IX

Il sole stava ormai morendo ad occidente quando due figure si attestarono di colpo d’innanzi ad un anfratto ben più grande degli altri. La luce rossastra del tramonto ne rivelava gran parte della volta e lasciava intravedere, sul fondo della caverna, un paio di stretti passaggi che conducevano dentro la montagna. Lo strillo di un gabbiano diede a quel luogo un che di sinistro e una sensazione di abbandono, di lontananza, si impadronì dei cavalieri che stavano ora calpestando la ghiaia, fragorosa sotto i calzari scintillanti e l’impeto delle onde, che arrivavano a lambire l’ingresso dell’antro.

"Lo hai avvertito pure tu, vero?" rimbombò una voce matura.

"Chiaramente, maestro." rispose una più fresca. "Dubitavo avremmo mai trovato qualcosa in questo luogo, invece…"

Il cavaliere più alto si era spinto in avanti di qualche passo. Poi continuò dicendo: "E invece pare proprio che alla fine il nemico sia ormai prossimo." Guardò il compagno come a cercarne l’intesa. "Io mi infilerò nell’apertura di sinistra, tu nell’altra. Sii prudente. Se i miei sensi non mi ingannano non dovremo cercare per molto tempo."

"Non temo l’oscurità né le imboscate, maestro."

"Gli spazi saranno angusti, credo. Se ti senti minacciato cerca di tenere il nemico lontano, le tue tecniche te lo permettono. Avanti dunque."

Le due figure si accostarono contemporaneamente alle aperture che si aprivano in fondo all’anfratto principale; prima di sparire nell’oscurità si girarono l’uno verso l’altro e si diedero un cenno di intesa. Poco dopo il buio le inghiottì.

Per alcuni istanti al di fuori si udirono solo i versi dei gabbiani e il frangersi delle onde sugli scogli nella luce morente della sera. L’urlo che proruppe dalle profondità della terra fu così penetrante e così acuto da far raggelare e il mare stesso sembrò farsi più livido.

La creatura che si era trovato davanti era talmente rivoltante che l’aveva fatto trasalire e l’esitazione era stata fatale. L’enorme insetto era uscito dalla nicchia in cui stava riparato e lo aveva atterrato. Il cavaliere era oppresso da tale peso e a stento dominava l’orrore che quelle fauci bavose a ormai pochi centimetri dalla testa gli incutevano. Riuscì tuttavia, con uno sforzo, a liberare il braccio destro e concentrando sul palmo la propria energia cosmica fece apparire una freccia dorata che impugnò subito a guisa di pugnale e conficcò con rapido movimento in uno degli occhi della creatura, che sibilando si ritrasse.

"Indietro, viscido mostro infernale!" gridò.

Si rialzò, e appoggiandosi alla parete, stringendo ancora nel pungo la freccia dorata, esclamò: "Non sia mai che Astylos, Cavaliere di Sagitter, cada di fronte a un tale abominio degli Dei." E così dicendo nell’altra mano fece apparire un arco. "Ritorna dal tuo signore, ovunque egli sia, e riferisci che i cavalieri di Atena alla fine prevarranno e che l’oscurità non camminerà mai sulle terre che gli uomini popolano finché Atena e i suoi cavalieri vigileranno!" La freccia s’illuminò come d’un fuoco e ratta sibilò percorrendo i pochi metri che la separavano dalla creatura. Vi fu un grido e un tonfo sordo, poi il silenzio. Quando però Astylos poté scrutare la tenebra d’innanzi a sé vide che della creatura non vi era più alcuna traccia e che la freccia era avviluppata in una tela viscosa.

"E così la dea Atena ha scomodato nientemeno che uno dei dodici!" Risuonò una voce cavernosa. "E tu, sacrilego hai osato colpire la mia creatura! Pagherai per questo, cavaliere."

Astylos trasalì. In quella voce vi era qualcosa di mostruoso e innaturale e pure la sagoma che intravedeva e avanzava verso di lui era inquietante a vedersi.

