I protettori del Bel Paese

Nota di Shiryu: Questa fanfic è ambientata dopo "Le spade di Avalon", scritta dallo stesso autore. Una lettura di quella fanfic è consigliata per comprendere al meglio la trama ed alcuni riferimenti.

Prologo

Seduta sul suo trono nascosto nelle catacombe di Roma, Giulia, signora dei Legionari d’Italia, aveva ricevuto da Cozio e Caco il rapporto sulla battaglia tenutasi tra i Tree Drui delle divinità celtiche contro i Cavalieri dello Zodiaco di Atena, aiutati dai cavalieri della Tavola Rotonda di Merlino e re Artù. Una battaglia durante la quale molti segreti erano venuti a galla, e molte persone avevano perso la vita.

"Così gli dei celtici hanno abbandonato la Gran Bretagna e si sono nascosti in Francia!" disse la sacerdotessa al guardiano delle montagne

"Esatto, mia signora!" rispose il ragazzo "Sicuramente si stanno preparando ad attaccarci! Credo che sia arrivato il momento di dare a suo nipote…"

"No!" obbiettò la donna "Non è ancora arrivato il momento! Egeria!" disse chiamando una ragazza bionda dalla bellezza impressionante, in piedi davanti a lei "Mia fedele Egeria, hai scritto la lettera ad Atena?"

"Sì, mia signora! Il nostro messaggero è già in viaggio! Arriverà in Inghilterra entro domani!" rispose la ragazza

"Grazie!" disse la donna prima di rivolgersi a Cozio "Torna a proteggere la tua area, in caso d’attacco ti sarà permesso utilizzare la tua armatura!"

"Ho già affrontato un Tree Drui, e non c’è stato bisogno dell’armatura!" obbiettò il giovane

"Il Tree Drui che hai affrontato in quell’occasione era spaventato a causa della sconfitta dei suoi compagni ed era uno dei più deboli, ma i cinque guerrieri scelti da Ana sono molto più pericolosi. Dagda, il loro generale, possiede un Cosmo delle molte risorse. Esus, il vice comandante che gode del titolo di "Fantasma della distruzione", è mosso dalla rabbia che cova nei confronti di Giulio Cesare e della nostra città. Cal, in grado di vedere il passato e di utilizzarlo contro i suoi avversari. Heron, maestro di mortali melodie. E, infine, Angus, che dopo il tradimento di sua sorella Maeve è mosso da una grande rabbia distruttrice."

"Ho capito!" disse Cozio inchinandosi prima di ritirarsi.

Altrove, in un luogo sconosciuto, otto diverse entità possedenti un Cosmo immenso e possente si erano radunate in una grande sala circolare seduti su troni decorati d’oro costruiti secondo gli stili di diverse civiltà. Il bagliore del loro Cosmo era tale che celava il loro aspetto, lasciando vedere solo la sagoma del loro corpo.

Su un trono più alto vi era una divinità circondata da un bagliore d’orato circondato da fulmini, coi capelli lunghi e una corona d’alloro sul capo e un aquila ai suoi piedi.

"Sapete qual è il motivo per cui vi ho convocato qui! Il ritorno della dea Ana e il suo tentativo di ricostruire i territori celtici. Ella ha sempre osteggiato l’egemonia degli dei di Grecia e Roma, di cui sono a capo. Inoltre, sapete bene che il suo Cosmo è paragonabile al nostro! Neanche i cinque Cavalieri di Bronzo potranno batterla!"

"Vi è un problema più grave!" disse un dio dal Cosmo bianco-azzurro con due corvi posati ai lati del suo trono "Ovvero il recente attacco di tuo fratello Poseidon al mio regno! Tu non hai fatto niente per fermarlo, e pretendo delle scuse ufficiali!"

"Smettila, signore degli Asi e dei Vani!" disse una divinità maschile avvolta da un bagliore color giada vestito alla cinese "Sai bene che Poseidon ignorava il patto di non belligeranza concluso solo centocinquanta anni fa!"

"L’Imperatore di Giada ha ragione, Odino!" disse una ragazza splendente come il sole vestita con un kimono e una spada agganciata alla cintura "Hai ragione! Zeus, in quanto capo del Consiglio Divino e re degli dei poteva fermarlo! Sono d’accordo con te. Il problema di Ana, però, è più grave!"

"Inoltre, sarà l’occasione giusta per sdebitarti con Atena!" disse un dio circondato da quello che sembrava uno strano fuoco fatuo vestito da pellerossa con un copricapo di penne d’aquila

"Hai ragione!" disse Odino "Ma questo non cambia i fatti!" aggiunse rivolto verso il signore dei Numi

"Sì, non li cambia. Ma il pericolo di Ana è più grande! Quella donna e il suo Cosmo d’argento sono in grado di distruggere la Terra, e solo i membri del consiglio possono contenerla! Sei con noi, o no?" domandò Zeus ad Odino.

I membri del consiglio rimasero zitti fino alla risposta del signore degli dei del nord, che si fece attendere per alcuni minuti.

Nei sotterranei di Notre Dame, Ana sedeva su un trono di pietra molto antico insieme a suo marito Dagda, circondata da Cerunno e Lug e, inginocchiato di fronte a loro, vi era il generale dei Tree Drui, che portava anche lui il nome di Dagda

"In seguito ad una lunga ricerca i nostri agenti sono riusciti ad individuare i luoghi dove sono nascoste quattro delle cinque armature dei capi dei Legionari d’Italia!" disse il Tree Drui srotolando per terra una cartina del Bel Paese con cinque punti segnati "La prima, quella del nord, si trova qui a Susa!" cominciò indicando la città che un tempo era la porta delle gallie

"Susa!" ringhiò la dea madre celta quando sentì il nome di quella città. Susa era stata una città abitata dai Galli, come provavano alcuni resti archeologici come i luoghi in cui i druidi sacrificavano gli animali, ma poi il re Cozio s’alleo con Augusto diventando prefetto dell’impero romano. Questo avvenimento aveva profondamente scosso tutti gli dei, in particolar modo Ana secondo cui quel gesto era un tradimento nei confronti suoi e delle altre divinità celtiche.

"La seconda, quella dei mari…" continuò indicando un punto a nord-est apparentemente sul mare, "…è su questa città, che non esisteva ai nostri tempi, chiamata Venezia. Si tratta di una città molto particolare costruita su isole con canali al posto delle strade! Quella del centro si trova nel Lazio, in campagna!"

"Quella del centro Italia, eh?" disse Cerunno "Sarò io a confrontarmi con quel Legionario. Ho un conto in sospeso!" aggiunse toccandosi il braccio sinistro.

"Infine quella del sud, nell’Etna!" concluse indicando il vulcano della Sicilia "Pare che l’abbiano trasferita lì dopo che Aiolos del Sagittario uccise Tifone!"

"Cosa? Tifone è morto?! Ucciso da un Cavaliere d’Atena?" esclamò il compagno di Ana

"Sì, mio signore!" rispose il generale "Esus ha chiesto d’occuparsi personalmente dell’armatura di Roma!"

"È sarà così!" disse Ana "Sarete divisi in quattro diverse armate, una delle quali comandata da Cerunno! Il vostro compito sarà trovare le armature e distruggerle insieme ai loro proprietari!".

La vendetta delle Genti di Ana sui figli di Romolo era alle porte.

 

I Legionari d’Italia

Era ormai passata una settimana dalla morte di Morrigan e in Inghilterra era tornata la pace. L’isola si stava a poco a poco riprendendo dalle catastrofi causate dagli dei e dai loro alberi.

Gawen stava facendo i compiti in camera sua, quando sua madre lo chiamò

"Sbrigati! È arrivato il tuo nuovo baby-sitter!" disse la donna affacciandosi alla porta della camera del figlio, il quale s’alzò di malavoglia e la seguì camminando a testa bassa. A Gawen, nonostante fosse un bambino piuttosto tranquillo, non erano mai piaciuti i baby-sitter, perchè non gli piaceva l’idea di essere sorvegliato da persone che non conosceva.

"Ecco!" disse la donna fermandosi vicino alla porta d’ingresso davanti ad un ragazzo coi capelli neri spettinati "Questo è Gawen! Gawen questo è Daniel, il tuo baby-sitter! Ehi, saluta!" disse vedendo che il figlio continuava a tenere la testa china

"Non si preoccupi, signora!" disse il ragazzo con una voce che a Gawen suonò stranamente famigliare "Sono sicuro che andrò molto d’accordo con suo figlio! Mio fratello è più o meno della sua età!"

"Bene! Io e mio marito torneremo per le otto! Mi raccomando! Ha la mia più completa fiducia!" disse lei mentre s’infilava la giacca "Spero che vi divertirete! Arrivederci! Ciao tesoro!"

"Arrivederci signora!" disse Daniel prima di chinarsi sul bambino "Dunque…so che ti piace il calcio…"

"Chi te l’ha detto?" chiese scortesemente il bambino

"Sono cose che si sanno, se devi fare da baby-sitter a tuo fratello!" disse il ragazzo, mentre Gawen alzava la testa meravigliato

"Ciao Mordred!" disse il ragazzino saltando addosso a suo fratello per abbracciarlo "Vedo che ti sei ripreso! Mi sono spaventato tantissimo quando Morrigan ti ha colpito!" aggiunse piangendo

"Come vedi, fratellino, sto benissimo!" disse il figlio di re Artù sorridendo

"Non riesco a credere che tu sia il mio baby-sitter! È…è…incredibile!"

"So di altri bambini che non sarebbero così contenti!"

"Perché loro non hanno un fratello mitico come te!" rispose il bambino.

In un’altra zona di Londra, Seiya stava camminando con Saori ad Hyde Park osservando il paesaggio circostante.

"Così hai scoperto la verità sulla tua nascita! Sono contenta per te! Almeno non avrò il pensiero di sposarmi con mio zio!" disse lei voltandosi verso di lui

"Sì! Come pensi che prenderà il signor Tatsumi il fatto che noi due stiamo insieme?" chiese lui

"Non lo so!" ammise la fanciulla. Preoccupata di più per ciò che sarebbe successo quando l’avrebbe scoperto Zeus. Non era mai avvenuto che una divinità e un suo guerriero s’innamorassero l’uno dell’altra, anche se la prima rinasceva umana. Se ciò sarebbe giunto alle orecchie del Padre degli dei il mondo avrebbe corso un grave pericolo «Ma non è Atena ad amare il Cavaliere di Pegasus,» si disse poi «è Saori Kido ad amare Seiya Edogawa! Io e lui non siamo solo una dea e un suo Cavaliere rinati a nuova vita, ma anche due ragazzi innamorati l’uno dell’altra!».

I due continuarono a camminare e a parlare finchè un giovane uomo di circa venticinque anni con i capelli castano scuri e gli occhi verdi non comparve davanti a loro

"Finalmente ho l’onore di conoscerla, dea Atena!" disse l’uomo rivolgendosi alla fanciulla in greco

"Chi sei?" chiese Seiya con tono di sfida mettendosi fra l’uomo e la sua ragazza

"Mi chiamo Davide Albino, e sono messaggero dei Legionari d’Italia!" rispose il giovane "Sono venuto qui per recapitare a Lei e ai suoi Cavalieri una richiesta d’aiuto da parte della signorina Egeria, guardia del corpo della Grande Giulia, nostra Guida!" aggiunse porgendo alla fanciulla una lettera con sopra un sigillo a forma d’aquila.

Quella sera Atena radunò i suoi Cavalieri, Merlino, Daisuke, Davide, Arthurus, Maeve e Mordred in camera sua dove aprì la lettera e la lesse:

"Dea Atena,

chi ti scrive è Egeria, guardia del corpo di Giulia, la Guida dei Legionari d’Italia. Devi sapere che dopo la loro sconfitta subita dall’unione delle tue forze con quelle di Merlino, gli dei celtici guidati da Ana si sono nascosti a Parigi con il loro seguaci, e adesso minacciano d’attaccare il paese che io e miei compagni abbiamo il dovere di proteggere. Ti chiedo dunque di venire in nostro aiuto!

Se accetterai d’aiutarci, presentati insieme ai tuoi Cavalieri domani il più presto che puoi alla stazione Porta Susa di Torino. In stazione troverai ad aspettarti Cozio, il custode dell’Italia del nord. Ti consiglio d’arrivare in Italia in aereo, scendendo all’aeroporto di Caselle e da lì prendere un treno per Porta Susa.

Sbrigati! Non abbiamo molto tempo!"

"Perché non andiamo subito a Parigi a fermarli?" propose Seiya alzandosi

"Non sappiamo dove siano nascosti! Siamo riusciti a percepire i loro Cosmi spostarsi dalla Gran Bretagna a Parigi, ma non siamo riusciti ad identificare il luogo. Sospettiamo che si siano nascosti nel sottosuolo e non possiamo mica rivoltare tutta la città nel tentativo di trovarli!" spiegò Davide passandosi una mano tra i capelli

"Dove si trova Parigi?" chiese Artù curioso, visto che era la prima volta che sentiva quel nome

"Parigi sarebbe l’antica città di Lutezia." rispose Merlino

"Stare sigillati non fa bene, eh?!" ridacchiò Mordred "Almeno io ho potuto osservare cosa succedeva nel mondo!"

"Prima d’accettare, possiamo sapere perché vi serve il nostro aiuto?" chiese Kanon "Avete dimostrato di sapervela cavare contro i Tree Drui!"

"Il signor Cozio e i suoi pari grado, il signor Marco e il signor Caco, sono i migliori di noi pari ad Egeria, guardia del corpo della Grande Giulia, inferiori solo al divino Fauno e…al Cesare!" rispose il messaggero "Ma i cinque Tree Drui sopravissuti sono in grado di tenergli testa, inoltre non saremo in grado di sconfiggere Ana senza il vostro aiuto!"

"Chi è il Cesare?" chiese Merlino incuriosito

"L’Imperator (1), il nostro generale supremo! In lui scorre il sangue di Romolo, ma da secoli nessuno viene più investito di questo titolo! L’ultimo a portarlo fu Francesco d’Assisi!"

"Francesco d’Assisi?! Ma com’è possibile?" domandò Seiya stupefatto

"Col passare dei secoli la stirpe di Romolo si diffuse in tutta Italia, e i suoi discendenti sono stati sempre tenuti sotto controllo. Francesco d’Assisi non fu solo un grande riformatore religioso amante della pace, ma all’occorrenza era anche un grande guerriero. Durante le crociate ci fu di mezzo una guerra sacra! I cavalieri del dio Baal, usando le armate dei mussulmani, volevano distruggere Gerusalemme, Costantinopoli e Roma. Francesco affrontò il gran sacerdote del dio quando andò dal sultano d’Egitto, poiché egli sapeva che il suo nemico ne era il visir! Fu una battaglia epica che durò tutta una notte, ma alla fine il sacerdote fu costretto alla resa! Certo, dietro le crociate c’erano anche i motivi politici ed economici che sapete, però non erano i soli!"

"Ora direi che la situazione è completamente chiara!" disse Atena dopo un rapido consulto "Quindi io e i Cavalieri di Grecia siamo pronti a partire per l’Italia!"

"Aspettate!" disse Maeve alzandosi "Anch’io e Mordred vorremmo venire con voi! Forse potrò riuscire a far ragionare mio fratello Angus!" sospirò la Tree Drui asciugandosi una lacrima

"E io voglio finire questa battaglia!" disse il Lupo di Britannia prendendo la sua spada.

"Così domani parti!" disse Gawen rivolto al fratello quando questi gli diede la notizia. Erano quasi le dieci e i due fratelli erano seduti sul tetto della Torre di Londra a guardare le stelle.

"Sì!" rispose lui "Se restassi qui sarei al sicuro ma non voglio!" sorrise il ragazzo "Non so neanch’io perché! So solo che avendo preso parte a questa battaglia fin dall’inizio voglio viverla tutta fino in fondo!"

"Sei un vero guerriero!" disse il ragazzino "Io non sarei capace di desiderarlo! Ah! Tieni l’ho fatto io l’anno scorso a scuola!" disse dandogli un ciondolo di pasta di sale raffigurante un delfino "Ti porterà fortuna!"

"Grazie!"

"Mordred!" disse una voce femminile proveniente alle spalle del ragazzo, il quale si volse e vide Artù e Morgana che erano venuti a salutarlo

"Ciao Gawen!" disse il re accarezzando la testa del suo secondogenito

"Non scompigliarmi i capelli, zio Arthurus!" disse il bambino innervosito

"Zio Arthurus?!" esclamò Mordred incuriosito

"Gli ho dato il permesso di chiamarmi così! Anche se sono il suo padre biologico!"

Morgana andò verso il figlio e lo abbracciò "Mi raccomando torna sano e salvo!"

"Mordred," disse poi Artù avvicinandosi al figlio "io e lei non abbiamo altro regalo da darti se non la nostra benedizione!" e gli mise una mano sulla fronte "Buona fortuna, figliolo!"

"Grazie, mamma! Grazie, papà!"

Maeve e Galahad erano a Glastonbury, e lui cercava in tutti i modi di dissuaderla "Devo andare! Quando mi sposerò vorrei una famiglia unita!" disse semplicemente lei. Lui annuì. Sapeva che Maeve era una ragazza molto determinata e quando si metteva in testa una cosa non potevi dissuaderla "Ma è per questo che mi sono innamorato di lei!"

"Seiya!" disse Daisuke avvicinandosi al figlio nella loro stanza "Siccome ho avuto modo di vederti combattere sappi che sono molto orgoglioso di te!" aggiunse mettendogli una mano sulla spalla "Mi raccomando, torna vincitore! Fai vedere a quelle divinità da quattro soldi la forza degli Edogawa!"

"Stanne certo!" disse il Cavaliere d’Atena sorridendo al padre.

 

L’occasione di Lucio e la battaglia di Marco

Attraverso i calli e i campielli, Marco camminava per Venezia. Anche di notte la Serenissima manteneva intatto tutto il suo splendore grazie alle chiese e agli edifici illuminati. In piazza San Marco le persone ammiravano la cattedrale e lungo i canali bui le barche e i vaporetti risplendevano come tante stelle nel cielo.

«Questa è la più splendida delle città!» pensò il ragazzo osservando gli antichi palazzi «La sua bellezza è senza pari! Quando cammini sembra che il tempo sia fermo!».

Arrivato sulla piazzetta di San Marco il Legionario alzò gli occhi verso la statua bronzea del leone alato, simbolo dell’evangelista patrono della città.

"Se la gente sapesse ciò che sei in realtà!" mormorò Marco alla statua, mentre un piccione gli si posava sulla spalla "Cosa succede, Giacomo?" chiese all’animale il quale gl’indicò con l’ala un gruppo di persone che guardava la città con aria disgustata.

Aurelio camminava lungo i corridoi delle catacombe, mentre alle sue spalle un misterioso ragazzo dai capelli neri e ricci stava suonando una lira

"Cerca di calmarti, cugino!" disse il musico con la sua voce soave che sembrava racchiudere un pizzico di leggera pazzia "Non ha senso preoccuparsi! Nostra zia ha chiesto aiuto ai Cavalieri d’Atena, non abbiamo niente da temere!"

"Nostra zia…" disse Aurelio voltandosi verso il cugino "…non si è ancora decisa a darmi il titolo di Legionario e l’armatura di Cesare! Quella corazza mi spetta di diritto! Dopo tutti questi secoli, io mi sono dimostrato l’unico discendente di Romolo degno d’indossarla!"

"Uff!" disse il ragazzo moro "Non ricomincerai con la solita storia!"

"Taci Lucio! So bene che anche tu bramavi quell’armatura, ma non ti sei dimostrato in grado di padroneggiare il colpo sacro!"

"Non ricordarmelo!" disse Lucio alzandosi "Se vuoi lo scontro l’hai trovato, Aurelio!" e si mise in posizione d’attacco con il proprio strumento.

"Basta!" disse Egeria comparendo nella stanza "Non è questo il momento di litigare tra di noi!" poi si volse verso Lucio "Tua zia vuole parlarti! Seguimi nella Sala della Guida!".

Era la prima volta da dopo la fine degl’allenamenti che Giulia convocava il nipote. Tra i due non era mai corso buon sangue, soprattutto dopo che Lucio non si era dimostrato essere in grado di gestire il colpo sacro prerogativa del Cesare, cosa che gli aveva danneggiato parzialmente il cervello e lo aveva reso masochista e leggermente sadico. Adorava vantarsi del fatto che riusciva a sopportare il dolore meglio di chiunque altro e ciò lo aveva portato a considerarsi un guerriero quasi perfetto, ma non era ancora riuscito ad accettare il fatto di non essere in grado di padroneggiare il colpo segreto dei Cesari.

"Cosa ti spinge, mia cara zia, a convocarmi a quest’ora?" chiese Lucio entrando nella sala.

Giulia sospirò, guardando il nipote in faccia "Il fatto che, per proteggere le quattro armature dei comandanti ho bisogno di tutti i Legionari possibili!" spiegò la donna

"E io cosa c’entro?" domandò il ragazzo che non aveva ancora capito cosa intendesse la zia con quelle strane parole

"Conoscendo le tue doti di musico e di combattente, e sapendo che in fondo sei un bravo ragazzo, mi sono convinta a darti un’armatura e il titolo di prefetto del pretorio!" disse Giulia continuando a guardare in faccia Lucio, i cui occhi s’illuminarono dopo aver udito la notizia. Il prefetto del pretorio era inferiore solo al Cesare di cui era vice e sostituto in caso d’assenza.

"Ecco la tua armatura!" disse la donna indicando una scatola da cui, una volta aperta uscì un armatura viola scuro che si dispose sul corpo di Lucio

"Poiché grandi sono le tue doti di musico, a te vengono affidate le vestigia che il tuo omonimo fece costruire a sua immagine nei tempi antichi! Gloria a te, Lucio di Nerone. Legionario d’Italia e prefetto del pretorio!".

Il giovane musico guardava rapito le vestigia che indossava. Prima d’ora nessuno aveva mai indossato quell’armatura a causa del suo committente e precedente proprietario. Ora, invece, le viola vestigia di Nerone scintillavano addosso al giovane Lucio pronte a combattere.

"Farò tesoro di questa corazza e non deluderò le tue aspettative, zia!" disse il ragazzo bruno inchinandosi.

Dagda guardava disgustato la città che portava i suoi abitanti chiamavano "Serenissima" insieme alla sua armata. I campanili, le chiese, i palazzi e le costruzioni in pietra si stagliavano verso il cielo davano alla città una bellezza impressionante e raffinata che agl’occhi del comandante dei Tree Drui sembrava solo un ammasso di costruzioni senza senso. Ma volente o nolente ora si trovava in quella città e doveva cercare l’armatura di Venezia.

"Da quanto deduco dall’espressione delle vostre facce sembra che proviate disgusto per la mia città!" disse la voce di un ragazzo biondo con un piccione sulla spalla

"No! Tu ci hai frainteso, ragazzo!" disse Dagda volgendosi verso di lui "Non capisco perché erigere tutti questi palazzi e questi…luoghi di culto!"

"Più una città e una civiltà prosperano più esse s’arricchiscono di denaro, cultura e arte!" rispose il ragazzo sorridendo "Venezia è una delle perle del patrimonio storico di questo paese, famoso per la sua arte e la sua cultura che gli danno bellezza senza pari!"

"Dunque è questa per voi la bellezza!" disse il generale pensieroso «Non riesco a capire come facciano a trovare bellezza in quest’ammasso di costruzioni e di strade di pietra! Che essi non riconoscano la bellezza dei paesaggi della terra? Che bellezza potranno mai avere queste costruzioni senza senso!» poi sentì un Cosmo strano provenire da qualche luogo sopra di lui e si volse verso la statua del leone alato, intorno alla quale poteva vedere una sottile aura bluastra «Eccola!» pensò lanciando una sfera che fu fermata dal ragazzo biondo

"A nessuno,…" disse il ragazzo cominciando ad espandere il proprio Cosmo "… sia egli umano o dio è consentito distruggere l’arte della Serenissima! Soprattutto in presenza del suo guardiano, Marco!" disse il ragazzo spegnendo la sfera di Dagda.

"Così finalmente c’incontriamo, Legionario!" disse Dagda avvicinandosi verso l’avversario "Se ho ben capito quella statua di bronzo, in realtà, è la tua armatura!"

"Esatto! Ma non credere che a te e ai tuoi seguaci permetterò di distruggerla!" rispose Marco mentre Giacomo spiccava il volo insieme ai suoi compagni "Ora sperimenterete la punizione che spetta a chi cerca di distruggere la bellezza di questa città! VOLO DEI COLOMBI!" urlò, mentre gli uccelli simbolo di Venezia s’avventavano sul seguito del generale dei Tree Drui

"I colombi di Venezia non sono comuni uccelli ma discendenti delle colombe di Cipro sacre di Afrodite (2) e posseggono un Cosmo pari a quello di un Cavaliere di Bronzo, ed essi, al pari di me, proteggono questa città! " disse il Legionario vedendo i soldati combattere contro lo stormo d’uccelli

"Ti faccio i miei complimenti!" disse il Tree Drui "Ma non crederai che basti uno stormo di volatili per fermarmi?"

"No di certo!" rispose Marco spiccando un salto per atterrare in mezzo al canale di San Marco rimanendo in piedi sull’acqua

"Vieni!" disse rivolto all’avversario "So che le vostre armature vi permettono di galleggiare sull’acqua come il legno, cosa di cui anch’io sono capace essendo il protettore dei mari e delle lagune!"

Come risposta il generale spiccò un balzo, mentre l’armatura della quercia si disponeva sul suo corpo.

 

Le zanne mistiche del leone alato

"Eccomi!" disse il generale una volta atterrato sulle acque scure davanti al suo giovane avversario che continuava a guardarlo con sguardo calmo «Questo è un avversario forse più potente di Aiolia!» pensò «Il suo sguardo tranquillo sicuramente nasconde un Cosmo di una potenza inimmaginabile!».

Come se non sentisse i pensieri del suo avversario il giovane Legionario alzò una mano e la statua bronzea del leone di San Marco volò verso di loro, cambiando poco a poco il suo aspetto fino a trasformarsi in un armatura decorata con splendidi motivi veneziani che si dispose sul corpo del giovane il quale, poi, si celò il volto con una maschera

"Allora sei tu l’avversario che sconfisse Vortigen nella dimensione creata dagli alberi del restauro!" esclamò Dagda riconoscendo la maschera che l’avversario portava sul volto

"Esatto!" rispose il ragazzo "Questa maschera serve per contenere il mio Cosmo durante le battaglie, ma all’occorrenza funge anche da arma per privare il nemico del suo spirito combattivo! Io non amo uccidere e sono sempre stato capace di sconfiggere i miei avversari risparmiando loro la vita!"

"Pensando così sarai sconfitto sicuramente! Un avversario va ucciso, poiché egli è tuo nemico!" urlò Dagda "Ed è quello che farò io con te! Nessuno è mai sopravissuto a questo colpo! GABBIA DI QUERCIA!" aggiunse lanciando contro il nemico dei raggi che si trasformarono in una gabbia che cominciò a poco a poco a stringersi intorno al giovane Legionario.

"KAAN!" disse il giovane formando attorno a se uno barriera d’acqua che distrusse il colpo nemico "Come il mio compagno d’addestramento Shaka della Vergine, Cavaliere della sesta casa, è in grado d’incarnare la forza di Fudoh Myo-oh proteggendosi con le fiamme del Garuda, io incarno quella di San Marco, patrono di questa città, e vengo protetto dalle acque di Venezia!".

Dagda non credeva ai suoi occhi, il suo avversario era molto più forte di quello che sembrava.

"Devo farti i miei complimenti! Non ho mai incontrato un avversario dotato di tale forza! Questo vuol dire che, per combattere contro di te, dovrò far ricorso alla tecnica che mi ero proibito!" disse il Tree Drui cominciando a concentrare il suo Cosmo nelle proprie mani "Eccoti il colpo più potente di Dagda della quercia! CELTIC LUX!" urlò emettendo una luce color verde che cominciò a causare una tremenda scossa di terremoto che dall’acqua sembrava trasmettersi verso il corpo di Marco "Tra pochi minuti esploderai, Legionario d’Italia! Nessuno è mai riuscito a resistere a questo mio colpo! Esso quando trova un essere vivente ne aumenta la pressione sanguigna fino farlo scoppiare attraversando anche la tua barriera d’acqua!"

"Non pensare che il mio potere si limiti a questo!" disse il leone alato a testa china facendo con le dita della mano destra il gesto di benedizione "Prendi il mio colpo segreto! BENEDIZIONE DI SAN MARCO!". Dietro il suo avversario Dagda vide formarsi l’immagine del leone di San Marco e poi il suo corpo fu investito da un Cosmo di una potenza impressionante che lo travolse in pieno.

A Roma, Aurelio e Lucio percepirono l’esplosione cosmica.

"L’autore di ciò può essere solo Marco! Sembra che il leone alato abbia tirato fuori le sue zanne mistiche!" disse il musico rivolto al cugino

"Sì!" disse il ragazzo "Essendosi allenato in oriente, lui è forse il guerriero più forte di tutti noi! La sua tecnica principale ha la forza pari a quella di una supernova. Alle sue spalle si forma il leone di San Marco, simbolo del protettore della Serenissima, che poi assale l’avversario trasformandosi in una potentissima esplosione. Sono pochi i guerrieri in grado di padroneggiare liberamente tale potenza! Gli altri rischiano di subire danni permanenti. Tu ne hai avuto una prova!"

"Sì!" ammise il prefetto guardando il cugino negli occhi "E tu sei tra coloro che ci sono riusciti, invece! Molti dicono che la potenza di quel colpo mi ha danneggiato la mente, ma in realtà mi ha reso un guerriero migliore!" disse tagliandosi il palmo della mano con un coltello " Ah! Io, ora, riesco a sopportare il dolore meglio di chiunque altro!"

"Se continui a farlo morirai dissanguato, cretino!" disse Aurelio

"Sono masochista, non stupido! Quando mi taglio sto attento a non farmi uscire troppo sangue!" gli fece notare Lucio come offeso "Sono sicuro che il misterioso nemico non avrà retto allo scontro con la grande potenza del suo Cosmo! La forza di una supernova non ha pari, se non a quella del Big Bang!"

Rialzatosi Marco si rimise la maschera sul volto e guardò il suo avversario dall’armatura distrutta che era riuscito a sopravvivere al suo colpo.

"Non avevo incontrato un’altra persona capace di padroneggiare la forza della supernova." disse Dagda dolorante "E neanche capace di distruggere l’armatura di un Tree Drui. Ti faccio i miei complimenti!"

"Neanch’io!" ammise ansimante il Legionario "La tua Celtic Lux è un colpo davvero terribile! Ho avuto fortuna che il mio colpo ti abbia fatto perdere il controllo sul tuo!"

"A quanto pare questo scontro è finito in parità e con il mio fallimento!" disse avvolgendo se stesso in un vortice di foglie "Tornerò col mio seguito nel luogo da cui sono venuto, ma la nostra battaglia continuerà! Arrivederci leone alato!".

Arrivato a riva, Marco si liberò dell’armatura (di cui nessuno aveva notato l’assenza poiché quando la corazza si disponeva sul suo corpo la gente credeva di continuare a vederla sulla colonna) che rimise al suo posto. Giacomo gli si posò sulla spalla e gli tubò qualcosa nell’orecchio

"Lo so!" disse lui sorridendo all’animale "Dovrei riposarmi, ma sono sicuro di riuscire a cavarmela fino a casa".

Il piccione volò via guardando l’amico camminare attraverso la piazza mentre volgeva lo sguardo verso la basilica di San Marco, fiero di essere riuscito nella sua missione. Sembrava che i cavalli lo vedessero coi loro occhi fieri come per ringraziarlo. Ma lui aveva soltanto fatto il suo dovere.

«La guerra è iniziata! La pace in questo paese sta per finire!» pensò sedendosi su una panchina per la stanchezza.

Ana era nella sala del trono con il suo consorte, quando un gruppo di soldati entrò portando Dagda sulle spalle con l’armatura distrutta. I due progenitori dei celti si spaventarono e diedero ordine di portarlo dai druidi medici per le cure. Una volta ripresosi il generale dei Tree Drui vide i suoi compagni e le divinità intorno a lui pronti per ascoltare la sua storia.

"E così ho fallito! Vi ho deluso! Fate di me quello che volete!" disse Dagda agli dei scoprendosi il petto nudo. Cerunno si fece avanti, ma Ana lo fermò e s’avvicinò al ragazzo.

"Non ci hai deluso! Anzi, ci hai fatto scoprire di cos’è capace uno dei nostri nemici. Non è da tutti gli uomini saper padroneggiare liberamente la forza di una supernova! Non preoccuparti per l’armatura distrutta! Angus!" il Tree Drui nominato fece un passo avanti

"Pensa tu a riparare le sue vestigia. So che sei abbastanza abile come fabbro!"

"Sarà fatto, Somma Madre!".

Ana annuì soddisfatta poi si volse verso il giovane generale e disse

"Oggi il leone alato ha quasi abbattuto la quercia, ma non sarà così la prossima volta! I nostri nemici non godono della protezione di nessuna divinità, ma soltanto della collaborazione di alcune di esse! Voi, invece, siete stati scelti dalle divinità dei vostri padri in modo da combattere per loro e godete della loro protezione! Con questa battaglia è cominciata una guerra che si concluderà con la nostra vittoria, la sconfitta delle genti di Roma e la punizione dei traditori! A differenza dei nostri avversari noi possiamo contare su un’arma che non ha precedenti negli eserciti delle varie divinità! Anche se ridotta la forza dello Zodiaco celtico non ha pari! La vittoria non tarderà ad arrivare!"

Dagda all’improvviso si sentì stranamente stanco e si ricaricò nel letto senza accorgersi che i due signori degli dei celtici lo guardavano in modo molto strano

"È cresciuto parecchio non trovi!" disse Ana a suo marito accarezzando la testa del giovane come se fosse un bambino

"Sì! A poco a poco sta diventando un uomo! Maat non l’ha nemmeno immaginato! Lei pensava che sarebbe stato Mordred ha regnare sulla Britannia e lei su Avalon, ma non immaginava che Dagda sarebbe diventato il Principe delle terre dei celti, superiore persino a lei!"

"Oggi le zanne del leone di Venezia hanno rischiato di portarcelo via! Ciò non sarebbe dovuto accadere! Se fosse mancato lui il nostro piano sarebbe fallito! Presto, a Yule, terremo l’incoronazione e dovranno essere presenti i cinque Tree Drui superstiti! È stata una fortuna che Morgause sia stata salvata appena in tempo da Cal prima di essere investita dall’esplosione!" poi si volse su Dagda che stava ancora dormendo e gli sussurrò con tono materno:

"Buona notte, caro principe!".

