IPERIONE IL NERO

(EBONY HYPERION)

ETA': Sconosciuta, esiste sin dalle epoche mitologiche.

ALTEZZA: Sconosciuta. 1.90 M circa

PESO: Sconosciuto. 100 Kg circa

OCCHI: Rossi

CAPELLI: Viola / neri.

DATA DI NASCITA: Sconosciuta.

LUOGO DI NASCITA: ?

GRUPPO SANGUIGNO: /

SEGNI PARTICOLARI: /

PARENTI CONOSCIUTI: Crono, Ceo, Giapeto, Oceano, Crio, Temi, Tia, Teti, Rea, Febe, Mnemosine (fratelli), Urano (padre), Gaia (madre), Zeus (nipote). Tramite Zeus, è imparentato in vari gradi con la maggior parte delle divinità olimpiche.

COSTELLAZIONE / SIMBOLO: Iperione non ha una costellazione di appartenenza, ma i suoi simboli sono il sole, il vento e lo spadone, in cui la sua Soma si trasforma in forma assemblata.

ARMATURA / ARMI: Il corpo di Iperione è totalmente coperto dalla sua Soma, che, unica tra le dodici, è dotata persino di una maschera da porre a protezione del viso. Associata allo spadone, la corazza ha una capacità difensiva altissima, superiore a qualsiasi altra armatura e tale da spaccare il pugno di una corazza che cerca di danneggiarla. Alla lunga può però venire danneggiati da attacchi estremamente potenti, specie se concentrati sempre negli stessi punti. Come le altre Soma, ha anche una notevole capacità offensiva, che si manifesta sia sottoforma di esplosioni di cosmo che tramite l’uso dell’arma associata, uno spadone appunto. Questa enorme lama, alta quasi il doppio del Titano, è piatta, affilata su ambo i lati e coperta di non meglio specificate incisioni mistiche. Secondo Capricorn, è più pesante e dura della lama di Crio, e di conseguenza più difficile da spezzare. Iperione può usarla sia come normale spada che per caricare alcuni colpi segreti, in particolare l’Helios Prominence ed il Prominence Blade. Quando Iperione risveglia i suoi poteri di divinità solare, serso la punta della lama, all’interno di un cerchio cavo, compare un piccolo sole, da cui dovrebbero provenire il calore e le fiamme per alcune sue tecniche.

STIRPE: Titano.

PRIMA APPARIZIONE: Episode G n°2, 2° capitolo (numero 3 in Italia) (manga).

EPISODI (SAGA): /

NUMERI DEL MANGA: Episode G n° 2, 4-7, 9-10, 12-17 (3-4, 7-9, 11, 13, 17, 19-20, 23, 25-27, 30-34 in Italia).

COLPI SEGRETI / POTERI: Pur non avendo un grado ufficiale, Iperione viene tendenzialmente mostrato come il primo tra i Titani agli ordini di Crono, nonché il più forte, dotato di un cosmo potentissimo e della Dunamis, l’aura delle divinità. Concentrando il cosmo nel pugno o nelle mani, può generare una pressione tale da manipolare il corpo del nemico o deviarne gli attacchi. A conferma di ciò, con un solo pugno riesce prima ad annullare il Sacro Leo, e poi ad ammaccare l’armatura del leone. È inoltre uno straordinario combattente nel corpo a corpo, abile ad adattarsi immediatamente a qualsiasi situazione e prendere le dovute contromosse, a calcolare la distanza precisa necessaria per colpire e schivare, e ad usare con uguale abilità sia i pugni che i calci. Può muoversi alla velocità della luce e far vorticare le proprie fiamme per lasciare immagini residue sulla retina del nemico, in modo da confonderlo o ingannarlo. Oltre a tutto questo, Iperione possiede un notevole spirito analitico, che gli permette di comprendere il funzionamento di un colpo segreto dopo averlo visto una sola volta, di intuire le strategie del nemico e di individuarne i punti deboli. Ad esempio, è il primo ad accorgersi del pericolo corso da Ceo la prima volta che Ioria esegue il Photon Burst, o a notare la ferita di Ioria stesso durante il loro primo scontro.

Tutti questi poteri si riflettono in una grande varietà di colpi segreti, basati principalmente sul vento e, al risveglio dei suoi veri poteri, sul calore. La sua tecnica di base è l’Ebony Vortex, ovvero un tornado di vento nero ad altissima velocità, che agisce come gabbia imprigionando il nemico all’interno. La pressione generata dal vento è tale da dilaniare il corpo della vittima e da farne ribollire il sangue fino all’evaporazione. Inoltre, l’Ebony Vortex persiste finché il bersaglio non è stato distrutto, rendendo quindi inutile la maggior parte delle difese. Può però essere dilaniato dall’interno se colpito da un numero adeguato di colpi sufficientemente potenti. Sembra che non debba necessariamente essere usato come prigione, visto che Iperione usa una tecnica simile, senza nome, per abbattere le mura del Santuario al suo arrivo. Variante dell’Ebony Vortex è il Gurthang Vortex, eseguito attraverso l’utilizzo dello spadone associato alla sua Soma. Iperione lo lancia facendo ruotare il vento nero attorno alla spada ad altissima velocità, fino alla punta, per poi indirizzarla contro il nemico e rilasciare il vortice, di solito sottoforma di attacco orizzontale. È probabile che, in base alle circostanze, il Titano possa decidere sia quanto cosmo accumulare che quanto concentrare o espandere il raggio d’azione del vortice. Secondo la Galaxian Encyclopedia, essendo sferrato attraverso la Soma, il Gurthang Vortex è più potente rispetto al normale Ebony Vortex.