"Quale demone degli Inferi si nasconde mai sotto le tue vestigia?" replicò Astylos. "Mostrati!"

"Sicuro di volerne sapere di più su di me?"

Il cavaliere di Sagitter rise: "No, affatto. Mi interessa in modo relativo perché la tua esistenza si conclude qui ed ora. Non permetterò che tu esca fuori a seminare morte e distruzione."

"Pensi davvero di essere in grado di impedirmelo?"

L’aura cosmica del cavaliere, di notevoli dimensioni, cominciò ad espandersi e l’anfratto ne fu rischiarato. "Nutri qualche dubbio in merito? Preparati, stai per essere spazzato via dal Sacro Sagitter!"

"Bada, sono una grossa preda pure per uno come te. Dovrai usare tutta la forza di cui disponi!" Disse l’altro con tono di sfida.

"Sarà più che sufficiente a ricacciarti nell’abisso del Tartaro!"

Una risata risuonò nelle profondità della terra. "Se così sarà, non ci andrò solo. Sei uno stolto!" E rise ancora. "Il tuo potere, quando mi avrai colpito, distruggerà anche questa grotta e tu stesso resterai travolto dal crollo."

"Correrò il rischio e saprò uscirne." Il suo cosmo ormai illuminava tutto l’anfratto e l’avversario era ora ben visibile d’innanzi a lui.

"E puoi dire lo stesso del tuo compagno?" Un sorriso maligno baluginò sul volto del nemico.

La fronte del cavaliere s’imperlò di sudore. Archelao poteva essere poco distante e avrebbe potuto restare pure lui travolto dalla distruzione causata del suo colpo. Come l’avrebbe ritrovato? No, non poteva rischiare. A malincuore, dovette rinunciare all’attacco, ormai imminente.

"Saggia decisione, soldatino di Atena! Deponi le armi."

"Questo mai. Troverò un altro modo, forse anche più doloroso, per sopraffarti." disse Astylos sicuro di sé.

"Staremo a vedere. Ricorda che avventurarsi nelle profondità della terra, territorio di Ade e dei suoi fedeli servitori, non è mai buona cosa. Qui i tuoi poteri servono a poco e difatti non te ne puoi servire. Peccato tuttavia che lo stesso non valga per me. Muori!"

Dalle sue braccia, protese in avanti, fece schizzare un fascio di fili che raggiunsero Astylos e si avvilupparono agli schinieri e ai bracciali dorati. In breve il cavaliere fu messo alle strette e una fitta matassa cominciò ad avvolgerlo.

"Finirò per soffocare!" Pensò Sagitter. Decise allora che doveva guadagnare tempo. "Ascolta, demone! Fa almeno in modo che io sappia il tuo nome, così che conosca chi mi ha sconfitto."

"Sta bene. Charax, della Stella della Terra Misteriosa, ti ha preso nella sua tela e ti condurrà come trofeo negli inferi, Astylos del Sagittario! Anzi, trascinerò quello che di te sarà rimasto dopo che la tela ti avrà avvolto completamente." E riprese a spruzzare fili letali e appiccicosi. La mente del cavaliere si annebbiò e lentamente si sentì scivolare nell’oblio. Doveva reagire. In quelle condizioni non poteva servirsi dell’arco per scoccare una freccia e agire diversamente, con un attacco di energia, poteva significare restare ucciso in un crollo assieme al nemico e forse all’amato allievo. "Archelao" pensò mentre bruciava il suo cosmo luminoso "ovunque tu sia allontanati! Purtroppo pare io debba percorrere una strada oscura, ma non tu con me. Vattene, fuggi!" La coltre di fili che ormai lo avvolgeva gli aveva tolto quasi completamente il respiro ma era convinto che ciò non sarebbe bastato a contenere il suo attacco letale quando avesse liberato il suo cosmo. "Archelao, occupati tu di Pegasios al posto mio." Fu quello che credette essere uno dei suoi ultimi pensieri.