 

Arrivo a Torino. Il segreto della città

L’aereo della Fondazione Grado con a bordo Saori, i Cavalieri, Mordred, Kiki, Maeve e Davide atterrò all’aeroporto di Caselle alle ore dieci. Dall’aeroplano non scesero Jabu e i suoi compagni che decisero di tornare ad Atene per sorvegliare il Santuario.

Davide fece strada ai compagni di viaggio fino alla piccola stazione da cui si prendeva il treno per Porta Susa.

"La stazione prende il nome dall’antica porta della città che si trovava in quella zona e che dava verso Susa, quindi verso le Gallie. A poca distanza dalla stazione c’è Piazza Statuto da cui incomincia Corso Francia, che un tempo era il primo tratto dell’antica via delle Gallie o Galliarum!" spiegò Davide ai compagni di viaggio quando furono saliti sul treno "Corso Francia attraversa tre comuni: Torino, Collegno e Rivoli, quest’ultime sono città piccole ma non brutte. A Collegno vi è un grande parco con una certosa e Rivoli è famosa per il suo castello."

"Ho sentito che Torino forma un triangolo magico con Lione e Praga…" disse Hyoga

"Oh! Non crederci! È solo una diceria messa in giro dallo Stato Pontificio per screditare quello sabaudo nel ‘500. Come quella storia che dice che in città si trovino la croce di Cristo e il santo Grall! Di reliquie di Cristo ha solo la Sindone. Ma bisogna ammettere che un segreto lo nasconde!" ammise il messaggero.

Quando scese dal treno il gruppetto trovò Cozio ad aspettarli.

"Sono contento di rivedervi! Davide mi ha telefonato dall’aeroporto che sarete arrivati più o meno a quest’ora!" disse il Legionario rivolto ai Cavalieri, poi si girò verso Saori "Sono onorato di conoscerla Mylady! Sono Cozio Testa, custode delle montagne e dell’Italia settentrionale." aggiunse baciandole la mano con gesto da gentiluomo

"Ehi!" disse Seiya arrabbiato "Ti avviso che lei è anche la mia ragazza!"

"Seiya, non è questo il momento di fare il fidanzato geloso!" disse lei con tono di rimprovero

"Ma che dici? Io non sono geloso!" replicò lui

"Sì! e sei anche stupido!"

"Cretina!"

"Scemo!"

"Stupida!"

"Idiota!"

"Stanno insieme solo da una settimana e già litigano come marito e moglie!" disse Shiryu abbassando la testa "Sono davvero una coppia perfetta!"

"Credo che non sia questo che Daisuke intendeva con «dimostrare la forza degli Edogawa»!" disse Shun, mentre i due fidanzati continuavano ad insultarsi alla "Ranma ½ ".

Finita la litigata, il gruppetto uscì dalla stazione, e Cozio iniziò a far vedere ai suoi ospiti le meraviglie che la sua città offriva portandoli da Piazza Statuto alla Mole Antoneliana, il simbolo della città, e indicandogli la basilica di Superga.

Più tardi Seiya e Saori si sedettero sotto un albero al parco del Valentino.

"Scusa per prima!" disse lui "So che non dovrei essere geloso, ma vedi…non sono riuscito a contenermi!"

"Non preoccuparti! Sapevo che prima o poi avresti fatto una scenata di questo genere! E poi scusa anche me, non avrei dovuto chiamarti stupido!"

"Scuse accettate!" disse lui baciandola, prima che la voce del Cavaliere del Leone non li riportasse alla realtà

"È una situazione assurda! Non puoi voltarti che quei due incominciano a pomiciare sulla prima panchina che vedono!" disse Aiolia sospirando "Ehi voi due! Sto parlando di voi!" urlò vedendo Seiya e Saori che avevano ricominciato a baciarsi sulla panchina.

"Arriviamo subito!" disse il Cavaliere di Pegasus, prima che Saori s’alzasse senza che lui potesse avvicinare le labbra per un altro bacio

"Aspetta Saori-chan!" disse lui con tono supplichevole "Ancora un altro minuto dai!"

"Seiya-chan non ti sembra che ci siamo baciati abbastanza!" disse lei

"Ma non è trascorso nemmeno un minuto!" replicò lui con tono triste

«Perdonami, tesoro!» pensò Atena prima di colpire il fidanzato sulla testa con l’emblema di Nike

"Ahio! Che male! Che male! Che male! Che male!" urlò il ragazzo tenendosi la testa fra le mani

"C’era bisogno d’arrivare a tanto?" chiese Shun a Ikki alla vista di quella scena assurda.

"Quando uno è malato d’amore, la violenza è l’unica cura!" disse il Cavaliere della Fenice ridendo.

"La situazione è questa!" disse Cozio, poi, agli alleati "Già ieri sera sono incominciati gli attacchi ai comandanti dei Legionari. Ieri è stato attaccato Marco di Venezia, ma già da subito abbiamo capito che lo scopo dei nostri nemici è quello di uccidere noi generali e distruggere le nostre armature! Esse sono nascoste nelle nostre città d’origine sottoforma di statue di bronzo o in altri oggetti architettonici, esclusione fatta per quella dell’Italia del sud che si trova nell’Etna. Quella di Marco, ad esempio, si nasconde sotto le spoglie del leone bronzeo posto sulla colonna della piazzetta di San Marco. Solo chi è in grado di percepire il Cosmo riesce ad accorgersene vedendo intorno alla statua una luce sottile. Marco è riuscito a cavarsela, ma temo per gli altri miei compagni. Quindi ho deciso che ci divideremo in gruppi." disse tirando fuori dalla tasca dei suoi pantaloni un foglio "Ecco i gruppi! Maeve, Kanon e Seiya mi accompagneranno a Susa, dove si trovano le vestigia delle alpi. Mordred, Shiryu e Atena andranno a Roma dove si trovano le vestigia dei boschi e quelle di Cesare. Ikki e Shun e Aiolia andranno a sud, nel Gargano, dove incontreranno Salvatore, protettore delle colline, e il suo maestro che vi condurrà da Caco, in Sicilia. Davide, Hyoga e Kiki andranno da Marco a Venezia!"

"Ehi! Ma io non sono un Cavaliere! Sono solo un apprendista!" disse il bambino spaventato

"Lo so! Per questo ho deciso di mandarti a Venezia. Marco è già riuscito a sconfiggere il nemico, quindi lì sarai più al sicuro fino a quando non ci ritroveremo tutti a Roma." rispose il ragazzo.

"Quando si parte?" chiese la dea della giustizia

"Subito! Il nemico potrebbe già essere qui!".

Infatti così era. Dopo un lungo viaggio alla velocità della luce, Angus era arrivato a Torino e dall’alto della Mole osservava la città muoversi sotto di lui con grande curiosità

"Strano questo luogo!" disse "Vi sono passione per ciò che è antico, ma anche interesse per il nuovo! Ci sono splendide e strane costruzioni, ma anche spazi per la natura! Gli abitanti di questo luogo, però, ignorano il segreto che qui si cela anche se l’hanno sott’occhio quasi tutto il tempo. Ho sentito storie parlare di triangoli malefici e reliquie di Cristo, ma esse nascondono il vero segreto di questa città: un’ arma in grado di perforare montagne e di fendere il cielo! Quegli stupidi dei Legionari l’hanno nascosta poiché temevano la sua potenza, ma io troverò il luogo che la nasconde e la stringerò nelle mie mani!" all’improvviso il Tree Drui si voltò verso il Valentino "Sorella," disse sospirando "anche tu sei qui! Sembra che il destino abbia decretato che questa volta combatteremo sotto opposta bandiera! Cercherò di farti ragionare e di salvarti, ma se in ciò fallissi dovrei ucciderti! Spero di non essere costretto a tanto!" .

 

Scontro nella piazza. Melo contro toro

"Eccoci!" disse Cozio una volta sceso dal treno ai suoi compagni di viaggio "Questa è Susa! La città d’origine della mia famiglia!", e li condusse nel centro storico dove poterono ammirare la Porta Savoia, un antico accesso alla città di epoca romana che fu ampliato durante il matrimonio di un principe di Savoia per far passare il corteo nuziale, da qui il suo nome.

"Io sono discendente del re di Susa Cozio I, figlio di Donno e prefetto dell’Impero Romano!" spiegò mentre passavano davanti alla statua bronzea di Augusto che Mussolini fece portare da Roma "Per celebrare l’alleanza fra le due città il mio avo fece costruire quest’arco!" disse indicando la costruzione a poca distanza dalla statua in cui si vedevano diversi buchi rettangolari

"I celti" spiegò il Legionario "non conoscevano l’uso dell’arco e, per fare in modo che la costruzione non crollasse, vi inserirono dei blocchi di bronzo di cui potete vedere la sagoma."

"Che fine ha fatto il metallo?" chiese Kanon incuriosito

"Fu fuso per fare spade durante le invasioni barbariche." rispose Cozio "Non lontano da qui si trova l’arena ed è quella la nostra destinazione." disse continuando a camminare passando sotto l’arco.

A Torino, Angus s’aggirava per la città alla ricerca del luogo in cui era custodita l’arma che avrebbe potuto condurli alla vittoria.

«È qui da qualche parte! Ne sono sicuro, ma non riesco a capire dove!» pensava, mentre s’aggirava vicino alla stazione di Porta Susa «Riesco leggermente a percepirla, ma non riesco a capire dov’è! Come se fosse coperta da…» si voltò verso la fontana-monumento di piazza Statuto che ricordava i morti nella costruzione del traforo del Frejus, costituita da figure umane scolpite che salivano verso la cima di un cumulo di pietra dove c’era un angelo bronzeo, simbolo della conoscenza e dell’ingegno umano "…un cumulo di pietre!" aggiunse a voce, sorpreso di non esserci arrivato prima.

Dalle informazioni che aveva raccolto aveva saputo che fu l’arma che stava cercando a causare l’inondazione che travolse gli operai che lavoravano alla galleria. Imprudentemente gli operai avevano ritrovato quel manufatto capace di distruggere qualsiasi cosa, ed esso aveva rotto la parete di roccia facendo uscire l’acqua. Quale luogo migliore per sigillarlo se non un monumento che commemorava le vittime di quel tragico incidente?

"Spero che gli abitanti di questa città mi perdonino! Neanch’io vorrei distruggere quest’opera, ma devo per volere degli dei!" disse mentre nella sua mano si formava il Pomo Distruttore.

"Tree Drui, qualunque sia la tua intenzione sappi che non ti lascerò distruggere questo luogo!" disse un giovane robusto alle sue spalle facendo girare Angus con ancora in mano il suo colpo segreto.

L’arena di Susa era un anfiteatro diverso dal Colosseo. Era più piccola e anche più brutta. Vicino ad essa c’era una specie pozzo chiuso dove venivano posti i corpi dei gladiatori morti.

"La mia armatura si trova qui sotto!" disse Cozio una volta giunto al centro dell’arena per prepararsi a sferrare un pugno, prima che guerrieri vestiti con antiche armature circondassero lui e i suoi compagni

"Grazie per avercelo detto, Legionario d’Italia! Ora non ci servi più!" disse uno di loro

"Chi siete?" chiese Seiya

"Noi siamo l’esercito delle Genti di Ana!" rispose il comandante "E adesso sappiamo dove si trova l’armatura che il signor Angus ha avuto il compito di distruggere!"

"Angus è qui?" disse Maeve debolmente

"No, signorina Maeve! Egli è a Torino alla ricerca dell’arma con cui distruggere le vestigia delle Alpi!" rispose il soldato, prima di volgersi verso Seiya e Kanon, i quali si scambiarono uno sguardo d’intesa. Nessuno dei presenti aveva notato che il volto di Cozio aveva assunto un’espressione cupa.

"Quelli a destra sono tuoi, quelli a sinistra miei!"disse il custode della terza casa al compagno d’armi

"Ci puoi contare!" annuì il Cavaliere di Pegasus.

I due guerrieri d’Atena si lanciarono contro i nemici dando prova della forza proveniente dal loro Cosmo padrone del settimo senso. Nessuno dei nemici riusciva a resistergli, neanche con le loro armi. In poco tempo l’intera armata, che in principio era di circa 100 elementi, fu ridotta a soli venti soldati mentre gli altri erano stesi a terra, battuti a mani nude dai due Cavalieri di Grecia.

"Scappiamo!" disse il capo del gruppo ritirandosi insieme ai compagni ancora in piedi spaventato dalla forza di Seiya e Kanon

"Non era proprio il caso di ricorrere ai colpi segreti!" disse il fratello di Saga incrociando le braccia "Con questi pesci piccoli basta solo un pugno ben assestato nello stomaco o in faccia!"

"Era da tempo che non facevo una così bella scazzottata!" disse Seiya stiracchiandosi "Mi sono proprio divertito! Ci vorrebbero più soldati semplici!"

Maeve non disse nulla, se non una cosa che suonava come "Maschi!".

Cozio, intanto, stava scavando sotto terra con il suo Cosmo andando sempre più giù, finchè non trovò una scatola di metallo cubica.

"Eccola finalmente!" disse tirandola fuori.

Una volta aperto, lo scrigno rivelò l’armatura delle Alpi che come forma aveva quella di uno scalatore ed era di color ghiaccio. Seiya, Maeve e Kanon rimasero stupefatti nel vedere come risplendeva alla luce del sole come neve fresca appena posata.

Alle spalle di Angus vi era quello che sembrava un ragazzo di circa sedici anni dai capelli biondi e gli occhi azzurri con il corpo avvolto da un mantello giallo in posa di combattimento. Attraverso il suo sguardo si poteva vedere la determinazione che aveva in corpo e che faceva bruciare il suo Cosmo ad un livello abbastanza alto.

"Chi sei tu, ragazzino?" chiese il Tree Drui rivolto al misterioso nemico

"Sono un Legionario d’Italia! Ti basti sapere questo!"rispose scortesemente il giovane continuando a tenere gli occhi fissi sul nemico, il quale non riusciva a considerarlo meno di una seccatura.

"Anche se possiedi un Cosmo di livello notevole, sappi che non ti sarà d’aiuto!" gli disse

"Non credere che sia così facile battermi! CORNA DEL TORO!" urlò il ragazzo lanciandogli contro il proprio colpo segreto che consisteva nel lanciare due corni d’energia verso il proprio avversario, il quale riuscì ad evitarla con un salto

"Ti devo fare i complimenti! Possiedi una tecnica niente male! Ma non pensare che basti questo a sconfiggermi! POMI ESPLOSIVI!"contrattaccò Angus lanciando contro il ragazzo il suo colpo segreto, il quale lo colpì in pieno senza farlo né cadere né indietreggiare, mentre sotto il mantello si poteva scorgere un armatura di colore blu e giallo ricoprire il corpo del Legionario, mentre la folla fuggiva spaventata e incredula intorno a loro

"Quella che ho indosso è l’armatura del Po, che Virgilio descrisse come un toro rampante, e chiunque la indossi ha il dovere di proteggere i fiumi d’Italia, ma anche la città di Torino attraverso cui il suddetto fiume scorre! Finché queste vestigia rimarranno sul mio corpo, io, Emanuele, non permetterò ad alcun nemico di rompere il sigillo della spada di Marte!" disse il giovane all’avversario il quale aveva anche lui indossato le proprie vestigia ed era pronto alla lotta per l’arma divina.

"Fermati, Emanuele!" disse Cozio vestito con la sua armatura comparendo alle spalle del giovane compagno insieme a Maeve e ai Cavalieri

"Cozio," disse il ragazzo "questo tizio vuole impadronirsi della spada di Marte…" obbiettò il giovane

"Lo so! Ma sarò io il suo avversario. Non puoi competere con lui!" rispose il custode del nord Italia

"Smettila di trattarmi come un bambino!" disse Emanuele "Anche se sei mio compagno d’addestramento non posso lasciarti affrontare da solo un avversario del genere!"

Cozio non rispose e si diresse verso Angus pronto all’azione. I due avversari rimasero ad osservarsi per alcuni minuti, poi il Tree Drui si lanciò all’attacco.

 

Un aiuto dal Signore del mondo. I Cavalieri di Platino

Nella sala del trono della sua reggia sul monte Olimpo il Padre degli dei e Signore del pianeta Terra, Zeus, aveva convocato i suoi tre guerrieri più fedeli inginocchiati davanti al suo trono. Costoro potevano usare liberamente la forza di una supernova e il loro Cosmi erano splendenti di colore bianco come le vestigia che indossavano, la cui luce illuminava tutta la stanza al pari di quella del re degli dei.

"Una grave minaccia si profila all’orizzonte! Ana, la dea-madre dei celti, vuole impadronirsi della spada di mio figlio Ares per poter distruggere le armate dei Legionari d’Italia e di Merlino. Così facendo ella potrebbe sconvolgere l’equilibrio tra i diversi poteri che esiste dalla mia incoronazione a re degli dei. Un grande compito vi affido: scendete sulla terra ferma, a Torino, e portatemi qui quella spada prima che sia troppo tardi! Fatelo subito, anche per Atena!" ordinò Zeus. Come risposta i giovani s’inchinarono e uscirono dalla sala.

Seduta sul suo trono nei sotterranei di Parigi, Ana sentì tre Cosmi di forza mai sentita andare verso Torino «Questi Cosmi appartengono ad esseri umani, ma sono dotati di una forza mai sentita prima! Quasi divina!» pensò, mentre Dagda , suo divino compagno, le si avvicinò

"È opera sua, vero? Solo lui possiede guerrieri dotati di tale forza!" chiese il dio spaventato

"Sì! Egli teme per il mondo da lui creato e che tenta di governare: il mondo-nido degli uomini! Ricordo ancora la guerra che seguì alla sconfitta dei Titani. Lui voleva imporre alle altre divinità il suo dominio, cosa che alla fine è avvenuta ed è diventato il padrone del mondo, mentre la sua indegna figlia è la protettrice degli uomini e delle altre creature!" rispose la dea indossando la sua armatura "Non posso lasciare che interferisca nel nostro piano!"

"Torna sana e salva!" disse Dagda guardandola negli occhi "Da solo non saprei come fare!"

"Neanch’io!" rispose lei baciandolo.

A Torino lo scontro fra Cozio e Angus proseguiva senza esclusione di colpi. I Cosmi dei due guerrieri si scontravano a mezz’aria, mentre i loro possessori ingaggiavano una grandiosa battaglia corpo a corpo.

"Ti faccio i miei complimenti! Sei il migliore avversario che mi sia mai capitato, Legionario!" disse Angus soddisfatto "Se non fosse per l’ordine che ho ricevuto, preferirei affrontarti in un combattimento tipo torneo ma il fato ha deciso diversamente per noi!"

"Il fato! Il fato! Chi crede in ciò è una persona debole incapace di decidere il proprio futuro!" disse Cozio rivolto all’avversario "Guarda le opere costruite dagli uomini dalle piramidi d’Egitto alla fontana qui presente! Esse sono la testimonianza dell’ingegno e della forza dell’uomo, vero creatore di se stesso! L’uomo non ha bisogno di vivere nella paura di entità chiamate dei, ma di fare tesoro delle sue doti aiutato dagl’altri abitanti della Terra!"

"Taci, traditore del tuo sangue! Non mettergli in testa strane idee!" disse una voce di donna forte accompagnata da un Cosmo che Seiya subito riconobbe

"Ana!" disse il Cavaliere di Pegasus mentre la signora degli dei celtici compariva davanti a loro in tutto il suo splendore con il suo Cosmo color argento.

"Tu sei il discendente di Cozio?!" disse la dea avvicinandosi al custode dell’Italia del nord "Gli assomigli come una goccia d’acqua! Ora pagherai per il tradimento del tuo avo!" disse sollevando la mano, prima che una scintilla color oro la colpisse al braccio

"Il mio colpo non l’ha scalfita!" disse Emanuele, mentre la dea si voltava verso di lui

"Per me quella era solo una puntura di zanzara" disse Ana avvicinandosi minacciosa al ragazzo "Comunque la pagherai per esserti intromesso!"

"GHIACCIAIO ALPINO!" urlò Cozio congelando, anche solo leggermente, la mano della divinità "Tocca ancora il mio amico e dovrai vedertela con me!" gli disse guardandola negli occhi

"E con me!" disse Maeve

"Lo stesso vale per noi!" aggiunse Kanon avanzando di un passo insieme a Seiya.

Per Angus quella scena non aveva senso: ben cinque esseri umani volevano sfidare una divinità, incuranti di ciò che gli sarebbe potuto accadere

"Perché volete combattere!" chiese allora il Tree Drui ai suoi avversari

"Perché vogliamo farlo, inoltre per aiutare le persone che hanno bisogno di noi!" rispose Maeve guardando la gente incredula intorno a loro "Perché ciò non è un gesto inutile, ma un comportamento ovvio!"

"Zitta! Se volete morire sacrificandovi per queste persone, allora sarà così!" disse la dea concentrando il suo Cosmo nella sfera d’argento che portava con se "ONDA D’ARGENTO!" urlò poggiando le mani sulla sfera provocando un’onda d’urto che fece cadere a terra i suoi oppositori "Sono ancora vivi!" esclamò, poi, con sorpresa, vedendo che erano ancora in grado di muoversi "Preparatevi per il colpo di grazia!" aggiunse con disgusto sollevando la mano.

All’improvviso tre Cosmi di colore bianco scesero dal cielo come stelle cadenti, nonostante fosse solo il tramonto, e tre guerrieri con i capelli biondo platino con indosso bianche armature si frapposero tra la dea e i Cavalieri.

"Se vuoi passare da qui, dea Ana…" disse il più alto dei tre, un ragazzo di diciotto anni, che indossava un’armatura dotata di grandi ali simile a quella di Sorrento e portava una spada alla cintura "…dovrai prima batterci tutti e tre!"

"E non pensare che sia così facile, soprattutto nel mio caso!" disse il più basso con la voce di un bambino di circa dieci anni, le cui vestigia ricordavano quelle del Sagittario, ma l’elmo aveva la sagoma della testa di un cavallo e gli copriva il volto lasciando scoperta la bocca

"Nessuno di noi sarà per te un avversario facile!" aggiunse l’ultima, una ragazza dai lunghi capelli. Anche la sua armatura era dotata di ali e assomigliava a quella di Marin, con la differenza che copriva tutto il corpo e sul volto non vi era alcuna maschera.

"Chi…chi siete?" chiese debolmente Seiya ai nuovi arrivati

"Siamo coloro che custodiscono il palazzo del re degli dei! Siamo i Cavalieri di Platino, i guerrieri del sommo Zeus. E siamo qui per riportare sull’Olimpo la spada del dio della guerra!" rispose il bambino

"È Michele dell’arcangelo il mio nome celeste, sono il comandante supremo delle armate del re degli dei!" disse il ragazzo brandendo la sua spada

"Il mio nome" disse la ragazza "è Eva dell’aquila imperiale. Sono colei che custodisce le chiavi del Tartaro!"

"Infine, io sono Perseus dello stallone alato. Sono il più giovane membro delle armate celesti!" disse il ragazzino, con fierezza.

"Non crederete che bastino tre esseri umani per fermarmi! Adesso farete anche voi la loro fine! ONDA D’ARGENTO!" urlò la dea lanciando il suo colpo segreto, che fu fermato da Michele con la sua spada

"Eva!" disse poi rivolto alla ragazza "Tu vai a prendere la spada! A lei ci pensiamo io e Perseus!"

"Ok!" rispose la ragazza spiccando il volo in direzione dell’angelo

"Non ti lascerò andare!" disse la dea puntandole contro la sua sfera

"PLATINUM LIGHTNING!" urlò il Cavaliere dell’arcangelo lanciando contro l’avversaria una fulmine bianco dotato di una grande scarica elettrica che la colpì alla mano facendole cadere la sfera

"Ti abbiamo detto che siamo noi i tuoi avversari!" disse Perseus preparandosi ad attaccare

"Resista, somma madre! Arrivo!" disse Angus, ma qualcosa lo trattene. Erano le corde di Maeve

"Lasciami!" disse lui

"No!" fu la risposta della ragazza "Non posso lasciare che mio fratello muoia!" disse piangendo

«Maeve!» pensò Angus, ma subito si liberò e cominciò a correre verso la sua dea. Cozio con un salto riuscì a bloccarlo e lo fece cadere a terra.

"Sei proprio stupido!" gli disse tenendolo fermo "Se non riesci a capire l’affetto di tua sorella!"

"Non sono affari tuoi, Legionario!" disse il Tree Drui liberandosi dalla stretta del nemico e rialzandosi.

"Forse no! Ma sono io il tuo avversario! ROCK MOUTAIN REVOLUTION!" urlò lanciandogli un colpo simile allo "Star Dust Revolution" di Mu, con la differenza che si trattava di rocce e non di meteoriti

"POMI DISTRUTTORI!" contro attaccò Angus distruggendo le rocce.

Lo scontro fra i due guerrieri riprendeva.

Ana guardava divertita i suoi avversari. Non le sembrava possibile che due esseri umani credessero di riuscire a competere con lei. Soprattutto il più piccolo.

"Non pensare che io mi faccia impressionare da un bambino!" disse la dea rivolta a Perseus

"Non sottovalutarmi, vecchiaccia!" disse il bambino facendole la lingua "Dopotutto la regina Era è cento volte più bella e anche più giovane di te!"

"Sei insolente per essere un bambino! SPACE VORTEX!" disse creando un vortice d’aria, che sembrò far volare Perseus oltre l’atmosfera

"Non penserai che basti questo per fermare un Cavaliere di Platino!" disse il ragazzino attaccando, all’improvviso la divinità dall’alto, mentre quest’ultima si voltava verso Michele

"Prendi il mio colpo segreto! PLATINUM STARLIGHT!" urlò il ragazzino lanciando contro Ana un fascio di polvere di stelle che le provocò una crepa sull’armatura.

«Possibile che questo ragazzino possieda tutta questa forza!» pensò valutando i danni

"Pronto, Michele?" disse poi rivolto al compagno, mentre si preparava a lanciare nuovamente il suo attacco.

"Come al solito!" rispose lui sguainando la spada.

I due Cavalieri di Zeus attaccarono la dea contemporaneamente facendola così indietreggiare

"Stupidi! Adesso vedrete la potenza di una dea!"

Ma prima che potesse attaccare un altro Cosmo, oscuro e minaccioso, calò sulla zona. Tutti i presenti nella piazza volsero lo sguardo in su: Eva aveva rimosso l’angelo dalla cima del monumento e dal punto che la statua copriva era uscita una daga finemente lavorata, avvolta da un’energia oscura di color rosso sangue che portava con se la paura e il terrore della guerra che adesso lievitava sopra le loro teste. La spada del dio della guerra era stata liberata dalla sua prigionia.

L’oscuro Cosmo che accompagnava l’arma fu sentito ovunque in Italia destando profonde preoccupazioni anche in Lucio.

"La più terribile delle armi è stata liberata! È l’inizio della fine!" disse Giulia preoccupata.

 

L’unione dei Cosmi.

Mentre la guida dei Legionari d’Italia guardava preoccupata in direzione di Torino, la dea della giustizia entrò col suo Cosmo ricco d’amore e di speranza. Sentendo quella presenza dietro di lei, Giulia si voltò e guardò Mylady con sollievo.

"Dea Atena!" disse la donna inginocchiandosi, davanti agli occhi stupiti d’Egeria e di Lucio "Sono felice che sia venuta qui! Il momento è grave! La spada di suo fratello Ares, dio della guerra, è stata liberata dai Cavalieri di Platino per riportarla sull’Olimpo, ma anche Ana e un suo Tree Drui sono scesi in campo e la situazione potrebbe precipitare!"

La fanciulla dolcemente si piegò accanto alla guida dei Legionari d’Italia e cominciò a pregare espandendo sempre di più il proprio Cosmo, e la donna la seguì a ruota facendo la stessa cosa.

La spada di Ares era a ferma a mezz’aria e dalla lama color ebano sembravano uscire, ogni tanto dei piccoli fulmini. La sua potenza sembrava in grado di spaventare anche Ana.

"È il momento!" disse Michele ai suoi compagni alzandosi in volo con Perseus "Prepariamoci a sigillare l’arma!"

"Sono pronta!" disse Eva mettendosi parallela al suo compagno

"Anch’io!" annuì Perseus, mentre s’apprestava a costituire un triangolo, mettendosi al vertice

"Non ve lo permetterò! Quella spada serve a noi!" urlò Angus facendo un salto con cui riuscì a prendere l’arma per poi alzarla in segno di trionfo, prima che sulla sua armatura comparisse una parola: Arkhein (Arkhein), ovvero "controllo" in greco.

Il corpo di Angus fu attraversato da quelle che sembravano forti scariche elettriche, poi i suoi occhi si tinsero di sangue e la sua armatura da verde diventò rossa scarlatta e su di essa comparvero anche delle spine. Anche il suo Cosmo mutò fino a diventare simile a quello di un carnefice, ma molto più forte. Con gesto rapido puntò la spada verso Ana, da una forte scarica elettrica che la dea schivò per un pelo.

"Che cosa ti succede?" chiese la dea "Sei forse impazzito? Come osi puntarmi adosso quell’arma?! Rispondimi Tree Drui!"

"Questa spada in grado di distruggere montagne" disse il Tree Drui con uno sguardo maligno "quando Efesto la forgiò, il mio nuovo dio, Ares, vi aggiunse il suo sangue divino e con esso il suo Cosmo! Essa racchiude dentro di se il grande potere della guerra e della distruzione! Da questo momento in avanti io giurò fedeltà ad Ares come suo nuovo Berseker, e custodirò la sua arma divina fino al suo ritorno su questo mondo! D’ora e per sempre il mio nome sarà Angus dell’albero mortale!"

Maeve, spaventata non credeva ai propri occhi: suo fratello era diventato un barbaro che provava gusto nell’uccidere la gente. Adesso capiva perché i Cavalieri di Platino volevano portare quella spada sul monte Olimpo al cospetto di Zeus. Il Cosmo di Ares contenuto all’interno del manufatto era così potente da risvegliare gli istinti omicidi di ogni persona. Ma sembrava che ci fosse dell’altro sotto: perché Angus si era auto proclamato Berseker? Questa era la domanda che rimbalzava nella sua mente, e che chiese ai suoi compagni.

"La parola greca Arkhein, significa "controllo"! Tuo fratello in questo momento è sotto la volontà del Cosmo di sangue e violenza di Ares!" spiegò preoccupato Kanon alla ragazza

"Berseker di Ares," disse Michele avvicinandosi ad Angus "in nome di Zeus, re degli dei, io come comandante supremo delle armate celesti, ti ordino di consegnare a noi Cavalieri di Platino quella daga!"

L’ex Tree Drui rise divertito, una risata fredda e crudele da cui non traspariva alcun sentimento "No, mai! Io rispondo solo agli ordini di Ares!" disse mentre nella sua mano prendeva forma una strana sfera color rosso sangue «Quello non è il Pomo Distruttore!» pensò Maeve assistendo alla scena

"Questa tecnica mi è stato data dal sommo Ares in persona attraverso questa spada! Prendi Cavaliere! POMO DEL MASSACRO!" urlò lanciando il suo nuovo colpo contro l’avversario

"Non basterà ciò a fermare un Cavaliere di Platino! ALI DELL’ARCANGELO!" disse aprendo le ali della sua armatura da cui uscì una forte luce che contrastò l’avanzata dell’attacco nemico

"Se la mia forza da sola non ti basta, allora eccoti quella del mio dio!" disse divertito il Berseker puntando contro Michele la spada, da cui uscì il Cosmo del dio della guerra violenta, rendendo così più dura la resistenza del guerriero di Zeus.

"Angus smettila!" disse Maeve alla sue spalle, pronta a lanciare il Tuono Finale

"Togliti da qui, Maeve! Non voglio farti del male!" rispose lui senza degnarla di uno sguardo

"No! A meno che tu non posi quella spada! Io ti conosco veramente e so che non sei così! Tu non uccidi per il piacere di farlo! Non vi hai mai provato gusto! Rigetta il Cosmo di Ares e vieni con me!" disse lei tendendole la mano

"Stai zitta!" disse lui puntandole la spada adosso "Tu non puoi capire! Quando ho sentito questo Cosmo l’ho fatto entrare in me di mia spontanea volontà! Tu e gli dei avete diviso il mio cuore, e non potevo continuare così combattendo contro di te! Impugnata questa spada Ares mi ha parlato. Ha detto che se io venivo con lui mi avrebbe reso una persona nuova, e così è stato! Nella mia mente si è risvegliato una cosa che non avevo mai sentito prima, una sensazione strana e piacevole! Ora non sono più parte di questa guerra, ma non posso rinunciare all’opportunità di uccidere l’artefice di tutto questo!" disse puntando gli occhi su Ana "Prima, però, devo sconfiggere questo nemico che si è intromesso nella battaglia!" aggiunse rivolto a Michele.

Il Cavaliere di Platino stava indietreggiando a causa della potenza della spada di Ares, ma i suoi compagni si misero vicino a lui espandendo i loro Cosmi

"Non possiamo lasciarli soli!" disse Emanuele avvicinandosi a loro con Cozio

"Che fate?" chiese Eva meravigliata

"Solo il nostro dovere di Legionari d’Italia!"

"E noi quello di Cavalieri d’Atena!" disse Kanon avvicinandosi insieme a Seiya, la cui armatura aveva cominciato a brillare d’oro come il suo Cosmo

"Ci sono anch’io! Combatterò come guerriera di Avalon!" disse Maeve

"Anche se siete di più, questa spada vi distruggerà!" disse Angus con tono spavaldo

"Non ci fai paura!" disse Seiya "Avanti bruciamo i nostri Cosmi al massimo…"

" E COMPIAMO UN MIRACOLO!" dissero tutti e otto insieme dando vita ad una forza pari a quella del nemico, che però era più stanco e cominciò ad indietreggiare. Purtroppo anche Michele era stanco e se fosse crollato sarebbero stai travolti dall’energia sanguinaria della spada del dio della guerra.

"Ragazzi, non credo che riuscirò a resistere per molto ancora!" disse il Cavaliere di Platino prima che due Cosmi carichi di speranza e amore, due Cosmi caldi come la luce del sole arrivassero in loro soccorso .

"La forza di questi Cosmi per me è sconosciuta!" disse il Berseker "Possibile che esistano persone con un animo pieno d’amore capaci di possedere questa potenza!"

"È Atena!" disse Seiya sorridendo a Kanon "Ancora una volta è venuta in nostro aiuto!"

