Capitolo 23: Il ritorno dei Cavalieri

Urano avanzò soddisfatto verso la Clessidra d’oro, brillante di una luce gialla e bianca insieme, "Ora distruggerò quest’oggetto sacrilego, che mio figlio Crono costruì per imprigionarmi", sogghignò l’Ancestrale divinità, "Poi, la sciabola, lo scettro e le antiche runes nordiche, tutti andranno per sempre perduti e nessun essere, umano o divino che sia, potrà più porsi dinanzi a me, ricostruirò il mondo, ripulendolo da uomini fedeli ai miei vili figli e nipoti", urlò il dio, parlando con se stesso e caricando il proprio cosmo nella mano sinistra.

Le ali di titanio si aprirono alle spalle del padre di Crono, "Ora andrai in pezzi, patetica Clessidra", esultò il dio.

"Non penso proprio", esordì una voce alle spalle di Urano.

Il dio fermò il proprio cosmo e solo allora percepì alcuni cosmi di minore intensità, rispetto al suo nutrito con le anime degli dei olimpici, queste energie, però, non era di nessuna divinità a lui nota, né potevano appartenere ad un uomo, erano troppo diverse, più potenti e pronte ad espandersi come un fuoco alimentato da carburante.

"Chi osa?", ringhiò il dio voltandosi.

Una luce accecò per alcuni secondi i verdi occhi dell’Ancestrale divinità, un bagliore azzurro, "Un uomo che ha sorpassato la morte", spiegò la misteriosa figura, "Non uno, ma più", ribatté una seconda voce, mentre una seconda esplosione luminosa costringeva Urano a calare lievemente lo sguardo.

"Sorpassato la Morte? Ebbene se vi fate avanti, la aiuterò a raggiungervi", li schernì Urano, "Forse, dio Ancestrale, non capisci la situazione, eppure sei stato tu il primo essere ad utilizzare i Simboli del Comando", esordì la seconda voce, proveniente da una luce verde smeraldo.

"Io sono Urano, il dio che rappresenta il Cielo e vi ordino di presentarvi! Avete capito voi due?", urlò spazientito l’Ancestrale divinità, "Non due, ma tre", esclamò una luce, seguita da un terzo bagliore di luce, stavolta di colore rosso, quasi rosa.

Finalmente Urano realizzò quale cosmo gli ricordavano questi tre misteriosi esseri che aveva dinanzi: quello di Ercole, il semidio figlio di Zeus, una creatura umana in tutto eccetto che per la propria forza ed il cosmo, né divino, né umano, ma capace di aumentare quanto quello di un dio e restare, allo stesso tempo, quieto come quello di un uomo.

"Siete dei semidei a me sconosciuti?", domandò perplesso l’Ancestrale divinità, "No, siamo semplici uomini che in anni di battaglia estenuanti hanno sviluppato, grazie alla propria dea un cosmo sufficiente ampio da usufruire dei poteri dell’Antico Rito che ti farà di nuovo prigioniero, Urano", spiegò la voce nel bagliore verde.

"Usufruire dei suoi poteri?", balbettò il dio del Cielo, mentre tutto iniziava a diventare più chiaro ai suoi occhi, "Si, i poteri del Tempo, del Varco, della Materia e soprattutto della Non – Morte", esordì una quarta voce, seguita da un nuovo bagliore, stavolta di colore bianco intenso.

Urano scoppiò in una fragorosa risata, "Devo ammettere che mio nipote Zeus è stato lungimirante nel trovare cinque esseri umani sufficientemente potenti da controllare i poteri del Tempo e della Non – Morte, avanzare grazie al potere del Varco e a quello della Materia. Suppongo sia anche superfluo chiedere i vostri nomi, esatto, santi di Atena?", domandò alla fine l’Ancestrale divinità.

"Esatto", urlò una quinta voce, subito prima dell’esplosione di un nuovo bagliore, stavolta di colore arancione.

"Ora che ho scoperto le vostre identità potete anche finire di nascondervi dietro quelle luci fastidiose", ordinò il dio ancestrale, "Ti sbagli, Urano, non ci stiamo nascondendo, stiamo solo richiamando le divine vestigia con cui ti affronteremo", spiegò la voce proveniente dal bagliore rosso.