"Charax!" disse con voce attutita e distorta "Scendi nel Tartaro! Per il Sacro…"

"Maestro!" Fece la voce potente e sonora di Archelao. "Sono qui, al vostro fianco!"

L’aura cosmica di Astylos si spense e il cavaliere, spossato dallo sforzo e privo di forze per l’essere stato intrappolato nella tela, che lo aveva portato quasi al soffocamento, fu rincuorato nel sentire la voce amica di Archelao. A quel punto, sicuro che il nemico sarebbe stato vinto, si lasciò cadere a terra, privo di sensi.

"Maestro mio!" Urlò Archelao affondando le dita in quell’orrendo bozzolo e strappando a fatica una porzione della tela, scoprendo il viso del cavaliere di Sagitter. "È svenuto" pensò, cominciando a dominare la situazione. "Tuttavia devo liberarlo al più presto da quest’involucro."

"Puoi risparmiarti la fatica, sciocco. Tra un po’ farai la medesima fine!" Lo sbeffeggiò Charax. "Quella barriera è composta di innumerevoli minutissimi fili che avvolgono il tuo compagno e gli impediranno di liberarsi. Nessuno ci riuscirebbe, rassegnati." E rise.

"Maestro! Astylos!" Gridò il cavaliere preoccupato.

Il viso di Sagitter si contrasse in una smorfia, poi gli occhi di Astylos si posarono sull’allievo. "Sta attento, Archelao, è un avversario infido e ben si giova di questi spazi angusti." Parlava a fatica.

"Non temete, ora vi libero, maestro."

"No, affrontalo o sarà la fine per tutti e due." Rispose severo Sagitter.

"Maestro!" E cercò di lacerare gli strati di tela appiccicosa che ricoprivano il corpo e l’armatura dal maestro, ma l’impresa era tutt’altro che facile.

"Sì, resta lì immobile, così che possa colpirti!" Fece Charax con voce sonora e irridente preparandosi all’attacco. "Ecco che un  secondo cavaliere cade per mano mia!"

"Il secondo?" disse Archelao sprezzante levandosi prontamente in piedi e mettendosi sulla difensiva. "A me pare che tu non ne abbia fatto cadere nemmeno uno fino ad ora!"

Piantò gli occhi sul cavaliere che si parava davanti a lui. Era rivestito di un’armatura che ricordava le fattezze di una farfalla; grandi ali colorate infatti si aprivano sulla schiena del nemico. Ciò che più colpiva però erano i colori sgargianti della corazza stessa, che mai avrebbero fatto pensare ad un soldato di Ade. Il cunicolo ne era rischiarato e i due avversari si potevano ora chiaramente guardare negli occhi.

"Per quel poveraccio i minuti sono contati, devo solo completare l’opera. Prima però sistemerò te, insolente, così il tuo compagno potrà assistere impotente alla tua caduta."

Astylos si rivolse all’allievo: "Quest’orrido demone ha notevoli capacità… E temo abbia qualche creatura demoniaca al suo servizio… Prudenza!" Sopraffatto dallo sforzo, perse nuovamente i sensi.

"Ora non parlerai più, soldato di Atena! La tua voce comincia decisamente ad irritarmi."

"Non ti permettere!" ruggì Archelao.

"Altrimenti?" fu la beffarda risposta.

"Altrimenti la furia di Archelao, cavaliere dello Scorpione, ti travolgerà senza pietà."

"E come, forse così?" disse Charax muovendo repentinamente un braccio. Archelao fece appena in tempo a scostarsi che la parete rocciosa alle sue spalle andò in frantumi.

"Sei veloce, lo ammetto. Ma posso fare altrettanto. Cuspide Scarlatta!" Dal dito di Archelao un colpo sfrecciò inesorabile verso Charax lasciando dietro di sé una scia vermiglia. Lo Spettro tuttavia evitò la cuspide dello Scorpione con notevole agilità.