"Non è sola! Anche la grande Giulia è con lei!" disse Cozio

"Pronti?!" chiese allora Eva guardando i suoi compagni e gl’imprevisti alleati

"Sì!" disse Perseus "PLATINUM STARLIGHT!"

"Eccoti la folgore bianca, Berseker! PLATINUM LIGHINING !" urlò Michele

"Eccoti il volo dell’aquila! ALA SPLENDETE!" attaccò Eva utilizzando il suo colpo segreto che consisteva nel tracciare col proprio braccio una parabola di luce da cui uscì una serie di frecce lucenti

"In questo colpo vi è racchiuso l’amore di una sorella! Cosmo della betulla, fai breccia nel suo cuore! ELECTRO ARROWS!" furono le parole di Maeve

"Possa questo colpo farti tornare l’avversario di una volta! GHIACCIAIO ALPINO!" disse Cozio lanciando il suo colpo segreto

"Eccoti la vera potenza del toro di Torino! STELLA DELLA MOLE!" disse Emanuele lanciando l’attacco che aveva usato con Ana

"Questo è il colpo più potente dei Gemelli! GALAXIAN EXPLOSION!"

"Brucia Pegasus, PEGASUS RYUSEIKEN!"

Forti dei Cosmi provenenti da Roma un solo grido si diffuse nell’aria: "CHE LA NOSTRA UNIONE DISTRUGGA LA SPADA!" . La forza dell’energia dei Cosmi dei Cavalieri era più forte di quella del Berseker che cadde a terra insieme all’arma divina. L’armatura di Angus torno ad essere quella che era, ma si staccò dal suo corpo e si dispose su quello di un ragazzo dai capelli biondi poco distante seduto vicino ad Ana che osservava la scena.

"Ora che Angus ha tradito queste vestigia mi spettano di diritto! Sono il nuovo Tree Drui del melo e il mio nome è Tayler!" disse il giovane "E giuro che servirò fedelmente i miei dei!"

"La tua prima missione e di uccidere colui che ti ha preceduto!" disse la dea rivolta al suo nuovo guerriero

"Grande è la vigliaccheria di chi attacca un uomo disarmato e senza difese!" disse una voce sconosciuta accompagnata da un Cosmo potentissimo "Nonostante in battaglia conti la forza se tu indossi un’armatura deve portarla anche l’avversario! Parola di Phobos, dio della paura e figlio di Ares!" disse un giovane vestito dai capelli neri e gli occhi di sangue, vestito con una tunica rossa comparendo in lampo di luce.

"Phobos! Cosa ci fai qui?" chiese Ana alla giovane divinità

"Il mio dovere, vero Berseker?" chiese rivolto ad Angus il quale aprì gli occhi ancora tinti di sangue e dallo sguardo di chi prova piacere nell’uccidere

"Signor Phobos, finalmente la incontro!" disse Angus inginocchiandosi

"Dammi pure del tu! Tuo fratello te l’aveva detto, vero Maeve?" disse il dio della paura rivolgendosi alla Tree Drui, la quale non capiva come faceva il dio a conoscere il suo nome "Diventare Berseker di Ares è stata una sua scelta per evitare di combattere contro di te! La parola "Arkhein" era riferita all’armatura. Certo, tuo fratello non ha mai provato gusto nell’uccidere, ma il risveglio degli istinti assassini sono indispensabili per un Berseker quando vuole usare la potenza di una super nova. Inoltre lui ha sempre provato piacere nella lotta e ha voluto sempre migliorasi, sono queste le caratteristiche principali per un guerriero di Ares. Neanch’io e mio fratello Deimos amiamo uccidere la gente, preferiamo spaventarla!".

"Phobos!" disse infuriato Michele alla divinità "Zeus ha inviato noi a recuperare la spada e tuo padre era d’accordo!"

"Sì!" rispose il dio "Ma l’entrata in scena di questo nuovo Berseker ha cambiato le cose!" s’inginocchiò e raccolse la spada, poi s’avvicinò a Maeve che provava paura alla vista di quel ragazzo "Non ti dispiace, vero?" disse rivolto a Angus che non disse una parola, come se fosse stordito per l’attacco di prima "Chi tace acconsente!" e baciò la ragazza sulla guancia "Spero di rivederti presto!" le sussurrò all’orecchio "Di belle ragazze come te non ce ne sono molte!" e le diede un altro bacio sulla bocca.

"Sono fidanzata!" disse la giovane allontanando bruscamente la sua bocca da quella del dio

"Oh! Scusa!" disse il giovane dio con un sorriso che la fece rabbrividire.

Phobos si diresse verso Angus e, alzando la spada, disse "Da questo momento appartieni alla mia armata di Berseker! La tua forza sarà conosciuta ovunque e avrai la fama di grande guerriero!". Un lampo di luce partì dalla punta dell’arma e un armatura nera dalle sembianze demoniache si dispose sul corpo dell’ex Tree Drui "Da questo momento porterai paura nel mondo come Angus il Nero! Benvenuto nell’armata di Phobos!"

"Servirò lei e suo padre, il Signor Ares, a costo della mia stessa vita per la nostra vittoria!" disse il giovane con uno sguardo oramai del tutto simile a quello del suo comandante.

"Addio Maeve! Si felice con Galahad!" furono le parole del Berseker rivolte alla sorella, prima di sparire con Phobos. In quella frase alla Tree Drui sembrò di riconoscere, sotto la maschera d’assassino, il suo vecchio fratello.

 

Il ritorno degli esiliati.

Incuranti di ciò che stava succedendo a Torino, Hyoga, Davide e Kiki s’aggiravano per i calli e i campielli di Venezia alla ricerca di Marco.

"Di solito lui cammina sempre da queste parti! Strano che non ci sia!" disse Davide, mentre passavano davanti alla chiesa dei frari, in cui si trova la tomba del Canova, prima che un colombo scendesse verso di loro "Giacomo!" disse il messaggero salutando l’animale "Stiamo cercando Marco, dobbiamo dirgli una cosa importante. Sai dov’è?" come risposta l’uccello volò sopra le loro teste e cominciò ad indicargli la direzione

"Come fai a capire quell’uccello?" chiese Kiki

"I colombi di Venezia proteggono anche loro la città, dobbiamo saper collaborare!" rispose Davide, prima d’arrivare vicino ad un ragazzo biondo che indossava un completo abbastanza elegante con una giacca blu scura e una camicia bianca. Era Marco, intento a osservare le bellezze della città al tramonto.

"Ciao, Davide! E benvenuto a voi, Kiki di Appendix e Hyoga di Cygnus, nella Serenissima!" disse il ragazzo voltandosi verso di loro con un sorriso sulla faccia

"Come fai a sapere i nostri nomi!" chiese il Cavaliere di Bronzo

"Semplice! Me l’ha detto un uccellino!" rispose il Legionario, mentre Giacomo gli si posava sulla mano."Sono felice di vedervi! Così come credo che lo siano anche i miei ospiti!" disse indicando tre ragazzi che guardavano la città meravigliati "Vi presento i nostri nuovi alleati: Vortigen del fico, Ioannes dell’ulivo e Myrdir del carpino. I tre Tree Drui di cui io, Cozio e Caco abbattemmo gli alberi. Cerunno li relegò in un limbo freddo e buio, io li ho tirati fuori da lì subito dopo. Ora sono dalla nostra parte, e io mi fido di loro. Sono uomini d’onore in fondo!"

All’improvviso Vortigen corse verso di loro come spaventato "Dev’essere successo qualcosa al mio amico Angus, lo sento!" disse il Tree Drui a Marco

"Sento anch’io che c’è un cambiamento, e proviene da Torino!" disse pensoso il Legionario "Sembra che un Cosmo oscuro sia calato su quella città! Forse potrei provare ad allontanarlo, ma sento che ci sono anche tre Cosmi molto potenti dalla nostra parte, almeno mi sembra!"

"Ora che ti abbiamo trovato dobbiamo andare a Roma!" disse Davide, ma Marco fece segno d’aspettare.

"Non preoccupatevi! Godetevi la città, almeno per un ora! Venezia ha molto da offrire!" e si diresse verso la chiesa di San Marco, dove i cavalli di bronzo continuavano a fissarlo con i loro occhi fieri. Attraverso di essi il giovane leggeva la bellezza della sua città, per secoli ponte fra oriente e occidente. La bellezza della Serenissima, di cui quella chiesa era la prova.

Dopo essere entrato nella costruzione si fece il segno della croce e, ammirando gli splendidi mosaici dorati che adornavano le pareti, si diresse verso la cripta del santo patrono della città. La dentro avrebbe trovato ciò che cercava: il più famoso dei suoi predecessori, Giacomo Casanova, aveva nascosto lì il diario dove spiegava il più potente colpo di cui fosse mai entrato in possesso un Legionario d’Italia, che portava il nome di Abbandono alla Serenissima. La stessa tecnica con cui il seduttore era riuscito a seminare i suoi inseguitori in più di un’ occasione.

Spostata la pietra che celava il suo nascondiglio (quella che sostiene l’altare) Marco prese il manoscritto. Anche se Aurelio non sarebbe stato nominato Cesare, il piano di Ana sarebbe sicuramente fallito.

Mentre ammirava la città, Vortigen sentì un Cosmo famigliare passare sopra di lui

"Angus!" disse correndo dietro alla traccia che aveva sentito. Attraverso calli e campielli, arrivò fino al Ponte di Rialto, dove riconobbe l’amico in compagnia di un ragazzo che non aveva mai visto prima. Quest’ultimo aveva i capelli neri e gli occhi rossi e la sua espressione trasmetteva una leggera paura nonostante fosse un viso tutto sommato tranquillo. Il giovane indossava una camicia scarlatta e dei pantaloni di neri di velluto, mentre Angus aveva adosso una maglietta blu notte e dei jeans di colore identico

"Angus!" disse Vortigen fermandosi davanti al compagno, prima di abbracciarlo calorosamente "Sono contento di rivederti amico mio!"

"Anch’io!"disse il Berseker ricambiando l’abbraccio "Come hai fatto? Ho visto Cerunno che…"

"Non indovinerai mai! È stato il Legionario che ha abbattuto il mio albero, Marco, a salvarmi! Adesso siamo diventati amici! Ma tu che ci fai qui?"

Fu Phobos a spiegarglielo "Il tuo amico ha lasciato i Tree Drui ed è diventato un Berseker di Ares per evitare di essere costretto a scegliere fra le divinità dei propri avi e sua sorella!"

"È vero quello che dice?" chiese il Tree Drui

"Sì!" rispose Angus voce bassa

"Perché non hai scelto di andare contro Ana schierandoti dalla parte di Maeve?" chiese allora

"Perché una parte di me non vuole uccidere i celtici!" rispose il ragazzo ad occhi bassi "Era la scelta migliore!"

"Beh! Io non li considero niente!" disse Vortigen arrabbiato

"Quanta rabbia e quanto coraggio!" disse Phobos avvicinandosi "Se fossi una divinità saresti quella del coraggio, il mio opposto! Non che io sia un codardo, ma ho altri interessi alla battaglia!" aggiunse provandosi un bracciale con le borchie che aveva comprato

"Phobos, credo che sia meglio avviarci!" disse poi Angus

"Aspetta! Non voglio impedire un addio tra te e Vortigen, da quanto mi hai detto è il tuo migliore amico!" disse il dio della paura rivolto al suo guerriero "Io non sono come mio padre, Keres, Kydoimos o mio fratello Deimos! Se uno dei miei sottoposti vuole salutare un amico o divertirsi che lo faccia! La guerra non è tutto nella vita!"

"Il fatto è che non sappiamo più cosa dirci!" rispose Vortigen, un po’intimorito dallo sguardo del dio

"Non è così male come sembra! Una volta che ci fai l’abitudine scoprì che può essere simpatico!" disse sottovoce Angus vedendo l’amico a disagio guardando Phobos "A proposito, dato il tuo coraggio ti andrebbe di venire con me!" chiese allora il Berseker al Tree Drui

"No! Sono nato guerriero di Avalon e morirò guerriero di Avalon!" rispose sicuro.

"Allora non ci resta che salutarci! Abbi cura di te, amico mio!" disse Angus guardandolo negli occhi

"Anche tu!"

Il figlio di Ares s’avvicinò al Tree Drui e gli strinse la mano "Mi ha fatto piacere conoscerti!" disse sorridendo "Se un giorno vuoi venire a Sparta a trovarci, sarai il benvenuto!"

"Anche per me è stato un piacere conoscerti, Phobos!" disse il ragazzo ricambiando il saluto. «Angus ha ragione! Phobos non è poi una brutta persona in fondo!» pensò dopo che il Berseker e la divinità della paura se ne andarono.

 

Grande scontro. Mercuzio, il guerriero della saggezza

Seduto davanti a casa sua, un ragazzo dai capelli rossi e la pelle chiara stava osservando il panorama del Gargano al tramonto. La bellezza naturale e storica di quel posto era incredibile! Il suo sguardo si volgeva soprattutto alla foresta umbra, il luogo più affascinante che avesse mai visto.

"Possibile che esistano persone incapaci di capire questa bellezza?" si era chiesto una volta, mentre assisteva alla vista di gente che buttava cartacce per terra.

Dopo essersi voltato, vide un gruppo di tre ragazzi stranieri venire verso di lui. Due erano giapponesi, ma uno aveva i capelli più chiari. L’altro era un ragazzo più vecchio dei suoi due compagni e aveva i capelli biondo oro. Sulle spalle portavano degli zaini larghi che sembravano contenere qualcosa di molto pesante.

Uno dei giapponesi, quello con i capelli più scuri, s’avvicinò a lui e gli disse in una lingua che riuscì subito a capire

"Siamo Cavalieri d’Atena e dobbiamo andare in Sicilia prima dell’armata degli dei celtici!"

"Vi aiuterò!" rispose il ragazzo "Ma prima vorrei conoscere i vostri nomi. Io sono Salvatore!"

"Io sono Ikki di Phoenix, e lui è mio fratello Shun d’Andromeda!" rispose il Cavaliere indicando l’altro giapponese

"Io invece sono Aiolia del Leone!" si presentò il custode della quinta casa

"Entrate in casa! Parleremo meglio!" disse Salvatore aprendo la porta. Aveva sentito delle presenze poco rassicuranti in fondo alla strada.

Alla guida dei suoi soldati Cal, Tree Drui del tiglio, aveva visto i Cavalieri d’Atena entrare nella casa di quel ragazzo coi capelli rossi, attorno alla quale sembrava esserci un Cosmo molto più potente del suo.

"C’è qualcosa in quella casa! Può darsi che sia una base dei Legionari d’Italia. Possibile che l’armatura dei vulcani sia qui, anziché nell’Etna!" si chiese il Tree Drui sospettoso prima di dare ordine d’avvicinarsi alla casa.

All’interno dell’abitazione, seduto su una poltrona c’era un vecchio di circa ottanta anni coi capelli bianchi dall’aria cordiale che stava bevendo un infuso di erbe aromatiche

"Benvenuti, Cavalieri dello Zodiaco!" disse posando la tazza "Ho sentito molto parlare di voi! Io sono il maestro di Salvatore e di Aurelio, colui che indosserà l’armatura di Cesare se le circostanze lo richiederanno. Il mio nome è Mercuzio!"

Ikki guardava quel vecchio meravigliato. Il suo Cosmo era grande e splendente di saggezza e di potere. Attraverso di esso i Cavalieri potevano sentire che quell’uomo davanti a loro aveva attraversato molte battaglie e combattuto contro avversari molto più forti di lui.

"Siamo lieti di fare la sua conoscenza!" disse il Cavaliere della Fenice inchinandosi insieme a suo fratello e al Cavaliere d’Oro "Io sono Ikki e loro sono Shun e Aiolia!"

"Credo di sapere per quale motivo siete qui, e dobbiamo fare anche presto! Se fate attenzione sentirete che i nostri nemici sono già qui, e uno di loro possiede un Cosmo terribile!" disse il vecchio preoccupato.

"Cal!" esclamò il Cavaliere d’Andromeda riconoscendo l’avversario "Possiede un potere terribile! È in grado di vedere i ricordi dell’avversario e di usare le mosse dei suoi precedenti nemici!".

"Come vi ho detto prima, non abbiamo molto tempo!" disse il vecchio Mercuzio alzandosi "Adesso vi invierò in Sicilia, a casa di Caco. L’ho già avvisato telepaticamente!" poi si voltò verso Salvatore "Prendi la tua armatura! Ti porterò a Venezia da Marco!".

"Ma maestro…" disse il ragazzo esitando.

"Non preoccuparti! Me la saprò cavare! Durante questi anni ho combattuto molti nemici, ho visto gli orrori dei campi di concentramento e di sterminio dei nazisti e molte altre cose! Ora andate, Cavalieri d’Atena! Vi auguro buona fortuna! Addio!".

"Addio, maestro Mercuzio!" disse Ikki, prima che il vecchio alzasse la mano facendo sparire i quattro giovani alzando la mano.

"Cosa?! I Cosmi dei Cavalieri sono spariti? Ma chi può essere stato?" esclamò il Tree Drui del tiglio voltandosi verso la casa in cui i Cavalieri erano entrati,

"Signor Cal! Guardi!" disse uno dei soldati indicando Mercuzio che stava uscendo dalla sua abitazione

«Cosa? Possibile che sia stato quel vecchio?» si chiese il Tree Drui del tiglio quando vide in faccia l’artefice di ciò.

Con lo sguardo calmo, il vecchio guardò nel punto dov’era nascosta l’armata delle Genti di Ana e disse a Cal

"Sono qui, Tree Drui! Se vuoi sapere dove sono i ragazzi, dovrai sconfiggermi!"

Sentendo le parole di quel vecchio insolente, Cal uscì allo scoperto e si mise davanti all’avversario

"Ti avverto non è mia abitudine uccidere o ferire gli anziani! Quindi togliti dalla mia strada e dimmi dove sono i Cavalieri!" disse il Tree Drui.

"Voi giovani siete convinti che per capire se una persona è forte o debole basti basarsi sull’età!" ridacchiò il vecchio divertito "Dovreste imparare ad avere più rispetto per gli anziani e ad apprendere qualcosa da loro!" disse togliendosi i vestiti per rivelare una armatura color verde smeraldo "E forse questo combattimento contro Mercuzio delle pianure potrà insegnartelo!"

"Sai forse hai ragione!" disse il guerriero celtico provando ad ispezionare i ricordi del suo avversario, senza successo "Cosa?! È come se ci fosse un blocco!" esclamò sorpreso

"In quasi settant’anni qualche cosa di utile l’impari!" rispose il vecchio sollevando il nemico con la forza della mente svelando di possedere poteri paranormali, forse più potenti di quelli di Mu, prima di farlo sbattere a terra.

"Come ti permetti vecchiaccio! Prendi! PAST ILLUSION!" urlò il Tree Drui lanciando il suo colpo segreto, facendo tornare con la mente il nemico agli orrori del campo di concentramento in cui era stato rinchiuso ai tempi della seconda Guerra Mondiale

"Non pensare che basti farmi rivivere quegli orrori per fermarmi!" disse il vecchio senza badare a quelle visioni del passato "Tutte le volte che lo racconto, io torno con la mente a quei giorni di prigionia durante la seconda Guerra Mondiale, in quell’inferno sulla Terra!"

Cal era ammutolito. Possibile che quel vecchio, nonostante le orribili esperienze che aveva vissuto, riuscisse a tirare fuori un Cosmo e una forza di volontà immensi.

"Non m’interessa cosa hai vissuto, vecchio! Io sono più giovane e più forte di te! E la forza appartiene ai giusti! Noi dalla nostra parte abbiamo ben quattro divinità a proteggerci! Voi, invece, ne avete solo una a cui non siete fedeli, ma solo alleati! Siamo noi i più forti!" urlò Cal cercando di nascondere al nemico la paura che gli incuteva

"Sei uno stupido!" disse Mercuzio ridendo "Pensi davvero che il più forte sia anche il più giusto! Se le cose fossero così, questo vorrebbe dire che Hitler aveva ragione a fare la sua politica razziale! Forza non è garanzia di giustizia, perché è quasi sempre il potere a controllare te!" aggiunse espandendo il proprio Cosmo. «Questo è il mio ultimo colpo!» pensò mentre si preparava a lanciare il suo attacco «Ormai il mio corpo s’avvicina alla fine della vita a causa della mia malattia! Addio cari allievi!».

"Un vecchietto come te non potrà farmi niente!" disse Cal preparandosi ad attaccare con un colpo che aveva visto nella mente di Ikki "DEATH QUEEN INFERNO!" urlò lanciando il colpo segreto di Jango

"Prendi! GIAVELLOTTI DI LUCE!" attaccò il vecchio Legionario con un colpo simile all’Infinity Break di Aiolos.

Lo scontro tra i due colpi produsse una tremenda onda d’urto che sbatté a terra il Tree Drui e fu sentita per tutta l’Italia. Perseus stava cancellando la memoria delle persone che avevano assistito allo scontro in piazza Statuto, quando volse lo sguardo verso sud insieme ai suoi compagni e alleati

"Che tremenda esplosione! Forse i contendenti sono morti! Nessuno sopravvivrebbe!" disse Seiya preoccupato. Cozio sollevò gli occhi al cielo e cominciò a piangere insieme a Emanuele.

A Venezia, Marco era appena uscito dalla chiesa e cominciò ad intonare una pregherai funebre, mentre i colombi guidati da Giacomo s’alzavano in volo per disporsi a croce fra la meraviglia e lo stupore della folla di visitatori.

A Roma, Giulia e Aurelio avevano appena accolto Salvatore e subito i due compagni d’addestramento cominciarono a piangere, mentre la donna a bassa voce diceva:

"Siamo giunti alla fine! Addio, mio amico e maestro!".

A sud Caco, Aiolia, Ikki e Shun si stavano dirigendo verso l’Etna, ma si fermarono e rimasero in silenzio per qualche minuto.

Cal si rialzò dolorante e vide il suo nemico a terra che stava per spegnersi mentre gli svelava telepaticamente il perché di quel suo gesto:

«La mia vita era ormai alla fine e volevo andarmene aiutando chi aveva bisogno! Aiutare le persone è un comportamento ovvio!» poi spirò .

Il Tree Drui si sedette vicino al corpo e disse:

"Alla fine hai vinto vecchio!".

Con un gesto aprì uno squarcio dimensionale diretto a Venezia, che aveva visto nei ricordi di Dagda e in quelli dell’avversario, e ci buttò dentro il corpo

"Possano i tuoi compagni darti degna sepoltura, Mercuzio delle pianure!"

Il centro dell’Etna.

Dopo essersi fermati il gruppo formato dai due fratelli Cavalieri di Bronzo, dal custode della quinta casa e dal Legionario d’Italia custode dei vulcani,continuò la scalata del vulcano dirigendosi verso una piccola caverna il cui ingresso era celato da delle pietre che i guerrieri riuscirono a rimuovere, e che poi rimisero dopo essere entrati.

"Ho sentito che tu hai conquistato la tua armatura in un isola vulcanica. Per te questo luogo dovrebbe essere come tornare a casa." Disse Caco al Cavaliere della fenice, il quale gli rivolse una strana occhiata

"Io non ho mai considerato quell’inferno casa mia!" rispose il Cavaliere dello Zodiaco "Sono felice che Saga l’abbia fatto inabissare!"

"Io invece adoro i vulcani!" rivelò il giovane alzando gli occhi al cielo "Non so il perché! Mi piacciono e basta! Li trovo affascinanti!"

"Non hai paura di un eruzione?" gli chiese Shun preoccupato

"No!" disse lui grattandosi la corta barba rossa "Io conosco tutti i sentieri sicuri!" e andò avanti accendendo la torcia che aveva con sé.

I Cavalieri e il loro compagno camminarono finchè non entrarono e si trovarono sotto il cratere del vulcano, vedendo sotto di loro un grande lago di magma bollente.

"Benvenuti nel centro dell’Etna!" disse Caco sorridendo ai suoi amici che erano un po’ spaventati

"La dentro" continuò il Legionario indicando la uno spuntone di roccia che usciva dal magma sottostante "si trova la mia armatura!" e si preparò a fare un salto, prima che un Cosmo minaccioso calasse sulla zona.

"Chi potrebbe mai essere?" si chiese Aiolia preoccupato

"Sono io!" disse Cal apparendo dalla parte opposta del vulcano da un varco dimensionale "Devo ringraziarti, Aiolia! È merito dei tuoi ricordi se ho potuto apprendere quest’attacco che fu di Giapeto!" aggiunse guardando il Cavaliere del Leone, il quale non nascose la sua rabbia.

"Hai ragione! Ho fatto un errore! Ma non si ripeterà!" disse il custode della quinta casa, mentre l’armatura del Leone si disponeva sul suo corpo "Preparati a combattere!"

Caco fermò il compagno con un braccio e, prendendo il suo martello disse

"Sono io il custode dei vulcani e del sud Italia. Quindi, poiché un nemico si trova nella mia zona, è mio il dovere di combattere!" e lanciò il martello contro lo spuntone di roccia che andò in mille pezzi e da cui uscì una luce color rosso fuoco che si dispose sul suo corpo rivelando un’ armatura d’identico colore.

Cal guardava con curiosità il suo nuovo avversario che sembrava essere dotato di enormi capacità.

"Voglio proprio vedere cosa sai fare! Prendi! GIAVELOTTI DI LUCE!" disse il Tree Drui lanciando il colpo segreto di Mercuzio che il Legionario parò col suo Scudo di Lava, senza molto successo.

"Sei stato tu a uccidere il maestro Mercuzio!" esclamò arrabbiato il giovane alzando il martello

"No! Quel vecchio era molto malato! L’ha ucciso lo sforzo eccessivo che fece quando mi lanciò il suo colpo segreto!" spiegò Cal ai suoi avversari

"Non m’interessa! Lui è morto per colpa tua!" gridò il Legionario muovendo il proprio martello, che spinse un’onda di lava contro il nemico privo di difese contro un attacco del genere. O almeno così sembrava. Il Tree Drui aveva infatti usato lo Spostamento Dimensionale per spostare l’attacco nemico da un’altra parte del mondo.

"Non dovresti sottovalutarmi!" furono le parole di Cal, mentre si preparavano a sferrare un pugno "Adesso tocca a te ricevere il mio colpo segreto! Eccoti tutti i dolori del tuo passato! PAST ILLUSION!".

Nella memoria di Caco tornarono alla mente i terribili ricordi delle prove che aveva dovuto affrontare durante gli allenamenti. Come migliaia di doloranti flessioni, ma anche resistenza al calore dentro grotte vulcaniche in un’isola non troppo diversa da quella della Death Queen, anche se non così terribile. Ma la prova più dura che dovette affrontare, fu quella del contatto col magma il cui ricordo era impresso nelle bruciature che aveva sul dorso. Ora quel dolore stava tornando forte come allora. Il guerriero cominciò a toccarsi la schiena talmente quella gli doleva, sotto gli occhi stupiti dei Cavalieri di Atena.

"Ti piace così tanto giocare con la mente delle altre persone?" chiese Ikki a Cal con una voce carica di rabbia che Shun non gli aveva mai sentito "Se ti fa così tanto piacere allora…"

"Fermati!" disse Caco rialzandosi "Durante i miei allenamenti mi sono allenato per sopportare un bruciore come questo, e questo è il momento migliore per metterli in pratica!" poi si volse verso il Legionario "Prendi questo colpo! MARTELLO BOOMERANG!" urlò lanciando la sua arma, che colpì violentemente la schiena del nemico riempiendo la parte posteriore dell’armatura di crepe, procurando al Tree Drui anche un grande dolore. Cal capì quindi che doveva ritirarsi. Caco era troppo forte per lui, almeno per il momento. S’alzò in piedi e aprì un passaggio dimensionale attraverso il quale sparì.

Ikki, Shun e Aiolia s’avvicinarono a Caco, il quale rivolse loro uno sguardo carico di determinazione e coraggio.

"La guerra è solo alle porte!" disse poi, volgendo gli occhi verso Roma, una volta uscito dal vulcano con i Cavalieri di Grecia .

A Venezia, intanto, il corpo senza vita di Mercuzio era comparso davanti agli occhi di Marco mentre si dirigeva verso il Canal Grande. Una grande tristezza lo invase: davanti a lui, che era stato il primo a combattere, c’era la prima vittima della guerra dei Legionari contro gli dei celtici, e non l’ultima.

Quella notte il custode di Venezia si diresse con Davide nel luogo in cui il vecchio Legionario era nato, ad Alessandria, e lì seppellì il suo corpo, versando calde lacrime di tristezza.

"Grande sarà la sfida che ci attende senza di te, maestro! Ora che ti trovi nel paradiso dei Cavalieri, brilla insieme alle altre stelle del passato e proteggici!" disse Marco.

"Le lacrime che sui nostri visi scorrono" disse Davide con voce triste "non dovrebbero addicesi a dei guerrieri, ma come non piangere per il sacrificio di un compagno d’immensa saggezza?"

Grande rivelazione! Il volto di Perseus.

Tayler e Ana erano tornati nei sotterranei di Parigi dove riferirono del tradimento di Angus e della sua scelta di diventare Berseker di Ares.

"Quello sporco traditore!" disse Dagda "Se penso che ero suo amico…Mi viene voglia di rompergli l’osso del collo!"

"Calmati! Almeno il numero dei Tree Drui non è calato! Presto verrà il momento in cui sarai incoronato principe dei celti. Titolo che ti spetta di diritto, poiché tua madre era per un quarto una divinità!" rivelò Ana al giovane che assunse un espressione incredula. La dea gli raccontò allora che sua madre discendeva direttamente da lei e da Dagda, quindi lui era loro bisnipote. Il titolo di principe gli spettava di diritto, ma per farlo servivano cinque Tree Drui e una sacerdotessa che l’ufficiasse.

"A tal scopo" disse Lug "abbiamo salvato anche Morgause e Brannos, per questo i loro corpi non sono stai ritrovati dai nostri nemici, prima d’abbattere i loro alberi."

"Una volta incoronato" disse poi Cerunno "sarai superiore persino a Merlino e potremmo tornare in Britannia e liberare le altre divinità!"

"Nascere vostro discendente è il più grande onore che il destino mi ha fatto!" disse il generale rivolto ai suoi antenati "Giuro che una volta incoronato schiacceremo i Legionari e distruggeremo la città di Roma!".

A Torino, in casa di Emanuele, i Cavalieri e i loro alleati non riuscivano ancora a farsi un’idea di ciò che era accaduto quel giorno. L’entrata in scena di Phobos e il passaggio di Angus dalla parte di Ares li aveva colti impreparati. Anche se sapevano che il dio della guerra non avrebbe partecipato alla battaglia, il fatto che le armate di Ares potevano contare su Angus sarebbe potuta rivelarsi una minaccia per i Cavalieri d’Atena in futuro. Per scongiurare quest’eventualità Michele era andato sull’Olimpo a chiedere a Zeus di fare pressioni sul dio della guerra, affinché ciò non accadesse nel futuro immediato. Eva, invece, era andata in Gran Bretagna a prendere Galahad per consolare Maeve, ancora spaventata da Phobos. Solo Perseus (che aveva cancellato la memoria alla gente che aveva assistito al combattimento e rimesso a posto la piazza) era rimasto, anche se continuava a portare l’elmo nascondendo così la sua faccia agli altri Cavalieri, soprattutto a Seiya.

"Com’è possibile che un bambino di dieci anni sia già Cavaliere di Platino?" gli chiese Seiya ad un certo punto.

"Ne ho quasi otto (3)." Lo corresse lui, dando prova di conoscere il giapponese oltre che al greco "E posso dire che mi alleno dal giorno in cui sono nato!" rispose

"I tuoi genitori dove sono?" chiese Seiya nella sua lingua madre

"Sono morti in un incidente d’auto! Mia madre era incinta di sette mesi, e un Cavaliere di Platino travestito da medico mi fece nascere in anticipo col parto cesario e mi portò ad Olimpia, dove sono cresciuto e dove ho ricevuto l’investitura." Rispose Perseus

"Perché porti l’elmo?" gli chiese poi Seiya

"Non voglio farti vedere il mio volto!" rispose lui

"Perché?!" domandò Seiya con tono divertito

"Sarebbe uno schok per te!" fu la risposta

"Impossibile! Non ti conosco! Mostramelo!"

"Sei sicuro?" gli chiese il bambino preoccupato

"Sì!" affermò sicuro il Cavaliere di Grecia.

Delicatamente il piccolo Cavaliere si girò di spalle e si tolse l’elmo, rivelando che i suoi capelli color platino erano spettinati, poi lentamente si volse verso il Cavaliere di Pegasus che per la sorpresa soffocò un grido. Il volto di Perseus era simile al suo. Le uniche differenza era la forma del viso e il colore dei capelli, ma i lineamenti erano gli stessi. Seiya sapeva che se i suoi genitori non avessero avuto quell’incidente avrebbe avuto un fratellino, ma era impossibile che fosse Perseus. Soprattutto per il colore dei capelli che non sembravano affatto quelli di un giapponese.

"Il mio vero nome è Kanata Edogawa!" disse il bambino piangendo "E sono tuo fratello minore!".

Seiya rimase fermo dopo quella rivelazione. Si sentiva strano, come se una parte di lui non volesse accettare la verità che aveva appena scoperto. Non disse niente. Rimaneva con lo sguardo fisso su Kanata, il fratello di cui non sapeva l’esistenza e di cui suo padre non gli aveva parlato. Eppure era strano: lui si sarebbe accorto se sua madre fosse stata incinta. Com’era possibile che suo fratello fosse davanti a lui? Ana gli aveva anche detto che sarebbe dovuto nascere un anno dopo l’incidente, anche se Kanata gli aveva detto che era nato a sette mesi. Ma era assurdo! Completamente assurdo!

"Ciò che dici non ha senso!" disse il Cavaliere di Pegasus spaventato "Puoi essere un mio sosia in miniatura, ma non mio fratello! È impossibile! Soprattutto per…i tuoi capelli!"

"Io sono tuo fratello!" disse con insistenza il bambino "In tutti questi anni ti ho osservato dal tempio di Olimpia mentre mi allenavo. Anche se non sapevo che fossi mio fratello, mi facevano sempre vedere questo ragazzino e come s’impegnava e io ne ero affascinato. Una volta sono pure venuto da te al Santuario. È successo tre anni fa, ti ricordi? Tu stavi camminando, io mi ero perso e mi sono messo a piangere sul ciglio della strada. All’epoca i miei capelli non erano ancora biondi come lo sono diventati dopo la mia investitura. Te l’ho ricordi vero?"

