Capitolo 7

L’eterno dolore degli immortali.

L’Olimpo: la Sfera degli Dei.

Il simbolo della vittoria di Atena comparve come un ricamo dorato sulla terra fredda e scura. La superficie del cerchio sprigionò un forte bagliore ed una lama di luce scaturì da esso insieme ad Atena e i suoi cavalieri. I cinque si guardarono intorno stupefatti, mentre il portale veniva riassorbito dal terreno sotto i loro piedi.

Shiryu: «Non riesco a credere che questo sia l’Olimpo...è..è ..»

«...un posto cupo che trasuda morte!» Disse Shun in un sussurro, misto a orrore.

«Già, non è esattamente quello che mi aspettavo...credevo che l’Olimpo fosse una sorta di paradiso!» disse Hyoga incredulo, mentre Ikki e Seiya si allontanarono dal gruppo per fare una piccola perlustrazione, su ordine di Atena; anche loro increduli davanti a tanta devastazione.

Infatti, la Sfera degli Dei, non si presentò loro come l’isola felice dove le creature immortali vagliavano sul destino degli uomini. Il giardino di gioia e letizia che gli umani non potevano far altro che invidiare senza sperare di potervi accedere, ma era più vicino ad una cruenta zona di guerra terrena.

Fulmini impietosi solcavano il cielo in lontananza in direzione di un alto monte, mentre fuoco, vapore e cozzare di armi risuonavano alle sue pendici. Le urla e gli echi di una tremenda battaglia infuriavano per tutta la dimensione. Il terreno era riarso, e le nubi erano cariche di oscuri presagi. Una lugubre foresta bianca si estendeva innanzi a loro, attraversata da un fiume nero e denso come la pece, mentre il resto era solo roccia e desolazione.

«Sembra l’apocalisse!» Disse Hyoga rivolgendosi ad Atena.

«Non ancora, ma lo sarà presto, se non fermiamo questa pazzia.» disse la dea guardando in direzione del monte.

«Grande Atena, questo è il vero aspetto dell’Olimpo?» chiese Shun.

«No. A dire il vero i miei ricordi sono molto vaghi, è dall’epoca mitologica che non vi faccio ritorno, ma mi rammento di un posto bellissimo, i fiumi erano d’ambrosia, gli alberi e i fiori di colori cangianti e il cielo era sempre solcato dall’aurora. Per farvelo immaginare, posso solo paragonarlo ai Campi Elisi, il paradiso degli uomini, ma anch’esso non è paragonabile a questa dimensione...»

«Adesso invece sembra la dimora terrena di Ades!» disse Shun.

«Infatti probabilmente è opera sua e delle sue truppe!»

«Non è possibile, gli spectre sono comunque esseri umani! Che Ades abbia versato il suo sangue per permettere loro di seguirlo fin qui?» chiese Hyoga stupito.

«Ades? Figuriamoci! Non verserebbe mia il suo sangue per un mortale. Ma in questa dimensione non abitano solo gli dei, ma anche le creature del mito: ninfe, satiri, sileni, centauri, nereidi e kere. Gli dei li avranno sicuramente coinvolti nella loro guerra fratricida, sfruttandoli per creare i loro eserciti.» rispose la dea.

«È terribile! E quel monte che si vede in lontananza?» disse Shun

«È la dimora di Zeus. Ed è la che dobbiamo dirigerci» concluse Atena.

Nel frattempo Ikki e Seiya erano tornati, pallidi in volto.

Atena: «Cos’è successo? Sembrate due cadaveri!»

Ikki: «Esatto, cadaveri, non potevate scegliere un termine migliore!. Cadaveri di strane creature mutilate ed alcune addirittura scuoiate! La foresta ne è piena! Mai ho visto un tale scempio!»

Seiya: «Già, corpi di creature mezze capra e mezzi uomo. Non è uno spettacolo che vi consiglio di vedere!»

Atena: «Satiri suppongo. Ma credo che non potrò sottrarmi alla loro vista. Per raggiungere il campo di battaglia dobbiamo attraversare la foresta. Non vedo altre vie. I cosmi degli dei provengono infatti tutti dalle pendici del monte» e la dea indicò ai due saint il nero profilo dell’Olimpo, da cui si sprigionavano fulmini e tuoni.

