difeso il sceondo, pareva non esservi nessun ostacolo. Che davvero Atena avesse sottovalutato a tal punto la minaccia? Tanto meglio, pensarono i due dopo essere passati accanto ad una statua che raffigurava la dea in atto di porgere una spada ad un cavaliere; usciti da quel tempio si arrestarono un po’ per riprendere fiato. La dimora della dea era ora assai vicina e dal piazzale in cui si trovavano delle ampie scalinate salivano fino ad esso pressoché in linea retta.

"La nostra meta è vicina." disse Lune. "Pochi momenti ancora e potremo dare costrutto ai propositi del nostro Signore."

"Già." fece Valentine "Vedendo quella statua ho pensato che forse a quest’ora un’altra cerca, condotta da uno dei nostri compagni, potrebbe già essere giunta a buon punto."

"La sua missione era assai meno complicata che la nostra. Sono tuttavia certo che egli l’avrà già portata a compimento e che tra un po’ Ade avrà tra le sue mani quello che attende."

Valentine sorrise: "Dimostriamo allora di essere pure noi degni della sua fiducia, venerabile Lune, e facciamo quello per cui siamo stati inviati qui."

Poco dopo i due riprendevano a salire celermente verso il Tempio di Atena.

D’improvviso, mentre percorreva un’irta scalinata, Lune trasalì. Avvertì in modo netto che la sua vittima si era sottratta all’influsso del suo colpo che considerava definitivo. Si dovette fermare, frastornato. "Mai visto un uomo di una tale statura morale, stento a crederci. Le sue colpe sono talmente irrisorie che il mio attacco non ha avuto modo di avere la dovuta efficacia e pure gli inganni e gli artifici che avevo adoperato si sono dimostrati vani." Riprese la salita pensando: "Alla prossima sfida, Alcmene."

"Lune, perché resti indietro?" disse in quel momento Valentine.

Lune rispose con severità: "Credo che ci siamo lasciati alle spalle un problema non da poco. Avrei dovuto finire il cavaliere del Toro personalmente."

Una voce giovane e fresca interruppe il loro discorso: "Non dovreste preoccuparvi di quanto vi siete lasciati alle spalle, ma di ciò che dovete affrontare ora."

I due alzarono gli occhi in direzione dell’undicesimo tempio. Un Cavaliere d’Oro li attendeva; giovane in viso, con lunghi capelli che li scivolavano sulle spalle, vestiva la sua armatura dorata con fierezza ed eleganza.

"Chi sei?" disse Valentine aspro.

"Dovrei piuttosto chiederlo io a voi, ma conosco già la risposta. Siete i servitori di Ade che hanno impunemente seminato morte e scompiglio alla prima casa. Troppo in alto siete giunti. Il vostro cammino si interromperà qui. Clearco dell’Acquario vi impedirà di proseguire oltre."

I due invasori si erano intanto portati all’ingresso del tempio dove il giovane gli attendeva. "Speri forse di fermarci tutti e due? Folle" fece Valentine. "Se hai cara la vita scostati."

"Anche se lo volessi, non potrei farlo. Sono un cavaliere di Atena, un leale servitore del Grande Sacerdote e un figlio devoto. Troppe promesse mi vincolano al mio ruolo di difensore perché possa cedervi il passo."

"Quanto parli bene." disse Lune "Siete tutti così nobili e ardimentosi voi cavalieri di Atena?"

"La cosa ti stupisce?" disse Clearco con sincero stupore.

"Mi sorprende che non abbiate ancora capito che state lottando vanamente contro l’ineluttabile. Il vostro destino è segnato. Alcuni di voi sono già caduti, altri dispersi. Quanti potranno difendere questo Santuario quando lo attaccheremo in forze? Una resa onorevole vi risparmierebbe molte sofferenze."

Valentine aggiunse: "Se poi proprio ci tieni a sacrificarti ugualmente per la tua dea, ti accontenteremo subito. Ma è sciocco gettare inutilmente la propria vita in un’impresa disperata."

Un’espressione di rabbia e indignazione comparve su viso di Clearco: "Noi devoti di Atena non gettiamo via la nostra vita inutilmente! Combattiamo per un alto ideale che a volte comporta sacrifici estremi. Abbiamo cara la vita ma non temiamo a metterla in gioco se alta è la posta. Tuttavia non mi aspetto che due demoni come voi possano comprenderlo."