Il più potente tra questi attacchi però è l’Helios Vortex, che Iperione esegue dopo aver recuperato i ricordi ed i poteri collegati all’essere una divinità solare. Il principio è lo stesso del Gurthang Vortex, ma stavolta Iperione non usa vento normale, bensì vento solare, formato da particelle cariche e in grado di viaggiare a 700 chilometri al secondo. Proprio nell’immenso calore che lo accompagna si cela la vera pericolosità di questa tecnica, che incenerisce la terra ed i nemici, facendosi accompagnare da lingue di fuoco. A differenza del Gurthang o dell’Ebony però, l’Helios Vortex non sembra necessariamente prendere la forma a spirale di un tornado, ma semplici folate divise in due dalla spada del Titano. Nonostante la pericolosità, anche questa mossa può essere annullata da una corrente energetica contraria adeguatamente potente, come il Sacro Toro, che la disperde completamente. In quella circostanza, Iperione reagisce con l’Helios Prominence, ovvero un’altra tecnica solare stavolta eseguita con la spada. Agitandola innanzi a sé, il Titano crea numerosi enormi serpenti di fuoco, così caldi che, anche se dispersi, possono ridurre il suolo in lava solo toccandolo. A differenza delle creature evocate da Rea, i serpenti di Iperione hanno solo la forma di rettili, ma non sono veri esseri viventi in grado di pensare o agire indipendentemente. È possibile che il controllo di Iperione si estenda anche al magma creato dai serpenti, visto che esso si riversa ad ondate contro i Cavalieri d’Oro nell’unica occasione in cui il colpo segreto viene adoperato.

Evoluzione dell’Helios Prominence è la Prominence Blade, ovvero la spada impugnata da Iperione, che raggiunge la massima potenza se il Titano distrugge il suo nume tutelare e si circonda delle sue fiamme. Di suo, la Prominence Blade non è tanto un colpo segreto, quanto il nome di qualsiasi colpo di spada sferrato da Iperione in questo momento. È talmente affilata da poter tagliare un colpo segreto, mentre il piatto della lama può agire come rozza difesa. A causa delle grosse dimensioni, si adatta soprattutto agli scontri sulla media distanza, ma il Titano è in grado di usarla con efficacia anche da vicino modificando leggermente la presa sull’elsa. Le fiamme che circondano Iperione inoltre possono essere usate per confondere l’avversario e rendergli più difficile trovare e colpire il Titano, specie quando quest’ultimo si muove alla velocità della luce.

La tecnica in assoluto più potente di Iperione però ha solo parzialmente a che fare con il suo ruolo di divinità solare. Si tratta dell’Ouroboros Prominence, eseguibile dopo che il Dio ha invocato l’Uroboro, ovvero il serpente che si morde la coda, simbolo del ciclo eterno di morte e rinascita. Grazie ad esso, Iperione acquisisce sia il potere di distruggere che di risanare, potenziando immensamente il suo cosmo al punto da controllare, secondo Virgo, rigenerazione e fuoco illimitati. In fase di attacco, si manifesta come un serpente di fuoco che avvolge il braccio del Titano, riducendo in una specie di carbone tutto quel che tocca. Nonostante tutto, la distruzione non è assoluta e la vittima può ancora in qualche modo muovere il punto che viene toccato, a patto però che non sia una parte vitale, nel qual caso il tocco dovrebbe essere fatale. L’unico modo per sfuggirvi è, appunto, evitare di essere toccati, visto che neanche l’armatura offre alcuna protezione. Iperione può attivare e disattivare l’Uroboro a suo piacimento, o combinarlo con la Dunamis per generare esplosioni devastanti, ma non può coprire più del proprio braccio, continuando quindi ad essere vulnerabile agli attacchi del nemico. Con funzione rigenerativa, il serpente può essere applicato a qualsiasi parte del corpo e, se unito all’Ichor, può curare persino ferite mortali. Il potere rigenerante però agisce lentamente, non si estende all’armatura e, soprattutto, può annullare anche i danni causati dall’Uroboro stesso. Sembra inoltre che l’Uroboro possa essere usato solo in una funzione o nell’altra, ma non in entrambe le modalità contemporaneamente. A parte tutti questi colpi segreti e le altre abilità descritte finora, Iperione ha il potere di trasportare sé stesso e altri dal Tartaro al mondo reale e viceversa, di solito scomparendo in un vortice nero. A differenza di Giapeto, non può però aprire veri e propri varchi per gli altri, né trasportare persone con cui non è fisicamente in contatto. In quanto divinità, è quasi immortale e può rigenerare la maggior parte delle ferite grazie all’Ichor proprio e di Ponto, che scorre nel suo corpo. C’è però un limite ai danni che può ricevere, specie nella condizione indebolita in cui si trova durante la maggior parte di Episode G, e ferite estremamente gravi possono, alla lunga, essergli fatali. E’ inoltre molto superiore agli esseri umani per forza fisica e resistenza. Come per gli altri Titani, i suoi poteri sono spesso limitati dalla perdita dei ricordi, dall’attrazione del Tartaro e dalla scomparsa del Theos Sema, quindi non conosciamo le sue vere capacità in condizioni normali, anche se dovrebbe essere a livello di un Dio olimpico. Come accennato sopra, possiede un astro sotto la sua custodia, chiamato Sole di Tenebra, che è la fonte del calore dell’Helios Vortex. Può evocarlo a suo piacimento o distruggerlo con la Prominence Blade per aumentare la propria forza.