Cinque stelle sembrarono brillare al di sopra del monte Olimpo, per poi cadere ai piedi di Urano e mostrarsi nella loro vera forma: "Dunque sono queste le cinque armature divine di Pegaso, del Drago, del Cigno, di Andromeda e della Fenice?", domandò divertito l’Ancestrale dio.

Le leggendarie armature divine si scomposero per scomparire nelle cinque fonti di luci.

Quando i bagliori si quietarono, Urano poté osservare dinanzi a se i cinque grandi cavalieri divini di Atena, tutti vestiti con il proprio god cloth e pronti a combattere.

"Questo trucco di mio nipote è al quanto inutile, voi stessi non potrete battermi, per la poca potenza da cui sono alimentati i tre simboli non presenti qui, per non parlare poi della Clessidra, che non è per niente alimentata. Andando avanti così vi ridurrete in tre in pochi minuti, poiché i corpi dei santi da me appena ucciso richiameranno a loro le anime", sogghignò il dio.

"Ci credi davvero così impreparati, Antica divinità?", domandò beffardo Hyoga del Cigno, "Ho impresso io stesso buona parte del mio cosmo vivente in quella Clessidra, avremmo almeno due ore, ma non ci serviranno nemmeno, perché altri ti dovranno abbattere, secondo il nostro Piano", spiegò il santo divino dai biondi capelli.

"Piano?", ripeté incuriosito Urano, "Si, divinità del Cielo, un piano quasi perfetto, se uno di noi non avesse fatto di testa sua", rifletté Ikki della Fenice, voltandosi verso il rinato Gran Sacerdote.

"Non preoccupiamo di questi particolari adesso, amici miei, pensiamo piuttosto a buttare a Terra questo dio", affermò con un simpatico sorriso Seiya di Pegasus, preparandosi all’attacco.

"Pegasus Ryuseiken", urlò allora l’eroe, scatenando il potente "Fulmine" di cui era padrone da anni.

Urano non si mosse nemmeno, ma un gigantesco muro di luce verde brillò dinanzi a lui, "Questo è tutto ciò che sapete fare?", domandò divertito, "Allora per me non siete altro che spiriti con struttura fisica, speravo di avere dinanzi semidei incredibilmente potenti", rifletté, prima di alzare la mano destra.

"Nomos Uranou", esclamò il dio in perfetto greco antico, scatenando una sfera d’energia verde che riempì l’intera zona circostante.

"Seiya spostati", urlò Shiryu di Dragon, saltando dinanzi all’amico e bloccando il colpo con il proprio Scudo.

La sfera d’energia, però, non si fermò, continuò anzi ad avanzare, rischiando di polverizzare ambedue i coraggiosi eroi, ma il santo del Dragone abbassò il braccio destro, "Eccoti Urano l’ultimo segreto che ho sviluppato in vent’anni di addestramenti con i miei allievi", urlò il cavaliere divino.

"Rozan Ryushosen", tuonò il santo divino, sollevando il braccio come per colpire la sfera con un montante.

Tutti videro che la mano destra di Sirio si aprì per colpire l’attacco energetico con il taglio della mano, quindi sentirono un boato e la sfera di luce andò in pezzi, come una mela perfetta divisa a metà da un colpo di coltello.

"Una nuova tecnica con la Spada, che utilizza al massimo le doti della sacra spada Excalibur, rinata insieme al mio spirito in questo mondo più potente persino della sua forma corporea, ora nel braccio del mio allievo Lorgash", spiegò Shiryu, "una tecnica più potente persino del <Ryutsuisen> e del <Kuzuryusen> che ho trasmesso ai miei allievi", concluse il cavaliere del Dragone.

"Una nuova tecnica?", esclamò sorpreso il dio Ancestrale.

"Vent’anni fa, dopo la sconfitta di Ares per mano della Grande Alleanza, Zeus stesso parlò a noi cinque di te, dio Ancestrale, da allora ci allenammo e preparammo il Piano e le tecniche, che avremmo mostrato solo a te, tiranno celeste, per dimostrati la tua definitiva ed eterna sconfitta", raccontò Shun di Andromeda, sollevando le catene dinanzi a se.