"Tu eri quel bambino che portai fino allo stadio, dove fu preso da una ragazza che lo cercava e… che era Eva!?" disse ricordandosi quella scena e identificando la guerriera con la ragazza che aveva preso il bambino, che gli aveva chiesto di portarlo vicino all’arena dove Seiya avrebbe poi conquistato la sua armatura.

"Sì ero io! E sono tuo fratello!" disse Kanata

"No! Mi sarei accorto se mia madre fosse stata incinta e me lo ricorderei!" disse il Cavaliere arrabbiato

"Per lo shock devi aver rimosso il ricordo, è l’unica spiegazione!" disse Daisuke comparendo dietro di loro insieme a Galahad ed Eva.

"Papà!" esclamò Seiya voltandosi "Perché non me l’hai detto?!" aggiunse con tono arrabbiato

"Seiya, credevo che tuo fratello non fosse mai nato e non mi sembrava importante!" rispose l’uomo rivolgendo al figlio minore uno sguardo di scusa

"Non ti sembrava importante?! Il fatto che credevi che avessi perso un fratello non ti sembrava importante?! Ho passato sei anni della mia vita ad allenarmi al Santuario ad Atene, e a pensare al giorno in cui avrei potuto riabbracciare Seika. Ma quando tornai a Tokyo scoprii che era fuggita dall’orfanotrofio quando sono stato mandato in Grecia, e la Fondazione Grado non è ancora riuscita a trovarla! Poi non solo scopro che mio padre è ancora vivo e che mi ha tenuto segreto il suo legame con Merlino, ma anche di avere un fratello che si credeva non fosse mai venuto al mondo! In quasi due settimane tutte le certezze sulla mia famiglia mi si sono sgretolate davanti agli occhi! E non credo di riuscire ad accettare una prossima novità! Chissà, forse scopro che mia zia è una ninja o che Black Pegasus era mio fratello gemello, e che io non lo sapevo perché mio padre non lo riteneva importante!" urlò prima di uscire prendendo la sua chitarra.

"Attraverso la via delle stelle,

cammino verso la meta.

Con vicino a me il sole dell’amicizia.

Oh! Lungo questo cammino

I mostri mi assalgono, ma con loro vicino

La mia vita brucia ogni nemico!

Oh! Insieme a te…Come posso continuarla?" si chiese Seiya posando la chitarra sulla panchina su cui era seduto, prima di vedere che Kanata l’aveva seguito

"Non dovresti andare in giro da solo a quest’ora!" disse al fratello

"Ehi! Guarda che so cavarmela!" disse lui sorridendo facendo finta di sferrare un pugno "Suoni bene! Dove hai imparato?" chiese poi

"Da piccolo strimpellavo un po’, poi tornato a Tokyo, ho comprato un libro e ho imparato!" rispose lui "Scusa per la scena di prima!" aggiunse poi "Avevi ragione tu è stato uno schok!"

"Anch’io ne ho avuto uno! Non sapevo che papà fosse ancora vivo!" confessò il bambino

"Peccato che la mamma sia morta!" sospirò il ragazzo "Era molto bella e dolce, ma anche una donna forte! Avresti dovuto conoscerla!"

"Adesso manca solo Seika! Chissà dove sarà?"

"Io so solo che viva!" disse Seiya prima di prendere nuovamente la chitarra "Siediti! Ti faccio sentire la mia prima canzone!"

Il ragazzino ubbidì e il Cavaliere cominciò a suonare, poi cantò

"Nella galassia di stelle splendenti,

attraverso le nebulose

Vola Pegasus! Vola!

Vola nel cielo degli dei,

Tra l’Olimpo e il paradiso.

Vola verso la metà!

Sopra lo splendete cielo di Atene,

Mentre le stelle si riflettono tra i ghiacci,

dove il cigno di cristallo prende il volo,

e la cascata del drago cade dal cielo più alto

Vola sempre più su!

Galoppa attraverso il cielo blu,

mentre le stelle scendono qua giù!"

Mentre la sentiva quella canzone a Kanata venivano le lacrime agli occhi. Aveva capito che quella canzone si riferiva all’amicizia di suo fratello con gli altri Cavalieri di Bronzo, e che conteneva anche riferimenti alle sue passate avventure.

"Metterai anche me in una tua canzone, fratellone?" chiese poi il piccolo Cavaliere di Zeus

"Può darsi!" rispose Seiya sorridendo.

"Grazie per gli aggiornamenti, Emanuele! Ti aspettiamo qui a Roma entrò domani! Sento che una grave minaccia si sta avvicinando!" disse Giulia posando il ricevitore del telefono della casa in cui abitava nel mondo esterno. Tornata nella sala da pranzo, dove i suoi ospiti l’attendevano, riferì loro gli ultimi avvenimenti successi a Torino.

"Angus ha davvero fatto quella scelta!?" esclamò Mordred sorpreso

"A quanto pare ha ritenuto che fosse la scelta migliore. Tra uccidere le divinità dei suoi avi e uccidere sua sorella, ha preferito schierasi con una fazione non in gioco." ragionò Shiryu

"Per il momento!" disse Atena preoccupata "Però vorrei sapere per quale motivo i Cavalieri di mio padre sono scesi in gioco! Da che si hanno notizie i Cavalieri di Platino non hanno quasi mai partecipato ad una guerra sacra! Essi sono intervenuti soltanto quando i conflitti si sono rivelati pericolosi a livelli che l’uomo non può capire! Il loro Cosmo è pari a quello di Shaka, anzi forse più potente!"

"Più potenti di Shaka!?" esclamò il Cavaliere del dragone spaventato. Non credeva che avrebbe retto allo scontro con uno dei guerrieri di Zeus

"Le loro armature rappresentano esseri o animali celesti e in totale sono dodici come i Cavalieri d’Oro. Nove di loro sorvegliano i nove livelli del mondo celeste, ad essi si aggiungono la custode del Tartaro, il generale delle armate celesti e il Gran Sacerdote! La loro sede è un tempio a metà fra il mondo umano e quello celeste." Cominciò a raccontare la dea "I loro simboli sono: l’arcangelo, simbolo di giustizia. Il cavallo alato, simbolo di purezza. L’aquila imperiale, il potere. L’unicorno, l’innocenza. Il cavaliere divino, il dovere. Il dragone celeste, la forza. La colomba, la pace. Il santo, la rettitudine. Il pellicano, il sacrificio. L’eroe, il coraggio. L’ illuminato, la saggezza universale. Infine, a capo delle armate, vi è il grande sacerdote il cui simbolo è sconosciuto anche a me. La storia non riporta battaglia in cui sia apparso, e non conosciamo l’entità del suo potere! Inoltre essi hanno un altro segreto che consiste nel…" disse la dea, sollevando poi gl’occhi al cielo e domandandosi perché suo padre aveva voluto scendere in campo durante quella battaglia e perché uno di quei guerrieri era proprio il fratello minore di Seiya.

 

Una lettera imbarazzante

(capitolo speciale dedicato a Seiya e Saori)

Seiya e Kanata stavano parlando (4) delle loro imprese di Cavalieri, nella stanza di un albergo di Torino che Saori aveva affittato per loro. Il guerriero di Atena fu molto sorpreso nell’apprendere che quella era la prima missione del fratellino, il quale non aveva mai messo prima d’ora piede fuori dalla Grecia.

"Non so neanch’io perché il sommo Zeus mi abbia scelto, ma quando ho saputo che avrei partecipato ad una tua avventura, sono stato molto contento!" rivelò il bambino

"Come te la cavi con i combattimenti corpo a corpo?" gli chiese Seiya incuriosito

"Ma…non che abbia fatti tanti!" rivelò Kanata imbarazzato

"Capito! Allora domani andremo ad allenarci insieme, anche se tu sei più forte di me!" disse il Cavaliere divertito

"Sì, ma tu hai più esperienza!"

Daisuke entrò all’improvviso nella stanza e disse a Kanata in tono paterno:

"È ora d’andare a letto, signorino!"

"Nooooooo!" replicò lui con tono offeso

"Domani devi andare a Roma, quindi pochi capricci!" disse il padre con tono severo

"Uffa!" sbuffo il piccolo Cavaliere infilandosi sotto le coperte di malavoglia, mentre a Seiya venivano le lacrime agli occhi incredulo di assistere nuovamente ad una normale scena famigliare

"Ah, Seiya!" esclamò Daisuke voltandosi verso il secondogenito "La tua ragazza ti ha lasciato un messaggio alla reception!"

Con il volto brillante di gioia, il Cavaliere di Bronzo esclamò:

"Grazie, papà! Vado subito a prenderla!".

Seiya tornò in camera con una busta dov’era scritto in italiano "X il sig. Seiya Edogawa, stanza 112 dalla sig.na Saori Kido". Potete immaginarvi la faccia di Kanata, quando seppe che suo fratello era fidanzato con Saori Kido, ovvero con Atena.

"Cosa dice il messaggio?" chiese Daisuke

"Dice che a Roma avremo una stanza tutta per noi!" esclamò il ragazzo come se fosse in paradiso "Forse riuscirò a vederla…" non disse altro perché al solo pensiero di ciò incominciò ad uscirgli del sangue dal naso, e fu costretto ad andare in bagno a prendere della carta igienica. (il perché si è capito abbastanza, credo)

Daisuke e Kanata rimasero fermi per alcuni minuti. Il Cavaliere di Platino era un bambino, sì certo ma non era stupido. E sapeva bene a cosa pensava il fratello.

Daisuke, invece, riteneva che fosse troppo presto per due tredicenni andare a dormire in camera per conto loro. Erano fidanzati, certo, ma erano dei minorenni.

"Kanata, senti…" disse sottovoce il cavaliere della Tavola Rotonda al figlio indicando la porta del bagno "…potresti farmi avere un appuntamento con Zeus il più presto possibile? Dobbiamo parlare da padre a padre!"

"Certo! Anzi, lo faccio subito!" rispose il bambino entrando in contatto telepatico col re degli dei.

Più tardi, mentre Seiya dormiva alla grande come un ghiro, Kanata svegliò il padre

"È ora!" sussurrò il bambino all’orecchio del genitore, mentre questi s’alzava.

Dopo aver indossato l’armatura, i due Cavalieri aprirono la finestra e videro un ragazzo di circa quindici anni, con adosso un paio di sandali dorati e gli occhi e i capelli azzurri ad attenderli: era Ermes, il messaggero degli dei.

"Ho portato dei sandali per voi due, per evitare svegliare Pegasus!" disse piano il dio porgendo loro due paia di sandali identici ai suoi.

"Grazie!" sussurrò Kanata, prima che Seiya dicesse nel sonno "Poseidon! Libera subito la signorina Saori, o assaggerai il mio Ryuseiken!" per poi tornare a dormire.

"Presto! Presto!" sussurrò il messaggero degli dei innervosito. Non aveva immaginato che Seiya parlasse nel sonno, e ciò era una cosa che personalmente gli dava fastidio.

Indossati i sandali, Daisuke e Kanata seguirono Ermes fino in Grecia, al palazzo di Zeus sulla cima del monte Olimpo. Il re degli dei attendeva i suoi ospiti nella sua sala del trono circondato da sua moglie e dai suoi figli con indosso la sua armatura rossa decorata con soli (quella che appare nell’episodio in cui Siren spiega com’è distribuito il potere sulla Terra fra le varie divinità). Arrivati al suo cospetto, padre e figlio s’inginocchiarono, poi Daisuke porse la lettera di Saori al padre degli dei.

"Mi dispiace signor Edogawa, ma io non so leggere il giapponese!" sospirò Zeus dopo aver visto la lettera "Potrebbe tradurmela?"

"Certo!" rispose lui riprendendola "Ma prima voglio farle un paio di premesse: immagino che…Sua Maestà sappia che Sua figlia Atena, dopo essere rinata, è stata adottata dal miliardario Mitasauma Kido che l’ha ribattezzata Saori!"

"Certo!" rispose Zeus

"E sa anche chi è mio figlio, no?" il re degli dei annuì "Ma non sa che qualche giorno fa, loro due si sono messi insieme e…"

"Cosa?! Atena ha un fidanzato?!" esclamò una divinità vestita di rosa con i capelli biondo oro "Era anche ora! Insomma: è sempre stata una ragazza carina in ogni vita. Circondata da bei fusti muscolosi di ogni nazionalità…era proprio ora che si decidesse! Parola di Afrodite!" poi si volse verso una giovane dea dalla pelle pallida e i capelli biondo platino e gridò "Ora sei tu l’unica zitella di famiglia, Artemide!"

A quelle parole, la dea della caccia prese il suo arco d’oro, lo puntò contro la sorellastra e disse:

"Ritira ciò che hai detto, stupida oca. O commetto un fratricidio!"

"Cosa?! Ehi Efy!" piagnucolo la dea della bellezza in direzione del marito "Hai sentito come mi ha chiamata, quella (bip) (7) che non è mai riuscita a trovarsi uno straccio di ragazzo!"

"Io una (bip)? Zitta! Solo perché non ho voglia di fare la donna di casa, come te?!"

"O hai paura di rimanere incinta e ingrassare come Atalanta? Dovresti prendere esempio da lei! Alla fine si è sposata!" ridacchiò Afrodite

"Questa me la paghi!" urlò Artemide, preparandosi a scoccare la sua freccia.

"Basta! O vi fulmino tutt’e due!" urlò Zeus rivolto alle figlie con voce di tuono, che subito tornarono hai loro posti "Continui pure, anche se non vedo niente di male che mia figlia sia fidanzata con suo figlio! Sono adolescenti!" aggiunse rivolto a Daisuke con semplicità

"Aspetti che le traduca la lettera!" disse Daisuke, prima di prendere un bel respiro "Dunque:

Seiya-chan…"

"Chan?!" esclamò Zeus incuriosito dalla parola giapponese

"È un diminutivo!" spiegò il padre di Seiya

"Oh! Siamo già hai diminutivi!" esclamò Afrodite meravigliata "Allora è proprio amore!"

Daisuke continuò:

"Seiya-chan,

scrivo questa lettera per informarti che ho prenotato delle camere in albergo di proprietà della fondazione a Roma per tutti noi. La notizia più bella è che per noi due ho prenotato una matrimoniale, così potremmo dormire insieme!

Ti aspetto,

Saori-chan!"

Il respiro di Zeus si fece più lento, poi dalla sua bocca uscirono due parole ("Dormire" e "insieme") e svenne in braccio a sua moglie Era.

"Tesoro! Riprenditi, ti prego!" disse la regina incominciando a schiaffeggiarlo

"Madre, forse dovresti provare con l’altro metodo!" gli consigliò Efesto dopo essersi avvicinato

"Hai ragione!" disse lei, poi il suo volto si fece serio e disse rivolta al marito con voce inquietante "Tesoro! Sai che ho trovato le foto che ti ritraggono in compagnia di Marylin!"

A quelle parole, il re degli dei s’alzò urlando, poi ci pensò bene e disse alla moglie:

"Ma a me quell’attrice non è mai piaciuta!" poi tornò serio e disse a Daisuke "Signor Edogawa, dobbiamo fare qualcosa! Sono ancora minorenni! È troppo presto!"

"Sì! è esattamente quello che volevo dirLe!" affermò Daisuke deciso "Ma come possiamo fare?!"

"Io ho una soluzione da proporre…" disse Ermes e i presenti cominciarono ad ascoltarlo

"È un’idea bellissima! Nessuno di noi avrebbe saputo proporre di meglio!" annuì Zeus

"Ma come potete farlo?!" disse Afrodite disperata "Non potete intrufolarvi così nella vita privata di due innamorati!"

"Io concordo con lei!" affermò un ragazzo vestito con una tunica viola, con in mano un calice dorato

"Afrodite! Dioniso! Vi prego!" sospirò il padre degli dei, prima di rivolgersi ai suoi ospiti "Allora è deciso! Domani sera verrò a Roma e, insieme, cercheremo d’impedire che facciano…quello che temiamo!".

Quando Seiya scese dall’aereo per Roma il giorno successivo, Saori gli si buttò tra le braccia e i due incominciarono a baciarsi.

"Sono felice di vederti!" disse lei con voce dolce

"Anch’io!" rispose

"Ehi piccione!" disse una voce alle sue spalle "Non saluti gli amici!"

Il Cavaliere di Pegasus si voltò e vide Hyoga, Kiki, Shun, Ikki e Aiolia, poi urlò con voce piena di felicità:

"Ciao ragazzi! Com’è stato il vostro viaggio per l’Italia!"

"Beh! Difficile da descrivere!" disse Aiolia pensando alla sua escursione nelle viscere dell’Etna con Caco e al teletrasporto di Mercuzio

"A noi è piaciuto molto!" disse Kiki "Venezia è una città fantastica!"

"Ah!" esclamò Seiya battendosi una mano sulla testa "Vi presento una persona!" disse facendo a Kanata cenno d’avvicinarsi "Vi presento il mio fratellino Kanata!"

"Hyoga oni-chan (5)! Shun oni-chan! Ikki oni-chan! Aiolia oni-chan! Kanon oni-chan! Kiki! Piacere di conoscervi!" disse il ragazzo inchinandosi davanti ad ogni Cavaliere, dando prova di conoscere l’etichetta giapponese (al contrario del fratello, che non s’inchina davanti a nessuno).

"F-fratellino?!" esclamarono tutti stupiti prima che Seiya gli raccontasse la strana storia della nascita di suo fratello. Ikki gli poso una mano sulla spalla e gli disse con tono compassionevole:

"Preparati ad una vita dura!"

"Ok!" rise il Cavaliere di Pegasus "Non vedo Shiryu! Dov’è?" chiese dopo essersi guardato in giro

È Andato con Mordred da Fauno, il custode dell’Italia centrale!" rispose Shun

"Stasera, andiamo in giro per Roma, ti va di venire?" gli chiese poi Hyoga

Seiya assunse un’aria imbarazzata, poi si voltò verso Saori e disse:

"Mi dispiace, ma sta sera volevo dormire in camera con Saori. Forse voi non lo sapete, ma abbiamo una camera tutta per noi!"

"Cosa?!" urlarono i quattro Cavalieri, insieme a Kanon che si era avvicinato per salutarli, mentre Kiki (essendo un bambino) non capiva molto perché i suoi amici avessero urlato in quel modo

«Sono già a questo punto? Che audacia!» pensò Kanon

«Credo che da solo con una donna non riuscirei a mantenere il sangue freddo!» furono i pensieri di Hyoga

«Quando capiterà a me e June dovrò chiamare mio fratello?» si chiese Shun

«Sicuramente nessuno dei due si sentirà pronto!» affermò a se stesso Ikki

«È assurdo! Io non sono ancora riuscito a farlo con Marin, ma Seiya e Atena lo faranno questa sera!» pensò innervosito Aiolia.

Anche Afrodite e Dioniso erano arrivati all’aeroporto e l’avevano fatto per mandare a monte il piano di Daisuke, Zeus ed Ermes

"Guarda!" disse la dea della bellezza a suo fratello "Daisuke è andato a parlare con gli amici di Seiya! Sicuramente l’informerà del loro piano!"

"Sì! Sembra, però, che al Cavaliere della fenice non importi molto!" ragionò il dio del vino, poi chiese alla sorellastra "Hai fatto vedere a Era dove nostro padre tiene i tu- sai-cosa?"

Afrodite annuì "Sì! Anche se adesso sta facendo resistenza, entro le nove e mezza (ora greca) aprirà il cassetto e sarà qui! Non volevamo fare questo a nostro padre, ma lui ci ha costretto!"

"Hai ragione! Provare piacere è un diritto degli uomini quanto degli dei!"

"Noi non possiamo permettere che alla nostra amata sorella e al nostro futuro cognato siano negati l’amore e il piacere a causa di un gruppo di rozzi guerrieri!" disse con fierezza Afrodite

"Se hanno deciso che questo è il momento giusto per loro, noi li aiuteremo!" dissero tutti e due mettendosi in posa da supereroi.

 

La furia di Era (6)

Erano le nove di sera, e nell’albergo di proprietà della Fondazione Grado c’era grande movimento. Ecco cosa stava succedendo: dentro la loro camera c’erano Saori e Seiya che non sembravano fare niente di male. Fuori dalla finestra Ermes (nome in codice: Sandali d’Oro), con in mano un walkie-talkie comunicava cosa stava succedendo ai Cavalieri (nome in codice: Amici Impiccioni), che erano nascosti in una stanza adiacente, che a loro volta informavano Daisuke e Zeus (nome in codice: Padri Preoccupati), appostati davanti alla porta della stanza dei due ragazzi e resi invisibili dal Cosmo del padre degli dei. Ovviamente, il gruppo di controllo non aveva previsto il piano volto ad ostacolarli di Afrodite e Dioniso che comprendeva due mosse: attendere l’arrivo di Era ed ostacolare in modo non violento gli Amici Impiccioni.

"Qui Sandali d’Oro ad Amici Impiccioni! Mi ricevete? Passo." disse Ermes, mentre cercava di guardare attraverso la finestra della stanza dei due innamorati, che era coperta da tende

"Qui Amici Impiccioni. Che cosa succede? Passo!" chiese Kanon che reggeva il walkie- talkie

"Non riesco a vedere niente a causa delle tende. Ma ha giudicare dai rumori…stanno guardando un film romantico alla TV!" rispose Ermes in tono deluso.

"Ok! Grazie comunque! Passo e chiudo." Concluse Kanon, prima che un cameriere suonasse alla porta con in mano una bottiglia di vino rosso.

"Siccome siete amici della signorina Saori, il direttore ha pensato d’offrirvi una bottiglia del nostro vino migliore!" spiegò l’uomo porgendo la bottiglia ad Aiolia, che aveva aperto la porta

"Grazie mille!" rispose il Cavaliere della quinta casa prendendo la bottiglia

"Ecco! Qui ci sono anche i bicchieri!" aggiunse il cameriere allungando una bellissima scatola "Sono nuovi di zecca! Fate attenzione!"

"Certo! Non si preoccupi!" assicurò il Leone d’Oro, mentre prendeva la scatola

"Ok! Vi auguro la buona notte signori!" concluse l’uomo, prima di chiudere la porta. Poi il misterioso di cameriere si diresse verso una stanza vicino, bussò e disse:

"Sono io, sorella! È andato tutto per il meglio!"

"Bene! Sei stato grande Dioniso!" esultò la dea della bellezza dopo aver aperto la porta, mentre il dio del vino si toglieva le scarpe e si sdraiava sul letto

"Col mio Cosmo ho aumentato la gradazione alcolica della bevanda e, quando hanno aperto la porta, ho anche influito sulle loro menti. Presto berranno il vino e si prenderanno una sbornia coi fiocchi!".

Infatti, tutti gli Amici impiccioni erano caduti a terra addormentati dopo solo il primo bicchiere, tutti tranne Kanata (Kiki era andato a letto da un pezzo, grazie a Morfeo) che prese il walkie- talkie e lo comunicò ad Ermes

"Cosa?! Allora qualcuno vuole ostacolarci! Credo di sapere chi sia! Dillo subito ai Padri Preoccupati!" disse il messaggero degli dei

"Ok! Passo e chiudo." rispose il Cavaliere di Platino, prima di uscire dalla stanza dove trovò Dioniso ad attenderlo, insieme ad Afrodite

"Il vostro piano è fallito!" lo informò il dio del vino prima di rivolgersi ad Afrodite "Quanto manca?"

"Poco!" rispose la dea della bellezza guardando l’orologio da polso nuovo che si era comprata nel negozio di un famoso stilista italiano (indovinate quale!) "3… 2… 1…". Dopo l’ultimo numero si udì una voce spaventosa urlare "TESORO!" e pochi millesimi di secondi dopo la porta della camera di Seiya e Saori cadde a terra con sopra Zeus che cercava di fuggire alla moglie Era, inferocita come non la si vedeva da secoli, sotto lo sguardo stupito di Seiya, Saori, Daisuke e Kanata.

"«Non ho mai preso il posto di Leonardo da Vinci! Io sono una frana a dipingere! Come potrei aver dipinto la Gioconda!», eh!?" disse la regina degli dei rivolta al marito con voce spaventosa "E «Non ho mai passato una notte con (bip), tesoro!» Ma se si vede lontano un miglio che (bip) è il tuo ultimo figlio illegittimo! Ora non mi puoi mentire! Ho trovato tutti i tuoi diari con tutte le tue scappatelle dalla caduta di Roma ad oggi!"

"Meglio della comiche! Quanto mi mancavano scene come questa!" ridacchiò Dioniso, prima di versare un po’ di vino in un bicchiere, che poi diede a Kanata "Tieni! Ho abbassato la gradazione a solo un grado. È quasi mosto, ti piacerà!".

Il ragazzino rifiutò. Non voleva bere mentre la divinità che aveva giurato di servire era sotto attacco, ma il nemico era la moglie del suo dio e scene del genere gli avevano detto che erano innocue (forse perché neanche il miglior membro dell’armate celesti può cavarsela contro Era al massimo della sua furia).

"BASTA!" urlò poi Atena rivolta al padre e alla matrigna "Questo è un albergo, non la vostra casa! Andate fuori se volete litigare!"

"Scusaci!" disse Era, mentre provava a calmarsi "Ma ho trovato i suoi diari e…mi conosci, no?"

"Perché eravate fuori dalla porta?" chiese poi Atena, a suo padre

"Scusami figliola, ma ieri sera Daisuke Edogawa è venuto a dirmi che tu e Pegasus sareste andati a letto insieme e…"

"A letto insieme?! Ma abbiamo soltanto tredici anni!" esclamò Seiya meravigliato "Volevamo solo pomiciare, guardare un po’di TV e poi dormire insieme! L’amore lo faremo fra tre- quattro anni!"

"Coooosa?!" esclamarono Dioniso e Afrodite, facendosi avanti sotto lo sguardo stupito di Zeus "Allora è stato tutto inutile! Io che ho pure fatto ubriacare gli altri Cavalieri in modo che non vi dessero fastidio!" confessò il dio del vino deluso.

"Falli venire qui che sistemiamo la vicenda! Normali, mi raccomando!" disse Atena al fratello, per evitare dei Cavalieri sbronzi.

Più tardi, tutti i protagonisti della vicenda erano in camera dei due innamorati per una riunione di chiarimento sulla questione. Seiya e Saori furono molto colpiti nell’apprendere che Ermes era fuori dalla loro finestra che cercava di spiarli, senza successo.

"Bene!" disse poi Saori alzandosi "Adesso ci serve un volontario che aggiusti la porta, e uno che cancelli la memoria agli altri ospiti!"

"La porta l’aggiusto io!" disse Daisuke alzandosi

"Ma no!" urlò Afrodite "Possiamo chiamare mio marito! Ef…."

"No! Grazie!" sospiro Saori "Ho incontrato abbastanza parenti della mia vita precedente per oggi!"

"Va bene!" disse Afrodite, offesa "Sai che sei molto carina come Saori Kido?" le disse poi

"Grazie!" sorrise Atena

"Ma io sono sempre più carina di te! È la vita, mia cara!" disse lei prima di andare via, poi si voltò e aggiunse "Complimenti per il tuo ragazzo! Hai scelto bene!"

"Grazie, ancora!" disse la dea della giustizia prima di voltarsi verso Seiya "Non l’ho mai sopportata!" sospirò

"Scusa, Atena!" disse Zeus alla figlia "Io vorrei cancellare la memoria, in fondo è successo tutto per causa mia!"

"Ok!"

"Grazie!" esclamò raggiante il re degli dei "Ah, Seiya!"

"Sì?!" disse il Cavaliere di Pegasus

"Avete la mia approvazione! Datemi tanti bei nipoti!" disse prima di uscire, sotto lo sguardo sconcertato del ragazzo che ancora non credeva a quello che aveva sentito.

"Scusatemi!" disse Dioniso ai Cavalieri "All’inizio non volevo farvi ubriacare, ma…"

"Ok! Non preoccuparti!" gli disse Aiolia "A proposito! Non hai qualche vino per una cenetta romantica?"

"Sì, certo! Appena finirete la battaglia te lo porterò!"

"Dioniso!" disse Ermes avvicinandosi al fratello con aria strana "Scherzo ad Apollo?"

Il dio del vino ci pensò un po’ poi disse:

"Ok! Ma sta volta facciamo ubriacare le Muse, e ci diamo all’orgia con loro! Forse finalmente anche lui si deciderà a godersi la vita una volta tanto, invece di comporre serenate a destra e a manca!".

Seiya guardava a poco a poco gli dei andare via e disse:

"L’Olimpo è un manicomio!"

Finisce qui il paio di capitoli speciali. Facciamo un salto indietro nel tempo e scopriamo cos’hanno fatto Shiryu e Mordred.

 

La riunione dei lupi e l’antica rivalità.

Attraverso i boschi del centro Italia, Mordred e Shiryu camminavano in cerca di Fauno, il custode dei boschi e dell’Italia centrale. Egli però non era un Legionario comune, ma anche un dio boschivo e fu il terzo re d’Italia all’epoca dei miti, dopo il padre Pico, il nonno Saturno e il leggendario Giano che fondò i Legionari insieme al suo successore facendo fare loro un’importante giuramento: quello di continuare a proteggere coloro che abitano nella penisola, qualunque cosa sarebbe successo. In seguitò ci fu una terribile guerra con le Genti di Ana e i primi tre re d’Italia ci rimisero la vita. Fauno si ritrovò, allora, solo a guidare i Legionari e fu costretto a negoziare la pace lasciando ad Ana e ai suoi seguaci il nord- ovest della penisola. Una scelta che rimpianse per sempre, vita dopo vita.

Mordred non vedeva l’ora di conoscere il dio, poiché anche il simbolo di Fauno era un lupo e quindi egli avrebbe potuto insegnarli a tirare fuori le zanne che si celavano all’interno del suo Cosmo.

Mentre camminavano nei boschi, i due amici sentirono qualcosa muoversi dietro gli alberi accompagnata da un Cosmo misterioso.

"Shiryu, l’hai sentito?" chiese il figlio di re Artù al compagno, mentre si preparava ad impugnare la spada.

"Sì!" affermò il Cavaliere del dragone, prestando ulteriore attenzione alla presenza "Ma questo Cosmo è… Aspetta ad attaccare!" disse all’amico, prima d’avvicinarsi agli alberi e dire con voce incredula ed emozionata:

"Fenrir! Sei tu?".

Come risposta il Cavaliere di Asgard uscì dal bosco con indosso l’armatura del suo casato e la sua famiglia adottiva di lupi, sotto lo sguardo incredulo del Cavaliere di Grecia.

"Sono io, Shiryu! A nome dei lupi di Asgard, ringrazio te e i tuoi amici per aver liberato Hilda dal giogo di Poseidon!" disse Fenrir sorridendo all’avversario di un tempo.

"Come fai ad essere vivo?" gli chiese Shiryu meravigliato "Credevo che fossi morto quando…"

"Sono stato io a salvarlo!" disse un misterioso ragazzo di circa venticinque anni coi capelli e gli occhi castani, vestito con abito grigio da pastore accompagnato da un Cosmo di colore bruno "Sono Fauno dei boschi. Benvenuti nel mio regno!".

Mordred rimase fermo per qualche secondo, poi s’inchinò davanti al dio

"È per me un onore conoscerti, divino Fauno!" disse il ragazzo con tono pieno di rispetto "Sono Mordred Pendragon, e ti chiedo di prendermi come tuo allievo! Solo tu puoi insegnarmi ad utilizzare al massimo le zanne e gli artigli che risiedono nel mio Cosmo e nella mia Excalibur!" aggiunse porgendo davanti al dio la sua spada.

Fauno prese la spada e cominciò a guardarla, poi fece ai Cavalieri e ai lupi segno di seguirlo. Mentre camminavano Shiryu s’avvicino a Fenrir e gli chiese com’era riuscito a salvarsi come faceva a sapere di Poseidon

"È stato il mio maestro!" spiegò lui indicando Fauno "Mi ha soccorso dopo che tu ti sei ripreso, e mi ha portato davanti alla statua d’Odino, mentre Seiya stava affrontando Siegfried. Ho ascoltato le parole di Sorrento, e ho sentito crescere in me un odio ancora per Poseidon, più forte di quello che ho per gli uomini!! Ho visto quando Seiya ha impugnato Balmung e ha infranto l’anello. E, infine, ho ascoltato la preghiera di Hilda, sentendo per la prima volta il suo vero Cosmo! Dopo la sconfitta del dio del mare, sono andato davanti a Hilda col maestro Fauno. Egli gli ha chiesto il permesso d’allenarmi qui in Italia, e lei l’ha concesso. Anzi, ha dato il permesso ai miei lupi di venire con noi! Ho appreso molto da Fauno e, se ti consola, il mio odio per gli uomini si è smorzato. Il maestro mi ha fatto conoscere i bambini orfani di cui si prende cura nella sua identità umana. Anche loro hanno visto morire i propri genitori e…"

"Ti sei riconosciuto in loro!" completò il Cavaliere d’Atena.

Fenrir annuì, e poi riprese:

"Ho giurato a me stesso che non avrei permesso che nessun bambino di Asgard viva ciò che io e quei bambini hanno vissuto, e i miei amici lupi hanno scelto d’aiutarmi!" e accarezzò quello con la cicatrice sull’occhio.

Il gruppo arrivò davanti ad una casa di pietra grigia immersa nella foresta, con dei lupi intorno che Fauno accarezzò uno per uno prima di aprire la porta e far accomodare i suoi ospiti e il suo allievo. L’interno della casa era semplice come l’esterno, con un tavolo, delle sedie, due giacigli e una piccola stufa. Vi era anche un mobile che conteneva dei bicchieri di legno e delle bottiglie di vino. Fauno prese quattro bicchieri, e ci versò in ognuno un po’ di vino. Poi si sedette e invitò ospiti e allievo a far altrettanto. Dopo che tutti si furono seduti disse a Mordred:

"Non vedo problema a prenderti come mio allievo, ma purtroppo non posso aiutarti a tirare fuori le zanne e gli artigli dalla tua spada!"

"Perché no!" esclamò Morderd battendo il suo bicchiere sul tavolo

"Perché quella è una spada nata nell’odio. Chi l’ha forgiata vi ha aggiunto il suo sangue e con esso il suo Cosmo carico d’odio! Solo chi dimostra un odio profondo quando affronta un nemico, può usare il pieno potere di quella spada!" spiegò Fauno, mentre Mordred tornava con la mente a quando Maat gli diede la spada "E utilizzare un Cosmo carico d’odio è ciò che io non insegno! Io insegno ad utilizzare zanne e artigli per proteggere coloro che amiamo, non per uccidere un nemico per puro capriccio! Se vuoi diventare mio allievo dovrai smettere d’utilizzare quella spada!" aggiunse rivolto a Mordred con sguardo severo.