"Avanti, vienimi a prendere!" lo incitò con scherno, e lesto si ritrasse in un cunicolo laterale.

"Eccomi!" gridò il cavaliere. Troppo tardi si rese conto della sua leggerezza nell’essersi lanciato in un inseguimento alla cieca; appena dentro il cunicolo buio un colpo del nemico lo scaraventò indietro facendolo sbattere con violenza su una parete della grotta. Un secondo colpo vibrò nell’aria e colpì in pieno il cavaliere all’addome.

"Con te non ho nemmeno bisogno di ricorrere ai miei colpi migliori." Lo irrise l’avversario. "Il tuo compagno era più temibile e avveduto, tu sei incauto e sprovveduto. Tanto meglio, sbarazzarmi di te sarà più facile!"

"Davvero? Allora prendi questo!" Ma prima che potesse lanciare il colpo Archelao si accorse che il nemico si era di nuovo sottratto alla sua vista. Lo seguì, con cautela stavolta, in un cunicolo che si apriva alla sua destra ed ecco che il baluginare della corazza dell’avversario lo indirizzò nella giusta direzione. Provò ancora a scagliare il suo colpo segreto, la micidiale cuspide, ma purtroppo anche questa volta andò a vuoto, spegnendosi con un tonfo sordo tra la rocce.

"La tua tecnica d’attacco lascia alquanto a desiderare, povero il mio scorpione! Dovresti mettere le ali per poter colpire una farfalla!" echeggiò la voce di Charax.

Archelao si rese conto che in effetti la Cuspide Scarlatta pareva inefficace in quell’ambiente buio e angusto, dove l’avversario poteva ripararsi in fretta ritirandosi in un anfratto o velandosi nel buio. E dire che il suo maestro l’aveva allenato duramente per portarlo a colpire con velocità e precisione un avversario, lanciando anche più colpi in successione. E ricordava ancora la sua esultanza quando, in un torrido pomeriggio, all’arena del Santuario aveva colpito, nel giro di pochi secondi e prima che cadessero a terra, sette dracme che il maestro aveva lanciato in aria. Astylos aveva sorriso soddisfatto quella volta. I colpi erano andati a segno con precisione, perforando tutte le monete o sbriciolandole. Quello che gli era parso allora un grandissimo risultato ora però lo frustrava terribilmente perché si era reso conto che mai si era trovato costretto a combattere in uno spazio chiuso, così chiuso, e contro un avversario dannatamente veloce.

Mentre questi pensieri gli danzavano veloci nella mente Charax si fece sentire nuovamente. "Sembra che tu sia sempre più in affanno. Non temere, conosco un modo per porre fine a tutto questo. Ora vedrai quale è il mio colpo più efficace, un colpo che non lascia scampo perché, per sventura del mio avversario, lo trova ovunque egli sia. Conoscerai tra poco le Farfalle degli Inferi. A nulla varrà celarti o fuggire, esse ti troveranno ovunque tu ti volgerai e ti trascineranno in Ade!"

Così dicendo apparve davanti ad Archelao e gridò: "Farfalle degli Inferi! Catturare la vostra preda!"

Attorno a lui apparve subito una moltitudine di farfalle che avevano i colori dell’arcobaleno e che pur nella loro bellezza erano messaggere di morte.

Con un balzo all’indietro Archelao evitò la prima ondata ma già un’altra si faceva avanti. D’istinto fuggì nella galleria che l’aveva condotto lì ma la luminescenza delle farfalle alle sue spalle gli faceva capire che fuggire serviva a nulla o quasi. Doveva inventare qualcosa, e alla svelta.

"Come fugge, questo vigliacco! Solo una tale schiatta di cavalieri poteva servire Atena." Ghignava intanto Charax alle sue spalle. "Le farfalle comunque presto ti circonderanno e allora non avrai scampo!"