Il dio Ancestrale sentì un lieve dolore alla testa, quindi un rumore percosse le sue orecchie, la corona che portava sul capo era andata in pezzi ed una lieve ferita ora gli segnava la fronte.

"Chi di voi quattro ha osato?", balbettò Urano, sempre più colmo di rabbia, "Nessuno di loro, questo è ancora l’effetto del Lampo del Drago che si innalza sul monte Ro", lo schernì Shiryu, rispondendogli con un beffardo sorriso stampato sul volto.

"Come ha potuto Dione batterti?", si chiese Urano, consapevole della potenza del santo del Dragone, "Dio Urano, noi stessi abbiamo cercato la morte in quelle battaglie", rispose l’allievo di Dauko, "Non arrivi a capire il perché?", incalzò divertito Seiya di Pegasus.

Lo sguardo del dio avversario si perse nel vuoto, mentre i cavalieri continuavano la loro spiegazione.

"Titanio aveva parlato di catalizzatori, senza sapere nemmeno lui quale energia serva per controllare e guidare i quattro Poteri", affermò Hyoga, "Proprio perché serve l’energia almeno di un semidio, noi stessi ci siamo offerti volontari per questo sacrificio", aggiunse Shun, "Non potevamo rischiare che quattro divinità compissero il rito e poi si uccidessero vicendevolmente in una delle innumerevoli guerre fra dei", spiegò Shiryu, "Ma quattro guerrieri morti non possono essere uccisi una seconda volta, quindi la tua prigione non potrà essere più aperta", concluse Ikki della Fenice.

"Maledetti uomini, dinanzi a questo inganno io, Urano, dovrei cedere il passo? Se non posso uccidervi una seconda volta, posso almeno distruggere questa Clessidra", urlò il dio, sollevando la mano sinistra, "Oudev pur", tuonò poi, scatenando una folata di vento freddo.

Una figura si mosse alla velocità della luce, spostandosi dinanzi all’oggetto di Crono, per proteggerlo, "Preparati dio, perché ora proverai un nuovo terrore", ringhiò Ikki, espandendo il proprio cosmo, "poiché finora molti guerrieri hanno temuto il feroce battito d’ali della Fenice e pochi, di coloro che lo hanno subito, possono ancora parlarne, ma tu vedrai qualcosa di ancora più temibile del volo della Fenice", spiegò il santo divino, arrivando dinanzi alla corrente d’aria.

"Phoenix Breath", urlò il cavaliere di Atena, chiudendo le mani dinanzi al petto.

Una gigantesca corrente di fuoco si scontrò con la folata di vento freddo prodotta da Urano, fiamme e ghiaccio si alzarono verso il cielo, per poi ricadere sui due contendenti e sui quattro spettatori intorno a loro.

Alla fine dello scontro fra energie, rimase solo vapore dei due attacchi, "Il mio colpo fermato da costui", balbettò irato il dio.

"Abbiamo appena iniziato, Urano, sono molte le vite che reclamano ancora giustizia e solo quando tu tornerai nel Tartaro, ciò avverrà", spiegò Seiya, facendosi avanti, "E suppongo che prima di mandarmi nuovamente nel regno delle Tenebre eterne mi voglia massacrare?", sogghignò beffardo il dio, "nascondendo questo vostro piacere personale dietro alla maschera della Giustizia", accusò.

"Devo ammettere che questa idea mi ha sfiorato la mente", affermò Ikki, ancora dinanzi alla Clessidra d’oro, "ma alla fine la realtà delle cose e che per quanto possiamo odiarti e per quanto duramente ti colpiremmo, né Didone, né Flare, né June, potrebbero tornare in vita, Shiryu non potrebbe riabbracciare Shunrei e Seiya non potrebbe confessare i propri sentimenti a Shaina", spiegò tra le lacrime il cavaliere della Fenice.

"Come siete patetici, piangere durante uno scontro in cui sembrate in vantaggio", li insultò l’Ancestrale divinità, "e proprio per eliminare dal mondo esseri inutili come voi, consacrati a stupidi dei che voglio distruggere la popolazione della Terra e ricrearla con la mia antica sposa, quando la avrò ritrovata", concluse Urano.

