CAPITOLO IX

La Dea della bellezza, dopo aver abbandonato il palazzo di Apollo, era ancora paonazza in volto per la rabbia. Suo fratello non le aveva dato ascolto e l’idea che la sorella Athena riuscisse ad ottenere ciò che desiderava la faceva impazzire. Doveva al più presto trovare un’altra strada per mettere i bastoni tra le ruote a quella sfrontata.

Camminando con passo svelto, era giunta nei pressi della grande piazza rotonda antistante il palazzo di Zeus la cui visione le riaccese nuovamente tanto il ricordo dell’assemblea avvenuta solo un giorno prima quanto la fiamma dell’ira.

Come consuetudine, Hermes era al suo posto.

Afrodite, avvicinandosi silenziosamente e cercando di non attirare l’attenzione su di sé, lo osservò intento a discutere animatamente con qualcuno la cui figura era completamente celata dal fusto marmoreo di una delle colonne che facevano da perimetro alla piazza. Spostandosi di qualche passo nell’intento di ottenere una prospettiva migliore, la donna poté finalmente identificare il secondo personaggio il quale, seguendo le incalzanti parole del messaggero degli Dei, annuiva in segno di assenso. Costui era un uomo alto e snello, occhi e folti capelli scuri, profilo tipicamente greco, naso diritto e squadrato, labbra sottili. Indossava un’armatura del colore dell’avorio costituita da una lorica che sul lato anteriore riproduceva la muscolatura dei pettorali e degli addominali maschili, i copri spalle invece erano argentati con bordature dorate che parevano riprodurre le punte delle piume di un’ala d’uccello, dalla vita, dove vi era un cinturone dorato, si diramava il gonnellino suddiviso in varie fasce di cuoio appuntite che arrivavano sino a metà coscia, i bracciali ed i gambali erano simili ai copri spalle, infine il capo era spoglio di elmo mentre i piedi erano adornati da dei calzari alati del tutto simili a quelli dello stesso Hermes.

Costui era indubbiamente Petro, il Santo fedele al messaggero degli Dei.

Fu proprio quest’ultimo ad accorgersi per primo della presenza di Afrodite alla quale rivolse il saluto con un leggero inchino della testa; con questo gesto, oltre che riverire la bellissima Dea, Petro segnalò la di lei presenza anche ad Hermes il quale, salutandola a sua volta, interruppe la conversazione con il proprio servitore congedandolo frettolosamente.

«Ho interrotto qualcosa?» disse Afrodite raggiungendo il fratello.

«Non ti preoccupare sorella, non era nulla che non possa attendere» ribatté solerte Hermes il quale poi proseguì:

- C’è qualcosa che io possa fare per te mia cara? Normalmente quando passi di qui non ti degni nemmeno di rivolgermi il tuo incantevole sguardo mentre oggi, al contrario, mi sembri alquanto interessata. Dunque se hai da chiedere, chiedi senza indugio.

La Dea della bellezza si morse il labbro inferiore per non dare sfogo alla naturale reazione che avrebbe avuto o per non proferire le parole ingiuriose che il pensiero le suggeriva innanzi alla seconda dimostrazione di insolenza consecutiva e quotidiana da parte di un altro dei suoi fratelli. Assumendo dunque l’abituale tanto falso quanto accomodante atteggiamento mieloso, cercò di dimostrarsi, per quanto i suoi occhi la tradissero inevitabilmente, serena e spensierata davanti ad Hermes che, accigliato e a braccia conserte, attendeva di conoscere quale fosse la richiesta della sorella che, comunque, e come da programma, non tardò ad arrivare.

«Caro Hermes, ciò che vorrei sapere da te non è nulla di impossibile né di particolarmente importante» si affrettò a sottolineare Afrodite proseguendo poi il discorso:

- Essenzialmente mi farebbe piacere sapere se il Dio Hades è ancora qui in Olimpo o se ha già fatto ritorno negli inferi, nulla di più. Vorrei incontralo.

«E per quale ragione, se posso, vorresti sapere se Hades è ancora qui in giro?» ribatté Hermes accompagnando il quesito con un ironico sorriso.

Afrodite decise di mentire spudoratamente anche se, in cuor suo, sapeva perfettamente che suo fratello non se la sarebbe mai bevuta.