A quel punto Archelao, come colpito da un subitaneo pensiero, s’arrestò. Che sciocco era stato a fuggire.

"Ebbene, Charax" disse "hai detto che uno scorpione dovrebbe mettere le ali per colpire una farfalla, vero? Per tua sfortuna è quello che accadrà. Cuspide Scarlatta!" Le minuscole e rapidissime cuspidi saettarono dal dito di Archelao ma questa volta il loro bersaglio non era lo Spettro, bensì le sue temibili Farfalle multicolore.

"Inutile, stolto, sono troppe! Non riuscirai ad abbatterle tutte…" disse l’avversario mentre qualcuna delle sue creature si dissolveva in aria sotto i colpi dell’avversario. "Trascinatelo negli Inferi, mie fedeli creature!"

"Cuspide Scarlatta!" gridò Archelao accorgendosi con orrore che nemmeno mandando a segno tutti i quattordici colpi delle sue stelle guida avrebbe abbattuto tutte le farfalle demoniache che erano in numero assai superiore e ormai sempre più vicine.

"La tua fine qui giunge, cavaliere dello Scorpione!" rise Charax. "Ora sei circondato. Un mio gesto e le farfalle ti trascineranno in Ade. Sorridi, sarà una fine rapida e indolore."

"Ciò non di meno, proverò ad abbatterle. Sento che il mio cosmo si espande fino a limiti mai raggiunti prima e che i miei colpi diventano più rapidi e precisi."

"Rapidi e precisi, ma non abbastanza. Qui ha termine il tuo terreno peregrinare!"

"Cuspide Scarlatta, colpisci." urlò con impeto Archelao. Alcune farfalle caddero a terra e svanirono, altre invece si posarono sull’armatura dello Scorpione e all’istante un ghigno comparve sul volto di Charax. Ma quello stesso ghigno morì in una smorfia di dolore al suono di colpi sordi che si infrangevano sulla sua armatura e la penetravano fino a tormentarlo nelle carni.

"No! Che succede?" urlò attonito.

In quel mentre, proprio mentre le farfalle stavano per portare a segno il colpo mortale su Archelao, il cavaliere si disfò dell’armatura, che si ricompose in forma di Scorpione. Le farfalle erano rimaste sulla corazza dorata e così il cavaliere, incolume, poté divincolarsi e presentarsi davanti al nemico.

"Hai peccato di imprudenza, servo di Ade! Credevi di avermi in pugno perché non potevo colpirti e hai commesso l’errore di presentarti di fronte a me come bersaglio statico. Troppo confidavi nella forza delle tue farfalle ed eri convinto che i miei colpi fossero tutti ad esse indirizzati. Invece il bersaglio ultimo eri tu!"

"Che tu sia dannato, Archelao!"

"E non è che l’inizio. Cuspide Scarlatta!" Tanti piccoli aculei vermigli si conficcarono nell’armatura di Charax strappandogli grida di dolore e facendolo cadere all’indietro. Quando rialzò la testa, tuttavia, egli rideva.

"Ora sei tu, l’imprudente… Il veleno della tua cuspide, lo sento, mi sta per vincere… Ma tu ti ergi davanti a me senza le tue sacre vestigia… E le farfalle sono ora dietro di te!"

"Richiamale, e avrai salva la vita!" Fece deciso Archelao.

"No, tu verrai in Ade con me!" rise pazzo. "Atena e suoi cavalieri devono soccombere… Qui o altrove… dove più si sentono sicuri."

Le farfalle si staccarono in quel momento dall’armatura dorata.

"Dove più si sentono sicuri?" Chiese Archelao e un brivido d’inquietudine gli corse lungo la schiena. "Che intendi dire? Parla!"