"Proprio per difendere queste persone, capaci di provare tali sentimenti che noi continuiamo a combattere anche dopo la morte, non lo capisci, divinità Antica?", domandò Shun di Andromeda, facendosi avanti, "Ho sentito in me stesso scorre l’odio che Hades aveva verso la vita degli uomini ed ho poi amato questa vita sotto l’aspetto di mia moglie June, mio figlio Daidaros, gli allievi che ho reso uomini e cavalieri e la gente che è tornata ad abitare l’Isola di Andromeda", raccontò il santo divino, "e tu non potrai mai distruggere tutto ciò che io ed i miei fratelli e compagni di mille battaglie abbiamo aiutato a costruire e far sopravvivere", concluse cupamente il cavaliere.

"E chi sei tu per impedirmelo?", sbottò infuriato Urano, "Sono Shun di Andromeda, uno dei cinque santi che sconfissero Nettuno e Hades, porto in me lo spirito ed il coraggio dei dodici cavalieri d’oro che nell’Era precedente si sacrificarono dinanzi al muro del Pianto", tuonò il cavaliere di Atena, mostrandosi infuriato come non mai.

Urano urlò qualcosa in greco antico, quindi una gigantesca corrente di luce verde corse verso il cavaliere di Andromeda, "Fratello", urlò Ikki.

Shun sollevò la catena di difesa, preparando la "Rolling defence", "Inutile, cavaliere, le tue belle armi andranno in pezzi non appena entreranno a contatto con il mio cosmo", spiegò il dio Ancestrale, "Chi ha detto che lo toccheranno?", domandò con tono beffardo Seiya, mentre tutti osservavano il miracolo.

La corrente d’energia fu come spinta in un mulinello, a prima vista sembrava cozzare contro Andromeda, ma in realtà, la roteazione della catena di difesa aveva creato un vuoto d’aria che divideva in due lingue distinte il fiume d’energia di Urano. Shun era al centro di queste lingue energetiche, come uno scoglio in mezzo ad un fiume in piena, per nulla scosso dalla forza delle acque, che anzi riusciva a dividere.

"Di norma utilizzavo le mie catene sono per difendermi, raramente tentai di colpire per primo i miei nemici, mentre la mia vera potenza offensiva era nascosta nella forza della Nebulosa, che sapevo scatenare, ma difficilmente riuscivo a contenere", iniziò a spiegare Shun, mentre le lingue d’energia si quietavano, "ora ho talmente perfezionato il controllo della Nebulosa che posso controllarlo anche con le vestigia e, soprattutto, attraverso le mie catene. Questa nuova forza che ora controllo sembra all’udito simile ad un urlo di dolore, lo stesso dolore che provo nell’uccidere", continuò il cavaliere divino.

"Preparati a subire questo dolore, Urano", sfidò Shun, "Pianto di Andromeda", urlò poi.

La sfera a capo della catena di difesa volò verso il cielo, annullando completamente il fiume d’energia dell’Ancestrale divinità, il vortice di luce verde che lentamente sembrava pronto a seguire la catena, divenne rosso e si ampliò sempre di più.

Urano era sbalordito, dinanzi a lui vi era un uomo capace di controllare con la roteazione della propria catena difensiva un tornado superiore persino a quelli di Porfirione, il gigante dei Venti.

Shun spinse indietro il braccio sinistro, un urlo sembrò pervadere l’aree circostante, come una donna che piangeva per un profondo dolore. In quel momento la catena d’attacco indicò l’Ancestrale nemico ed un secondo urlo invase l’aree, mentre la catena di difesa smetteva di roteare, lasciando il silenzio.

Urano sentì un brivido correre per la sua schiena, un pianto sembrò stordirgli le orecchie, ma solo dopo capì che era il sibilo di un vento potentissimo, che lo trasportò in aria.

Il padre di Crono volò fino alle sommità del cielo, spinto dalla potenza del "Pianto di Andromeda", poi ricadde al suolo con le vestigia visibilmente danneggiate, "Come avete osato?", ringhiò.

"Cede il passo, dio ingiusto, o preparati ad una caduta addirittura peggiore di questa", ribatté allora Seiya di Pegasus, preparandosi ad entrare sul campo di battaglia.