"Non posso rinunciarci! Mi stata donata dalla mia madre adottiva!" disse il lupo di Britannia a voce bassa, pensando alla donna che l’aveva cresciuto quando era piccolo

"Allora non ti prenderò come allievo! E se siete venuti solo per questo siete pregati d’andarvene!" rispose il dio

"Aspetta!" disse Shiryu "Siamo venuti perché ci serve il tuo aiuto contro gli dei celti e i Tree Drui! Pare che Mercuzio delle pianure ci abbia già rimesso la vita!"

"C’è anche Cerunno tra gli dei?" chiese preoccupato Fauno, dopo aver bevuto un sorso di vino. Come risposta alla sua domanda un Cosmo color ebano, freddo come l’inverno, carico di rabbia e di rivincita avvolse la foresta e tutti i cervi arrivarono nei pressi della casa del Legionario, pronti ad attaccare. Come se fossero controllati da qualcuno. Questo qualcuno era Cerunno.

"Chi non muore si rivede, eh Fauno?!" disse il dio boschivo celtico alla sua controparte italiana, quando questi uscì dalla sua casa.

"Avrei preferito non rivedere mai più un essere della tua risma! Un demone travestito da dio!" rispose Fauno guardando l’avversario con disprezzo, mentre i lupi si disponevano in sua difesa.

"Io invece speravo di rivederti! Non pensare che abbia dimenticato che tu sei stato il primo a tagliarmi le corna, e sconfiggermi!" replicò Cerunno, prima di togliersi un bracciale dell’armatura rivelando una lunga bruciatura sul braccio che sembrava provocata da acido o qualcosa del genere "Oltre che farmi questo!" aggiunse mostrandolo a Fauno.

"Ti ho dato solo quello che meritavi!" rispose il dio italico con voce piatta.

Cerunno, a quelle parole, perse completamente la calma

"Tu non ha alcun diritto di dirmi queste cose! Sei solo una divinità di seconda categoria!" urlò, mentre i cervi si gettavano sul suo nemico per caricarlo.

Nonostante l’attacco che era di fronte a lui, Fauno non fece una mossa fino a quando gli animali non arrivarono a un centimetro da lui. Con sguardo calmo il Legionario cominciò a bruciare il suo Cosmo e i cervi si fermarono, prima di tornare nella foresta.

"E tu invece sei un vigliacco!" disse il dio italico con voce calma "Lo scontro sarà tra noi due! Senza animali, né allievi!"

"Ci sto!" rispose Cerunno, mentre i due avversari iniziavano ad espandere i loro Cosmi.

 

La battaglia dei boschi. Lupo contro cervo

Seduto davanti alla Tavola Rotonda, Artù stava guardando l’anello che portava al dito. L’anello che apparteneva alla sua famiglia da quando i suoi antenati giunsero da Roma. L’anello che era stato del fratello di suo padre, Aureliano Ambrosio, e che lui aveva ereditato per diritto.

Le sue riflessioni furono interrotte da una donna bionda di capelli, che entrò nella sala e si sedette vicino a lui.

"Stavi di nuovo pensando a chi lasciare il tuo anello e la tua spada, eh?! Ti ho già detto che devi darli a nostro figlio!" disse la donna

"Non posso! Gawen è mio figlio legittimo, ma non sono mai stato un padre per lui. Ha già una famiglia!" obiettò il re "E poi, è Mordred il figlio maggiore! L’anello spetta a lui più di Gawen!"

"Mordred!" disse stupefatta la donna bionda "Quel demonio ti ha quasi ucciso e…"

"Non parlare così di mio figlio, Guinevere! Adesso fra me e lui c’è un bellissimo rapporto! Abbiamo combattuto insieme, e gli ho provato di tenerci veramente a lui! Quindi, non osare definire un demonio mio figlio! Tu non sai che cos’ha passato quel ragazzo!" rispose lui guardando in faccia la moglie, con uno sguardo di sfida.

"Ascoltami, ti prego!" disse la regina "Tu non puoi dare la tua eredità a Mordred, a meno che…"

"A meno che non l’addotti! Ed è quello che farò!" disse Artù dirigendosi verso la sala di Merlino, mentre sua moglie lo guardava con occhi di ghiaccio, infuriata per la scelta presa dal marito.

Nel bosco, i Cosmi delle due divinità si scontravano mezz’aria, generando letteralmente scintille. I Cavalieri osservano immobili quella scena. Nessuno di loro aveva mai visto Cosmi così potenti.

Improvvisamente dal cielo, scese una luce color terra che rivestì il corpo di Fauno. Quando il bagliore si spense il Legionario indossava un’armatura le cui fattezze erano quelle di un lupo.

"Ora sono pronto alla battaglia, Cerunno!" urlò, prima di correre contro il nemico, e intraprendere con lui una battaglia corpo a corpo, in cui il dio italico sembrava in netto vantaggio sul suo corrispettivo celtico.

"Ti faccio i miei complimenti! Sei migliorato molto, ma non abbastanza!" disse Cerunno, scaraventando l’avversario in aria con le sue corna "Non potrai battermi con quel corpo di misero essere umano!"

"Maestro!" urlò Fenrir, quando Fauno cadde al suolo "Maledetto! Ora te l’ha vedrai con me!" aggiunse andando verso Cerunno, con lo sguardo carico di rabbia.

"Fermati!" disse il dio italico all’allievo rialzandosi "Quello è il mio avversario, e tocca a me combattere! Tu e i lupi state lontano! Io lo sconfiggerò anche questa volta!"

A quelle parole, Cerunno scoppiò a ridere. Una risata fredda che non lasciava trasparire alcun divertimento.

"Spiacente per te, ma questa volta non ce la farai a battermi! Questa è la punizione che ti meriti, dio italico di seconda categoria!" disse il dio- cervo cominciando a concentrare il proprio Cosmo nella sua mano destra "Eccoti il mio colpo finale! Addio, Fauno! TORMENTA D’EBANO!".

Dalla mano di Cerunno cominciò ad uscire un turbine di neve nera, che s’abbatté contro Fauno, senza però lasciargli danni, o almeno così sembrava.

"Se questo è il tuo colpo migliore, allora sei tu la divinità di serie B!" disse il dio italico prendendo un fustino "Adesso prendi! SANGUE DEI…".

Improvvisamente i movimenti di Fauno cominciarono sempre di più a rallentare, come se i suoi nervi fossero congelati.

"Questo è l’effetto del mio colpo segreto: la Tormenta d’Ebano! Essa congela lentamente il sistema nervoso dell’avversario, per poi arrivare al corpo. Ogni minuto che passa i tuoi nervi si congelano sempre di più! Potrei lasciarti morire così, ma non è quello che voglio!" disse Cerunno prima di caricarlo con le corna. "E non ho ancora finito!".

Preso da una rabbia senza pari, il dio celta cominciò a picchiare Fauno a destra e manca con i suoi pugni e a caricarlo con le corna riuscendo addirittura a trafiggerlo. Il povero Legionario sentiva sempre di più il suo corpo irrigidirsi, non sarebbe riuscito a contrattaccare, nonostante sentisse in lontananza gli urli di Fenrir, Mordred e Shiryu e i guaiti dei lupi.

Quando cadde a terra, Cerunno lo guardò e gli chiese con una nota di sarcasmo:

"Allora? Come ti senti?"

«Non posso muovere un muscolo e neanche parlare!» si disse il dio italico, mentre il suo nemico continuava a picchiarlo «Oramai…non posso…fare niente…»

"Ora non mi sarai più d’intralcio!" disse il dio celtico guardando il nemico, prima di volgersi verso i Cavalieri "Adesso sarà il vostro turno!" aggiunse espandendo il proprio Cosmo

«Cos’è questa sensazione? È come se il Cosmo di Cerunno mi congelasse!» pensò Shiryu, mentre sentiva un brivido di freddo corrergli su tutto il corpo «E sembra che anche gli altri ne siano vittima!» aggiunse vedendo Fenrir e Mordred paralizzati.

Steso a terra, Fauno osservava quella scena impotente. Sentiva a poco a poco il suo corpo congelarsi sempre di più, mentre dentro di lui cresceva un’infinita sofferenza per ciò che stava accadendo a Fenrir, Shiryu e Mordred, che Cerunno guardava con i suoi freddi occhi verdi. Lui, il dio-lupo protettore dei boschi, stava per morire a causa del suo più mortale nemico, che si stava preparando ad uccidere quei ragazzi che aveva deciso d’aiutare.

«Che ti succede, Fauno? Hai forse dimenticato quale animale è il tuo simbolo?» gli chiese improvvisamente una voce che il Legionario conosceva bene

«Padre!» pensò il ragazzo pieno di tristezza «Io non posso fare niente! Il lupo sta esalando l’ultimo respiro!»

« E a causa di chi?» chiese allora Pico «A causa di un cervo? O di un lupo che ha preferito arrendersi? Non accadrà mai che il leone è l’agnello vivano insieme senza che il primo mangi il secondo, allo stesso modo un cervo non può sconfiggere un lupo, quest’ultimo, però, può essere sconfitto da un altro lupo, o da se stesso!»

«Hai ragione! Io sono un lupo!» rispose il dio cominciando ad espandere il proprio Cosmo «E un lupo mangia i cervi!».

Cerunno continuava a passare il suo sguardo sui Cavalieri, prima di posarlo definitivamente su Fenrir.

"Tu sarai il primo!" disse al Cavaliere di Asgard "Volevo uccidere Mordred poiché si è macchiato del più grave dei peccati: uccidere una divinità! Ma tu sei discepolo di Fauno, e devi pagare anche tu per quello che mi ha fatto il tuo maestro!" aggiunse alzando la mano sul giovane.

All’improvviso, il dio celtico cominciò a sentire dietro di se un Cosmo che non sembrava appartenere né a un uomo, né a un dio. Sembrava il Cosmo di una belva. In piedi, dietro Cerunno, vi era Fauno, il cui Cosmo aveva preso la sagoma di un gigantesco lupo. Cerunno, incredulo, cominciò ad arretrare per la paura. Come se davanti a lui ci fosse un essere in grado di ucciderlo.

"Il cervo ha svelato la sua vera natura!" disse Mordred guardando la scena "La vera battaglia inizia adesso!"

"P- perché non sei morto? C- come hai fatto? Come hai fatto? N- non è mai successa una cosa del genere!" disse spaventato Cerunno indietreggiando sempre di più, mano a mano che Fauno avanzava verso di lui

"Sei solo un cervo! E un cervo non può battere un lupo come me!" rispose il dio prima d’avventarsi contro l’avversario, il quale era paralizzato dal terrore di un Fauno che non aveva mai visto prima, neanche all’epoca dei miti. Con un gesto rapido, il dio italico diede al suo avversario un pugno nello stomaco che distrusse parte della sua armatura, e lo fece stramazzare al suolo.

"Non è possibile!" disse poi il dio Cervo rialzandosi, prima d’incominciare vomitare sangue "Io sono un dio più potente di te! TORMENTA D’EBANO!" aggiunse lanciando il colpo con cui, prima aveva messo l’avversario al tappeto. Fauno, prese il suo frustino e lo bagnò col proprio sangue

"Non sono così stupido da farmi colpire due volte! SANGUE DEI LUPERCALI!" urlò agitando la frusta da cui uscirono quelli che sembravano fendenti di sangue che si scontrarono con la neve nera di Cerunno a mezz’aria. La potenza dei loro Cosmi era pari.

"Tu non puoi battermi, Cerunno!" disse Fauno all’avversario "Tu sei un cervo ma io sono un lupo, e tu soccomberai sotto le mie zanne e i miei artigli!"

"Provaci!" urlò il dio celtico aumentando la potenza del suo attacco.

Come tutta risposta, il Legionario spicco un salto in aria togliendosi dalla traiettoria del colpo del nemico, poi da pugni della sua armatura uscirono degli artigli e, infine, Fauno si lanciò contro Cerunno mirandolo al petto

"Eccoti il colpo più potente di Fauno, dio italiano dei boschi! FINAL WOLF ATTACK!".

Gli artigli si tinsero di colore argenteo, come se fossero dei denti, poi Fauno cominciò a colpire il corpo dell’avversario a velocità sempre maggiore, distruggendo quasi completamente la sua armatura

"Non è… finita qui…" disse lentamente il dio avvolgendo se stesso in un turbine di neve

"Fermati! Non crederai di scappare!" disse Fauno correndogli adosso

"WOOD…GHOST…" disse a fatica il dio ferito, mentre Fauno veniva circondato da quelle che sembravano immagini di alberi spettrali, mentre Cerunno approfittava di queste illusioni per avvolgersi in un turbine di neve nera con cui dileguarsi.

"Lo fermo io!" disse Mordred lanciando contro il turbine la sua spada, che fu però imprigionata in cristallo di ghiaccio nero e cadde a terra frantumandosi, sotto gli occhi increduli del suo proprietario.

 

Gli amici si ritrovano

Seduto sulla sua sedia, Mordred guardava con occhi pieni di lacrime e rabbia quello che rimaneva della sua Excalibur: una lama ridotta in frantumi avvolta da uno spesso strato di ghiaccio nero. Al ragazzo non pareva vero ciò che era successo. La sua spada, forgiata dalla sua madre adottiva, Maat, era stata distrutta e non avrebbe più potuto utilizzarla. Era vero che aveva utilizzato quella spada per uccidere molte persone e anche per ferire la sua madre naturale, ma era anche riuscito a proteggere i suoi amici e la sua famiglia amputando un braccio a Morrigan e le corna a Cerunno. Ma dell’Excalibur del lupo ora non rimaneva altro che una semplice lama spezzata.

Vedendo l’amico ridotto in quello stato, Shiryu gli si avvicinò e gli posò una mano sulle spalle

"Vuoi che ti versi un po’ di vino?" chiese poi all’amico

"No, grazie! Non ho sete!" rispose il figlio di re Artù senza voltarsi

"Ci tenevi davvero molto a quella spada! Perché era così importante per te?" chiese Fauno avvicinandosi, con in mano un bicchiere pieno di ottimo vino rosso

"Questa spada è stato il primo regalo che ho ricevuto!" rispose il ragazzo continuando ha fissare la lama "Inoltre ha forgiarla è stata colei che mi ha cresciuto quindi… Poi è sempre stata una compagna fedele in ogni battaglia e…"

"Ci hai quasi ucciso tuo padre!" disse scherzosamente la voce di Artù alle spalle di Mordred

"Papà!" esclamò il ragazzo voltandosi con espressione di sorpresa "Cosa ci fai qui?"

"Sono venuto a darti questo!" rispose l’uomo sfilandosi l’anello e porgendolo al figlio "Anche se non si usa più…ho deciso di riconoscerti come mio figlio adottandoti!".

Il ragazzo rimase fermo a fissare l’anello per qualche minuto, poi guardo il padre negli occhi e gli chiese se poteva pensarci ancora un po’, perché non si sentiva pronto a causa degli ultimi avvenimenti.

"Certo!" rispose il re "Ah! Quasi me ne dimenticavo! Questa è la tua copia della foto che tu, Gawen ed io abbiamo fatto prima che tu partissi!" aggiunse porgendogli una fotografia che ritraeva Mordred insieme a suo padre e suo fratello scattata qualche ora prima della partenza di Mordred per l’Italia davanti al Big Ben.

"Grazie!" disse il ragazzo prendendola, prima d’abbracciare il genitore "Sono felice che tu sia qui!"

"Anch’io! Ora va’ a dormire, domani decideremo il da farsi!" furono le parole dell’uomo, mentre ricambiava l’abbraccio del figlio.

"Tu e tuo figlio sembrate molto legati!" disse più tardi Fauno al suo ospite, mentre bevevano un po’di vino

"Lo siamo! Ancora mi sembra strano che sia vero, però! Fino a circa due settimane fa lui mi odiava dal profondo del cuore, oggi invece le cose sono cambiate!" rispose Artù, prima di posare il suo bicchiere "Ed è per questo motivo che voglio che abbia il mio anello, e poi lui è anche il mio primogenito!"

"Credo di poter capire!"

"Quando finiremo questa battaglia voglio che lui viva insieme a me, anche se a mia moglie non piacerà. Ma non m’importa! Io desidero che mio figlio viva con me più di qualunque altra cosa! C’è così tanto da recuperare! Qualche volta immagino come sarebbe stato se lui sarebbe vissuto con me, forse le cose sarebbero state diverse!" e si voltò verso il cielo a guardare le stelle.

Mordred era seduto sul suo letto e pensava al gesto che aveva fatto suo padre e alle emozioni che aveva suscitato in lui. Era così difficile credere che l’uomo che aveva odiato per molto tempo gli volesse veramente bene. Anche lui aveva imparato a volergliene e anche se ora lo chiamava "papà", c'era qualcosa dentro di lui che non gli aveva lasciato prendere l’anello. Si trattava del ricordo di Ponto, la divinità che gli aveva insegnato a combattere.

«Fino alla settimana scorsa volevo diventare un dio come Ponto ed essere suo figlio, ma adesso non so più cosa volere! Non so più chi è mio padre!» pensava il giovane piangendo sul letto.

Ad un certo punto la porta s’aprì e Artù entrò nella stanza. S’avvicinò al figlio e gli mise una mano sui capelli.

"Anche se non dovessi accettarlo, io ti considererei lo stesso mio figlio!" gli disse dopo che il ragazzo si voltò verso di lui.

A Parigi, intanto, le divinità celtiche e i loro seguaci non riuscivano ancora a credere a ciò che era successo a Cerunno. Ana era la più sconcertata di tutti: avevano rischiato di perdere un’altra divinità dopo pochi giorni dalla morte della prima.

"Un’azione del genere non può rimanere impunita! Fauno è solo un dio di serie B come Atena e Brigida!" disse la dea rivolgendosi ai Tree Drui "Qualcuno di voi vada in Italia a sfidare e uccidere quell’insolente di Fauno!"

Tayler si fece avanti, e s’inginocchiò dinanzi alla sua dea

"Grande sarà per me l’onore di compiere questa missione come mia prima battaglia!" furono le parole del nuovo Tree Drui del melo.

Il giorno dopo il sole brillava alto nel cielo d’Italia, mentre Mordred stava facendo una passeggiata per il bosco, contemplandone la bellezza e osservando tutti i vari animali che lo popolavano. Camminava senza stancarsi, addentrandosi sempre di più nel folto di quella radura sconosciuta, fino ad arrivare ad un laghetto. Mentre s’avvicinava per bere, sentì un Cosmo sconosciuto e strano dietro di lui. Si girò e vide un ragazzino con i capelli biondi molto chiari che indossava un’armatura bianca, che lo guardava con occhi strani, non umani.

"Chi sei?" chiese il figlio di re Artù al ragazzino "Non mi sembri umano!"

"Invece lo sono! O meglio, lo ero prima che nel mio corpo venisse iniettato l’ichor, al fine di rinforzarlo. Sono uno dei Cavalieri di Platino, coloro che formano le armate del re degli dei! E so anche chi sei tu, Mordred Pendragon!" rispose il bambino con una voce che sembrava quella di un uomo, continuando a guardarlo negl’occhi con quello sguardo strano, come se volesse ipnotizzarlo.

"Chi sei?" domandò di nuovo Mordred

"Il mio nome è…"

"Kanata! Ecco dov’eri finito!" disse all’improvviso Seiya, comparendo alle spalle del piccolo Cavaliere i cui occhi si fecero all’improvviso…normali, così come la sua voce.

"Ciao fratellone!" esclamò il piccolo Cavaliere voltandosi verso il fratello per correre poi verso di lui.

Seiya raccontò allo sconcertato Mordred chi era quel bambino, e come si erano conosciuti. Mordred, però, era rimasto sconvolto per come si era comportato Kanata poco fa, e quando gli chiese perché il ragazzino rispose:

"Non capisco cosa vuoi dire! Certe volte mi sembra di perdere conoscenza, e poi mi ritrovo in luogo senza sapere come ci sono arrivato! Non capisco neanch’io cosa mi succeda!".

Mentre ascoltava le parole del ragazzino, Mordred sentiva che stava dicendo la verità. Non capiva come fosse possibile, ma stranamente in presenza di Seiya anche il Cosmo di Kanata era cambiato. Era come se quel bambino avesse una doppia personalità, e sembrava che Seiya riuscisse a tenere buona quella che aveva detto di non essere più umana.

Alla stessa conclusione era arrivato anche Michele, il quale aveva visto la scena dall’alto e guardava Seiya, che in quel momento stava ridendo con Kanata, con un viso pieno di curiosità e di disprezzo allo stesso tempo.

"Com’è possibile?" disse "Come può essere che un umano riesca a tenere a bada una semidivinità. Ogni Cavaliere di Platino diventa un semidio al momento dell’investitura, elevandosi al di sopra dei comuni mortali. Perseus, però, è diverso! Dipenderà dal fatto che è un bambino, però quando era a Olimpia sentivo a poco a poco la sua parte divina farsi sempre più forte, ma da quando ha incontrato Seiya le cose sembrano cambiate…Non so perché ma non lascerò che quell’umano mi porti via il mio allievo e fratello! Anche se sono stati generati dalla stessa madre non possono certo dirsi fratelli!" e si preparò a tirare fuori la spada, quando un Cosmo di una potenza incredibile comparve dietro alle sue spalle.

«Michele!» disse una voce proveniente da esso «Torna subito! Forse non è ancora tutto perduto!».

Senza dire una parola, il Cavaliere di Platino rinfoderò l’arma e partì alla volta della Grecia .

 

L’eredità di un padre

Arrivati a casa di Fauno i tre Cavalieri incontrarono, oltre a Fenrir e Artù, anche Hyoga, Aiolia e Atena, che erano partiti con Seiya e Kanata, ma siccome poi il bambino era sparito, gli altri erano andati avanti. Fauno accolse i due fratelli con grande calore, poi disse al bambino:

"Se ti va puoi uscire a giocare fuori con gli animali! Basta solo che ti togli l’armatura! Preferisco vederle solo durante le battaglie!"

"Va bene!" rispose il Cavaliere di Platino spogliandosi delle sue vestigia.

Quando Kanata fu uscito, Mordred raccontò ai suoi amici lo strano incontro che aveva avuto col ragazzino e le strane parole che quest’ultimo aveva detto. Fauno e Saori rimasero per un po’ a riflettere, come se avessero già udito qualcosa del genere. Poi le due divinità si scambiarono uno sguardo d’intesa.

"Hai detto che nel suo corpo è stato iniettato l’ichor, giusto?" chiese Fauno, e Mordred annuì "Allora è proprio come pensavamo!" sospirò il dio italico "Sappiamo che al momento dell’investitura nei Cavalieri di Platino viene iniettato dell’ichor appartente a Zeus, al fine di renderli dei semidei. La presenza del sangue divino causa anche un mutamento della personalità, ed essi diventano di carattere molto simili alla maggior parte delle divinità."

"Questo è anche il motivo per cui i loro capelli diventano biondi e assumono un nuovo nome!" aggiunse Atena con voce preoccupata.

"Ma è anche il motivo per cui essi portano a termine i loro compiti senza il minimo dubbio. Il loro unico ideale è quello di mantenere l’equilibrio nel mondo secondo la legge di Zeus! Non si fanno preoccupazioni se ciò che compiono è giusto o meno, e molto spesso non badano nemmeno ai bambini!" riprese Fauno con voce cupa.

Seiya non riusciva a credere a quelle parole. Era così difficile pensare che un bambino come Kanata nascondesse un segreto del genere.

"Ciò che tu sei riuscito a fare con tuo fratello, però, è straordinario!"esclamò Atena rivolta a Seiya con voce gioiosa "Sicuramente dipende dal fatto che è ancora un bambino e dal legame che hai stabilito con lui! Forse nel suo cuore ha sempre voluto incontrarti, e quando ciò è successo in lui è nata una forte emozione che sta contrastando il potere dell’ichor. Se rimarrai vicino a tuo fratello forse lui non diventerà mai come gli altri guerrieri di Zeus!".

Seiya si voltò semplicemente a guardare il fratellino che giocava insieme ai lupi e agl’altri animali. Sembrava che il bambino legasse molto con i cuccioli, e sul suo volto si dipingeva un’espressione di gioia e felicità come il Cavaliere di Pegasus non le aveva mai viste.

In quel momento Seiya si sentì l’obbligo di aiutare e proteggere il suo fratellino dagl’altri guerrieri di Zeus. Aveva capito che se fosse rimasto con loro Kanata avrebbe perduto la sua infanzia, e lui non poteva permettere che a suo fratello capitasse com’era successo a lui dopo l’adozione da parte di Mitasauma Kido.

Improvvisamente, Fenrir s’alzò e cominciò a fiutare l’aria, come un lupo seguito da Fauno. Maestro e allievo uscirono dalla casa di corsa, seguiti dai loro ospiti e si fermarono davanti ad un albero secolare.

"Abbiamo sentito il tuo odore! Chi sei? Rivelati!".

E con un balzo, Tayler del melo si mostrò ai suoi stupiti avversari.

"Sono qui per ucciderti, Fauno! In modo che tu possa pagare per ciò che hai fatto!" disse il Tree Drui rivolgendosi al dio boschivo, il quale lo guardò da prima con curiosità poi affermò che, anche se era forte, aveva sbagliato avversario.

"Se vuoi batterti con qualcuno fallo con me!" disse Artù avvicinandosi al Tree Drui, brandendo la sua spada.

"Io non sono tipo da tirarmi indietro di fronte ad una sfida!" ammise Tayler con tono soddisfatto "La tua ora è scoccata, re Arthurus Pendragon! O dovrei chiamarti col tuo vero nome, Aureliano Ambrosio il Giovane?" aggiunse lasciando sul volto di Mordred un’espressione di stupore.

"Tu…tu sei romano?" domandò Mordred a suo padre con tono incredulo

"Sì, per metà!" ammise Artù guardandolo "Ed è una parte di me che non ho mai rinnegato, e lo prova la mia fede in Dio! Il nome Arthurus deriva dal fatto che il mio simbolo in battaglia era un orso! (8)".

Mordred non credeva a quella rivelazione: aveva sempre creduto di essere un celta purosangue, invece aveva appena scoperto di essere per un quarto romano. In quel momento sentì tutte le sue certezze crollargli addosso. Non riusciva a credere che nessuno glielo aveva mai detto.

"E il tuo nome romano" continuò Artù " è Remo Aureliano Ambrosio! Quando sei nato, tua madre decise di farti battezzare con quel nome romano suggerito da me, siccome eri il nipote adottivo di mio padre!"

"Io…sono…romano…e…sono…battezzato…" mormorò allora Mordred, mentre tutta la sua vita cominciava a scorrergli davanti agli occhi come un film.

"Ora che avete chiarito la faccenda di famiglia, combattiamo!" disse Tayler sguainando quella che sembrava una spada formata da corna.

"Che significa quella spada?" chiese Artù "Lo saprai subito! UNICORN HORN!" attaccò il Tree Drui alzando l’arma provocando una fendente che tagliò pure la terra "Questa lama è formata da corna di unicorno, l’animale simbolo della mia patria: la Scozia!"

"Non pensare che basti a fermarmi!"urlò il re prima d’andare all’attacco incominciando un grandioso combattimento tra la sua spada e quella del nemico.

Lo scontro fra le due armi non aveva precedenti, mai nessun Cavaliere aveva visto una scontro così emozionante: l’abilità dei due contendenti era praticamente pari.

"Lo scontro è quasi alla fine, maestà!" ridacchiò all’improvviso Tayler, avvicinando la sua lama all’armatura dell’avversario, staccandola dal corpo con un solo fendente senza lasciare graffi sul corpo dell’avversario.

"Posso combattere anche senza armatura!" disse il re con sguardo deciso

"Ma potrai liberarti da questo? PENTA DEATH!" chiese l’avversario toccando un punto del suo petto lasciando un piccolo buco che provocò al padre di Mordred un fortissimo dolore. "Il Penta Death consiste nel colpire l’avversario in cinque punti diversi, formando così un pentagono. Nei punti colpiti sono piccolissimi, quasi invisibili ma provocano un dolore mortale e una forte emorragia!" spiegò Tayler lanciando dal suo corno un attacco simile alla Scarlat Needle.

"GOLDEN CIRCLE!" si difese Artù, resistendo al dolore

"Sei forte! Ma non potrai resistere a lungo!" urlò il nemico lanciando altri attacchi che lo colpirono in due punti, causandogli una forte emorragia che fu accompagnata da un urlo disumano di dolore.

Mordred era rimasto scioccato dalle rivelazioni fatte da suo padre, ma quell’urlò sembrò riportarlo alla realtà. Alzò lo sguardo e vide suo padre che si reggeva a malapena, mentre Tayler si preparava ad attaccare. Veloce come mai prima d’ora, si frappose fra i due contendenti ricevendo appieno un colpo che danneggiò molto gravemente la sua stessa armatura.

"Se vuoi fare del male a mio padre, dovrai prima vedertela con me!" disse preparandosi ad attaccare, ma suo padre lo fermò dicendogli che questa era la sua battaglia e che lui non doveva intromettersi.

"Anche se morirò" aggiunse poi "voglio che tu abbia questo anello! Tu sei mio figlio, sei il mio…"

"Il tuo Remo! Lo so!" disse lui piangendo "Io sono Remo Aureliano Ambrosio e non voglio perdere mio padre!"

"Tu non mi perderai mai!" disse Artù infilandogli l’anello al dito "Non ti lascerò mai!"

"Che scenetta commovente! Vi farò morire insieme!" urlò Tayler lanciando il suo colpo

"Non sarà così! KING’S VICTORY!" disse il re tracciando un cerchio con la spada, dopo essersi messo davanti a suo figlio, creando un fendente dorato di forma circolare si scontrò con il colpo di Tayler.

"Sei davvero il più grande guerriero della Gran Bretagna!" ammise il Tree Drui, prima di cadere a terra esalando l’ultimo respiro. Il colpo di Artù lo aveva infatti colpito all’altezza del cuore.

"Ce l’hai fatta papà!" urlò Mordred andando verso il padre, prima di notare che la sagoma del pentagono era stata completata. Aureliano Ambrosio, meglio noto come Arthurus Pendragon, era morto definitivamente.

Il funerale

Le catacombe di Roma un tempo erano usate dai cristiani per nascondersi dalle persecuzioni e seppellire i morti. In uno di quei cunicoli i Legionari d’Italia e i loro alleati stavano tenendo un funerale per una persona che per aiutarli aveva sacrificato la sua stessa vita. La salma di Aureliano Ambrosio giaceva a terra coperta da un velo bianco, con intorno una moltitudine di persone che l’avevano amato tra cui sua moglie, sua sorella, il suo fratello adottivo e i suoi due figli, uno dei quali venuto appositamente dall’Inghilterra.

Mordred guardava quella scena con gli occhi pieni di lacrime seduto vicino a Ginevra e Gawen, con adosso una vecchia veste funebre romana di colore nero. Erano solo passati due giorni da quando aveva visto suo padre spegnersi sotto i suoi occhi.

La cerimonia funebre iniziò quando Marco s’avvicinò al corpo, si fece il segno della croce seguito dai presenti, poi iniziò a parlare:

"Siamo oggi qui riuniti per porre l’ultimo saluto ad un uomo di valore che ha combattuto fino alla fine per proteggere ciò in cui credeva e coloro che amava. Si chiamava Aureliano Ambrosio il Giovane, ma il mondo lo conosceva come re Artù dal nome della sua insegna. Egli ha attraversato secoli di storia, non solo come eroe leggendario ma anche come persona. Solo pochi dei presenti lo conoscevano veramente, ma essi possono assicurare che era una persona dotata di grande cuore! Ora cedo la parola al rappresentante della sua famiglia. Il suo figlio primogenito, Remo Aureliano Ambrosio!".

Mordred s’innervosì un po’ quando fu chiamato col suo nome romano, ma si fece coraggio e prese il posto di Marco.

"Io e mio padre non abbiamo avuto un rapporto facile all’inizio," Cominciò a raccontare, mentre le lacrime gli salivano agl’occhi, ricordando il loro primo incontro "ma negl’ultimi tempi ho imparato a conoscerlo meglio come uomo, e tra di noi si creò un bellissimo rapporto. Fino alla fine ha dato prova di tenerci veramente a me, suo figlio, dandomi prova di quanto mi volesse bene veramente come ha tutti i membri della sua famiglia!" sentendo quelle parole Guinevere si trattenne per evitare di piangere, mentre il ragazzo riprendeva il suo posto in mezzo ai suoi amici.

Poi fu il turno di Merlino che cominciò a descrivere i ricordi di quando lo istruiva non solo nel combattimento, ma anche nelle matematica e di come gl’insegnasse a leggere e a scrivere.

"Era una persona di grande cultura, sia cristiana che precristiana. In molti pensieri era piuttosto avanti rispetto ad un uomo della sua epoca! Sono fiero di aver cresciuto un uomo come lui!" lo elogiò il signore di Avalon, prima di cedere il posto nuovamente a Marco, il quale cominciò a recitare la preghiera per i defunti:

"Eterno riposo dona a lui, o Signore. Splenda in esso la luce perpetua. Riposa in pace. Amen."

"Amen." ripeté la folla.

Anche a Parigi le divinità celtiche e i Tree Drui avevano tenuto un solenne funerale per Tayler, l’uomo che aveva ucciso re Artù ma che era rimasto ucciso a sua volta dall’ultimo attacco della vittima.

Dopo la cerimonia Ana si ritirò nelle sue stanze insieme al suo divino compagno Dagda.

"La morte di Tayler non ci voleva! Quel ragazzo era il quinto Tree Drui necessario come testimone per l’incoronazione, ma adesso che è morto dovremmo conservare i Tree Drui che abbiamo o per il nostro piano sarà la fine!" disse la dea con voce preoccupata

"In questa guerra stiamo subendo più perdite noi che i nostri nemici, di cui ne sono morti solamente due! Inoltre l’interferenza di Zeus non premette niente di buono! Dovremmo cercare di andare più cauti nella battaglia!" disse Dagda

"Hai ragione! Sai per caso a che punto è la squadra guidata da Esus, a proposito?"

"Sono già a Roma ma non riescono ad individuare la base dei nemici! Sembra che si nascondano in un posto segreto, ma quando lo troveremo sui Legionari d’Italia s’abbatterà la furia più spaventosa che si sia mai vista!".

Dopo il funerale Merlino s’avvicinò a Mordred insieme a Gawen, il quale saltò in braccio al fratello cominciando a piangere insieme a lui.

"Sono felice che tu sia qui!" disse Mordred al fratellino con voce piena di tristezza "Come hai fatto a venire?"