STORIA: Come i suoi fratelli e sorelle Titani, Iperione nacque in epoche antichissime, figlio di Urano, il Cielo, e Gaia, la Terra. Urano però era un tiranno ebbro di potere e ben deciso a restare saldo sul proprio trono. Esiliò così la maggior parte dei suoi figli ed allontanò anche i Titani da corte, finché Gaia, amareggiata per questa situazione, non li incitò alla rivolta. Donò così a ciascuno di loro un’armatura, chiamata Soma, rappresentante una di dodici armi. A Iperione andò la Soma rappresentante uno spadone. Il più giovane tra i Titani, Crono, uccise Urano con la propria falce, la Megas Drepanon, e liberò le altre stirpi divine degli Ecatonchiri e dei Ciclopi. Per questo suo trionfo, Iperione e gli altri Titani lo nominarono re. Iperione sviluppò nei suoi confronti un legame di fedeltà persino superiore a quello degli altri Titani, diventando di fatto il suo primo paladino.

Per un numero imprecisato di secoli, i Titani dominarono sul mondo e su tutte le creature viventi. Iperione sposò la sorella Tia, ma instaurò anche un profondo legame con Ceo del Fulmine Nero, con il quale condivideva alcuni punti di vista. In particolare, pur considerando loro stessi e gli altri Titani ben superiori agli esseri umani, sia Iperione che Ceo provavano rispetto per gli uomini che li seguivano e veneravano, riconoscendo di avere loro stessi dei doveri nei loro confronti, in particolare quello di proteggerli e prendersi cura di loro in cambio della loro fedeltà. Questo punto di vista non era comune tra i Titani, che anzi tendevano a disprezzare gli umani indipendentemente dalla loro fedeltà, o a darla per scontata, ma sia Ceo che Iperione lo prendevano relativamente sul serio e la cosa rafforzò molto la loro amicizia. Nonostante queste aperture comunque, Iperione era un fermo sostenitore della superiorità divina, alla quale gli esseri umani non potevano opporsi, e del dominio del fato. In battaglia, il suo concetto di pietà consisteva nel dare una morte rapida, e non risparmiava neppure donne o bambini, affermando di voler evitare loro un’esistenza di dolore. Pur senza trascendere nell’arroganza, era fiero di sé e della propria forza, oltre che della propria immortalità dovuta in larga parte all’Ichor, il sangue divino che scorreva nel suo corpo. Sempre in questo periodo Iperione divenne custode di un astro, chiamato Sole di Tenebra, da richiamare ed usare in battaglia a suo piacimento. Assunse così il titolo di divinità solare, inteso sia come fonte di vita che di distruzione.

Il regno di Crono durò per molto tempo, ma alla fine, come profetizzato da Urano, scoppiò una guerra contro la giovane stirpe divina nata proprio dal Titano, e guidata da Zeus. Quest’ultimo, desideroso di salvare i propri fratelli e sorelle che Crono aveva ingoiato per timore di una ribellione, diede origine al più grande conflitto della storia, la Titanomachia. Per un periodo interminabile, Iperione, gli altri Titani e le loro armate umane si scontrarono con Zeus e la sua stirpe, in una guerra a lungo in equilibrio senza che alcun lato riuscisse a prevalere. Dopo lungo tempo, fu Ceo a comprendere la chiave per la vittoria, il potere deicida che avrebbe potuto permettere loro di sconfiggere le armate nemiche: il Keraunos, ovvero il fulmine, nella sua forma più pura. Il cosmo di Ceo, dotato, al pari di quello degli altri Titani, del potere chiamato Dunamis, era infatti già avvezzo all’uso del fulmine, ma in una forma nera ed impura, potente ma non più letale di qualsiasi altra. Il Keraunos invece sarebbe potuta essere l’arma definitiva, e per questo, pur temendo la morte e devastazione che avrebbe potuto sprigionare, Ceo lo creò lo stesso con le sue mani. Dopo averlo fatto però se ne pentì, inorridito, e concluse che al mondo non dovevano esistere poteri votati solo alla distruzione. Senza farne parola con nessuno, rinnegò quel potere, seppellendolo nei recessi della sua memoria e cercando di dimenticarlo. La sorella Mnemosine, padrona proprio della memoria, carpì però il suo segreto e lo rivelò a Zeus, insieme al quale aveva concepito le nove Muse. Ciò fornì al giovane Dio l’arma necessaria per la vittoria. Per di più, altri due Titani, Oceano e Teti, tradirono e rifiutarono di combattere, spingendo la loro figlia Stige a passare dalla parte di Zeus. Minati da queste divisioni interne e da tradimenti reciproci, i Titani alla fine caddero, ma Iperione rimase totalmente fedele a Crono fino alla fine, seguendo il proprio senso di giustizia anche alla morte. Vide così cadere uno dopo l’altro i suoi fratelli e morire la gente che aveva giurato di difendere, finché alla fine la folgore di Zeus non si abbatté anche su di lui.