«Inoltre non è prudente rimanere in campo aperto. A volte sono meglio i morti che i vivi. Quelli almeno non destano preoccupazioni.» disse Shiryu.

«Sì concordo, anche se abbiamo tenuto i cosmi al minimo, qualcuno potrebbe aver percepito il nostro arrivo o visto la colonna di luce sprigionata dal portale. E nella nostra situazione non possiamo permetterci errori e imprudenze.» proseguì Hyoga.

«In più non conosciamo nulla del conflitto in corso e tanto meno il territorio in cui ci troviamo ad operare» concluse Shun.

«Lo so» rispose Atena «Quindi vi chiedo massima cautela e circospezione. La nostra unica possibilità e riuscire a raggiungere inosservati il campo di battaglia per costatare di persona gli eventi.»

Il gruppo si addentrò quindi tra i bianchi alberi; tristi fantasmi che volgevano le intricate mani verso un cielo, che più non li ascoltava, mentre la carne via dei corpi dei satiri, appesi ai rami, contrastava con il candore dei tronchi e il giallo spento delle foglie, un tempo d’oro. La loro pelle era invece adagiata al suolo.

I cavalieri e la dea si inoltrarono sempre più nella foresta, che si fece più fitta e buia, e, più avanzavano, più i corpi aumentavano:

«Chissà per quale divinità sono morti» chiese Shun, camminando accanto ad Atena.

«Probabilmente Dionisio. I satiri normalmente sono i suoi servitori...» la dea si fermò un momento e raccolse uno degli elmi da terra e, notando la saetta riportata su di esso, disse «A quanto pare il dio del vino e dell’ebbrezza si è schierato con il sommo Zeus».

«Al dire il vero mi preme più sapere chi li ha uccisi, più che conoscere per chi sono morti. Soprattutto nel caso siano ancora nelle vicinanze.» Disse Shiryu.

«Di quello non mi preoccupo, se ci fosse vita nei dintorni l’avvertiremmo, ma è da quando siamo arrivati che da questa foresta avverto solo il freddo della morte» disse Ikki.

«Ragazzi, non avete notato una cosa strana? Con tutti questi corpi dovrebbe esserci un mucchio di sangue sul terreno; invece nulla!» osservò Seiya.

«È vero...è proprio strano...anzi no! Sono veramente una sciocca!» Saori, atterrita guardò i suoi cavalieri «Questa è opera delle kere! Maledizione dobbiamo fare in fretta ad uscire di qui!»

«Kere? E cosa sono?» chiese Shun.

«Le kere sono dee di morte del corteo divino di Ades. Su concessione del dio degli inferi scendono nel mondo terreno durante le battaglie per nutrirsi del sangue dei caduti e moribondi. Le anime di coloro che vengono morsi da queste creature non possono più reincarnarsi. Rappresentano la dannazione eterna» Spiegò la dea: «La loro essenza è la morte stessa! Non possiedono un cosmo!»

«Cosa?! Quindi anche se ne fossimo circondati non le avvertiremmo?» esclamò Ikki.

«Lasciate perdere quella sorta di vampiri, abbiamo un problema più impellente da risolvere! I morti...i satiri....stanno prendendo vita!» Urlò Hyoga indietreggiando inorridito.

«Ma cosa dici, non è possibi...» a Seiya le parole morirono in gola e i cinque saint si disposero a cerchio attorno ad Atena per proteggerla, la quale esclamò: «Invece è possibile! Gli abitanti di questa dimensione sono tutti...immortali!».

«Dircelo prima, mia divina sorella?» esordì Seiya guardandola con rimprovero «Di questo posto non sappiamo nulla! Sei tu l’unica che c’è stata!»