«Semplicemente perché volevo parlare con lui di ciò che è successo ieri durante l’assemblea. Mi sono resa conto di aver esagerato, di non essere stata molto educata nei confronti di nostra sorella e dunque mi piacerebbe avere un confronto col sommo Hades che ieri, come me, mi è sembrato in totale contrasto con Athena. Vorrei spiegargli le mie ragioni e magari aiutarlo a comprendere, così come io ho inteso solo oggi a mente fredda, di essere in errore e che, forse, la nostra cara sorellina non meritava di essere trattata in quel modo da entrambi. Ritengo per giunta che, come Zeus ha deciso, Athena abbia tutto il diritto di tentare di far valere le sue ragioni».

Hermes si sporse in avanti spalancando gli occhi:

- Non credo ad una sola delle parole che hai appena pronunciato ma, ciò nonostante, il mio ruolo di messaggero mi impone di andare a cercare per tuo conto il Dio degli inferi. Attendimi qui, non ci vorrà molto.

Afrodite non dovette in effetti attendere a lungo.

Stava impazientemente aspettando contemplando la perfezione delle proprie dita della mano quando un brivido scatenatogli da una ventata d’aria gelida la scosse.

Voltandosi repentinamente, si trovò al cospetto del Dio Hades alle spalle del quale stazionavano Minos, uno dei tre giudici infernali che, evidentemente, si era recato in Olimpo per fare da scorta al proprio signore, e lo stesso Hermes.

Quest’ultimo prese la parola per primo:

- Dea della bellezza: come hai richiesto ho condotto il Dio degli inferi sin qui. Se nessuno di voi ha ancora bisogno dei miei servigli, io tornerei ai miei incarichi.

Afrodite, ottenuto ciò che voleva, aveva completamente abbandonato l’aria accomodante di pochi minuti prima; acconsentì dunque con un cenno del capo. Hades rimase impassibile così come l’uomo alle sue spalle. Per tanto il messaggero salutò entrambi con una riverenza e si allontanò velocemente e silenziosamente così come era giunto.

Afrodite fece per prendere la parola ma Hades interruppe immediatamente la Dea ancor prima che dalle sue meravigliose e rosee labbra fuoriuscisse la prima parola.

«Hermes mi ha fermato esattamente mentre stavo per ripartire per il mio regno. Minos, qui presente, era giustappunto salito in Olimpo per accompagnarmi. Sinceramente sono piuttosto stanco e seccato da queste continue ed inutili convocazioni: ieri Athena, oggi tu. Quindi, a meno che non tu preferisca seguirmi sino tra le anime dannate delle profondità dell’Ade, ti consiglio di essere molto sintetica nell’espormi le ragioni per le quali hai causato un ennesimo ritardo alla mia partenza» tuonò Hades lasciando impietrita Afrodite innanzi ai suoi occhi che le parevano essere sul punto di sputare delle fiamme.

Quest’ultima in un primo momento si pentì di aver osato tanto richiedendo la presenza del Dio degli inferi. Tentò di deglutire ma un improvviso groppo in gola glielo impedì.

«Allora?» la incalzò Hades sporgendosi minacciosamente in sua direzione.

La visione del tanto tenebroso quanto inquietante e smunto viso del Dio che le si avvicinava la scosse come se fosse stata percorsa da uno dei fulmini di Zeus stesso. Si rese conto, nonostante lo avesse incontrato centinaia di volte, di non essere mai stata prima di quel momento così vicina al Re degli inferi.

Afrodite prese a parlare dunque cercando di essere il più solerte possibile. La minaccia del suo interlocutore di condurla sino tra le anime dell’inferno, oltremodo rafforzata dalla presenza di quell’altro demonio di Minos, per svolgere con tutta calma il loro dialogo non era senza dubbio una minaccia irrisoria; il giudice l’avrebbe fatta discendere in Ade come una marionetta al primo cenno di sopracciglio del suo signore.