A differenza degli altri Titani, sigillati all’interno delle loro Soma, Iperione, in quanto divinità solare, fu rinchiuso all’interno del corpo di Apopi, suo omologo tra gli Dei egizi, nelle viscere più profonde della Terra. A sua volta, Apopi venne sigillato con l’Ichor di Ponto, Dio primigenio del mare, in un complesso insieme di legami che tenevano prigioniere tutte e tre le divinità. Trascorsero così millenni, durante i quali Iperione non ebbe alcun contatto con il mondo esterno. La sofferenza della morte non fu inutile, grazie ad essa infatti egli riuscì a potenziare sempre di più il suo cosmo, acquistando un potere superiore a quello dell’era mitologica. D’altra parte però, era privo di una parte di sé, i ricordi sottrattigli da Mnemosine che aveva cancellato il proprio tradimento ed i dettagli della loro sconfitta dalla sua memoria. Tale stato incompleto rendeva Iperione imperfetto, indebolendolo. Alla fine, la libertà venne quando i lavori del governo egizio presso la Diga di Assuan indebolirono il sigillo, permettendo ad Apopi di iniziare a risvegliarsi. A fermarlo, venne inviato Micene di Sagitter, Cavaliere d’Oro dell’esercito di Atena, da tempo immemore protettrice della terra. Aiutato dal piccolo fratello Ioria, Micene distrusse Apopi, dilaniando inavvertitamente anche Iperione stesso. Memore della sua forza e della sua fedeltà, Ponto, libero a sua volta, pensò che il Titano sarebbe potuto essergli utile e lo salvò, usando il proprio Ichor per curare le sue gravissime ferite nell’arco di dieci anni. Questa somministrazione continua, avvenuta mentre Iperione versava in un continuo stato di incoscienza, permise anche a Ponto di esercitare un certo controllo su di lui.

Quando finalmente gli fu concesso di risvegliarsi, Iperione scoprì di essere insieme a Ponto nel Tartaro. Lì era prigioniero anche lo spirito di Crono, orrendamente straziato dai fulmini di Zeus e privo di un corpo materiale. Alla vista del tormento eterno del suo signore, Iperione provò immediatamente un rinnovato odio nei confronti di Zeus e dell’Olimpo, giurando di abbatterli tutti e liberare il sovrano. A questo scopo, già alcuni anni prima Ponto e Crono avevano messo in moto un complesso piano per permettere a quest’ultimo di riconquistare il suo corpo e la sua Soma, chiamata Megas Drepanon e sigillata nel cuore del Santuario di Atena, protetta dai Dodici Cavalieri d’Oro. Una profezia spiegava che il sigillo apposto da Zeus sulla Megas Drepanon sarebbe potuto essere rotto solo da un uomo in grado di governare i fulmini, e la cui vita fosse stata macchiata dalla tragedia. Quest’uomo era proprio Ioria, il fratellino di Micene divenuto nel frattempo Cavaliere d’Oro del Leone. Privo dei suoi reali ricordi, e persino ignaro della propria origine come divinità solare, Iperione accettò le spiegazioni e gli ordini di Ponto, che gli disse di star cercando di liberare anche gli altri Titani. Le sue parole sembrarono trovar conferma quando anche i sigilli del Titano Giapeto furono rotti, ma Iperione non provava completa fiducia nei confronti del Dio del mare, chiedendosi in particolare quali fossero le ragioni che lo spingevano ad aiutare lui e Crono, e come mai un essere potente come lui stentasse tanto a rompere i rimanenti sigilli. Ad ogni modo, non avendo scelta, rimase al gioco, osservando Ioria in azione in alcune battaglie passate attraverso il calderone del Dio. Un altro motivo che lo spingeva era il desiderio di riportare sulla terra il suo popolo, ovvero quei soldati umani che, avendo combattuto al fianco dei Titani durante la Titanomachia, li avevano anche seguiti nel Tartaro insieme alle loro famiglie, destinati a millenni in una terra buia e priva della luce del sole. Tanto sprezzante verso gli uomini che non rispettavano gli Dei quanto protettivo verso chi gli era devoto, Iperione riteneva fosse suo esplicito dovere ripagare la fedeltà di quella gente donando loro un nuovo futuro sulla terra, e non esitò a lodare apertamente la loro obbedienza e lealtà. Era infatti fermamente convinto che le sue azioni fossero nel giusto,