"Io capisco solo che ci stai facendo perdere tempo. Senti un po’, servitore leale della dea e figlio devoto non so di chi, ora che tu lo voglia o meno noi oltrepasseremo quella soglia. Cedi il passo!" fece Valentine con durezza.

"Provaci!" disse furente Clearco.

Lo spettro dell’Arpia si lanciò in avanti gridando "Brama di vita!" mentre dal suo pugno scaturivano mille saette violacee. Clearco stava per essere investito ma lesto fu il suo contrattacco. "Aurora del nord!" Le saette si dispersero in una moltitudine di cristalli di ghiaccio che il cavaliere aveva generato d’innanzi a se. Alcune tuttavia, spinte dall’impeto del nemico, giunsero a segno. Clearco vacillò ma poté sorridere di soddisfazione vedendo che anche l’Aurora del nord non era stata lanciata invano. Sulla nera corazza di Valentine già i cristalli stavano formando uno strato di ghiaccio che si espandeva sempre più.

"Demone, ti ho già detto che non passerai oltre!"

"Hai ragione, non passerò oltre." rispese senza curarsi di quanto stava accadendo alla sua armatura. "Sarà qualcun altro a farlo. Brama di vita!" Clearco non si fece cogliere di sorpresa e schivò il colpo. In quel istante però Lune rapidissimo si proiettò in avanti e sparì all’interno dell’undicesima casa.

"Ti abbiamo giocato." rise Valentine "Ed ora in guardia. Valentine dell’Arpia sarà il tuo avversario. Sei pronto alla lotta?" Con estremo stupore però notò che Clearco non appariva minimamente preoccupato per quanto era appena accaduto. "Che significa? Lune è passato, perché non te ne curi?"

"Per il semplice motivo che finirò presto di occuparmi di te e poi potrò dedicarmi a lui. Guarda, l’Aurora del nord sta già facendo effetto." disse freddo Clearco.

Il nemico rise sonoramente: "E’ questo che ti dà tanta sicurezza? Stolto! Pensavi di liberarti in fretta di me per poi inseguire Lune? A ben altri rigori è abituata la mia corazza, la mia nera surplice." Espandendo il suo cosmo fece sciogliere la coltre di ghiaccio che aveva rivestito l’armatura. "Sono un abituale frequentatore del Cocito, che come forse saprai è la zona più fredda degli Inferi, dove i ghiacci eterni ad eterno dolore condannano chi ha la sventura di esservi precipitato. Ben poca cosa è la tua Aurora di fronte ad un così grande potere, quello dei gelidi venti che soffiano in Ade."

Clearco si sforzò di rimanere freddo. "Ebbene, Valentine, sarà allora uno scontro alla pari tra chi domina gli elementi dei ghiacci. Io sono pronto alla lotta. Vedremo se le tue parole sui rigori degli Inferi corrispondono a verità o se invece troverai chi raffredderà questa tua convinzione."

"Non ti temo, giovane Clearco. E ad ogni modo la tua difesa di questo tempio è fallita. Lune sarà già passato oltre e tra un po’ si troverà al cospetto della dea."

Questa volta fu Clearco a sorridere: "Se si trovasse al cospetto della dea dubito potrebbe fare ben poco. La verità è invece che egli è entrato in questo tempio ma non ne uscirà più."

Valentine esitò: "Cosa intendi dire?"

"Prima del vostro arrivo" disse Clearco con distacco "ho sigillato l’uscita del tempio con una spessa colte di ghiaccio. La Teca di Ghiaccio sbarra a chiunque il cammino. Lune, ne alcun altro, potrà passare. Te l’ho già detto, la vostra corsa si arresta qui."

"Staremo a vedere. Non credere che un muro di ghiaccio sia sufficiente a fermare Lune."

"Preoccupati per te, piuttosto." disse Clearco portando le braccia in avanti a aprendo le mani. "Aurora del nord!"