«Sono costernata per aver causato un ritardo alla tua partenza ma non potevo fare a meno di parlare un’ultima volta con il solo che, durante l’assemblea di ieri, si sia dimostrato inquieto quanto me prima per le assurde richieste di Athena e poi per l’altrettanto pazzesca opportunità che mio padre Zeus le ha concesso. E’ inutile che io faccia mistero dell’antipatia che da sempre nutro per mia sorella ma, al di là di ciò, io credo fermamente che, in merito alla questione da lei sollevata, non sia il caso di anteporre i sentimenti personali ad un pericolo ben più impellente. Forse la maggior parte delle divinità non hanno ascoltato sufficientemente bene le parole della cara Dea della giustizia, o presunta tale, o non hanno saputo leggere il vero significato nascosto all’interno della sua orazione. Io ritengo che se ella potesse farsi carico della protezione dell’intera umanità, potrebbe assumere un potere pari se non addirittura superiore a quello di Zeus stesso. Noi divinità in quanto tali non vogliamo dare, come è giusto che sia, importanza agli uomini in quanto se paragonati a noi non sono altro che insulsi insetti con cui giocare o da schiacciare senza rimorsi nel momento in cui ci vengano a noia ma ti rendi conto, o sommo Hades, cosa potrebbe succedere se essi, consci di essere protetti da una sola Dea, smettessero di temere ciò che di norma gli scateniamo addosso per il nostro sollazzo? Credi che avrebbero ancora timore di sfidare le maree se non temessero il soffio di Poseidone? Credi forse che immolerebbero ancora delle offerte ad Ares prima di scegliere se muovere o meno guerra ad un popolo vicino? Credi che brinderebbero ancora a Dioniso, a Demetra o ad Artemide per un buon raccolto o per una buona caccia?»

Afrodite a questo punto fece una pausa tattica. Proseguì poi:

- Credi forse che, sapendo di avere la Dea giustizia a vegliare costantemente su di loro, non potrebbero arrivare a non temere più addirittura la morte?

Hades, sorpreso, si arricciò la ispida barba nera mentre un dubbio attraversò la sua mente. Afrodite comprese di avere fatto breccia nell’assoluta convinzione del Dio degli inferi.

«Nessun essere vivente smetterà mai e poi mai di temere la morte» tuonò Hades gonfiando il petto.

«Questo è molto probabile ma ne possiamo essere assolutamente sicuri?» continuò a pungolarlo Afrodite.

«Mi duole ammetterlo ma potresti avere ragione. Bisognerebbe trovare il modo di essere sicuri che la missione di Athena e dei suoi cavalieri fallisse miseramente ancor prima di cominciare. Potrei inviare sulla Terra uno qualunque dei miei tre giudici e fargli spazzar via in un sol colpo quei miserabili ma, ciò nonostante, le modalità della prova cui dovranno sottoporsi i cavalieri di Athena sono piuttosto chiare. Non credo che Zeus, o chi per suo conto, lascerebbe che qualcuno interferisca con il suo volere. Inevitabilmente i nostri Santi, a partire dai miei tre, proseguendo con i sette generali degli abissi, la tua Lamia e via discorrendo tutti gli altri, saranno costantemente tenuti d’occhio» concluse con rammarico Hades.

Minos, incappucciato ed avvolto in un mantello di colore nero e porpora che lo nascondeva praticamente per intero, accennò, così come lo stesso Hades, un passo in direzione opposta a quella di Afrodite come a voler dimostrare di aver concluso l’incontro.

La Dea però prese la parola ancora una volta bloccando i due che, con un gioco di sguardi, si dimostrarono al limite della sopportazione:

- Hades aspetta, te ne prego: c’è un’ultima cosa che non posso evitare di dire. Quella maledetta di Athena ha ottenuto infine ciò che desiderava ma tra tutte le sfrontataggini che ha proferito ce n’è stata forse una che ci lascia una speranza. Come mi hai appena tu stesso fatto notare, è evidente che tutti i Santi delle varie divinità saranno, di qui alla prossima venuta in Olimpo di mia sorella, nell’occhio del ciclone ma se, come la stessa Athena ha lasciato intendere, "qualcuno" avesse in segreto a disposizione delle armate sin ora tenute celate, allora potrebbe intervenire senza risultare infine responsabile del comunque probabile fallimento dei cavalieri.

«Osi forse insinuare qualcosa anche tu, Afrodite?» le rispose digrignando i denti.

«Lungi da me offenderti, o sommo Hades. Ciò nonostante ti prego di tenere conto del mio suggerimento. Detto questo, non voglio più trattenerti e privarti del tuo preziosissimo tempo. Ti prego di volermi scusare ancora una volta se il mio sfogo ti è stato di intralcio in qualcosa».

Afrodite si inchinò e, mantenendosi con il capo abbassato, retrocedette di qualche passo scomparendo dietro al colonnato.

Il Dio degli inferi restò in silenzio qualche istante, dopodiché, lasciandosi precedere da Minos, fece ritorno di Ade.

In quello stesso momento, sulla Terra, Athena e Patros osservavano malinconicamente le sagome di Atthia e Theodote in procinto di valicare la collinetta oltre il frutteto dietro la quale sarebbero scomparsi alla loro vista.