«Accidenti Seiya, non è il momento di far dell’ironia, che ne dici di rimandare la predica a dopo?» sbottò Saori tra i consensi degli altri quattro, mentre i corpi senza vita dei satiri ripresero a muoversi. Quelli che erano stati scorticati, scesero dagli alberi e si rimisero le loro pelli, mentre i mutilati riattaccarono senza fatica le loro membra e tutti raccolsero le loro armi. Poi circondarono i saint e la dea. Il più grosso tra loro, invece, rimase a carne viva e, dopo aver annusato l’aria, prese parola:

«Umani? Come diavolo avete fatto a raggiungere illesi il mondo degli dei! Bha poco importa intanto morirete per mano nostra. Il sommo Dionisio ci ha ordinato di eliminare chiunque non appartenga alla corte di Zeus e voi non gli appartenete di sicuro! Il Grande Zeus detesta gli umani, responsabili della degenerazione degli dei!» e il satiro si scagliò contro il gruppo con un’enorme ascia. Il colpo s’infranse contro lo scudo del dragone che lo respinse con un calcio.

«Non dire assurdità! Gli umani non hanno corrotto proprio nulla. Sono gli dei che hanno perso di vista il loro ruolo di guida dell’umanità!» replicò il Dragone.

«Esatto! Non ostacolateci, o la creazione intera ne risentirà! Se si continua su questa strada non ci sarà futuro per nessuno!» Intervenne Saori facendosi largo tra i suoi cavalieri e ponendosi davanti al satiro con fare severo. «Il Fato mi ha mandato per riportare la pace e la giustizia nel creato.»

Il satiro guardò la ragazzina e scoppiò a ridere:

«Che fare minaccioso! Donna stai delirando? Il Fato non esiste. La creazione e opera del sommo Zeus! E poi anche fosse vero, non credo che il Fato avrebbe scelto te e questi sporchi umani per una cosa del genere!»

«Bada a come parli mostro! Quella che hai di fronte è...» disse Ikki.

«Atena! L’umana! Cosa credete che non l’abbia capito? Ma questa insulsa ragazzina ormai è troppo corrotta, non ha più nulla di divino e persino il suo cosmo è ridicolo! Il mio signore sarà contento di ricevere in dono la sua testa...ed è un vero piacere per me decapitarla!» replicò il satiro.

«Stupida capra! Atena non è corrotta, piuttosto sono gli altri dei ad esserlo! Guarda come hanno ridotto questo luogo per via dei loro interessi personali! E poi...non mi sembrate così temibili!» intervenne Seiya.

«Già, ma Ades e Poseidone sono anch’essi caduti perché si stanno comportando come comuni mortali, andando contro l’ordine istituito da Zeus! Per questo verranno puniti dal sommo re degli dei come questa inutile donna. Atena muori insieme ai tuoi cavalieri, finalmente avrò la mia vendetta su colei che diede origine alla mio dolore eterno!» replicò il satiro.

La dea ebbe un tonfo al cuore capendo a chi si trovava innanzi e ricordando con raccapriccio la sua sorte sussurrò: «Marsia! Non era mia intenzione condurti a questo destino!» ma le sue flebili parole si persero nella mischia in cui venne coinvolta.

Marsia: il satiro maledetto.

I satiri si erano infatti avventati contro il gruppo all’urlo di Marsia e ne era nata una lotta serrata. I saint non persero l’occasione di testare la armi cedute loro dai Figli del Fato, evitando però di espandere il loro cosmo. Shiryu e Hyoga non ebbero difficoltà a sbaragliare i satiri che li avevano aggrediti, così come Ikki e Shun, il quale con la sua catena era riuscito a strangolarne una decina. Le armi del Fato erano infatti nettamente superiori a quelle date in dotazione all’armata nemica e recidevano metallo e carni come fossero burro. L’unico ad avere qualche problema era Sheya, in quanto l’arma da lui scelta, non era adatta ad un corpo a corpo e dovette quindi arrabattarsi con una spada a due tagli presa in "prestito" ad uno dei satiri.

«Queste armi sono favolose!» disse Ikki infilzando un satiro.

«Io direi anche che questi satiri non sono un gran ché» Aggiunse Shyriu atterrandone un altro con un destro.

«Hai ragione, non sono tutti esseri temprati per la battaglia!» disse Shun osservando alcune delle flaccide creature che gli si paravano innanzi, prima di stritolarli con la catena.