Ben presto, si fece ora di passare all’azione. Convinto che gli esseri umani non potessero in alcun modo contrastarlo, Iperione si recò personalmente al Grande Tempio a bordo di un carro da guerra, sfondando le mura e sbarazzandosi dei soldati di guardia. Era un parziale diversivo, per permettere ai soldati del suo seguito, invisibili ad occhio umano per via delle loro corazze, di raggiungere la Megas Drepanon. Ciò lo portò rapidamente a scontrarsi con Ioria, in una battaglia violentissima e cruenta. Pur essendo entrambi fieri guerrieri, i due erano opposti sia nei modi di fare che nelle convinzioni, con il giovane leone che non accettava in alcun modo la superiorità degli Dei sugli esseri umani, di cui invece Iperione era convinto sostenitore. Dal canto suo, il Titano rifiutava i sentimenti umani di cui Ioria gli parlava, non perché incapace di provarli, ma perché certo che, a causa della loro intrinseca inferiorità, gli uomini non fossero in grado di provare quel che provavano gli Dei. In altre parole, Iperione era certo che solo gli appartenenti alla razza divina potessero realmente sentire determinate emozioni, e che creature inferiori come gli uomini dovessero solo chinar la testa e venerarli. In questo primo scontro, il Titano non portò con sé neppure lo spadone della Soma, ma mostrò comunque una forza spropositata: analizzò e annullò facilmente i colpi di Ioria, massacrandolo a suon di pugni e intrappolandolo nell’Ebony Vortex.

Le cose però non andarono come nei suoi piani. I soldati vennero scoperti e sconfitti da un altro Cavaliere d’Oro, Acquarius, mentre Ioria riuscì a liberarsi dall’Ebony Vortex per salvare la vita della sua giovane ancella Lythos. Con il riprendere del combattimento, Iperione dovette con riluttanza ammettere l’abilità dell’avversario, sia strategica che combattiva. Leo riuscì infatti a mandare a segno alcuni colpi, obbligandolo a ricorrere ad una piccola frazione del potere difensivo e offensivo della Soma, e poi riuscì persino a frantumare la corazza divina in un piccolo punto, colpendolo due volte consecutive da distanza ravvicinata dopo essersi mosso alla velocità della luce. Intrigato, Iperione decise di interrompere il combattimento, avvertendo però Ioria che in futuro si sarebbero affrontati di nuovo. Pur non essendo riuscito a raggiungere la Megas Drepanon, la sua missione non era stata un fallimento, perché gli aveva permesso di mettere Ioria alla prova, e di confermare che in effetti Ponto aveva ragione quando parlava di lui come di un predestinato. Fece così ritorno nel Tartaro e parlò dello scontro all’alleato, avvertendolo di non sottovalutare gli esseri umani, visto che, danneggiando la sua corazza di fattura divina, Leo aveva sostanzialmente trasceso i propri limiti e compiuto un piccolo miracolo.

Dal Tartaro, Iperione assistette ad un secondo scontro tra uomini e Dei quando Giapeto prese l’iniziativa e si recò alla caccia di Ioria in Oriente, dove si scontrò con Mur dell’Ariete, un altro Cavaliere d’Oro. Ciò portò alla collera dello spirito di Crono, che non tollerava azioni indipendenti da parte dei suoi fratelli e sudditi. Giapeto offrì la propria vita per porre rimedio, ma Iperione si intromise, intercedendo a suo favore perché aveva agito spinto dall’amore per Crono. I rapporti tra Iperione e Giapeto non erano idilliaci, anzi i due erano forse i più lontani tra i vari Titani, ma in quel momento l’esercito era composto solo da loro due, e non potevano permettersi perdite. Crono acconsentì, e liberò addirittura la stirpe dei Giganti per dare loro qualche guerriero in più. Considerando che i Giganti erano stati imprigionati in Ade addirittura da Urano, Iperione dedusse che la forza del suo re stava aumentando, ma anche che qualcun altro stava tramando nell’ombra per aiutarlo. Ciò aumentò i suoi sospetti nei confronti di Ponto, anche perché i Giganti, pur essendo creature leggendarie, erano carne da cannone di fronte ai Cavalieri d’Oro, contro i quali serviva la forza di altri Titani. Dopo la caduta dei primi due, rinnovò i propri dubbi all’alleato, che rispose spezzando finalmente il sigillo di Ceo. Iperione poté così accogliere l’amato fratello sulla terra, e gli spiegò nel dettaglio la situazione.

Effetto indiretto del risveglio di Ceo fu l’espandersi del cosmo dei Titani sul mondo, con la conseguente ricomparsa di svariati mostri leggendari che constrinsero i Cavalieri d’Oro a vari viaggi per sconfiggerli. Per fermare gli effetti nefasti del cosmo dei Titani, il Cavaliere d’Oro Virgo si recò in meditazione in India, allo scopo di potenziare il proprio cosmo e contrastare l’aura mortifera dei nemici. Su consiglio di Ponto, il Grande Sacerdote di Atene, in realtà il Cavaliere traditore Gemini all’apparenza alleato segreto dei Titani, inviò proprio Ioria a fargli da guardia del corpo. Nei loro piani, il ragazzo, che reputava Virgo uno dei colpevoli per la morte del fratello, non avrebbe alzato un dito per difenderlo dal sicario dei Titani. Questo sicario era Ceo, e, dal Tartaro, Iperione assistette allo svolgersi degli eventi. Contrariamente alle loro previsioni, Ioria decise di combattere per difendere Virgo e, sul punto della sconfitta, tirò fuori un nuovo, devastante colpo segreto. Intuendo subito sia la strategia di Ioria, che si faceva colpire intenzionalmente per potenziare il suo cosmo, che il rischio trascorso da Ceo, Iperione corse sul campo di battaglia, dove giunse appena in tempo per salvare il fratello dal Photon Burst del Cavaliere di Leo.