Valentine fu investito in pieno dal colpo e fu respinto indietro. Tuttavia si puntellò sulle gambe e disse: "Ho già visto questa tua tecnica e ti ho già detto che sono abituato a un freddo molto più intenso di questo. Lo stesso varrà anche per te? Non credo." Rise "Vento del Cocito!" Mulinando le braccia verso l’alto Valentine scatenò una tempesta di ghiaccio che si abbatté su Clearco facendolo arretrare sempre più. Le vestigia dell’Acquario si rivestirono di un sottile strato di ghiaccio, ma ressero l’urto. Lo Spettro tuttavia non dava segno di voler interrompere l’attacco. Nel caldo sole del pomeriggio il vapore saliva alto dal piazzale antistante il tempio.

"Chi controlla le energie fredde sa padroneggiare più tecniche e lo scoprirai a tu spese, Valentine!" disse Clearco avvolto nella tormenta. "Mi è stato insegnato a sviluppare diverse tipologie d’attacco. Come un esperto oplita maneggia con pari destrezza giavellotto, spada o asta, allo stesso modo un cavaliere di Atena deve dare forme nuove e diverse al proprio cosmo."

Con una smorfia Valentine commentò: "Hai avuto di sicuro un bravo maestro, ma bisogna vedere se tu sei in grado di fare ciò che millanti di saper fare."

Clearco ripensò a suo padre, alle sedute con le armi cui lo sottoponeva poco più che bambino. Aveva cominciato con la spada per poi cimentarsi con le barre gemellari e il tridente; a volte aveva usato pure uno scudo come arma offensiva. Questo lo aveva abituato a considerare l’utilità di strategie e tecniche d’offesa variegate e di studiarne l’impatto sull’avversario. La cosa più difficile era stata non tanto impadronirsi di quelle tecniche, ma lavorare sul proprio cosmo in modo da renderlo duttile e adattabile alle diverse situazioni, sfruttando il potere delle energie fredde che gli era proprio. Quante volte Palladio, suo padre, lo aveva dovuto correggere, impostare, incoraggiare e quante volte lui non si era sentito all’altezza. Il genitore tuttavia aveva saputo guidare che maestria e allo stesso tempo con delicatezza il figlio in quella difficile arte che è il controllo di sé e delle proprie risorse fisiche e mentali. Clearco si chiedeva se sarebbe mai stato all’altezza della fama del genitore, nobile Cavaliere d’Oro della dea Atena. Forse era proprio quello il frangente nel quale egli avrebbe dimostrato il suo valore e onorato il ricordo del padre caduto in battaglia.

Concentrando il proprio cosmo nella mano generò una sfera di energia: "Giudica tu stesso, servo di Ade, se sono o meno in grado di controllare le energie fredde. Polvere di Diamanti!" L’attacco non era potente come il precedente ma era più concentrato e questo colse di sorpresa l’avversario, le cui mani gelarono diminuendo di conseguenza il potere del suo attacco.

"Ed ora, Valentine, il colpo finale!"

In quello stesso istante, purtroppo per lui, avvertì tuttavia un cosmo avvampare alle sue spalle e qualcosa lo investì, facendolo cadere in avanti. Sbatté violentemente a terra e l’elmo scivolò via. Sollevando lo sguardo vide Valentine, alto sopra di lui, mentre echeggiava nel tempio la voce di Lune: "Manchi di strategia, ragazzo, ancorché le tue risorse siano notevoli. Che imperdonabile errore far entrare un avversario in un vicolo cieco. E’ naturale che poi esso ritorni al punto di partenza, non trovi?"

Clearco cercò di sollevarsi, ma Valentine lo bloccò a terra. "Dove credi di andare?" Poi rivolto a Lune disse con freddezza: "Vediamo di non ripetere lo stesso errore commesso con Alcmene. Eliminiamolo subito. Abbatterò io la barriera di ghiaccio. Non possiamo lasciarci alle spalle troppi nemici."

"E sia. Lascialo a me." replicò Lune.

Valentine fece per allontanarsi ma si accorse di essere bloccato sul posto. "Che succede? Perché non mi posso muovere?"

"E’ l’effetto dell’Anello di Ghiaccio." disse Clearco alzandosi "Eri troppo distratto per renderti conto che ti stavo ancora attaccando."

"Ridicolo! Liberami immediatemente!" ruggì.