"Sono stato io!" disse Merlino "Ho raccontato hai suoi genitori che ero il suo prozio, e che l’avevo dato in adozione perché i suoi genitori biologici erano poveri. Poi ho aggiunto che volevo passare un po’ di tempo con lui ed eccoci qui!"

"Ti ringrazio!" sorrise Mordred allungandogli la mano

"Sono stati due giorni difficili per te, lo so!" sospirò il vecchio ricambiando la stretta "Ma ho una sorpresa per te!" aggiunse dandogli una spada che assomigliava all’Excalibur del re "Tuo padre desiderava che tu avessi la sua spada e la sua armatura ma, siccome ne avevi già di tue, ho deciso di fonderle insieme!".

Il giovane prese l’arma e cominciò ad osservarla. L’elsa era la stessa dell’Excalibur del re, ma il colore della lama era simile a quella del lupo, con la differenza che era adornata di splenditi motivi dorati. Dentro quella lama Mordred sentiva un caldo Cosmo infondergli coraggio e consolazione.

"E questa, invece, è la nuova armatura del Re!" disse poi Merlino facendo comparire davanti al ragazzo delle vestigia simili a quelle di Artù, con la differenza che il colore oro era colorato con splendidi motivi dello stesso blu notte di quella di Mordred.

"Non ho parole!" esclamò il ragazzo piangendo, mentre si girava al dito l’anello che fu di suo padre. Quelle armi ne erano la prova: suo padre non l’avrebbe mai abbandonato, ma avrebbe continuato a proteggerlo.

«Il Cosmo emanato da queste vestigia è quello di mio padre! Lo riconoscerei tra mille!» si disse il ragazzo inginocchiandosi davanti all’armatura, mentre sentiva una mano poggiarsi sulla sua spalla. Una mano carica di calore umano. La mano di suo padre!

«Non ti lascerò mai solo, Remo! Ogni volta che cadrai, io ti sorreggerò!» gli sussurrò una voce calda all’orecchio, mentre calde lacrima di gioia cominciavano a scorrere sul suo volto.

Seiya lo raggiunse più tardi con Kanata e i gli altri Cavalieri dello Zodiaco, e fu molto sorpreso di vedere l’amico vestito con quella nuova armatura.

"Che hai intenzione di fare?" chiese allora Shiryu all’amico

"Andrò avanti a combattere! Sono sicuro che mio padre l’avrebbe voluto, e io sono il suo erede legittimo!" rispose il figlio di Artù con voce fiera e risoluta "Quando tornerò in Gran Bretagna" disse poi rivolto a Gawen "ti giuro che faremo la più bella partita di calcio che tu abbia mai visto!"

"Ci conto!" disse il bambino prima di battere il cinque con il fratello maggiore.

Seiya guardava commosso quella scena insieme a Kanata, che non sembrava così colpito dalla cosa, quando sentì un Cosmo famigliare sopra le loro teste.

"Questo è il Cosmo di Esus!" esclamò al ricordo della battaglia combattuta circa una settimana prima contro il vice comandante dei Tree Drui "Questo significa che i nostri nemici sono a Roma! Dovremmo fare molta attenzione, o potrebbero trovare l’ingresso per le catacombe!" poi si rivolse a Merlino "Credo che sia meglio per te e Gawen uscire da un’uscita secondaria alla periferia della città! Ci penserà Aurelio ad indicarvi la strada!"

"Grazie! Spero di poterci rivedere un giorno! Buona fortuna ragazzi!" disse il vecchio, prima d’incamminarsi con il bambino nei corridoi segreti delle catacombe.

La vista di Roma suscitava in Esus odio e disgusto allo stato puro. Molti secoli prima il suo antenato Vercingetorige fu imprigionato da Giulio Cesare e portato in quella stessa città come prigioniero, dove poi fu ucciso. Questi erano fatti noti a tutti, ma la Storia aveva tenuto nascosto che prima che i romani attaccassero Alesia, il coraggioso capo dei Galli fece scappare una sua amante che stava aspettando un bambino. La donna scappò fino in Britannia, dove in seguito seppe della morte del suo amato. Furiosa ella consacrò tutta la sua discendenza alla vendetta contro Roma. I discendenti di Vercingetorige continuarono a nutrire quella furia, fino a quando Morrigan non vide il piccolo Esus e lo portò ad Avalon. Ora lui si trovava lì, nella città che i suoi abitanti definivano eterna.

"Presto non lo sarà più! Al suo posto vi sarà solo un cumulo di pietra, ferro e cemento!" disse a bassa voce, mentre si dirigeva verso il foro romano. Sicuro che lì avrebbe trovato ciò che cercava: l’ingresso per le catacombe. L’ingresso per la caduta definitiva di Roma!

 

L’investitura del Cesare

Col suo scettro in mano, Giulia sentiva che presto Esus avrebbe trovato l’ingresso per le catacombe e seguendo il suo Cosmo sarebbe giunto fino a lei e sapeva anche che lei non avrebbe potuto resistere alla sua furia distruttrice, ma qualcuno doveva fermarlo e proteggere il luogo dov’era nascosta l’armatura del Cesare. Verso una zona delle catacombe in cui c’era una stanza dov’erano conservate statue e ritratti delle Guide che l’avevano preceduta. Dopo le statue di Giano, Saturno, Pico e Fauno ce n’erano centinaia d’altre, alcune delle quali raffiguravano anche famosi personaggi della storia della penisola come Boezio, il senatore romano segretario di Teodorico, San Benedetto, Matilde di Canossa, Botticelli e Carlo Alberto di Savoia- Carignano, il re piemontese che creò la prima costituzione italiana. Andò avanti fino a che non trovò la sua che aveva dato ordine di scolpire appena un giorno dopo la sua nomina avvenuta vent’anni prima.

"Il momento è arrivato!" disse dando una rapida occhiata a coloro che l’avevano preceduta, poi mandò un messaggio telepatico «Sono io la tua avversaria! Segui il mio Cosmo e mi troverai!».

Aurelio aveva portato Merlino e Gawen fuori dalle catacombe, quando sentì all’improvviso il Cosmo di sua zia esplodere. Cominciò a correre più veloce che poteva, finchè non arrivò davanti alla porta della Sala dei ritratti, dove vide anche Seiya, Kanata, Mordred, Egeria, Lucio e Marco.

"Abbiamo sentito il Cosmo di tua zia esplodere e siamo venuti a controllare! Chissà cos’è successo?" disse Marco con tono preoccupato

"Spostatevi!" urlò il giovane Cesare prima di aprire la porta con un calcio. Una volta entrati nella sala i sei giovani videro Giulia sdraiata ai piedi della sua statua, priva di sensi.

"È viva! Respira ancora!" esclamò il nipote dopo essersi avvicinato

"Sembra che abbia ricevuto un colpo molto forte!" disse Marco osservando da vicino il corpo della donna "Ma chi potrebbe essere stato?"

"Io lo so!" urlò Seiya lanciando il Ryuseiken alle sue spalle colpendo Esus, il quale si stava tenendo il braccio destro come se fosse rotto.

"Come hai fatto ad entrare qui?" urlò Aurelio al nemico

"È stata tua zia!" rispose il Tree Drui "Lei voleva fermarmi e mi ha sfidato. La nostra battaglia è stata breve, infatti ci siamo colpiti a vicenda contemporaneamente! È un’abile combattente, ma non ha la forza sufficiente per resistermi! È bastato la mia tecnica principale per metterla al tappeto! E ora è il tuo turno, giovane Cesare! Se hai ereditato la resistenza fisica di tua zia, allora basterà un dito per metterti a K.O. e la mia vendetta potrà dirsi iniziata! Oggi la gens Iulia, domani tutta Roma!".

A quelle parole Aurelio sentì nascere in lui una grande rabbia. Quello sconosciuto aveva ridotto in fin di vita sua zia, la donna che l’aveva cresciuto come un figlio dopo la morte dei suoi genitori. Non poteva rimanere lì senza far niente. Doveva punire il nemico.

"Non ti perdonerò mai!" urlò con tutto il fiato che aveva in corpo "Ora conoscerai la forza di un Cesare!"aggiunse cominciando a concentrare il proprio Cosmo negl’occhi che assunsero un colore rosso rubino "VENI, VIDI…"

"Fermo! Non usare quell’attacco qui!" urlò Egeria con tutto il fiato che aveva in corpo, ma il giovane non la sentì

"…VICI!" .

Una luce splendente si uscì dagl’occhi del giovane diretta verso Esus, il quale crollò a terra, appena un millesimo di secondo dopo.

"Cos’è successo?" chiese Seiya incuriosito

"È il colpo segreto del Cesare. Esso prende il suo nome dal motto di Giulio Cesare! Questo colpo consiste nell’immagazzinare il proprio Cosmo all’interno degl’occhi, per poi espellerlo in un’esplosione luminosa di breve durata, ma dalla potenza inimmaginabile!" spiegò Aurelio, mentre Esus spariva in un varco dimensionale aperto con tutta probabilità da Cal.

"Anche se non approvo il fatto che tu abbia usato quel colpo, ora ho la conferma che sei pronto!" disse Egeria al ragazzo "Ti rivelerò dov’è nascosta la tua armatura!".

Solo nella sua stanza, Lucio stava componendo una melodia con la sua arpa che lasciva trasparire tutta la rabbia che aveva in sé. Suo cugino era stato condotto da Egeria nel luogo dove si trovavano le vestigia del Cesare, vestigia che lui non avrebbe mai potuto possedere.

"Non dovresti preoccuparti di questo! Anche tu sei in grado di padroneggiare una tecnica terribile!" disse una voce alle sue spalle

"Chi è?" domandò il prefetto del pretorio voltandosi di scatto

"Solo un amico!" fu la risposta, ed Angus il Nero uscì dall’ombra rivelandosi al suo interlocutore.

"Tu sei un Berseker!" esclamò Lucio meravigliato

"Sì, e vengo su ordine di Phobos. Conosci la situazione attuale, no? Dalla sua unica guerra contro Atena il mio signore, Ares, non ha più messo piede sulla Terra. Ma Phobos, il più fedele dei suoi seguaci, da secoli sta tessendo un piano in occasione della rivincita! Un piano teso a rafforzare le file dell’armate di Ares attraverso l’unione con altri ordini la cui storia è legata a lui! Questo piano, però, ha distrutto anche molte stirpi fra cui quella dell’Amazzoni, che nonostante fossero consacrate mio dio si rifiutarono di combattere in sua vece, arrivando addirittura a rinnegarlo! Anche Romolo era discendente di Ares, anzi, suo figlio, per tanto la divinità a cui devono obbedire i Legionari d’Italia è lui! Phobos ti ha insegnato una tecnica che potrà aiutarci: usala con tuo cugino e tutti i Legionari che possono aiutarci, al fine di preparaci ad una nuova battaglia contro Atena!".

Fenrir stava camminando insieme a Maeve e Galahad, quando cominciò ad annusare l’aria, sotto lo sguardo stupito dei due ragazzi. Sentiva un odore sconosciuto, ma che era allo stesso tempo molto simile a quello di Maeve.

"Seguitemi!" disse il Cavaliere di Asgard ai due Tree Drui, cominciando a guidarli attraverso le catacombe "Ho sentito all’improvviso uno strano odore, molto simile al tuo!" disse poi alla ragazza, la quale assunse un’espressione sorpresa.

"Un odore simile al mio? Ma allora può trattarsi di mio fratello?! Ma…cosa sarà venuto a fare!".

All’improvviso, Fenrir si fermò di colpo e cominciò ad annusare nuovamente l’aria.

"È comparso un altro odore…ma questo non riesco ad identificarlo! Non sembra, però, essere un odore umano!"

"Si tratterà sicuramente di Phobos!" ragionò Galahad "In questo momento stanno tenendo segreto il loro Cosmo, ma non possono niente contro il naso di un lupo come Fenrir!"

"Grazie!" sorrise il guerriero di Odino "Ora seguitemi! Sono nella stessa stanza con Lucio!"

Anche Phobos era comparso davanti a Lucio, per complimentarsi con lui della sua investitura. Il fatto che ora la sua spia nei Legionari d’Italia fosse uno di loro era il segno concreto che il suo piano stava procedendo come voleva.

"Qualcuno si sta avvicinando!" disse all’improvviso Angus, voltandosi verso il suo generale

"Allora è il momento di andare!" affermò calma la divinità della paura, prima di sparire con il suo guerriero.

Aperta la porta, Maeve e i suoi compagni trovarono Lucio rintanato in un angolo.

"Tuo fratello ti sta cercando!" disse alla Tree Drui con voce spaventata "Lui e Phobos sono stati qui! Tu hai visto gli occhi di quel dio, vero?! Sono terribili! Terribili!".

La ragazza gli mise una mano sulla spalla e gli disse di calmarsi, ma dentro di lui Lucio gioiva per quella situazione. Phobos gli aveva detto che voleva Maeve come sposa, per "fare ciò che non riuscì circa 1500 anni prima". Non sapeva quale fosse il piano del dio della paura, ma di sicuro lui sembrava conoscere bene la Tree Drui della betulla.

"Sbrigati! Siamo in ritardo per l’investitura di tuo cugino!" disse Galahad al musico, con un pizzico di gelosia nella voce.

"Non me la perderei per nulla al mondo!" fu la risposta del prefetto del pretorio, mentre Fenrir lo squadrava in modo strano.

Nella sala della Guida si erano radunati tutti i Legionari d’Italia e gli ospiti. Fauno sedeva sul trono su cui normalmente vi era Giulia, la quale non poteva presenziare alla cerimonia. Inginocchiato davanti al dio italico dei boschi, Aurelio era emozionato perché finalmente avrebbe potuto indossare l’armatura del Cesare, nascosta sotto le false spoglie della statua Augusto di Prima Porta, portata lì dai Musei Vaticani e sostituita con una copia in marmo.

"Aurelio, in questi anni di duro allenamento hai dato prova di essere un guerriero dotato di coraggio, intelligenza e valore. Ma queste doti non sono niente in confronto al grande cuore che possiedi! Per tanto, quest’armatura ti spetta di diritto!" disse Fauno toccando la statua col suo frustino, facendole riprendere le sue vere sembianze "D’ora innanzi porterai quest’armatura per difendere la pace e la giustizia nel nostro paese! Poiché oggi l’aquila di Roma è tornata a volare, ti salutiamo in modo adeguato. Ave Cesare!" aggiunse, salutando il nuovo Imperator.

"Ave Cesare!" ripeté la folla rendendo omaggio al giovane Legionario che si stava preparando al suo battesimo di fuoco.

 

L’infanzia di Maeve

Saori e Seiya erano rientrati nella loro stanza d’albergo e si stavano togliendo gli abiti che avevano indossato per la cerimonia funebre e per l’investitura di Aurelio. Siccome erano avvenute lo stesso giorno Saori aveva indossato un vestito simile all’abito principesco che portava di solito, ma di colore nero, mentre Seiya si era messo, per la prima volta nella sua vita, in giacca e cravatta (nere ovviamente) per entrambe le cerimonie.

"Ti va di uscire, stasera?" chiese lui sedendosi sul letto

"No!" rispose la ragazza sospirando "Oggi è stata una giornata lunga! Adesso mi faccio la doccia, poi vado a letto!"

"Ok!" disse il Cavaliere alzandosi "Io vado dai ragazzi!".

In quel momento bussarono alla porta. Seiya andò ad aprire e vide Maeve con il volto rigato dalle lacrime che corse verso Atena.

"Phobos è stato qui! Phobos è stato qui!"cominciò a piangere la ragazza, per poi raccontare che suo fratello e il dio della paura erano stati visti da Lucio prima dell’investitura e poi rivelò qualcos’altro

"Credo di aver già visto Phobos quando ero bambina! Quando mi è comparso davanti a Torino ho riconosciuto i suoi occhi. Erano uguali a quelli dell’assassino di mio padre e di mia madre!"

Seiya e Atena rimasero senza parole per quella rivelazione. Se Phobos era davvero l’assassino dei genitori di Maeve, avrebbe dovuto uccidere Angus, anziché portarlo dalla sua parte, e ciò non spiegava perché volesse sposare la ragazza?

"Tutto ciò che mi resta dei miei genitori è quest’anello!" disse poi la Tree Drui sfilandosi dal dito un anello d’oro molto spesso sui cui erano rappresentate una mezza luna e una spada "Apparteneva a mia madre!".

"Qual era il nome di tua madre?" domandò Saori dopo aver visto il gioiello "Era forse Diana?"

"Sì!" ammise la ragazza stupita "Si chiamava Diana e veniva dalla Grecia. Tu la conoscevi?" chiese poi la ragazza speranzosa

"Lei era Diana IV di Themyshira (9), colei che sarebbe dovuta diventare la regina delle Amazzoni se Phobos non avesse messo a ferro e fuoco il suo villaggio!".

Quelle parole colpirono Maeve come un pugnale. Cadde in ginocchio e cominciò a rivedere davanti a lei tutta la sua infanzia, fino alla morte dei suoi genitori.

A quell’epoca lei e Angus vivevano con i loro genitori vicino a Londra. Erano tempi difficili, ma fortunatamente riuscivano a mettere da parte il minimo per vivere, cosa molto rara a quei tempi. Nonostante le invasioni per mano dei sassoni, Diana era sicura che la guerra sarebbe finita con la vittoria dei britanni grazie ad Aureliano Ambrosio il Vecchio, zio di Artù.

Un giorno i due fratellini stavano giocando fuori, quando videro un ragazzo dalla straordinaria bellezza e dagl’occhi rossi venire verso di loro. Era vestito con un abito elegante ed entrambi i bambini ne rimasero subito affascinati, ma quando gli fu vicino Maeve sentì un brivido corrergli lungo la schiena e si nascose.

Lo straniero chiese ad Angus se quella era la casa dove abitava una donna giunta dalla Grecia. Il bambino rispose di sì ed aggiunse che quella donna era sua madre.

"Splendido!" disse il ragazzo cominciando ad intonare una strana melodia che Maeve non riusciva a sentire a causa della paura che l’avvolgeva, ma che faceva rimanere Angus affascinato.

Quando lo straniero finì di cantare il bambino si sedette per terra e gli chiese con voce eccitata:

"Giocheremo alla guerra, dopo?" e la risposta del ragazzo fu positiva.

Un secondo dopo, Maeve sentì un urlo disumano provenire dalla casa. Entrò e vide lo straniero che affondava la sua mano nel petto di suo padre, mentre Diana aveva cominciato ad attaccarlo con una spada.

"Sei un mostro! Mi hai tolto mio padre, mia madre, i miei fratelli e le mie amiche! Non ti permetterò di togliermi anche i miei figli!" urlava la donna, prima che lo straniero usasse la sua stessa arma per trapassarla.

"Tuo figlio ormai e mio! Per tua figlia aspetterò finchè non potrà prendere il posto che tu hai rifiutato!" disse il giovane sfilando l’arma dal petto di Diana

"Non… ce la farai…" disse la donna prima di cadere a terra.

Quando lo straniero se ne fu andato, la piccola Maeve seguita dal fratello maggiore che sembrava aver perso la memoria, entrò in casa e vide sua madre che respirava ancora a fatica.

"Prendi quest’anello…principessa…" disse la donna con un filo di voce "…e proteggetevi l’un …l’altra…" poi spirò sotto li occhi dei suoi figli.

"Ecco perché mi chiamava sempre principessa!" disse poi rialzando la testa "Ma cosa vuole Phobos da me e da mio fratello?! Qual è il suo piano?"

Atena si fece coraggio e rivelò all’amica una stravolgente verità:

"Phobos voleva…vuole ricreare la stirpe delle Amazzoni.

Da dopo il matrimonio di Ippolita con Teseo al tempo dei micenei, le Amazzoni cominciarono a prendere sempre di più le distanze dal dio a cui erano consacrate alle origini, fino a farsi portavoce di un messaggio di pace. A tal scopo fondarono un villaggio sull’isola di Themyshira, protetta tutt’ora da una barriera che la rende indisegnabile. Phobos decise di punirle e di rifondarne la stirpe, ma per farlo doveva lasciarne viva una appartenente alla famiglia reale. Tua madre! La sedusse e la convinse che l’amava, lei decise allora di fuggire insieme a lui ma la notte prima della partenza lo vide uccidere tutta la famiglia reale delle Amazzoni. Spaventata, tua madre prese l’anello reale e fuggì attraverso un passaggio segreto, mentre truppe di Berseker assaltavano il villaggio. Arrivò fino ad Atene e si nascose per qualche mese al Santuario, poi partì per la Britannia, che all’epoca era il limite del mondo conosciuto!".

La ragazza non disse niente e guardò l’anello.

Era la principessa delle Amazzoni e su di lei gravava il peso di una responsabilità immensa. Sapeva che alcune delle abitanti del villaggio erano riuscite a scappare e che un giorno le loro discendenti l’avrebbero trovata perché lei le guidasse nella vendetta contro Phobos e Ares, ma non sapeva se lei ne sarebbe stata in grado.

A Sparta, Phobos e Angus si stavano allenando come facevano tutti i giorni. L’allenamento consisteva nel far fuori più nemici possibili (in quel caso dei soldati semplici che erano stati scelti), affidandosi al proprio istinto violento in modo da provare ad uccidere gli avversari con un solo dito.

"Erano soldati deboli e pavidi! Dovevamo fare pulizia!" disse con noncuranza il Berseker, leccandosi la mano coperta del sangue dei soldati.

"Hai ragione!" disse il dio avvicinandosi "Stai migliorando sempre di più! Presto sarai pronto per il gioco!"

"Sì! Non vedo l’ora!" esclamò il ragazzo con voce eccitata "Da quando ti ho incontrato la prima volta che aspetto di giocare con i Cavalieri! Quella canzone è rimasta sepolta nella mia mente, finchè il Cosmo di tuo padre non l’ha risvegliata!"

"Presto tua sorella verrà con noi, e potremo ricreare la stirpe delle Amazzoni, e questa volta il legame che esse avranno con Ares sarà di sangue!"

Angus sorrise. Un sorriso simile ad un ghigno che sembrava lasciare trasparire una voglia di sangue che niente poteva contenere. A poco a poco anche il suo Cosmo stava cambiando. Presto, al posto dell’uomo, ci sarebbe stato un demonio che avrebbe attaccato e ucciso senza nessuna esitazione.

"Quando ciò avverrà tu sarai il mio fratellastro, non che mio vice!" aggiunse poi il dio della paura vedendolo sorridere "Il gioco comincerà molto presto, e nessuno mi sbarrerà la strada!".

Angus, però, sapeva dell’esistenza di un uomo che poteva far crollare quel piano come un castello di carte, l’unico uomo in grado di resistere al potere della melodia di Phobos: Galahad.

«Prima d’incominciare a giocare, dovrò eliminare ciò che può darci fastidio!» pensò il Berseker immaginandosi la più cruenta delle scene che la sua mente riusciva a partorire: esportare il cuore dal petto del nemico sconfitto.

 

Iesus (10)

Nel luogo più remoto sconosciuto all’uomo, situato al confine fra il mondo celeste e quello degl’uomini, si trova il Tempio Celeste, il santuario di Zeus. Esso si compone di dodici anelli, ognuno protetto da un Cavaliere di Platino. Al centro esatto si trova la stanza del Gran Sacerdote del dio, un uomo il cui volto è sempre coperto da un tendaggio.

Michele, il custode del primo anello, si trovava inginocchiato davanti a quest’uomo il cui trono raggiungeva quasi il soffitto della stanza. Il misterioso uomo aprì la bocca e disse con una voce delicata, quasi dolce:

"Conosci il motivo per cui ti ho imposto il ritorno al nostro santuario?"

"No!" fu la risposta del giovane Cavaliere "Non capisco perché voi mi abbiate fermato! Stavo per vendicarmi di Pegasus per…"

"Ah! Vuoi vendicarti? Sai bene che noi Cavalieri di Platino possiamo solo agire per evitare che l’Ordine e la Legge di Zeus non siano rovesciati!" lo interruppe il sacerdote "Dovresti imparare a valutare meglio i tuoi nemici, scopriresti che possono dimostrati preziosi alleati! Ti dico ciò perché esiste un modo per non perdere Perseus, e fare in modo che lui non perda il fratello!"

"Qual è?!" esclamò Michele sorpreso alzando il capo

"Rimetterò personalmente i peccati di Pegasus!" rispose l’uomo cominciando a scendere dal trono "Nessun Cavaliere, appartenga esso ad Atena o Poseidon, può contrastare una decisione del Gran Sacerdote di Zeus, Redentore di questo mondo per volere divino!".

Aurelio aveva condotto i Cavalieri ed Atena fino alla fontana di Trevi, in modo che facessero il rituale della moneta.

"La leggenda dice che se si butta una moneta di spalle nella fontana ci si assicura il ritorno a Roma!".

Il gruppo guardava quella costruzione meravigliato. Non credeva possibile che potesse esistere una fontana così immensa da occupare tutta la facciata di un palazzo! Essa era una delle prove del genio di Lorenzo Bernini, autore anche del colonnato di piazza San Pietro, in cui erano passati poco prima.

"Vi consiglio di buttarla, ragazzi! Non si sa mai cosa potrebbe succedere!" disse scherzosamente la voce di Merlino alle loro spalle, mentre il vecchio s’avvicinava al gruppo con adosso un completo blu chiaro.

"Cosa ci fai ancora qui, maestro? Perché non sei rimasto in Inghilterra?" chiese Atena preoccupata andandogli incontro. Il signore di Avalon la calmò, e le disse che era tornato perché si stava avvicinando una persona a cui solo lui poteva tenere testa, ma costui non era un Tree Drui e tanto meno un Berseker. Si trattava del più potente mortale della Terra.

"Ma chi è?" chiese Seiya agitato. Merlino disse che per il momento non lo riguardava, poi chiese se poteva sentire la canzone che aveva scritto per Kanata.

"Ma non è completa e non ho la chitarra!" obiettò il ragazzo

"Non fa niente! Canta solo ciò che hai scritto!"

"OK!" sospirò il Cavaliere di Pegasus chiudendo gli occhi, prima d’iniziare a cantare

"Che nubi ci sono nel ciel,

nere e scure come son

la voglia di volare non c’è!

Ma le nuvole non sono che

una coperta tra noi e il sol.

Oltre le nubi,

oltre l’oscuro,

prima del vento…

Vola verso il sole!

Verso la luce

di domani…

Altro poi non mi viene!"

"Non importa! È bellissima così!" disse il signore di Avalon, prima di volgere il suo sguardo sul piccolo Cavaliere di Platino "Tieni sempre questa canzone nel tuo cuore! Forse tra poco potresti averne bisogno!"

Kanata annuì, poi si ritrasse di qualche passo. Ogni volta che incontrava lo sguardo di Merlino sentiva una forte paura avvolgerlo, e non riusciva a capire perché. Poteva essere il Cosmo del signore di Avalon , ma non sembrava che avesse niente di ostile così come quello di Atena, altra persona che lo metteva a disagio. Non sapeva come fosse possibile, sentiva in quei Cosmi un potere a lui sconosciuto.

In Grecia, Aiolia aspettava una visita da due persone che aveva cercato da quando aveva scoperto che Saori era la bambina che suo fratello Aiolos portò in salvo tredici anni prima dall’attentato di Saga. Aiutato dai suoi collaboratori: la giovane Lythos, di cui si era preso cura come un fratello maggiore quand’era piccola, e Galan, un vecchio amico di suo fratello Aiolos, era riuscito infine a trovare le persone che cercava da più di un mese.

"Eccovi, finalmente!" disse il Cavaliere quando la porta s’aprì ed entrò uomo e una donna vestiti con abiti tradizionali "Vi ho cercati per tanto tempo, signore e signora Portokalos, perché ho una cosa importante da comunicarvi. Sedetevi!".

La coppia si sedette di fronte al Cavaliere del Leone, il quale offrì a loro delle mele tagliate a forma di coniglietto, che accettarono con imbarazzo.

"So che avete avuto un bambino tredici anni fa…" cominciò a dire Aiolia, mangiando un pezzo della sua mela

"Signor Aiolia, la prego! Non scherzi con una coppia la cui unica creatura è stata rapita un giorno dopo la sua nascita, perché non lo sopporterei!" cominciò a singhiozzare la donna interrompendolo

"Non voglio scherzare, signora! Ciò che sto per rivelare sarà per voi motivo di grande gioia!" disse il custode della quinta casa sorridendo.

I Cavalieri, Aurelio, Atena e Merlino erano arrivati in piazza di Spagna, quando Kanata cominciò a sentire un grande dolore provenire da ogni parte del suo corpo. Seiya chiese al fratello che cosa aveva, ma lui non rispose e continuò a cercare di resistere

"È qui!" disse Merlino volgendo lo sguardo verso l’alto, mentre due figure alate planavano davanti ai loro occhi: erano Michele e il Sacerdote di Zeus.

Seiya non riusciva a capire chi fosse il misterioso uomo dai capelli più biondi di quelli Michele e Kanata, il cui aspetto trasmetteva una regalità che sembrava pari a quella del padre degli dei. Quell’uomo misterioso indossava una corazza di platino più bella di quelle che finora i Cavalieri d’Atena avevano visto, e le sue ali erano quattro e non due. Nella mano destra teneva una spada d’oro decorata con argento e zaffiri, i suoi occhi erano, invece, vuoti. Sembrava che nulla si specchiasse in loro, e questo dava oltre che regalità anche paura e timore.

"Sono molto onorato di conoscerti, Seiya di Pegasus! Ah, se in questo momento ti chiedi perché la gente qui intorno si comporta come se non fosse successo niente è perché sto influenzando le loro menti col mio Cosmo in modo che non possano percepirmi!" disse il Sacerdote con la sua voce delicata, mentre s’avvicinava al Cavaliere "Io sono Iesus del Redentore, Gran Sacerdote di Zeus e la mia autorità mi permette di dare ordine a tutti i Cavalieri di ogni divinità!".

"Iesus!" disse Merlino avvicinandosi al Cavaliere di Platino "Non so per quale motivo tu sei qui, ma non credere che ti lasci fare ciò che vuoi! Questo ragazzo è Cavaliere di Atena e non obbedirà mai a te!"

"Questo è tutto da vedere, Merlino!" fu la risposta del Cavaliere di Platino

Seiya, non aveva detto niente, ma poi si fece coraggio e domandò a Iesus cosa voleva da lui e perché era lì.

"Io voglio solo il tuo bene!" rispose "Lascia che rimetta i tuoi peccati, solo quando ciò sarà fatto potrai essere un degno fratello per Perseus!"

"Di cosa stai parlando?" gli chiese Shiryu avvicinandosi all’amico

"Già! Cosa puoi sapere tu di ciò che è giusto per me e Kanata!" replicò il Cavaliere di Pegasus

"Io sono un Cavaliere di Platino e devo proteggere la legge di Zeus!" disse all’improvviso Kanata rialzandosi, il cui Cosmo era diverso da quello che Seiya era abituato a sentire. In quel momento il Cavaliere capì d’avere davanti non suo fratello, ma Perseus dello stallone alato.

"Ascoltami bene, Pegasus!" disse Iesus avvicinandosi al Cavaliere "So bene del legame che si è instaurato tra te e Perseus e so anche che non posso portartelo via perché farei soffrire tutt’e due, ma non posso neanche lasciare che un Cavaliere di Platino in futuro venga meno al suo dovere a causa dei suoi sentimenti. Quindi rimetterò i tuoi peccati in modo che possa venire con noi!"

"Cosa?!" esclamarono i Cavalieri stupiti

"Ti ho già detto che sono il Gran Sacerdote di Zeus e ciò mi rende inferiore solo a lui! Nessun Cavaliere di alcuna divinità può permettersi di disobbedirmi, poiché io sono il Redentore di questo mondo. Ma per portare a termine la mia opera ho bisogno d’aiuto e tu se l’ideale per estendere la volontà di Zeus! Ora i tuoi peccati saranno rimessi e risorgerai come mio rappresentante al Santuario, inferiore solo a me!"

"Tu sei pazzo!" disse Seiya indossando la sua armatura "Io sono un Cavaliere di Atena e combatto perché voglio farlo non perché mi viene ordinato!"

"Il tuo carattere mi piace!" disse Iesus, mentre la sua mano destra cominciava a risplendere di una luce bianca "Il momento di risorgere è arrivato! REMISSIONE DEI PECCATI!" aggiunse avvolgendo il Cavaliere di Pegasus in una colonna di luce bianca.

Sotto gli occhi spaventati dei suoi amici, il corpo di Seiya cominciò lentamente ad alzarsi in volo verso la sommità della colonna, mentre dalla bocca del Cavaliere usciva un urlo disumano di dolore come non si era mai sentito prima.

"Smettila immediatamente!" urlò Merlino puntando il suo bastone verso il sacerdote di Zeus "Non posso lasciarti fare una cosa del genere, e se tu non muoverai un dito saremo io e Atena a salvare quel ragazzo!"

"Sono io piuttosto che cerco di salvarlo!" replicò Iesus "Purtroppo il cammino della redenzione è doloroso, ma quando arriverà in cima sarà completo e il suo Cosmo sarà molto più forte di prima! Risorgerà come un uomo nuovo!"

"Come una pedina nelle tue mani, vorrai dire! RED DRAGON RAY!" attaccò il signore di Avalon, provocando una crepa nell’armatura del suo avversario, il quale cominciò a fissarlo con occhi che da vuoti si erano riempiti di rabbia.

"Questa me la paghi!" disse prendendo la sua spada, ma in quel momento accade una cosa molto strana: Seiya smise improvvisamente d’urlare, nonostante fosse arrivato solo a metà della colonna.

Sotto lo sguardo stupito di tutti i presenti, il Cosmo del Cavaliere di Pegasus cominciò ad espandersi sempre di più fino a brillare del colore dell’oro allo stesso modo dell’armatura. La luce d’oro che avvolgeva il corpo del giovane cominciò ad espandersi fino rompere la colonna di luce così come un pulcino rompe il guscio dell’uovo. La luce dorata del sole cominciò ad allontanare sempre di più quella bianca generata dal Cosmo del sacerdote di Zeus, finchè questa non si spense.

Seiya atterrò davanti ad uno spaventato Iesus a cui disse solo poche parole con tono di sfida:

"Io sono Cavaliere d’Atena!".

Lo spettacolo consumatosi davanti agli occhi di Iesus lo aveva lasciato senza parole: per la prima volta un uomo da lui prescleto era riuscito a resistere alla Remissione dei Peccati. Lui non poteva permetterlo! Voleva quel ragazzo! Doveva averlo!