Afferrato il morente Ceo, Iperione lo riportò in salvo nel Tartaro e guarì le sue carni straziate donandogli il proprio Ichor che, insieme ai poteri rigenerativi della Soma, sembrò curare le sue ferite. Tale gesto costrinse Iperione stesso ad un periodo di recupero, ma il Titano lo fece comunque volentieri, spinto dal profondo legame verso il fratello. Inoltre, Ponto riuscì finalmente a spezzare i sigilli mancanti, liberando gli altri otto Titani: Crio, Oceano, Mnemosine, Tia, Teti, Febe, Temi e Rea tornarono a nuova vita. Riunito con i suoi fratelli e le sue sorelle, il Nero ammirò il rinascere del loro palazzo, il Chronos Labyrinthos, ed il comparire nel cielo del Theos Sema, il sigillo la cui completezza aumentava la loro forza. Tutto ciò dissipò i suoi dubbi nei confronti di Ponto, che, alla fine, aveva mantenuto le sue promesse. Ancora privo dei ricordi precisi della Titanomachia, Iperione salutò i redivivi parenti, concordando con loro sulla necessità di liberare Crono e poi dare vita ad una nuova guerra contro la stirpe di Zeus, certo della vittoria perché stavolta il loro cosmo era cresciuto a causa dei millenni di prigionia e sofferenza. Il primo di questi desideri non tardò ad avverarsi, visto che, a causa di una serie di eventi legati a Ioria, Crono riuscì a riconquistare la Megas Drepanon e tornare in possesso del proprio corpo. Il trionfo fu però macchiato da un problema, l’inaspettata perdita di ricordi del Dio, secondo Mnemosine dovuta ad un secondo sigillo apposto da Zeus sulla Megas Drepanon.

Per spezzarlo, i Titani decisero di servirsi di nuovo di Ioria e di attirarlo al Labirinto. Nel corso dei preparativi, Iperione e Ceo salutarono l’esercito, fieri del coraggio dei soldati e delle loro famiglie che li avevano seguiti nel Tartaro. Anche dopo millenni, entrambi erano ancora sensibili ai loro patimenti e decisi a ringraziarli riconducendoli sulla terra e donando loro la libertà. Il piano era di portare l’esercito sulla terra nel momento in cui il portale dimensionale fosse stato aperto dal passaggio del Leone, ma l’intervento di Acquarius, che congelò la via, complicò loro le cose. Giapeto utilizzò allora i propri poteri per rapire Lythos, riuscendo così a spingere Ioria ad entrare nel Tartaro, e Iperione si recò subito ad affrontarlo, anche per proteggere i soldati che il Cavaliere stava massacrando. Stavolta, si presentò sul campo di battaglia portando con sé lo spadone, e pose persino una maschera a difesa del viso, segno implicito di rispetto verso l’abilità guerriera dell’avversario. Il piano era di spingere Ioria a bruciare al massimo il suo cosmo, in modo da farlo entrare nuovamente in risonanza con quello di Crono e restituirgli la memoria. Il combattimento fu breve, e Iperione sfoderò per la prima volta il Gurthang Vortex, spiegando nel frattempo le ragioni che spingevano i Titani alla guerra ed i motivi dietro il loro odio verso Zeus e l’Olimpo. Il duello fu tanto fisico quanto filosofico: Ioria criticò aspramente i mezzi usati, specie il rapimento di Lythos, ma Iperione ribatté facendo notare come anche nel loro popolo vi fossero dei bambini. Ciò spinse Leo ad una proposta di tregua: gli chiese di porre fine alla guerra e condurre pacificamente le sue genti sulla terra, promettendo che, in cambio, avrebbe mediato per loro. Iperione fu sinceramente toccato dall’offerta, ma la declinò ritenendola ingenua. Poi tornò al Labirinto, spiegando che Ioria avrebbe dovuto affrontare numerose battaglie prima di raggiungerne la cima e salvare Lythos.

Lentamente, dentro il Titano stava nascendo un senso di rispetto verso Ioria, sia come uomo che come guerriero. Ben presto, altri cinque Cavalieri d’Oro - Virgo, Capricorn, Acquarius, Scorpio e Toro - si unirono al Leone nella corsa verso la cima del Labirinto. Giapeto e Temi andarono per primi ad affrontarli ma, incredibilmente, caddero entrambi. La loro morte indebolì il Theos Sema, riducendo la forza dei restanti Titani. Quando Crio si apprestò a scendere in campo, Iperione cercò invano di convincerlo ad attendere, in modo da poterne ripristinare la configurazione. Quando anche il terzo Titano finì per essere sconfitto e morire, Iperione si chiese cosa permettesse agli esseri umani di compiere azioni così incredibili. Ceo gli rispose che probabilmente riescono a compiere miracoli perché conoscono il valore della vita che, proprio in quanto breve ed effimera, permette loro di bruciare il cosmo al massimo. In altre parole, proprio comprendere il valore della vita li rendeva più forti. Ceo poi salutò il fratello, andando a combattere di nuovo contro Ioria.