«A proposito di esseri poco temprati alle battaglie...dov’è mia sorella!» urlò invece Seiya, che scrutava febbrilmente la mischia in cerca della dea. Presi infatti dal furore della lotta avevano completamente perso di vista Saori, che non si trovava più da nessuna parte. Le uniche cose che videro benissimo erano satiri che continuavano ad arrivare da tutte le direzioni, mentre i caduti si rialzavano dopo poco, andando a ingrossare nuovamente le fila dell’armata.

«Maledizione! Saranno anche inetti alla lotta, ma se continuiamo così finiremo presto per essere sopraffatti! Ci superano in numero e....non hanno problemi di vita!» esclamò Hyoga, squarciando il petto di due satiri con i tridenti gemelli.

«Mentre noi sì, e anche di durata! Non so per quanto tempo riusciremo a resistere a questo ritmo!» aggiunse Shiryu vibrando un poderoso fendente ad uno scudo che si spaccò in due insieme al braccio del portatore.

«Dobbiamo trovare una soluzione alla svelta» gridò Shun.

«Una parola! Siamo veramente finiti in una bella situazione!» gli rispose Ikki.

Mentre la sanguinosa mischia continuava senza tregua, Seiya cercava disperatamente la sorella, tirando fendenti a destra e a manca, tra cadaveri e nemici, e la vide impegnata in uno scontro con Marsia. L’ascia del satiro incrociata con il bastone della vittoria di lei.

«Maledetta muori! Il mio destino é stato atroce!»

«Quando ho maledetto il flauto non ho pensato alle conseguenze! Marsia ti chiedo perdono!»

«È troppo tardi! Per colpa della tua vanità, la mia esistenza è stata densa di dolore! Perché le pene degli immortali sono eterne!»

«Troverò il modo di rimediare! Te lo prometto! Ma ti prego ascoltami, ritira le tue truppe! Se non ci lasci passare attraverso la foresta e raggiungere gli dei, la creazione andrà distrutta! Questa dimensione è al collasso!»

«Meglio così, vorrà dire che troverò finalmente la pace eterna!» e il satiro aumentò le pressione sul bastone.

Le esili braccia della dea cedettero e l’ascia del satiro la colpì in pieno petto.

«Atena nooo!!!» Seiya sconvolto si precipitò dalla sorella, che aveva visto cadere al suolo da lontano.

«Seiya non intrometterti! Come puoi vedere sto bene!» l’armatura divina aveva infatti protetto il suo corpo, mentre l’arma del satiro si era frantumata. La dea si rialzò a fatica per via del colpo e della botta ricevuta e, dopo aver ammonito il saint di Pegaso con lo sguardo si rivolse a Marsia:

«Invece esiste un’altro modo per liberarti dal tuo tormento. Convincerò Apollo a restituirti la tua pelle!»

«Tu convincere Apollo? Non farmi ridere! E più facile ammazzare te ed entrare così nelle grazie di Zeus! Sì questo è l’unico modo che ho per farmi restituire ciò che è mio!»

«Zeus, non sarà cosi magnanimo da intercedere per te presso Apollo! Agli dei Olimpici, non interessa nulla degli esseri a loro inferiori! Guarda come vi stanno usando!»

«Taci! Tu non eri diversa da loro!» e Marsia si scagliò come una furia su di lei colpendola la viso con un gancio, spaccandole il labbro. Un rivolo di sangue colò lungo il mento della dea che però non fece una piega ed intercettò il successivo calcio del satiro con lo scudo.

«Lo so! E mi dolgo per questo! Ma fortunatamente, vivendo a contatto con gli umani ho conosciuto la sofferenza e il dolore, e di conseguenza anche la pietà, l’amicizia e l’importanza di ogni singola vita! Marsia non ti abbandonerò, come feci in passato! Perché so cosa si prova!» Lo sguardo di Atena incrociò quello del satiro, che non riuscendo a sostenerlo abbassò il capo.

«La mia unica colpa fu quella di raccogliere il flauto che tu maledicesti, diventando così abile nell’arte della musica e suscitando, in questo modo, le ire di Apollo, che dopo una gara impari, mi scorticò vivo. Come ancora puoi vedere. Allora non muovesti un dito. Perché dovrei credere alle tue promesse?»