Fin da quando l’aveva visto combattere durante la battaglia alle dodici case in lui era nata un’ammirazione e in seguito un’attrazione per la forza di Seiya. Mai nessun Cavaliere prima d’ora si era spinto così oltre al massimo delle capacità a cui era destinato come aveva fatto lui. Doveva avere quel ragazzo a tutti i costi!

"Così hai preferito continuare a vivere da peccatore, piuttosto che essere rimesso dai tuoi peccati!" disse al Cavaliere di Pegasus puntandogli contro la spada "Se non vuoi risorgere, allora mi vedo costretto a farti rinascere!" aggiunse cercando di affondargli la lama nel cuore, che però fu fermata dal bastone di Merlino, il quale disse di aver capito le intenzioni dell’avversario

"Vuoi ucciderlo e poi allevarne la reincarnazione come hai fatto con Kanata!" aggiunse il signore di Avalon sotto lo sguardo stupito dei presenti "L’incidente d’auto, la morte di Sakura Edogawa, il fatto che Seiya non si ricordasse che sua madre fosse in cinta…è stato tutto opera tua!".

Iesus cominciò a ridere e poi si rivolse verso Kanata e gli chiese se era stato felice di vivere come Cavaliere di Platino. Alla risposta positiva del bambino disse a Merlino:

"Vedi? Alla fine Perseus non trova che abbia fatto niente di male!"

"Mio fratello si chiama Kanata Edogawaaa!" urlò Seiya lanciando contro al sacerdote il suo colpo segreto, che però fu fermato da Perseus.

"Pegasus! Se oserai farlo un’altra volta sarò costretto ad ucciderti!" disse con voce diversa da quella che Seiya era abituato a sentire. La stessa voce che aveva sentito Mordred. La voce di Perseus.

"Combatteresti anche contro tuo padre, Kanata?" chiese Daisuke comparendo sulla cima della scalinata vestito con le sue vestigia, per poi atterrare davanti a Iesus con un salto.

"Se ho sentito bene sei stato tu a provocare l’incidente in cui mia moglie ha perso la vita, a dividere una famiglia e a rovinare l’infanzia di Seiya? è così?" urlò rivolto al Sacerdote di Zeus puntandogli contro la spada.

"Dovevo farlo! Nella sua vita passata Kanata era un forte guerriero del Santuario di Atene. Si chiamava Alexander e, nonostante non fosse Cavaliere, era uno degl’uomini con il Cosmo più forte che abbia mai sentito e collaborava con il Grande Sacerdote nell’amministrazione del Santuario.

Un giorno Alexander scoprì che il Sacerdote che credeva di servire era morto e che il suo posto era stato occupato da Saga dei Gemelli, il più forte ma anche il più pericoloso dei Cavalieri d’Oro a causa del suo problema psicologico. Egli venne da me a denunciarmi il fatto e io promisi che mi sarei occupato di Saga personalmente, poi gli chiesi se voleva entrare nelle armate celesti, al suo rifiuto decisi di ricorrere subito alla mia fedele Spada della Rinascita, grazie a cui il suo spirito entrò subito nell’ovulo fecondato di una donna chiamata Sakura Edogawa.

Aspettai tranquillamente che venisse al mondo, fino al giorno in cui seppi che il futuro padre d’Alexander era colui che custodiva la chiave per risvegliare re Artù. Così, due mesi prima del parto, utilizzai il mio Cosmo per far perdere a Daisuke Edogawa il controllo della sua auto e, anche se a malincuore, per sciogliere la cintura di sicurezza che teneva ferma Sakura!".

Quelle parole provocarono uno shock sia in Seiya che in Daisuke. Entrambi si erano sempre ritenuti colpevoli della morte di Sakura, il primo perché credeva che se non fossero andati a prendere la torta non sarebbe successo niente, il secondo perché pensava che forse sua moglie sarebbe sopravvissuta se non fosse salita in macchina con lui. Invece ora avevano capito che non era stato un incidente ma un omicidio premeditato da colui che dovrebbe essere il massimo custode dell’equilibrio sulla Terra in nome di un suo capriccio.

"Non potremo mai perdonarti! Assassino maledetto!" urlarono lanciando contro Iesus i loro colpi segreti, che Perseus trattenne con il Platinum Starlight.

"Vi avevo avvertito! Adesso sarò costretto ad uccidervi!" urlò il bambino

"Non credo che tu riuscirai a farlo!" rispose Seiya "Nessuna persona sana di mente ucciderebbe la sua famiglia. Neanche un Cavaliere di Zeus!".

Lo scontro fra i due poteri era senza precedenti. Paragonabile alle battaglie contro Poseidon e Saga! Nonostante la giovane età Kanata dava prova di possedere un Cosmo e una resistenza impressionante anche per Seiya, il quale non credeva che sarebbe stato in grado di resistere per molto ma sapeva anche che non poteva perdere se voleva salvare veramente suo fratello.

Daisuke, però, non era abituato a sostenere combattimenti contro avversari così potenti, e crollò al suolo affidando Kanata a Seiya.

"Tuo padre è crollato! Ora cosa credi di fare, Cavaliere?" chiese Perseus sicuro della vittoria, sotto lo sguardo compiaciuto di Iesus e Michele.

"Ho intenzione di vincere! Brucia, Cosmo delle tredici stelle. Brucia fino ai limiti estremiii!! PEGASUS SUISEIKEN!"

"Preparati, allora! ZOCCOLO DI…"

Improvvisamente Perseus cominciò a chinarsi a terra ed a urlare dal dolore come prima dell’arrivo di Iesus. Seiya cominciò a correre verso il fratellino, ma questi lo fermò.

"Allontanati da qui, fratellone! Ti prego!" urlò Kanata con la sua voce di bambino "Non voglio farti del male! Con te sono stato veramente felice! Ho riso, scherzato, giocato e mi sono divertito come qualsiasi altro bimbo della mia età!"

"Kanata!" disse Seiya mettendogli una mano sulla spalla dopo essersi avvicinato "Non ti lascio lottare da solo!" aggiunse cominciando a bruciare il suo Cosmo per sostenere il fratello "Non lascerò che tu lotti da solo! Come tuo fratello maggiore ho il dovere di proteggerti! Brucia il tuo Cosmo al massimo e risveglia il tuo vero io! So che puoi compiere questo miracolo, perché tu sei umano!".

A quelle parole, con nuovo e ritrovato vigore, dal corpo di Kanata cominciò ad espandersi un Cosmo diverso da quello tipico del giovane Cavaliere di Platino. Il colore di questo Cosmo era azzurro come il cielo senza nuvole, un azzurro più chiaro di quello di Seiya: celeste! Un Cosmo puro e limpido come quello di un bambino innocente.

Poco dopo dalla bocca del piccolo Cavaliere uscì un liquido azzurro avvolto in Cosmo che risplendeva di colore bianco.

Kanata aveva rigettato l’ichor.

 

Saori meets her parents

Iesus e Michele non riuscivano a credere a ciò che avevano visto: per la prima volta un Cavaliere di Platino aveva espulso dal proprio corpo l’ichor che gli era stato iniettato al momento dell’investitura. Ora, sotto gli occhi loro e di tutti i presenti, il corpo di Kanata stava lentamente tornando alla normalità con i capelli che da biondo platino tornavano ad essere scuri come quelli di qualsiasi giapponese che si rispetti. Anche gli occhi erano cambiati: non erano più vuoti e spaventosi come prima, ma erano tornati pieni di gioia e vivacità. Michele fu uno dei primi a notarli e in quel momento decise cos’avrebbe fatto.

Respirando lentamente, Iesus prese la sua spada e s’avvicinò ai due fratelli che s’abbracciavano pieni di gioia, guardandoli con occhi pieni di disprezzo.

"Alla vista degl’ultimi avvenimenti mi trovo costretto a privarvi della vita e a condurvi alla rinascita entrambi!" disse abbassando su di loro la spada, che fu fermata da quella di Michele.

"Mi dispiace sfidarla, ma non posso lasciare che lei uccida il bambino che io ho allenato e di cui mi sono preso cura come se fosse mio fratello minore!" disse il comandante

"Sciocco! Il Cavaliere che hai allenato è morto, ormai!" replicò Iesus "Quindi fatti da parte e lasciami compiere il mio dovere!"

"Io non ho parlato di Perseus, ma di Kanata!" specificò il Cavaliere di Platino con voce piena di coraggio.

A quelle parole il Sacerdote cominciò ad aumentare la forza del suo attacco, prima che il maestoso Cosmo del re degli dei calasse sulla zona accompagnato dalla voce di Zeus.

"Iesus! Ho sempre chiuso un occhio su come arruolavi i nuovi membri delle mie armate, ma ora che ho saputo che hai ucciso una donna innocente pur di controllare il destino di un bambino non posso più! Ti ordino di venire immediatamente sull’Olimpo seguito da Michele! Ora!"

Per la prima volta la paura s’impossesso del volto del Sacerdote che rinfoderò la spada e volò via nel cielo seguito da Michele alla volta della reggia del re degli dei, per sottoporsi al giudizio del suo re.

Tornati in albergo, Seiya e Kanata si distesero sul letto, stanchi per quella che era sta la più dura delle avventure per il piccolo Cavaliere.

"Che farai ora dell’armatura?" chiese poi Seiya al fratellino

"Zeus ha detto che la posso tenere, perché ora più che mai mi dimostro degno di averla. Forse non lo sai ma lo stallone alato è il simbolo della purezza, e cosa c’è di più puro del cuore di un bambino?" spiegò Kanata sorridendo. Una spiegazione con cui Seiya si trovò subito d’accordo.

Ad un certo punto suonarono alla porta. Seiya andò ad aprire e si trovò davanti Aiolia insieme ad altre ad una coppia che sembrava avere circa quarant’anni.

"C’è Saori?" chiese il Cavaliere d’Oro all’amico. Seiya rispose che era in bagno e che, se volevano, potevano accomodarsi, senza problemi. Fu molto sorpreso che Aiolia non gli avesse presentato le persone che aveva portato con lui, e quando glielo chiese il Cavaliere del Leone rispose:

"Non è ancora il momento!"

Quando la ragazza uscì dal bagno, appena vide l’uomo e la donna non riuscì a credere ai propri occhi. Nonostante li avesse visti una volta sola quando era molto piccola, ricordava bene il loro aspetto grazie al fatto di essere la reincarnazione di una divinità. Anche la coppia appena la vide capì di aver ritrovato ciò che credeva perduto ormai da tanti anni.

"Seiya e Kanata," cominciò a dire il Cavaliere del Leone ai due fratelli che non riuscivano a capire cosa stava succedendo "vi presento Niko e Maria. I genitori biologici di Saori!"

Seduti fuori sul balcone, Maria e Niko stava dicendo a Saori di come era stato difficile per loro affrontare quegli anni in cui lei e suo padre erano sempre vissuti con la paura di ciò che era accaduto alla loro bambina e, soprattutto, che se era stata rapita, cosa strana per loro poiché non avevano nemici e non capivano chi avrebbe mai potuto commettere ciò.

"Quando Aiolia ci ha spiegato la verità e ciò che ti era successo abbiamo sorriso per la prima volta dopo tredici anni! Il sapere che tu sei viva e che sei stata cresciuta da un uomo di grande cuore è stata per noi la più grande consolazione!" rivelò Maria con voce piena di commozione

"Per tredici anni" cominciò a raccontare la fanciulla "io ho sempre sentito che mi mancava qualcosa! Non riuscivo bene a capire cosa fosse, ma mi pesava e mi rendeva infelice. E io sfogavo questa mia infelicità nel peggior modo possibile!" disse ripensando ai giochi cattivi che faceva fare ai bambini che vivevano a Villa Kido con lei.

"Non c’interessa sapere cosa hai fatto!" disse Niko "A noi basta solamente vederti viva e in buona salute! Ah! Dimenticavo! Questo è per te! Sarebbe dovuto essere il tuo primo regalo!" aggiunse dando alla figlia un komboloi (11). La ragazza lo prese e se lo mise al collo al posto della collana di perle rosse che era solita portare.

"Grazie, papà! È Bellissimo!" disse prima di cominciare a piangere fra le braccia dei suoi genitori.

Seiya osservava la scena da poco lontano facendo fatica a trattenere le lacrime. Erano state due settimane strane per tutt’e due. Entrambi avevano ritrovato le persone con cui condividevano legami di sangue e che credevano morti. Questo fatto gli avrebbe legati ancora di più. Ne era sicuro al cento per cento.

A Parigi, Ana aveva ricevuto informazioni sugl’ultimi avvenimenti a Roma da delle spie. Insieme agl’altri dei, aveva convocato un’assemblea generale di tutti i Tree Drui per discuterne. La notizia dell’investitura di Aurelio e quella delle origini amazzoni di Maeve e Angus erano stati dei tuoni a ciel sereno che rischiavano di compromettere completamente il piano delle divinità. Con il Cesare pronto a combattere le forze dei Legionari sarebbero state motivate al massimo, dimostrandosi così più forti di quelle Genti di Ana, mentre Maeve avrebbe potuto mettersi alla ricerca delle ultime discendenti delle Amazzoni rafforzando ancora di più le fila dei loro nemici.

"Vi ho convocati perché dobbiamo prendere una decisione importante!" disse la dea ai suoi accoliti "Entro la festa del solstizio d’inverno dobbiamo preparare un grande rito per l’incoronazione di Dagda a Principe dei Celti, ciò gli permetterà di manifestare appieno il suo Cosmo, la cui grandezza sarà inarrivabile da qualsiasi altro essere umano. Ma alla luce degl’ultimi avvenimenti ciò potrebbe non essere più possibile: il Cesare è arrivato e sicuramente adesso Maeve starà cercando le Amazzoni! Uno di voi deve andare a fermare almeno uno di loro! Meglio il Cesare, perché in fondo è solo un ragazzo senza esperienza in battaglia!"

"Lei non conosce il suo colpo segreto!" urlò Esus "Io l’ho provato in prima persona e posso dirle che è terribile! Quel ragazzo può essere più pericoloso di Maeve!"

"Sarò io a combattere!" disse Heron alzandosi "Io sono in grado di bloccare i movimenti del mio avversario! Non riusciranno a battermi!"

"Va bene, Heron. Il compito è tuo! Partirai immediatamente per Roma!" disse Ana.

"Heron!" urlò Esus al compagno mentre questi si dirigeva verso l’uscita dei sotterranei "Non basteranno le tue lacrime a fermare il Cesare. Il suo colpo viene dagl’occhi!"

Ma il Bardo non l’ascoltò e continuò per la sua strada, diretto verso l’uscita dai sotterranei.

 

La melodia dell’avvento demoniaco

«Questa melodia che io suono è allo stesso tempo incantevole e terribile! Dietro queste note così affascinanti si nasconde, un richiamo alla parte più oscura dell’uomo. Se si ascolta bene, dietro le note s’avverte lo scorrere del sangue. È la melodia che esalta la bellezza dell’oscurità e dell’sangue e che richiama l’uomo alla sua vera natura. Bella e terribile allo stesso tempo, essa è l’inno per celebrare il ritorno del dio della guerra su questo mondo!».

Questi erano i pensieri di Lucio mentre suonava la melodia insegnatagli da Phobos con la sua cetra, il giorno dopo l’investitura di suo cugino. Quella sarebbe stata la melodia della rivincita su quanto aveva dovuto subire fino a quel giorno da parte d’Aurelio fin da quando aveva saputo che l’armatura del Cesare non l’avrebbe avuta lui. Fin dal giorno in cui aveva venduto l’anima alla prima divinità che gl’era apparsa davanti.

"Morte a Eros e gloria a Polemos, Lucio!" disse Angus al suo alleato salutandolo col tipico saluto dei Berseker dopo essere apparso dietro di lui.

"Morte a Eros e gloria a Polemos, Angus!" ricambiò il musico alzandosi "A cosa devo l’onore della tua visita, primo Berseker dell’armata di Phobos?" aggiunse guardandolo coi suoi pazzi occhi "Sei venuto a chiedermi di portare tua sorella a Sparta?"

"Non dire mai più una cosa del genere!" urlò il Berseker prendendogli il collo "Nessuno deve torcere un capello a mia sorella, se non vuole incorrere nella mia ira e in quella di Phobos!"

"Calmati, amico! Stavo scherzando!" disse Lucio sorridendo

"Spero bene, per te!" rispose buttando il compagno per terra "Sono venuto a comunicarti che un mio ex-compagno sta arrivando qui per sfidare Aurelio, e credo che a tuo cugino servirà un po’ di…sostegno!" spiegò con un sorriso d’intesa

"Sarà come vuoi! Oggi mio cugino, domani tutti i Legionari d’Italia si prepareranno per il ritorno di Ares su questo mondo! E l’uomo, potrà riscoprire la sua vera natura!".

Da dietro la porta Fenrir, Fauno, Galahad e Vortimer avevano sentito tutto, ed erano parecchio spaventati.

"Avete visto che avevo ragione!" disse sottovoce il Cavaliere di Asgard ai compagni "Lucio è in combutta con Phobos! Se non li fermiamo subito…"

"Calmati!" disse Fauno all’allievo "Adesso dobbiamo prepararci a contrastare il piano di Phobos per ottenere il controllo della mente di Aurelio. Galahad, tu seguirai il giovane Cesare come un’ombra e dovrai tenerti pronto ad ogni evenienza. Vortimer, tu proteggerai Maeve, e lo farai in ricordo del tuo amico che ora non c’è più. Mi raccomando, non dovrai dirle niente! Io e Fenrir ci prepareremo in attesa di un possibile arrivo di Phobos a Roma! Fermiamo prima lui, poi avremmo tutto il tempo di dedicarci a come fermare Ana e i suoi."

Osservando il Tevere scorrere vicino a Castel Sant’Angelo, Aurelio si lasciava trasportare dai suoi pensieri come se fosse immerso nel fiume. Osservando il Tevere pensava alla sua infanzia e di tutto il tempo passato con sua zia. Era la prima volta dopo vent’un anni che avrebbe dovuto imparare a cavarsela da solo. Cosa a cui non era pienamente abituato.

All’improvviso sentì una dolce musica venire da dietro di lui. Si girò, e vide un giovane intento a suonare un’arpa celtica e vestito con un’armatura verde camminare verso di lui.

Giunto davanti al suo avversario Heron, smise di suonare e gli disse:

"Finalmente ho l’occasione d’incontrarti, Cesare! Ciò mi riempie di grande gioia, peccato che dovrò subito comporre il Requiem per il tuo funerale!"

"Tu sei Heron, detto "il Bardo", giusto? Galahad e Maeve mi hanno parlato bene di te, e non credere che riuscirai a battermi!" disse Aurelio, mentre l’armatura del Cesare si disponeva sul suo corpo "Fatti sotto, avanti!" aggiunse poi per cercare di provocarlo.

"Sei davvero uno stupido, lo sai? Ti sconfiggerò solo con questo colpo e una nota della mia arpa! LACRIME PER FETONTE!" replicò il Tree Drui imprigionando l’avversario con il suo colpo segreto.

Nascosto nell’ombra, Lucio rideva alla vista della scena che gli si presentava davanti. Sapeva bene che quel colpo non avrebbe impedito a suo cugino di contrattaccare, e appena l’avrebbe fatto lui sarebbe intervenuto.

"Non pensare che basti questo per fermarmi! Il mio colpo segreto viene dagl’occhi! VENI, VIDI, VICI!" disse il Legionario lanciando la sua tecnica mortale, che lo liberò anche dai pioppini cristallizzati.

"Sei in gamba!" disse sorridendo il Tree Drui "Quindi avrai l’onore di ricevere la mia opera preferita! REQUIEM DEL PIANTO!".

Dall’arpa di Heron cominciò ad uscire una musica mortuaria, che Aurelio cominciò ad ascoltare rapito. In essa sentiva la sofferenza di molte persone che avevano perso i loro cari in battaglia non passava giorno in cui essi gli piangessero. Allo stesso tempo, però, sentiva che le forze lo stavano abbadonando, mentre una corda dell’arpa di Heron si preparava ad attaccarlo.

Improvvisamente, un’altra musica, una musica militare cominciò a diffondersi nell’aria e Lucio uscì dal suo nascondiglio.

"Sei stato bravo Tree Drui, ma ora mio cugino ti farà vedere la sua vera forza! Avanti Aurelio, ascolta questa melodia!" disse il prefetto avvicinandosi al Cesare.

Heron aveva buon orecchio e riconobbe subito quella melodia. L’attacco proibito a tutti i Cavalieri delle varie divinità che combattevano tramite la musica: la Melodia dell’Avvento Demoniaco.

"Non so chi tu sia, ma devo fermarti! Se voi Legionari utilizzate questo colpo, allora andate distrutti!" disse il Bardo

"Ah! Ah! Oltre a Phobos, io sono l’unico che è in grado di suonare questa musica! Con essa il mondo si preparerà ad accogliere Ares!" disse Lucio, mentre Aurelio rimaneva sempre più colpito da quella melodia

"Senti bene queste parole, cugino!

Nelle battaglie di questa terra,

il sangue scorre lentamente sul suolo.

Sembra una crudeltà,

ma in realtà è grande virtù!

L’uomo si libera da tutto

E riscopre il suo ruolo nel gioco.

Un solo grido all’orizzonte si ode:

A Polemos gloria ed a Eros…"

"SACRA CROCE!" urlò il figlio di Lancillotto intrappolando Lucio col suo colpo segreto

"Arrivi troppo tardi!" ridacchiò il Prefetto del pretorio "Mio cugino è ormai dalla mia parte e da quella di Phobos!"

"Ti sbagli! Grazie per avermi aperto gli occhi sul fatto che noi uomini in realtà siamo bestie, ma io combatto solo per me!" disse Aurelio, prima d’avventarsi su Heron "E faccio fuori chiunque voglio, come te! Ora, mio caro Tree Drui, guardami bene!".

Ma prima che potesse attaccare, Galad gli piombò addosso con la spada, facendolo cadere a terra.

"Bastardo! Preparati a crepare!" urlò il Cesare dopo essersi rialzato.

"Tu non farai niente, invece. LUCE DEL GRAAL!" disse il cavaliere lanciando il suo colpo segreto, l’unico in grado d’annullare il controllo sulle altre persone.

Aurelio cadde a terra, e Galahad lo prese per riportarlo nelle catacombe.

"Per adesso il combattimento è sospeso!"disse ad Heron, prima che Lucio si liberasse dalla croce e gli saltasse adosso per affrontarlo.

"Lascialo a me!" disse Heron all’ex-compagno "Costui ha infranto il codice dei guerrieri-musici! È mio dovere punirlo!"

 

L’invasione delle catacombe

Lucio cominciò a ridere divertito. Quel musicista era solo un compositore da quattro soldi in confronto a lui, eppure credeva che sarebbe stato in grado di batterlo.

"Non farmi ridere! Nessun musicista di livello basso come te riuscirà a battermi!"disse poi il prefetto cominciando a suonare una melodia diversa da quella di prima.

"Io non ho intenzione di batterti, ma di punirti! L’utilizzo della Melodia dell’Avvento Demoniaco è proibito sin dall’epoca dei miti. Fu Orfeo, il primo guerriero-musico a decretarlo!" replicò il Tree Drui cominciando a suonare

"Tu ignori che tra i primi discepoli di Orfeo vi era anche Phobos! La melodia proibita fu custodita gelosamente da lui, finchè non me l’ha insegnò!" lo informò Lucio "Ascolta bene questa mia canzone e saprai come andarono le cose!".

La melodia suonata da Lucio cominciò a trasportare il Tree Drui nell’infanzia del suo avversario.

Heron cominciò a vedere l’invidia che Lucio aveva sempre provato per suo cugino Aurelio perché questi eccelleva sempre nei combattimenti corpo a corpo, dimostrandosi un guerriero più forte di lui.

Vide la rabbia provata per la decisione che sarebbe stato suo cugino ad indossare l’armatura del Cesare, e il primo incontro di Lucio con Phobos avvenuto durante una notte di pioggia.

"T’insegnerò un colpo che ti farà diventare pari a tuo cugino!" così aveva detto la divinità, prima di cantare al giovane la Melodia che l’aveva trasformato in un pazzo masochista e sadico.

"Ciò mi convince ancora di più che sia giusto punirti! Preparati ad conoscere la forza di una carica di guerrieri celti! CELTIC MELODY!".

Con la sua arpa Heron cominciò a suonare una melodia di preparazione alla battaglia. Dopo solo poche note, Lucio cominciò ad essere spinto da quella che sembrava una grande onda d’urto.

"Facendo vibrare il mio Cosmo insieme alle corde del mio strumento" cominciò a spiegare il Tree Drui "riesco a respingere il mio nemico e anche a ferirlo!" . In quel momento esatto, un taglio si formò sulla guancia di Lucio.

Galahad e Aurelio erano appena rientrati nelle catacombe, quando videro Vortimer combattere contro Angus.

"Credevo che tu fossi mio amico, e che mi avresti capito! Ma vedo che mi sbagliavo!" urlò il Berseker attaccando l’ex-compagno con un pugno.

"Io sono fedele all’uomo che eri! Per questo non lascerò che la sorella del mio migliore amico diventi moglie di un demone come Phobos! ATTACCO A MITRAGLIA!" urlò cominciando a colpire con quelli che sembravano proiettili di Cosmo provenienti dalle sue dita.

"Non basterà questo a fermarmi! Sono molto più forte di prima!" disse Angus andando verso Vortimer, incurante dei colpi ricevuti.

All’improvviso, però, vide Galahad e Aurelio, e si voltò verso di loro.

"Sei riuscito nel tuo piano, Galahad! Ma adesso farò quello che voglio da tanto tempo: strapparti il cuore!" urlò il Berseker, lanciandosi verso il fidanzato della sorella, prima di venire intrappolato in quella che era una corona d’alloro che gli bloccava mai e piedi. Era stato Aurelio a fare ciò ricorrendo al suo colpo segreto, la Corona del Trionfo.

"La corona del Cesare è impregnata del suo stesso Cosmo! Niente può distruggerla, a meno che non mi si uccida!" rivelò il Cesare, mentre Angus s’agitava a terra, cercando di liberarsi inutilmente.

Anche Maeve stava lottando contro un Berseker. Insieme ad angus si erano, infatti, introdotti altri tre Berseker: Megera la Rossa, Aghìas del Tiranno e uno strano tipo incappucciato che chiamavano Filisto. Entrambi appartenevano all’armata di Phobos, che era l’unica armata rimasta delle quattro dell’epoca mitologica.

La principessa delle Amazzoni stava combattendo contro la prima, che era una ragazza di straordinaria bellezza, i suoi capelli erano biondi e ricci, mentre i suoi occhi due pezzi di ghiaccio.

Attaccava la nemica senza tregua, come se la volesse uccidere a tutti i costi.

Anche lei era un’Amazzone, anzi l’ultima delle Amazzoni. Era stata lei ad uccidere tutte le sue compagne per amore di Phobos, e se Maeve non si fosse risvegliata sarebbe stata lei la progenitrice della nuova stirpe di donne guerriere.

"Non ti lascerò vivere oltre! Addio principessa!" disse Megera all’avversaria dopo averla buttata a terra, ma fu fermata dalle corde della Tree Drui della betulla che Maeve aveva disposto attorno a se affinché la proteggessero.

"Mia madre sapeva bene cosa sarebbe successo se Phobos l’avesse trovata, ma non ha mai voluto arrendersi ed ha sempre continuato a vivere col sorriso fino alla fine!" disse Maeve rialzandosi "E io come sua figlia ho il dovere di non tradirla! ELECTRO ARROWS!" urlò attaccando la nemica col proprio colpo segreto.

Lucio non cadeva. Nonostante le ferite che continuava a riportare da parte della Celtic Melody continuava a rialzarsi con gli occhi rivolti al cielo, come se quelle ferite fossero una benedizione celeste.

"Chi disprezza il dolore è stupido! Esso è la massima forma di piacere! Ma ad uno come te s’addice un altro attacco!" disse il Prefetto cominciando a suonare una melodia che si sovrappose a quella di Heron. Una melodia che evocava piacere e beltà, come un sogno.

"INNO ALLA CITTA’ D’ORO!" disse Lucio, mentre lui e il suo avversario venivano avvolti da quella che sembrava un’illusione della Roma antica.

"Il luogo dove ti trovi è la città che Nerone voleva costruire! La città dorata del piacere e della bellezza! E in esso tu rimarrai per sempre!" disse scomparendo.

"Ora la sua mente è intrappolata in un’altra dimensione! Sicuramente le sensazioni che sta provando superano la mia immaginazione! Al di là del nome quello è un luogo di terribili tormenti, come quelli che il mio grande predecessore infliggeva ai suoi nemici! Chiunque vada nella città d’oro si perde in essa e non ne trova l’uscita finchè il corpo muore!""disse Lucio mentre osservava il corpo disteso per terra di Heron.

Improvvisamente, sentì le dita di Heron muoversi sull’arpa. Tornò nella città d’oro, e vide Heron intento a suonare mentre la città ardeva tra le fiamme. A quella vista, Lucio provò paura per la prima volta in vita sua.

"Nerone fece nascere questa città sulle fiamme dell’incendio di Roma, anche se non fu lui ad appiccarlo, e ciò che nasce dal fuoco, muore nel fuoco! SUONATA D’ADDIO INFUOCATA!".

Anche Lucio fu colpito da quel colpo, e per la prima volta il dolore non gli dava piacere, ma paura. Paura della morte. E, mentre lui e Heron tornavano, sulla Terra urlò:

"Che artista con me!".

Poco dopo, Heron guardava il corpo di un ragazzo disteso per terra dormire. Non l’aveva ucciso, l’aveva solamente fatto rinsavire. Il volto non era più quello di un pazzo, ma di un ragazzo che si era appena lasciato un incubo alle spalle.

"Oggi ho ucciso il nemico più pericoloso!" disse il Bardo voltando le spalle alla città eterna.

 

La stirpe delle Amazzoni e il guerriero dal pugno di ferro.

A stento Megera era riuscita a resistere al colpo lanciatole da Maeve, ma la rabbia e la furia della Berseker erano diventate ancora più forti. Non avrebbe esitato oltre a colpirla col suo colpo più potente.

"Sei stata un’avversaria in gamba principessa, ma questo è l’ultimo colpo! Sparirai per sempre da questo mondo, e Phobos sarà di nuovo mio!" disse l’ex- Amazzone, mentre nelle sue mani si formava una sfera di colore rosso "Eccoti il colpo più potente di Megera la Rossa, Prima Amazzone dell’armata di Phobos! SFERA LETALE DELLA SOFFERENZA! Addio, principessa Maeve Diana!".

Maeve cercava di contrastare il colpo dell’avversaria con tutto il suo Cosmo, ma sembrava che niente riuscisse a fermarla. In meno di un secondo la principessa delle Amazzoni era stata inglobata dalla sfera, ma proprio in quel momento sentì un Cosmo caldo abbracciarla. Era il Cosmo di sua madre Diana

"Maeve Diana," disse Diana con voce dolce "sei davvero sicura di volerti arrendere così? Ho visto tutti i tuoi combattimenti, e so che mia figlia è una ragazza determinata come s’addice ad una vera principessa! Non deludermi! Vinci, Maeve! Vinci bruciando il tuo Cosmo!".

Sentendo quelle parole, in Maeve cominciò a nascere una nuova forza. Sentiva che sarebbe riuscita a sconfiggere Megera. Il suo Cosmo color verde speranza, cominciò ad aumentare sempre di più, fino a ridurre la sfera a quello che sembrava un alito di vento.

La paura s’impadronì di Megera. Possibile che Maeve fosse così forte? Poi vide oltre Maeve, la sagoma di tutte le regine dell’Amazzoni. Maeve era la principessa legittima di un popolo che sembrava scomparso.

"Megera, hai ucciso il tuo stesso popolo in nome dell’amore per un dio malvagio! Quest’offesa non può conoscere perdono!" disse la principessa espandendo il suo Cosmo, insieme a quello delle sue antenate

"Non mi farai paura! Sono io la prescelta per la rinascita delle Amazzoni!" urlò la Berseker lanciando nuovamente il suo colpo segreto.

"No! Tu sei solo una traditrice! Avvampa mio Cosmo, insieme a quello delle grandi regine delle Amazzoni, da Ippolita a mia nonna Kara I, e a quello di mia madre! Eccoti il colpo più potente di Maeve Diana di Themyshira, principessa delle Amazzoni e Tree Drui della betulla! TUONO FINALE!".

Pochi secondi dopo, il corpo di Megera cadde a terra senza neanche un briciolo di vita. Maeve, cominciò a piangere. Per colpa sua adesso non c’era più nessuna Amazzone eccetto lei. Possibile che fosse quello il destino della sua stirpe? Improvvisamente, vide Eva che s’avvicinava a lei. Il Cavaliere di Platino le sorrise dolcemente, e le disse:

"Non sei sola, principessa Maeve! Megera era mia sorella, ed esistono altre tre Amazzoni nascoste che scamparono al suo massacro avvenuto tredici anni or sono! La nostra stirpe non finirà! Con l’aiuto di Avalon, del Santuario, di Roma e del Sommo Zeus, sapremo far risorgere Themyshira! Sconfitti gli altri Berseker qui presenti, il piano che Phobos tesse dall’epoca dei miti potrà dirsi fallito!".

Ioannes aveva sentito la presenza dei quattro Cosmi estranei nelle catacombe, e gli era impossibile credere che uno di loro era quello del suo vecchio compagno Angus. Gli altri non riusciva a riconoscerli, però era contento che uno di loro si fosse spento per mano di Maeve.

Mentre correva dove sentiva la presenza dei Cosmi di Galahad e Aurelio, davanti a lui si parò un Berseker che indossava un’armatura color ferro, con una daga al suo fianco. I suoi capelli erano color rame, mentre la pelle era bianca come la morte.

"Tu devi essere Ioannes! Io sono Aghìas del Tiranno, egemone del primo battaglione dell’armata di Phobos, e ti ordino di farmi passare!"

"Mi dispiace, ma i tuoi ordini non valgono niente per me! In altre parole FLAME (12)!" disse Ioannes prima di trasformarsi in una torcia umana e di buttarsi contro il suo nemico. "La mia armatura è ricoperta di olio e questo le permette di diventare di fuoco!"

"Sei bravo, ma non abbastanza!" disse Aghìas buttandolo a terra con una mano che era fatta…di ferro?

Il Tree Drui non credeva ai propri occhi. La mano destra del suo avversario era una protesi.

"Dopo tutto, io sono un tiranno. E come tutti i tiranni, ho un PUGNO DI FERRO!" disse il Berseker cominciando ad infierire sull’avversario colpendolo ripetutamente col suo arto metallico.