"Perdona, ma ho altro da fare. Polvere di Diamanti" gridò alzandosi di scatto e balzando verso Lune. Lo Spettro fu investito dalla coltre di ghiaccio e si difese facendo mulinare la frusta che aveva con sé.

Valentine nel frattempo stava espandendo il suo cosmo per liberarsi dell’Anello di Ghiaccio che lo aveva immobilizzato. Vi riuscì proprio mentre Lune stava passando al contrattacco contro Claerco. "Attacchiamolo insieme, non avrà scampo. Brama di vita!" Clearco evitò l’attacco con un alto balzo ma a quel punto fu Lune ad agire: "Frusta del Giudizio!" Le spire fatali stavano già per avvolgere le gambe del cavaliere quando un’onda d’urto spazzò l’aria respingendo l’arma dello Spettro.

Clearco ricadde a terra e guardò in direzione della gradinata che conduceva alla sua dimora. La sagoma del Cavaliere del Toro era apparsa.

"Scusa se ho tardato, amico." disse Alcmene "Questi due farabutti sono assai insidiosi e sono riusciti a trattenermi."

"Ben arrivato, nobile cavaliere." sorrise Clearco.

"Prepariamoci alla lotta" fu la risposta "E attento alla frusta di Lune, è un’arma micidiale."

"Non solo la sua frusta…" e guardò con aria di sfida l’avversario.

"E sia, cavaliere del Toro, mi occuperò io di te mentre Valentine chiude i conti con il giovane Clearco." disse Lune. "Sei un avversario interessante, Alcmene, pochissimi sopporterebbero senza danni lo Specchio delle Colpe, eppure tu sembri esserci riuscito alla perfezione. Mi compiaccio. Ora però dovrò essere più sbrigativo e brutale, ma è necessario se vogliamo raggiungere il nostro obiettivo."

"Quale obiettivo?" disse Clearco "Anche se riusciste a superare questa casa e la prossima dovreste pur sempre vedervela con il Grande Sacerdote e con Atena in persona. Cosa sperate di riuscire a fare?"

La risata di Valentine spazzò l’aria. Poi il cavaliere scosse la testa divertito e rivolse queste parole al custode della casa dell’Acquario. "Se bastasse Atena a fermare un invasore il vostro ruolo sarebbe inutile, non ti pare? A cosa servirebbero mai 12 custodi dorati se la dea potesse respingere i nemici contando solo sulle proprie risorse? E’ vero, sarebbe in grado di respingere noi due, ma non di impedirci di portare a termine la nostra missione." Lui e Lune si scambiarono un sarcastico sguardo d’intesa. "Se ci avvicineremo abbastanza all’obiettivo i sigilli romperanno i sigilli." concluse enigmaticamente.

"I sigilli?" chiese perplesso Claerco.

"Valentine!" fece severo Lune "Non parlare troppo. Non è bene che i nemici sappiano, fossero anche sul punto di cadere per nostra mano. Ad ogni modo noi passeremo, cavalieri di Atena." Rivolto poi al cavaliere del Toro si preparò all’attacco: "Specchio delle Colpe!" Istintivamente Alcmene si mise in posizione di difesa ma il colpo non era rivolto a lui, ma a Clearco, che non ebbe il tempo di reagire e ne fu investito. "Sei giovane, cavaliere, ma mille incubi possono albergare pure nell’anima che ha vissuto pochi anni!"

I fantasmi del passato e gli incubi sopiti stavano già facendo visita a Clearco.

"Brama di Vita!" urlò attaccando Valentine. Alcmene però si era piazzato prontamente di fronte all’amico e bloccò l’attacco con il Sacro Toro. Un’onda di luce investì i due contendenti che si ritrovarono faccia a faccia dopo l’attacco, pronti a ricominciare la lotta.