«Il perché l’hai detto tu stesso: Atena non ha più nulla a che fare con gli dei Olimpici, distanti ed insensibili. Lei ha scelto una strada diversa...quella dell’amore verso l’universo e non del dominio.» disse Seiya avvicinandosi a Marsia: «Forse il suo cosmo può anche sembrarti insignificante, ma il suo cuore è immenso.»

Atena si avvicinò al satiro indeciso sul da farsi, e mise la sua mano sulla sua spalla facendola brillare. Il Bagliore si diffuse su tutto il corpo di Marsia trasformandosi in una patina leggera e trasparente. Il satiro trasse subito sollievo dal dolore eterno che lo assillava e guardò riconoscente la dea, ma un urlo straziante squarciò l’aria, costringendo Saori e Seiya a tapparsi le orecchie.

«Kere! Presto andiamo via di qui! O per voi è la fine! Quei mostri devono avere fiutato il sangue umano del corpo di Atena!» e Marsia prese la dea e il saint per un braccio, costringendoli a correre in direzione degli altri saint, ancora impegnati nella lotta: «Dea della Giustizia, voglio provare a fidarmi di voi. Ricordatevi di me alla fine di tutto»

Saori: «Lo farò, parola di donna!»

I tre raggiunsero il luogo dello scontro e constatarono che le Kere era orrendi mostri alti con il viso di pipistrello, il corpo di donna, coperto di una fitta pelliccia, e due enormi ali di corvo. Il loro arrivo aveva provocato uno scontro tutti contro tutti, in quanto attaccavano sia satiri che cavalieri, senza distinzione.

«Shiryu, attento alle spalle!» L’urlo di Sieya, insieme alla sua freccia luminosa, arrivò appena in tempo a salvare il Dragone, che, intento ad abbattere un satiro non si era accorto del sopraggiungere di una Kera. Sorte che invece non fu risparmiata a Ikki e Shun, sorpresi nella zuffa dai quei mostri. Ikki prontamente afferrò la creatura per la testa, la scaraventò a terra e la trafisse con la lancia. Shun, invece, non riuscì a cavarsela così facilmente e il mostro si apprestò a conficcare i suoi canini nel collo del ragazzo, ma venne colpito alla schiena da uno dei tridenti di Hyoga, che ritornò, tra le mani del proprietario subito dopo.

Marsia: «Satiri! Abbatete le Kere e voi, saint di Atena, seguitemi!»

I cavalieri, guardarono la dea perplessi, mentre cercavano riparo dai mostri alati.

Atena: «Presto, facciamo come dice Marsia, per le spiegazioni non c’è tempo, vi basti sapere che è disposto ad aiutarci!»

E così la dea, con i suoi cavalieri, vennero guidati da Marsia attraverso la foresta, fino alle sponde del fiume. Il gruppo si fermò sulla sua sponda scoscesa. Il liquido scuro che, agitato, scorreva sotto i loro occhi era tutto tranne che rassicurante.

Marsia: «Dovete saltare nel fiume per disperdere l’odore del vostro sangue, o le Kere vi seguiranno ovunque. Per loro, il sangue umano è come l’ambrosia per gli dei!»

Ikki e Shiryu: «Stai scherzando vero? Quella cosa nera non sembra nemmeno acqua!»

Marsia: «Infatti è ambrosia contaminata dal sangue degli immortali, veleno per noi, ma innocuo per voi. Fa soltanto schifo a vederla.»

Saori: «Non è il momento di fare gli schizzinosi!» poi, rivolgendosi a Marsia: «Grazie di tutto, ci rivedremo, lo prometto!» e Saori si gettò, seguita subito dopo da Seiya, nella nera ambrosia.

Shun e Hyoga: «Speriamo di non prenderci qualche malattia sconosciuta!» e anche loro saltarono insieme al Dragone e alla Fenice nell’oscuro fiume.

"Buona fortuna, e che, se esiste, il Fato vi assista" pensò Marsia guardando il gruppo, trascinato lontano dalla corrente impetuosa.

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La descrizione delle Kere è di mia fantasia, non è quella classica del mito.