"Che ti importa… Stai per morire…"

Lo Scorpione vide le farfalle circondarlo e capì che stavolta non sarebbe riuscito a sottrarsi al volere del Fato. A meno che… No, avrebbe dovuto abbandonare così presto la contesa contro Ade, e ciò a causa di una distrazione fatale, frutto dell’inesperienza… Gli restava tuttavia una carta da giocare. Il colpo tanto semplice all’apparenza quanto difficile nell’attuazione, che necessitava autocontrollo e sangue freddo. Con uno sforzo supremo fece ardere il suo cosmo fino a brillare di luce dorata come per allontanare la demoniache farfalle e sentì la sua stessa voce gridare: "Onde di Scorpio!"

Poi fu il silenzio. Quando aprì gli occhi vide che le farfalle erano immobili, attorno a lui, a pochissimi centimetri da lui. Mentre le osservava esse cominciarono a cadere, una ad una, per sparire a contatto con il suolo. Il suo nuovo colpo, realizzò, le aveva paralizzate.

Charax, rialzatosi a fatica, lo guardava impietrito. "Come hai osato… Come hai potuto…"

"Non avevo mai usato questa tecnica con pieno successo, prima d’ora. Le tue creature erano micidiali ma al tempo stesso piccole e vulnerabili. Non credo che le Onde di Scorpio avrebbero potuto trattenere te, o un altro cavaliere. Sono state però più che sufficienti per quegli esseri belli e fatali."

"Maledetto…"

"E ora dimmi, prima che la morte ti colga, cosa tramate voi spiriti delle tenebre?"

Charax fece per caricare un colpo con il braccio destro ma Archelao lo evitò facilmente e gli conficcò una cupide in pieno petto, perforando l’armatura. I loro sguardi si incrociarono per un’ultima volta, poi l’avversario cadde a terra, sconfitto.

"Creature di così rara bellezza e così delicate non dovrebbero dimorare in un ambiente tanto ostile." Pensò Archelao. "Caduto è il nemico, ma un oscuro presagio ora si affaccia alla mia mente. A cosa alludeva con le sue ultime parole?"

"Il maestro!" Gli sovvenne d’un tratto.

Si diresse verso la sua armatura ma una voce severa lo trattenne. "Non così in fretta!"

"Chi sei?" Chiese Archelao vedendo comparire dal fondo del cunicolo uno Spettro che portava ali nere sulla schiena e i cui bracciali erano adorni di spuntoni nella parte che proteggeva le mani.

"Vorvolaka del Vampiro è il mio nome, della Stella della Guida. E ora prenderò la tua vita, come tu hai preso quella del nobile Charax."

"Vedremo!" Rispose furioso Archelao

"Sei indifeso, cosa credi di fare? Un solo colpo e le tue carni e il tuo sangue saranno infestati e inesorabilmente scivolerai nelle profondità del Tartaro."

Il cavaliere si sentì indifeso e la stanchezza, unita al freddo di quelle oscure caverne, cominciava a farsi sentire. Bastò tuttavia una voce per ridargli fiducia e calore.

"Lascia pure a me questo scagnozzo di Ade!" Risuonarono fiere le parole di Astylos.

"Maestro! State bene?" Disse Archelao vedendolo comparire in fondo al cunicolo.

"Certamente." Disse "E vedo che tu hai fatto un ottimo lavoro, mio abile allievo. Ma ora va, Atene ti aspetta."

"Perché mai?"

"Ho udito echeggiare le parole di Charax e sono in ansia per quello che potrebbe accadere alla dea e ai nostri compagni. Temo che il Santuario sia in pericolo. Non c’è tempo da perdere. Penserò io a lui."

"Come desiderate, maestro!" Rispose il cavaliere con deferenza.

"Siano rapidi i tuoi passi sulla strada verso casa. Corri!"

L’armatura dello Scorpione si dispose su Archelao che, dopo un’ultima esitazione, si allontanò correndo, non prima di aver esclamato: "Vi precedo, maestro, non tardate!" Si voltò e vide il maestro in fondo al cunicolo, che lo guardava sorridendo.