Fu una battaglia cruentissima, anche perché Ceo aveva segretamente recuperato i ricordi sin dal primo duello con Leo, e, morente per la ferita del Photon Burst, era sceso in campo più che altro per aiutare Ioria a crescere e migliorarsi. Sconfitto e morente, prima di scomparire lanciò un ultimo messaggio nel suo cosmo per informare gli altri Titani della verità riguardante il furto dei ricordi. Appresa la verità, Iperione si recò furioso da Mnemosine e l’attaccò con lo spadone, ma venne bloccato dalla comparsa di Ponto. Mostrando finalmente le sue vere intenzioni, il Dio ancestrale, che aveva tramato alle spalle dei Titani sin dall’inizio, raccontò ad Iperione la verità, inclusi i suoi poteri di divinità solare e la prigionia nel corpo di Apopi. Gli chiese poi di passare dalla sua parte, sottolineando come avessero ormai un legame di sangue per via dell’Ichor che Ponto gli aveva amministrato per un decennio. Fedele a Crono ed al suo popolo fino alla fine, Iperione rifiutò con sdegno, dichiarando che fosse suo dovere proteggere fino alla morte chi aveva creduto in lui. Scacciato Ponto, invocò il Sole di Tenebra e scese davanti ai Cavalieri d’Oro, per affrontarli nella battaglia finale.

Dopo aver sfoderato le sue nuove tecniche Helios Vortex ed Helios Prominence per tener brevemente testa a tutti loro, Iperione riprese il suo duello privato con Ioria, con entrambi i contendenti consapevoli che probabilmente questo scontro avrebbe concluso la guerra. Distrutto il Sole di Tenebra, mostrò dal primo momento la sua vera forza, mettendo ripetutamente in crisi l’avversario sia con la spada che con colpi fisici e movimenti alla velocità della luce. Quando Ioria decise di ricorrere al Photon Burst, la tecnica con cui aveva sconfitto Ceo, Iperione scelse di usare la sua arma più potente e, abbandonata la spada, invocò l’Uroboro, grazie al quale ferì gravemente il braccio destro del nemico. La capacità di ripresa del Leone però era notevole, al punto che Iperione dovette riconoscerne, ammirato, l’abilità e, in segno di rispetto, non l’uccise in una fase in cui il ragazzo combatteva in stato di incoscienza, permettendogli piuttosto di riprendere i sensi.

Ripresosi, e avvertendo il cosmo di Lythos nelle vicinanze, Ioria decise di rischiare tutto e fece ricorso alla Dunamis donatagli da Ceo al termine del loro duello. Iperione rimase colpito dal fatto che il fratello avesse aiutato il nemico, ma la sua maggior esperienza con la Dunamis continuava ad avvantaggiarlo. Come avvenuto nei due duelli precedenti, nel corso dello scontro i due discussero anche i rispettivi punti di vista, finendo per scoprire di essere simili: entrambi pronti a tutto pur di proteggere chi crede in loro. Il Titano dovette ammettere che un essere umano condivideva lo stesso fardello di un Dio e, mettendo da parte le convinzioni ed i preconcetti di una vita, dichiarò di stimare Ioria. Unica cosa che ancora li distingueva era il punto di vista sul destino, immutabile secondo Iperione, modificabile secondo Ioria, a patto di essere sorretti dalla speranza. A conferma di queste parole, il Cavaliere d’Oro elaborò una nuova strategia, combinando insieme tutto ciò di cui disponeva, e riuscì a trafiggere il nemico con il pugno sinistro. Iperione rispose applicando su di sé i poteri curativi dell’Uroboro, combinati a quelli dell’Ichor in modo da resistere a oltranza. Essere così vicino alla morte gli permise di comprendere le parole di Ceo sul valore di una vita limitata, aumentando la speranza di poter vincere una nuova Titanomachia e sprofondare Zeus nel Tartaro. I due contendenti si sorrisero, accettando le reciproche differenze, e si dissero amareggiati che solo uno sarebbe potuto sopravvivere, poi diedero inizio all’atto finale. Rischiando il tutto per tutto, Ioria centrò con il braccio distrutto la ferita precedentemente aperta sul corpo di Iperione, risanando l’arto grazie all’Uroboro e colpendo a distanza ravvicinatissima.

Sconfitto, Iperione cadde tra le braccia del nemico, in lacrime per l’averlo dovuto uccidere. I problemi però non erano finiti: l’emorragia di Ichor prese le sembianze di Ponto, venuto a riprendersi Iperione ed ora in grado di controllarne il corpo. Ioria cercò di proteggerlo, scatenando l’ira del Dio che lo attaccò. Mostrando di poter ancora muoversi grazie a quel che restava dell’Uroboro, Iperione si pose a difesa del Cavaliere d’Oro e impugnò di nuovo lo spadone, scatenandosi contro Ponto. Sapendo di essere ormai in punto di morte, gli chiese in cambio di prendersi cura di Crono e del suo popolo, e di donar loro un nuovo futuro sulla terra, alla luce del sole. Commosso quando tutti i Cavalieri d’Oro cercarono di aiutarlo, il Titano chiese comunque di poter fare da solo e, dopo aver promesso a Ioria di imprimere per sempre il suo ricordo nel proprio cosmo, si gettò su Ponto in un attacco suicida, riuscendo a scacciarlo a costo del proprio braccio sinistro.