Atena e i Cavalieri erano usciti dall’albergo appena avevano sentito il Cosmo dei Berseker di Phobos manifestarsi nelle catacombe. Purtroppo uno scudo innalzato dalla Grecia dallo stesso dio, impediva alla dea della giustizia e ai suoi paladini l’accesso nel sottosuolo della città eterna.

"Non pensavo che Phobos fosse così potente! Si vede che nel corso dei secoli, il suo Cosmo si è affinato!" disse Atena, mentre cercava di sfondare lo scudo con l’emblema di Nike.

"Sarò io ad entrare!" disse alle loro spalle Lucio "Io ero sotto il controllo di Phobos, e penso che non si sia accorto che sono rinsavito! Fatemi entrare! Dentro ci sono ben quattro Berseker terribili, che ben conosco!".

I Cavalieri fecero sì con la testa, e il Legionario entrò, sicuro di ciò che stava facendo.

La battaglia di Ioannes continuava, eppure il giovane Tree Drui era deciso a non far passare il nemico. Anche se in principio lui e i Legionari erano stati nemici, ora era diverso. Quelle persone l’avevano aiutato a liberarsi dal Limbo in cui Cerunno l’aveva rinchiuso. Un luogo talmente freddo e buio, che neanche lui riusciva ad illuminare e riscaldare. Un luogo di morte!

Ma ora era libero. Libero di scegliere, e lui aveva scelto di vendicarsi di Cerunno. Si rialzò, e la sua armatura si riaccese, brillando come una stella.

"Vuoi combattere ancora? Sei proprio stupido, ragazzo!" ridacchiò il Berseker "Se vuoi morire, allora t’accontenterò! ARTIGLI DI FERRO!" aggiunse allungando le dita della sua mano metallica, che si lanciarono contro l’avversario "I miei artigli si muovono in modo indipendente dalla mia volontà, e ti attaccheranno dove meno te lo aspetti!"

"FLAME EXPLOSION!" urlò il Tree Drui, creando attorno a lui un’esplosione che sciolse la punta degl’artigli di Aghìas, che si ritrassero come prede davanti ad una fiera.

Il Berseker era livido dalla rabbia. Non avrebbe mai perdonato a un suo nemico di rovinargli la sua adorata mano artificiale. Fin da quando aveva perso il suo arto durante l’addestramento, quella protesi era la cosa a cui era più affezionato. Non sarebbe finita lì! Gliela avrebbe fatta pagare! Sguainò la spada che portava con se, la prese con la protesi e si lanciò all’attacco.

"Ti farò pagare caro il tuo affronto!" disse caricando la lama col suo Cosmo "Questo è il sommo colpo di Aghìas del Tiranno, ultimo discendente di Dionisio di Siracusa. FENDENTI MASSACRATORI!". Dalla spada uscirono centinaia di fendenti di pura energia diretti contro il Tree Drui, il quale era anche lui pronto a lanciare il suo attacco finale.

"Assaggia il colpo che io stesso mi sono proibito! La tecnica che contiene la forza dell’ulivo! ESPLOSIONE SUPERNOVA!".

In tutte le catacombe s’udì un’esplosione, come mai c’era stata a memoria d’uomo. Marco corse sul luogo e vide Ioannes sdraiato vicino ad una spada, ad un’armatura e ad una mano mezza fusa di ferro. Del corpo di Aghìas non rimaneva altro che un mucchio di cenere.

In quel momento, davanti al Legionario comparve il Berseker incappucciato. Questi con un semplice gesto della mano teletrasportò in un luogo sconosciuto i resti di Aghìas. Poi si volse verso il Legionario togliendosi il cappuccio. Alla vista di quel volto, Marco indietreggiò! Sapeva chi era la persona davanti a lui: un uomo che credeva fosse morto da ben dieci anni!

I piccoli occhi grigi, l’espressione dura e impassibile, i capelli biondi e i lineamenti così simili a quelli dello stesso Legionario, destarono nel Leone di Venezia i ricordi di un’infanzia che credeva ormai sepolta.

 

Fantasmi del passato

Alla vista del volto spaventato di Marco, Filisto sorrise e disse con voce falsamente offesa:

"Che ti succede, Marco? Non sei felice di rivedermi?" il Legionario cominciò ad indietreggiare "Credevo di sì, anche se sei scappato di casa facendomi preoccupare! Sei stato un bambino, davvero cattivo!" aggiunse facendo sbattere Marco contro il muro, grazie ai suoi poteri paranormali.

"Dovevo scappare!" urlò il Legionario, cercando di ritrovare il coraggio "Tornavi a casa sempre ubriaco, e picchiavi la mamma! Il tuo passatempo preferito era quello di fare a botte con i tuoi amici, senza curarti di me e di cosa pensavo! Dicevi che ero debole, perché non avevo muscoli e passavo tutto il mio tempo a pregare Dio! Ma quella era una forza superiore a quella che avevi!" rispose lui "E allo stesso modo in cui tu vergognavi ad avermi come figlio, anch’io mi vergognavo ad averti come padre!" urlò poi con vigore, facendo indietreggiare il Berseker.

Mentre pensava ciò, nella mente di Marco riaffioravano i ricordi della sua infanzia fino ai dieci anni. La sua famiglia viveva poco lontano da Venezia, suo padre era un alcolizzato patito della box. Era diventato tale dopo aver perso il lavoro e aver sperperato tutti i soldi. Il suo carattere era molto violento, ed essendo discendente di una lunga stirpe di militari voleva che anche il figlio prendesse quella strada. Diversa era sua la madre. Lei credeva nella pace e in Dio con tutto il suo cuore, fede che trasmise al figlio.

Un giorno, Marco vide suo padre mentre picchiava la mamma. Non era una novità! Scene del genere erano di routine ormai, ma quel giorno sarebbe stato diverso. Filisto prese una bottiglia, e la spaccò sulla testa della moglie. Spaventato, Marco si chiuse dentro camera sua, fece velocemente una specie di valigia, poi scappò di notte dopo aver preso il portafoglio di sua madre per pagarsi il biglietto del treno per Venezia.

"Ma tu eri sempre debole!" disse Filisto "Eri debole e lo sei ancora! Non sei capace di fare male a nessuno!"

"Basta! Io non sono debole, e adesso ne avrai la prova! Sono più forte di te! Lo sono sempre stato!" urlò Marco con tutto il fiato che aveva in gola.

"Ne sei sicuro?" chiese il Berseker al figlio

"Si! BENEDIZIONE DI SAN MARCO!".

Il gigantesco leone alato s’avventò sul Berseker, il quale urlò spaventato prima di…dividersi in due?!

Sembrava assurdo, ma era così. Filisto si era diviso in due persone diverse. Una era l’uomo che Marco aveva visto sotto il cappuccio, l’altro era una persona piccola di statura, vestito di una vestigia color argento, con la pelle scura e olivastra e gli occhi freddi come il ghiaccio. Era lui il vero Filisto e, a differenza dei suoi compagni, non era un essere umano, ma una semidivinità. Sua madre era Enio, la dea del massacro che i Romani veneravano come Bellona.

"Io possiedo la capacità di possedere le altre persone!" disse il semidio rialzandosi "Ma solo se gli rimango attaccato! Ho fatto delle ricerche su di te, e dopo qualche tempo sono giunto nel luogo dov’era ricoverato tuo padre per disintossicarsi. Forse non lo sai, ma tua madre non è morta! Dopo la tua partenza, lei e tuo padre divorziarono, e non si sono più visti!" .

Marco, mentre ascoltava il nemico, era corso vicino al corpo di suo padre. Fortunatamente respirava ancora, ma sembrava che la possessione di Filisto lo avesse stancato troppo. Il dover sopportare un Cosmo estraneo all’interno del suo corpo lo aveva fatto svenire, e la fiamma della sua vita sembrava che si stesse per spegnere.

"Che ti succede? Vuoi metterti a piangere?" cominciò a schernirlo il semidio "Siccome sono compassionevole, ti darò una scelta: inginocchiati e supplicami di salvare tuo padre o muori!"

"Come direbbe il mio amico Shaka, dovresti inginocchiarti tu ai miei piedi e venerarmi!" rispose Marco con voce calma, mentre si toglieva la maschera.

Filisto a quelle parole cominciò a ridere. Quell’essere umano si permetteva di prendersi gioco di lui con parole talmente assurde, che arrabbiarsi sarebbe stato inopportuno.

"Ma credo di dover cambiare il tuo linguaggio!" disse poi la semidivinità, cominciando ad espandere il proprio Cosmo "Eccoti il colpo segreto di Filisto del dolore, secondo solo a Phobos! GALAXY OF PAIN!".

Alle spalle del semidio comparve una galassia color rosso sangue generata dal suo Cosmo. In poco tempo, Marco ne fu completamente avvolto e cominciò ad urlare.

"Nessuno può sfuggire alla Galaxy of Pain! Il mio Cosmo, emanato sotto forma di spirale, stimola tutt’insieme i centri nervosi provocando un dolore senza pari. Più la vittima si dimena e tenta di sfuggirgli, più il dolore aumenta fino alla morte!"

"Mi dispiace…ARGH…ma le acque della Serenissima…URGH…laveranno via questo dolore…" disse Marco, prima d’invocare il Kaan. La barriera d’acqua allontanò la Galassia color sangue, che si divise in tanti piccoli pezzi.

"Io non sono né un santo né Dio, quindi non credo di essere in grado di provare misericordia per un essere come te, anche se tu mi venerassi!" disse il Legionario espandendo il proprio Cosmo ad un livello superiore a quello di Filisto "Prima le acque della Serenissima Venezia hanno travolto la tua Galassia di Dolore, ora travolgeranno te!" alle spalle di Marco cominciò a formarsi quella che sembrava una grande onda "Se usato alla minima potenza quest’attacco provoca solo uno svenimento per un paio d’ore, ma a piena potenza riduce ogni essere vivente a vuoto involucro! Ora i tuoi sensi si perderanno nelle acque di Venezia! ABBANDONO ALLA SERENISSIMA!".

Ovunque nelle catacombe, la potente energia del colpo più potente di Marco fu avvertita. Un’energia potentissima, capace di cancellare completamente una galassia.

Poco più tardi, Marco arrivò portando sulle spalle Ioannes nel luogo dove Aurelio e Galahad avevano imprigionato Angus con la Corona del Trionfo. Anche Maeve ed Eva si trovavano lì. La principessa delle Amazzoni faceva fatica a guardare il fratello in faccia, non voleva vederlo così: ridotto ad un carnefice privo d’umanità.

"Tutti i tuoi alleati sono stati sconfitti. Megera da Maeve, Aghìas da Ioannes, e Filisto da me. Purtroppo in questa battaglia ha rimesso la vita anche l’uomo che quella semidivinità demoniaca ha usato: mio padre! Per fortuna ho potuto vederlo sorridere, prima che spirasse!" disse il custode dei mari, prima di mettere la sua maschera sul volto del nemico, in modo che non potesse più attaccare.

"Ora, che non hai più alleati nelle catacombe, ci dirai dove si nascondono gli dei celtici!" disse Galahad al Berseker, ma questi sorrise beffardo.

"Ti sbagli, ho ancora un alleato!" disse, prima che un gorgo di nubi rosso sangue si formasse alle sue spalle accompagnato da un Cosmo potentissimo "Colui per cui sono come un fratello, il mio migliore amico, nonchè comandante, Phobos!"

 

Il dio della paura

A sentire pronunciare il suo nome, il figlio di Ares emerse dal gorgo con il volto più adirato che avesse mai avuto. Gli occhi rossi parevano ancora più iniettati di sangue, mentre i capelli corvini si erano rizzati sulla sua testa come i peli di un gatto pronto all’attacco. Con un solo gesto, i Tree Drui e i Legionari furono sbattuti a terra dal suo Cosmo. Solo Eva restò a fronteggiarlo.

"Eva" disse il dio con voce piena d’odio al Cavaliere di Platino "sin da prima che cominciasse il massacro nel villaggio segreto delle Amazzoni, tu eri ambasciatrice di Themyshira presso il Santuario Celeste. Quando Megera e i Berseker misero a ferro e fuoco quel villaggio tredici anni fa, tu ci ostacolasti forte della tua recente investitura. Con un solo colpo, ben la metà dei miei Berseker finì nel Tartaro. E ora torni ad ostacolarmi, impedendomi di prendere la mia sposa!"

"Maeve è principessa delle Amazzoni, erede di Ippolita e come tale ostacolerà sempre i tuoi malvagi desideri! Rassegnati! La stirpe delle Amazzoni non sarà mai devota ad Ares, piuttosto morirà!" fu la risposta della custode del Tartaro "Ora è il tuo turno a finire nel Tartaro! DOOR OF ADE!".

Sotto i piedi del dio della paura s’aprì un varco d’ombra che cominciò a cercare d’ attirarne l’anima, ma questa rimaneva ancorata nel corpo di Phobos

"Tutto qui ciò di cui sei capace?" chiese il dio "Ora ti farò vedere cos’è il vero potere! PHOBOS ILLUSION!".

Nella mente della custode del Tartaro cominciò a prendere forma la peggiore delle sue paure: fallire.

Davanti ai suoi occhi c’erano Maeve e le tre amazzoni superstiti massacrate dai Berseker del dio della paura. Compariva poi Angus, che teneva un fagotto fra le mani con dentro una bambina.

"Maeve ha svolto il suo compito! La vecchia stirpe delle Amazzoni può sparire per sempre! Ne è nata una nuova!"

"Nooooooooo!" urlava lei piena di disperazione, cercando di lottare contro l’illusione, ma era inutile.

La paura aveva pieno controllo della mente del Cavaliere di Zeus, cui il Cosmo cominciò ad indebolirsi sempre di più, con gioia di Phobos e Angus che si scambiarono un sorriso diabolico.

"Prima di liberarti" disse il figlio di Ares al suo primo Berseker "concedimi di mettere fine alla vita di questa donna!"

"Aspettate!" disse Lucio entrando nella sala, sotto gli sguardi compiaciuti del dio e del Berseker.

"Vedo che sei riuscito a sconfiggere Heron!" disse Angus con voce compiaciuta al cugino di Aurelio "Phobos, credo che sia meglio lasciare a lui l’onore d’uccidere Eva! È merito suo se siamo riusciti a venire qui!"

"Hai ragione!" ammise Phobos "Avanti! Manda questa donna all’inferno!"

"Io sono qui per mandare all’inferno qualcuno!" disse il musico "Ma non lei, tu!" aggiunse urlando, scagliandosi contro il dio della paura "Facendo leva sulla mia paura d’apparire più debole di mio cugino, mi hai portato a tradire la mia famiglia rivelandovi gli accessi segreti alle catacombe! Ora pagherò per i miei peccati sconfiggendoti, Phobos!"

A quella minaccia il dio rise divertito. Lucio credeva di farlo fuori, quando sapeva che era diventato prefetto del pretorio grazie al fatto di averlo incontrato.

"Tuttavia, non posso perdonare la tua ingratitudine! PHOBOS ILLUSION!" attaccò il figlio di Ares col suo colpo segreto, che il giovane Legionario riuscì a schivare.

Vicino all’entrata delle catacombe, Atena e i suoi Cavalieri stavano utilizzando i loro Cosmi bruciati al massimo per rompere la barriera di Phobos.

"È molto resistente!" disse Seiya dopo averla colpita più volte col Ryuseiken, senza successo.

"Fin troppo!" ragionò Saori "Phobos non possiede un Cosmo così forte da alzare una barriera del genere. Anzi, nessuna divinità può fare una cosa del genere, da sola! Qualcuno lo starà aiutando!"

"Forse qualcosa!" disse Merlino comparendo dietro di loro col suo bastone "Sicuramente, questa spada è anche opera della Spada di Marte, forgiata da Efesto col sangue del dio della guerra. Vi è un unico modo per infrangere questa barriera: bisogna colpirla al centro con un Cosmo la cui potenza sia doppia a quello che l’ha generata!"

"È impossibile, maestro Merlino!" disse Seiya "Una sola persona non può…"

"Io non ho parlato di una sola persona!" lo corresse il signore di Avalon.

Nelle catacombe Lucio stava dando prova di grande resistenza fisica agli attacchi di Phobos, nonostante il dio della paura risultava nettamente superiore. Sapeva che non avrebbe potuto vincerlo, ma sapeva anche che Fauno e Fenrir stavano cercando d’arrivare lì attraverso il labirinto sotterraneo delle catacombe. Finché il dio dei boschi e il suo allievo non fossero arrivati, o i Legionari e i Tree Drui stesi per terra non si fossero rialzati doveva combattere. Il suo sguardo si voltò un attimo su Eva che stesa a terra lottava contro quella terribile illusione. Doveva aiutare anche lei, e c’era una sola cosa che poteva fare. Mise la mani sulla cetra e cominciò ad intonare una musica da Requiem, paragonabile solamente a quella di Mozart. Le corde dello strumento, poi, s’allungarono fino raggiungere la gola di Angus.

"Phobos, se solo proverai ad attaccarmi, quelle corde in cui ho immagazzinato la maggior parte del mio Cosmo attaccheranno Angus trafiggendolo alla gola! Questa musica sarà il requiem del suo funerale!" disse Lucio al dio della paura con tono di sfida.

Phobos rise di quell’affermazione e poi disse che Lucio era solo uno stupido essere umano e che non meritava l’armatura che indossava, ma non si accorgeva che il giovane musico stava utilizzando la sua musica anche per un altro scopo: per far rinvenire le persone che erano distese a terra. La bravura di Lucio era tale che poteva suonare una musica sotto le spoglie di un’altra, e se Phobos non se ne fosse accorto per altri cinque minuti, tutto sarebbe andato bene.

 

In nome di Themyshira

Merlino guardava soddisfatto l’idea che Atena e i Cavalieri avevano avuto dietro suo consiglio. Seiya, Shiryu, Hyoga, Shun, Ikki, Aiolia, Kanon e Saori avevano afferrato insieme l’emblema di Nike e ora si preparavano ad espandere al massimo i propri Cosmi e ad unirli insieme per spezzare la barriera di Phobos che impediva alla dea della Giustizia e ai suoi paladini l’accesso alle catacombe.

"Siete pronti?" chiese la fanciulla rivolta ai ragazzi, mentre questi stavano incominciando a bruciare il loro Cosmo, finchè non furono tutti avvolti da una luce color oro.

"Sì!" rispose Seiya, guardando i suoi amici, Kanon e il suo senpai.

"Allora andiamo!".

Bruciando all’infinito il proprio Cosmo e correndo verso l’entrata pieni di fiducia e possibilità di vittoria, i sette Cavalieri e la dea della giustizia riuscirono a spezzare la barriera sotto lo sguardo compiaciuto di Merlino, mentre Phobos avvertì, in quello stesso istante, una strana sensazione attraversargli tutto il corpo.

"Qualcuno ha spezzato la mia barriera! Sarà sicuramente opera di Atena e dei suoi Cavalieri!" disse il dio della paura correndo verso l’uscita, quando Fauno piombò su di lui seguito da Fenrir.

"Finalmente ci conosciamo, Phobos!" disse il dio italico al suo avversario

"Sì! Non sai quanto ho sognato di poterti battere!" rispose il figlio di Ares, sbilanciando l’avversario con un calcio "Una volta sconfitto te, anche i Legionari d’Italia saranno miei!"

"Questo non accadrà mai! Il tuo regno di paura è finito!" disse Maeve rialzandosi "Le Amazzoni non saranno mai tue, Phobos! Io, Maeve Diana di Themyshira, Tree Drui della betulla e principessa delle Amazzoni, dichiaro che da ora e per sempre Themyshira combatterà al fianco di Atene, Avalon, Asgard e Roma per difendere il genere umano e la pace sulla Terra!" aggiunse infilandosi al dito l’anello di sua madre.

"E non lo saranno neanche i Legionari d’Italia!" disse Giulia, comparendo nella sala all’improvviso "Noi siamo stati fondati prima della nascita di Romolo da Giano e Saturno, per tanto noi non ci schiereremo mai contro una divinità contraria ai principi dei nostri fondatori!" aggiunse con voce solenne, sfidando il nemico.

Eva, che in quel momento stava ancora lottando contro l’illusione, quando sentì le parole di Maeve capì che c’era una cosa più grande della sua paura che la spronava a lottare, ed era la libertà del popolo delle Amazzoni. Si rialzò e s’avvicinò alla sua principessa, inginocchiandosi ai suoi piedi.

"Sebbene io sia anche un Cavaliere di Platino, come membro del popolo delle Amazzoni ti riconosco come mia principessa, Maeve Diana di Themyshira, e ti rendo ciò che la mia famiglia ha custodito sin dalla fuga di tua madre!" disse la custode del tartaro, togliendo da una tasca del vestito che indossava sotto l’armatura un diadema d’orato con un rubino a forma di stella al centro (13), che mise sul capo di Maeve, mentre Merlino, Atena e i Cavalieri dello Zodiaco entravano nella stanza, e i Tree Drui e i Legionari svenuti si riprendevano.

"Questa è la corona della principessa delle Amazzoni, portala con onore!" disse Eva, mentre Maeve la ricambiava con uno sguardo deciso.

Alla vista di quella scena e dopo aver udito quelle parole, Phobos aveva capito che gl’era rimasta un’ultima carta per far sua la stirpe delle Amazzoni. Si voltò verso Angus, poi il suo sguardo pieno di rabbia tornò verso Maeve. In seguito si rivolse agli spettatori lì presenti:

"Ora voi starete fuori dallo scontro che sta per cominciare, perché riguarderà solo me e la principessa delle Amazzoni, nonché Tree Drui della betulla Maeve Diana di Themyshira!" poi si voltò verso la Guida "In seguitò sarà anche il tuo turno, Giulia!"

"Io sono pronta a combatterti Phobos! Come fece mia madre, come fece mio padre e come fecero i miei nonni, io ti combatterò per ostacolare la tua ambizione! Ma questa volta, in nome di Themyshira, tu non vincerai! " rispose la Tree Drui.

"Aspetta Maeve!" disse Lucio rialzandosi e cominciando a suonare una melodia lugubre "Anch’io ho un conto in sospeso con Phobos! DOLCE MELODIA DI DOLORE! Avanti, Phobos! Ascolta questa melodia che stimola i centri nervosi dell’avversario, fino a fargli provare dolori inimmaginabili!"

Ma Phobos non soffriva e neanche provava dolore, anzi si voltò verso Lucio e gli disse:

"Pensi di poter stimolare i centri nervosi di un dio con un Cosmo simile?! Povero idiota!".

Un solo colpo! Un colpo dritto alla gola, e il povero Lucio cadde a terra sotto lo sguardo stupito di tutti i presenti.

"Maeve…" disse debolmente il Legionario alla principessa delle Amazzoni "…di tutte… le persone che… ho incontrato…tu sei stata…l’unica che mi abbia dimostrato amicizia…Anche se…ad un livello superficiale…la mia mente… era schiava di Phobos…io…riuscivo a sentire il tuo Cosmo… Addio… amica… mia… vinci…. per… me… Addio…anche…a…te…Aurelio… Perdonami… cugino… e anche tu…zia…" aggiunse sorridendo ai parenti, prima di spegnersi con volto sereno.

"Stupido umano!" disse Phobos schiacciando la testa del morto "Sarebbe sopravvissuto se non si fosse ribellato!"

"Phobos!" disse Maeve alzando lo sguardo sul nemico "Adesso pagherai per tutti i tuoi crimini! In memoria di Lucio e in nome di Themyshira, io ti sconfiggerò!" disse Maeve lanciandosi contro il nemico.

 

Un giro per Roma

(parte di questo capitolo è ispirata al film Disney "Lizze Mc.Guire –da liceale a pop star")

"Maeve Diana di Themyshira, basta! Spetta al Consiglio Divino e non a te giudicare e punire Phobos per i suoi crimini!" disse una voce misteriosa, prima che otto Cosmi appartenenti ad altrettanti guerrieri cominciassero a spargersi per tutte le catacombe.

"Chi siete?" domandò il dio della paura disorientato.

Come risposta Hilda di Polaris, Michele e altri sei cavalieri che indossavano armature decorante secondo stili di varie civiltà entrassero nella sala.

"Siamo i capi delle armate dei membri del Consiglio Divino!" spiegò Hilda al figlio di Ares "E siamo venuti fin qui per portare te e i tuoi complici con noi! Io sono Hilda di Polaris, sacerdotessa di Odino!"

"Io sono Kalkin, Avatara della Triumviri e sommo protettore dell’India!" disse un ragazzo che indossava delle vestigia bianche e portava con sé una spada fiammeggiante.

"Il mio nome è Kong del Sole, sono uno dei sette regnanti che custodisce il palazzo dell’Imperatore di Giada insieme ai dodici Guerrieri di Giada, nonché suo ministro!" disse un uomo cinese di circa sessant’anni dall’armatura splendente come il sole e decorata di giada.

"Il mio nome è Shinjo della katana, sono un Light Samurai di Amaterasu Omikami, progenitrice della dinastia imperiale del Giappone!" si presentò un ragazzo vestito da samurai

"Il mio nome è Silva del Grizzly (14) e sono il capitano di una delle quattro armate di Pache al servizio di Manitù!" disse un uomo di circa trent’anni vestito con un mantello di pelle di bisonte, che copriva le sue vestigia dai diversi colori

"Mitra, Amasha Spenta di Aura Mazda!" si presentò un ragazzo biondo vestito con un’armatura d’orata

"Io sono Aton, capitano dell’esercito del dio-sole Ra!" furono le parole di un uomo vestito da guerriero egizio, con una spada del sole in mano.

"Noi due ci conosciamo già, quindi non c’è bisogno di presentazioni!" disse Michele al dio della paura "Phobos, dio della paura e figlio di Ares, con l’autorità del Consiglio Divino, presieduto dal re degli dei e signore del cielo Zeus Cronide, noi ti dichiariamo in arresto, insieme al tuo complice e primo Berseker, Angus Ippolito di Themyshira il Nero!" aggiunse poi sguainando la spada.

"Non riuscirete a sconfiggermi!" ridacchiò il figlio di Ares "Credete che basti un gruppo di esseri umani a fermarmi? Inoltre, posso sempre recarmi a Sparta a prendere la Spada di Marte!"

"Abbiamo già provveduto alla tua arma!" disse Mitra "La prima cosa che abbiamo fatto è stato recarci là, per poi portarla sull’Olimpo! Inoltre, io non sono un essere umano ma una divinità!" aggiunse l’Amasha Spenta, cominciando ad espandere il suo Cosmo sotto gli occhi di Phobos, il quale provava paura per la prima volta nella sua vita. Il guerriero del sommo dio dei persiani era più potente di lui.

"È il momento!" disse poi Michele, mentre i suoi compagni si disponevano a cerchio, circondando Phobos e Angus per poi espandere i loro Cosmi "Preparatevi ad essere portati davanti al Consiglio Divino!"aggiunse rivolto ai colpevoli "Teletrasporto, via!".

Ci fu un lampo, prodotto dall’accecante luce di quei Cosmi, poi le catacombe tornarono calme come lo erano state fino al momento dell’invasione. La minaccia di Phobos era veramente finita!

Heron aveva visto tutta la scena, ma decise di non attaccare dato il numero dei suoi avversari. Si stupì molto quando vide che tra i suoi nemici c’erano anche Vortimer e Ioannes. Cosa facevano lì! Cerunno gli aveva detto che erano morti cercando di difendere i propri alberi, ma era vero? Ne avrebbe parlato con Dagda, sicuro che il suo generale l’avrebbe aiutato a capire cos’era successo.

«Mi conviene tornare a Parigi, sperando che quel…mostro non tenti di nuovo d’ostacolarmi!» si disse uscendo dalle catacombe.

"Andrò sull’Olimpo dal Consiglio Divino, per intercedere nei confronti di Angus!" disse più tardi Merlino a Maeve, quando furono usciti dalle catacombe "Vedrai che presto tornerà, e lo farà finita quest’assurda guerra!"

Maeve non credeva a quelle parole. C’era ancora speranza per riabbracciare suo fratello, il suo vero fratello. Sapeva bene che Phobos si sarebbe potuto dire sconfitto solo quando Angus sarebbe stato liberato dal suo giogo e Themyshira ricostruita, e quindi se il fratello fosse morto non sarebbe stato giusto, poiché era quello che voleva anche Phobos..

"Grazie, Merlino! Non avrei mai potuto chiedere di meglio!" disse la principessa, guardando negl’occhi il signore di Avalon.

Aurelio s’avvicinò a Seiya, e gli chiese di seguirlo, senza fare troppe domande.

"Siccome tu e i tuoi amici avete fatto abbastanza per noi ho deciso di sdebitarmi, facendoti un regalo!" disse il Cesare al Cavaliere d’Atena.

"Un regalo?! Grazie! Ma…cosa sarebbe?" chiese incuriosito il giapponese, al suo amico italiano

"Una cosa per cui l’Italia è famosa e che ti piacerà molto!" fu la risposta di Aurelio.

Poco più tardi, Seiya arrivò di corsa in camera da Saori che stava parlando con i suoi genitori.

"Vieni a vedere cosa mi ha regalato Aurelio! È incredibile!" disse prima di chiamare anche i suoi amici, suo padre e suo fratello.

Scesero davanti all’albergo, dov’era parcheggiato uno scooter azzurro metallizzato.

"Non è uno scooter qualsiasi, è una vespa!" disse Seiya eccitato "Me l’ha regalata Aurelio! L’aveva comprato per Lucio, ma siccome adesso lui non c’è più…"

"Seiya, è bellissimo! Ma sai guidarlo?" chiese Daisuke

"Mi ha insegnato Aurelio! Tutti a Roma sanno guidare uno scooter!" (15) rispose il Cavaliere di Pegasus

"Ma tu non hai l’età per guidarla! E se prendi una multa?" disse Daisuke con tono da padre

"Paga Saori-chan." rispose scherzosamente Seiya, suscitando le risate di tutti e beccandosi un pugno dalla sua ragazza, che gli disse:

"Ma che cretino che sei!".

"Dai, scherzavo! Cambiati che andiamo a vedere Roma con gli occhi dei romani!" (16).

Pochi minuti dopo, Saori scese dall’albergo con indosso un giubbotto azzurrino, jeans e delle scarpe da ginnastica. Seiya l’aspettava con indosso un casco rosso agganciato sotto il mento.

"Stai benissimo!" disse lui porgendogli un casco uguale al suo, ma di colore giallo chiaro. La ragazza lo ringraziò. "Sei pronta?" gli chiese, quando lei salì a bordo

"Sì!" rispose la fanciulla.

"Allora tieniti a me! Via si parte!" disse mettendo in moto, cominciando a girare per l’Urbe.

"Tornate presto!" urlò Maria dal balcone della sua stanza.

"Non preoccuparti mamma!" disse Saori voltandosi verso la donna.

Era una sensazione bellissima quella provata dai due ragazzi! L’essere su quello scooter gli dava un senso di libertà che non avrebbero mai potuto immaginare, mentre l’aria fresca gli arrivava in faccia rallegrandoli e la città eterna correva intorno a loro con i suoi palazzi, le sue chiese, le sue fontane e i suoi monumenti che catturavano i loro occhi con la bellezza di cui solo l’Italia è capace e famosa.

"Non scherzavo, prima!" disse poi Seiya alla ragazza

"Cosa?!" chiese lei stupita

"Le mie multe, le paghi tu!"

"SEIYA-CHAAAAN, FERMATI IMMEDIATAMENTEEEEE!"

 

FINE

 

 

Appendice: Aureliano Ambrosio

Un condottiero romano-britannico chiamato Aureliano Ambrosio è realmente esistito, ed è stato una delle possibili fonti d’ispirazione per la leggenda di re Artù. La maggior parte delle vittorie contro i sassoni attribuite ad Artù sono avvenute realmente, con lui come capo delle armate dei romano-britannici.

Secondo la leggenda arturiana, Aureliano era il fratello di Uter Pendragon, il padre di Artù. E siccome ad Aureliano vengono anche attribuite battaglie precedenti a quelle dell’epoca di Artù, ciò fa supporre che siano esistiti due Aureliano Ambrosio, entrambi fonti d’ispirazione per la leggenda del mitico sovrano britannico: Aureliano Ambrosio il Vecchio, e Aureliano Ambrosio il giovane.

Consiglio, infine, di leggere il libro di Valerio Massimo Manfredi "L’ultima legione", dove Aureliano è un legionario romano che salva Romolo Augustolo, l’ultimo imperatore romano d’occidente, e il suo precettore, il druido Myrdir, dal re dei Eruli Odoacre portandoli fino in Britannia, dove poi adotta Romolo dandogli il suo anello di famiglia (non vi ricorda qualcosa) e il suo nome. Alla fine del libro Romolo viene insegnato del titolo di Pendragon, e, una volta adulto, sposa una certa Igraine da cui ha un figlio. Nel libro di Manfredi Aureliano Ambrosio è, quindi, il nonno adottivo di Artù.

Per quanto riguarda il nome romano di Mordred è inventato di sana pianta, e per chi ha le idee confuse sul passato del personaggio sarà tutto chiarito nella prossima fanfic.

 

Note

1) La parola "Imperator" in latino significa generale vittorioso.

2) Secondo una leggenda i piccioni di Venezia sono stati portati in dono da Cipro

3) In Giappone si conta un anno al momento della nascita.

4) I Cavalieri di Bronzo, Saori, Seiya e la sua famiglia fra di loro parlano in giapponese. Con gli altri personaggi parlano greco, inglese o latino

5) In Giappone un ragazzo più grande si chiama "oni-chan" (fratello maggiore) in segno di rispetto, anche se non ci sono legami di sangue

6) All’inizio questo capitolo e il precedente ne formavano uno unico, ma ho deciso di dividerlo

7) Questo bip e il seguente sono inseriti per tenere segreti i nomi del figlio illegittimo di Zeus e di sua madre

8) Orso in celtico si dice "arth"

9) Per quanto riguarda le Amazzoni mi sono ispirato ai fumetti della DC comics, dove Themyshira è il paese da cui viene Wonder Woman, il cui vero nome è Diana di Themyshira ed è la principessa delle Amazzoni

10) Non si tratta di Cristo, ma di un omonimia

11) Collana- passatempo con perle di diverso colore posseduta da tutti i greci

12) Il personaggio di Ioannes, così come i suoi attacchi, si ispira alla Torcia Umana dei Fantastici Quattro: Jonnhy Storm

13) Altro riferimento a Wonder Woman

14) Questo personaggio è ispirato ad uno di Shaman King (bellissimo quel cartone!)

15) Questa battuta viene dal film di "Lizze Mc.Guire"

16) Idem per questa