"Frusta del Giudizio!" gridò Lune attaccando a sua volta. Alcmene, in pochi istanti, pensò al suo maestro Pelopida, ai suoi insegnamenti. Ripensò ad Atena, che aveva fiducia in lui e negli altri cavalieri, e infine rivolse un ultimo pensiero a Elettra. In tanti stavano lottando, lui non poteva certo tirarsi indietro ma nemmeno permettere che un altro morisse al suo posto. Evitare quella frusta avrebbe significato morte certa per Clearco che era immobilizzato, come in stato di semi incoscienza, dietro di lui. No, si disse. Non si sarebbe spostato. Che la Frusta del Giudizio lo colpisse pure. Fu questione di un attimo. Un passo indietro. Una gomitata a colpire in pieno petto Clearco che, inconsapevole di quanto stava accadendo, rovinò a terra nel pronao del tempio. La sua voce che gridava: "Clearco, nelle tue mani è la difesa di Atena!". La frusta che lo avvolgeva. Resistere. Spire che si stringono. Resistere. La consapevolezza del suo corpo che sarebbe potuto finire in frantumi nonostante l’armatura sacra del Toro. L’immagine delle sue sorelle. Resistere per loro.

Lune osservava l’avversario avvolto nelle spire. "L’essere senza colpe non ti risparmierà, cavaliere. Seppure il tuo spirito è mondo da peccati sarà il tuo corpo a finire in pezzi e con esso terminerà la tua esistenza e il tuo soffio vitale sarà disperso non avendo più una dimora." Stava per ritirare la frusta, quando invece esclamò. "Valentine, questo cavaliere è in nostro possesso, ci servirà da lascia passare per giungere fino ad Atena. E solo davanti a lei gli donerò il colpo di grazia."

"Puoi scordartelo!" gridò in quell’istante Alcmene lasciando sbigottiti entrambi gli Spectre. "Brucia mio cosmo, brilla Aldebaran fino a liberarti dalla stretta mortale!"

Lune diede uno strattone alla frusta e le spire strinsero ancora di più l’avversario, il cui cosmo però si stava espandendo: "Spegni il tuo ardore, subito, o ti riserverò una morte atroce!"

"Fallo allora! Che importa se cado qui o innanzi la dea? Tuttavia la mia morte ti sarà danno."

"Non credo proprio." disse Lune mostrando di essere distaccato e freddo, ma cominciando a nutrire dubbi nel profondo dell’animo. Fece stringere le spire ancora di più fino a far scricchiolare le ossa di Alcmene sotto la corazza dorata.

"Grande Corno!"

"Inutile, la frusta ti trattiene e con te il tuo inutile attacco!"

Alcmene abbozzò un sorriso: "Mi trattiene finché la terrai a me avvinta. Ma quando la ritirerai per darmi il colpo di grazia pure se il mio corpo dovesse andare in pezzi il mio colpo ti travolgerà e per te sarà la fine."

"Menti!" gridò Lune.

"A te il rischio!" Le sacre stelle del Toro brillarono dietro Alcmene pur nelle luce del giorno e le spire della frusta, per un momento, parvero cedere.

"Lune!" fece Valentine "Gli darò io il colpo di grazia!"

"No!" disse Lune seccato "Tu occupati dell’altro. E muoviamoci, l’ora è tarda."

Ora il cosmo del Toro stava ardendo in tutta la sua possanza e al sua magnificenza. "E’ spaventoso!" fece Lune incredulo "La frusta del Giudizio, con cui sono solito giudicare le anime di coloro che giungono in Ade, arma che non lascia scampo, a fatica riesce a trattenere una simile, ardimentosa forza! Le stelle della sua costellazione bruciano e mi pare di sentirle avvampare vicine, troppo vicine, fino a bruciare le mie stesse carni. Alcmene, vuoi dunque tu sfuggire al giudizio ultimo di Lune? No, non ci riuscirai se non a prezzo della vita!"

"Finiscilo, non rischiare!" gridò Valentine. "Quel cosmo ci spazzerà via. Prenderemo Clearco come ostaggio!"

Lune, messo di fronte alla prospettiva di essere annientato e di veder fallire la missione, pur riconoscendo il valore dell’avversario e la sua grandezza decise che era necessario toglierlo di mezzo nel modo più brutale, anche se avrebbe preferito confrontarsi con lui in altro modo.

"Allontanati Valentine, temo che la deflagrazione sarà tremenda. E allora Addio, nobile Alcmene. Rivedrò il tuo spirito in Ade, molto presto e, considerata la tua tenacia e il tuo valore, vedrò di essere clemente!"

Alcmene sollevò appena il capo e diede fondo a tutte le sue energie dicendo con un filo di voce: "Illusi! Non passerete! Maestro… sto venendo da voi."