Ormai quasi privo di Ichor e Dunamis, ridotto ad un essere umano morente, scambiò un ultimo pugno con Ioria, ringraziandolo per avergli insegnato il valore del coraggio e della speranza. Poi, crollato in ginocchio, finalmente morì. Pochi minuti dopo, dinanzi all’amareggiato Crono ed a tutti i Cavalieri d’Oro, le sue spoglie precipitarono nel Tartaro e scomparvero.

NOTE: Le informazioni presenti in questo profilo provengono dai numeri 2, 4-7, 9-10, 12-17 di Episode G, edizione originale. Iperione è in assoluto il Titano più particolareggiato della serie, il primo a combattere e quello con più apparizioni, durante le quali si sviluppa il suo rapporto / confronto con Ioria. È anche la fonte di buona parte delle spiegazioni, specie su Ichor e Soma, e compare in ben tre gaiden a colori. La caratterizzazione di base è quella di un Dio che accetta i privilegi ed i doveri del suo ruolo: da una parte, nutre scarso rispetto per gli esseri umani e non li considera suoi pari, ritenendo inferiore anche la loro capacità di provare sentimenti. Dall’altra, sente di dover proteggere chi gli è fedele anche a rischio della vita, come confermato più volte nel corso della serie. In questo modo, Iperione si distingue dalle divinità della serie classica ed anche da altri Titani di Episode G, che non esitano a uccidere indiscriminatamente. Di contro, non ha pietà con i nemici ma anche con i "neutrali" e non esita a cercare di uccidere un bambino, né si oppone al rapimento di Lythos, sostenendo praticamente che il fine giustifica i mezzi. In un certo senso quindi, è una via di mezzo tra Atena, che protegge tutti, ed Hades, che ucciderebbe tutti.

Nel corso della serie, il suo carattere si evolve, anche se in maniera meno marcata di Ceo. Quest’evoluzione avviene nel corso dei tre duelli con Ioria, durante i quali la sua opinione sul Cavaliere passa da indifferenza e disprezzo ad accettazione, e poi ad ammirazione e rispetto. Questo cambiamento si estende indirettamente a tutti gli esseri umani, come confermato quando Iperione si scontra l’ultima volta con Ioria ormai privo dei suoi poteri divini. La profonda amicizia tra Ceo ed Iperione viene sottolineata sin dal ritorno alla vita del primo, e confermata più volte nel corso dell’opera. Sembra nascere dal fatto che entrambi hanno caratteri relativamente pacati, almeno rispetto a Titani come Giapeto, e dall’affetto verso gli esseri umani che gli sono fedeli. Anche per questo motivo, Iperione è l’unico a ricevere il suo messaggio finale. Al contrario, il matrimonio con Tia viene praticamente ignorato, a parte un brevissimo e generico scambio di battute.

Non viene mai spiegato perché Iperione sia stato sigillato nel corpo di Apopi e non nella sua Soma insieme agli altri Titani. Dovrebbe avere a che fare con il fatto che entrambe sono divinità solari, con Apopi che in seguito divenne il nemico e divoratore del sole, ma il discorso rimane sempre abbastanza vago. La distruzione di Apopi è mostrata nello speciale numero 0 di Episode G, ma il collegamento con Iperione viene fuori solo nel numero 15 (30 in Italia). Non è chiaro neppure quando Iperione riprenda effettivamente i sensi. Cronologicamente, la sua prima apparizione dovrebbe essere nello speciale del numero 4, in cui assiste alla vecchia battaglia tra Ioria e Anubis.

Inizialmente, sembra che le Soma abbiano forma di arma solo quando non vengono indossate, ma poi scopriamo che hanno anche l’arma corrispondente, che può essere invocata dal Titano in caso di bisogno. Lo spadone di Iperione sembra inizialmente chiamarsi Gurthang, come l’arma di Turin nei racconti di Tolkien, cui potrebbero far riferimento anche le strane scritte luminose sulla lama. Non viene però mai chiamata espressamente così, ma solo Prominence Blade. In un flashback, vediamo la scena in cui Gea donò la lama al figlio, il cui aspetto però era diverso a suggerire che sia un’immagine simbolica più che reale. Il pianeta tutelare di Iperione invece è un piccolo sole nero, sicuramente privo di abitanti visto che, in caso contrario, non lo userebbe a cuor leggero come arma. Pur avendo una grande varietà di tecniche, i tre Vortex sono sostanzialmente varianti della stessa cosa, mentre la Prominence Blade è poco più di una normale tecnica di spada.

Considerando che Ioria è fondamentale prima al risveglio e poi al recupero dei ricordi di Crono, Iperione non esita a cercare più volte di ucciderlo. La spiegazione, accennata un paio di volte, è che gli scontri servono a potenziare il cosmo del Leone, mentre un’eventuale sconfitta indicherebbe che non è lui la persona giusta a far avverare la profezia. Crono stesso lascia intendere che, se Ioria morisse, in futuro nascerebbe un altro predestinato.

Nella serie, per giustificare il fatto che i Cavalieri d’Oro sono in grado di tener testa ai Titani, questi ultimi vengono indeboliti da una serie di elementi esterni, come la mancanza dei ricordi o lo scioglimento del Theos Sema. Di conseguenza, in teoria la vera forza di Iperione dovrebbe metterlo al livello delle divinità dell’Olimpo.

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