Capitolo 26: La nuova generazione di eroi

"Atena?", ripeterono stupiti i cavalieri d’oro, cercando di rialzarsi, "Si, è Lei, nobili cavalieri", esordì una voce proveniente da una delle quattro colonne di luce, "Sommo sacerdote", esclamò sorpreso Myokas, ponendosi in ginocchio, "Si, mio nobile allievo, sono io", si presentò Seiya, attraverso il proprio cosmo, "E colei che avete davanti è Atena, sotto forma di spirito, come noi cinque siamo i suoi sacri cavalieri, sopravvissuti a molte battaglie", spiegò un secondo cosmo, quello di Shiryu.

"Padre, perché Lei non ci parla come voi?", domandò fra le lacrime Ryo, per la gioia di poter nuovamente dialogare con l’amato genitore, "Il suo cosmo è libero e con esso il suo spirito, ma non può riavere il corpo di Saori Kido, né averne altri, finché Urano è qui sulla terra, poiché ciò permetterebbe all’Ancestrale divinità di riassorbirla in se", spiegò Hyoga del Cigno.

"Che intendete dire?", esclamò Golia del Toro, "Devi sapere, cavaliere, che Urano non ha unito completamente a se i dodici dei olimpici, ma ne ha semplicemente rubato le anime, egli si nutre dei loro cosmi e combatte senza usare minimamente la propria forza, ma usufruendo solo della loro, proprio come faceva quel vile titano che io stesso ho ucciso", spiegò Ikki della Fenice, riferendosi a Leda.

"Come si è potuta liberare la dea, nobili cavalieri?", domandò Botan del Cancro, "Voi avete risvegliato la sua mente, assopita nel corpo di Urano, scatenando l’Urlo di Atena, che combinato nei vostri cosmi alla dea fedeli, è riuscito a condurre la nostra amata divinità al di fuori della sua prigione divina", rispose Shun di Andromeda.

"Dovete compiere nuovamente questo miracolo, cavalieri", ordinò subito dopo Seiya, "Come, sommo maestro? Non abbiamo la forza per scatenare nuovamente il colpo sacro alla dea", ribatté con rispetto Odeon del Leone.

"Di fatti quel colpo non servirebbe, vi è un’altra strada cavalieri, dovete risvegliare la loro memoria", spiegò Shiryu, "Come, maestro?", domandò Lorgash, "Devono percepire gli stessi cosmi che sentirono anni a dietro, alcuni ne furono sconfitti, o feriti, come Nettuno, Hades, Apollo, o Ares, altri li percepirono come cosmi amici, fra cui Ermes ed Eolo", continuò il divino santo del Dragone, parlando sempre attraverso la colonna di luce che si nutriva del suo cosmo, ormai semidivino.

"Questo vuol dire che scenderete voi cinque a combattermi?", li schernì Urano, rimasto ad ascoltare incuriosito la discussione, "No, basteranno i cosmi di coloro che hanno il nostro stesso sangue", affermò la voce di Ikki.

"Padre, come possiamo noi, vostri figli, combattere e vincere costui?", domandò perplesso Abel di Gemini.

"Figlio mio", esordì Ikki, "Voi stessi siete la chiave della vittoria. Non saremo noi cinque, eroi di un’era ormai passata, a sconfiggere Urano, ma tutti voi, santi di Atena, mariners, Goshasei e persino spectres e bersekers. Tutti voi, cavalieri riuniti a Sparta per difendere la terra da questo tiranno divino, voi siete la nuova generazione d’eroi", spiegò semplicemente la voce del santo della Fenice Divina.

"Myokas, tu ed Odeon siete per me come figli, ma il tuo cosmo è quello che ha più affinità con il mio, seppur non scorre lo stesso sangue nelle nostre vene", affermò subito dopo Seiya di Pegasus, "Quindi unisciti ai quattro figli maggiori dei miei amici più cari in quest’attacco", ordinò il gran Sacerdote al santo del Sagittario.

"Ricordate, figli, il corpo e lo spirito rendono un cosmo potente, tanto più siete pronti a rischiare la vostra vita e raggiungete la concentrazione, altrettanto i vostri cosmi si espanderanno, sufficientemente per sconfiggere Urano", concluse la voce di Shiryu di Dragon.

Il gruppo si aprì intorno a Ryo di Libra, Camus dell’Acquario ed Abel di Gemini.

"Hai sentito le parole di tuo padre, Daidaros? Vieni qua da noi, cugino", esclamò il figlio di Ikki, mentre il santo d’argento prendeva parte a quel memorabile attacco, "Ed anche tu, nobile cavaliere del Sagittario", aggiunse il figlio di Shiryu.

"Se siete veramente voi cinque coloro che dovrebbero liberare gli dei dal mio corpo, mi sarà sufficiente eliminare uno di voi", rifletté Urano, scatenando il colpo con cui aveva tentato di eliminare Shun sull’Olimpo.

L’attacco energetico si dirigeva inesorabilmente verso Daidaros di Cefeo, il più debole dei cinque, il santo d’argento, quello era il bersaglio del padre di Crono.

"Attento, cugino", urlò Abel di Gemini.

Fu un attimo, poi niente più: il colpo non raggiunse mai le vestigia d’argento di Cefeo, ma oltrepassarono il dorato pettorale dei Gemelli, perforando il cuore del cavaliere che le indossava, Abel, il quale cadde in ginocchio, morente.

"No, fratello", urlarono gli altri due figli di Ikki, "Cugino", esclamò scioccato il figlio di Shun.

"Mio padre ha avuto due figli più meritevoli di me per questo momento, troppi dubbi e troppa sicurezza mal posta hanno guidato la mia mano nelle passate battaglie, è giusto che sia io a morire anziché tu, figlio di Andromeda, abbi cura di te", balbettò morente Abel, "Fratello mio", affermò poi, rivolgendosi a Kain, "Ti lascio il mio posto in questo attacco unitario, colpiscilo anche per me", sussurrò al mariner di Shark, "e tu sorella, segui sempre le ali di cui sei stata dotata, mentre dall’alto dei cieli osserverò il tuo comportamento con la nostra famiglia"; queste furono le ultime parole del santo di Gemini, che le dedicò alla propria famiglia.

"Urano!", urlò Kain pieno di rabbia, "Preparati a subire l’ira di un fratello", tuonò, "E quella di una sorella", aggiunse Esmeria, avvicinandosi al gruppo di cavalieri insieme al proprio fratello maggiore.

"Scatenate l’attacco in sei!", urlò dalla folla Tok’ra di Virgo, "Riuscirete di certo a sconfiggerlo", aggiunse Reptile.

I cosmi dei sei cavalieri si innalzarono al cielo ed a tutti sembrò di vedere i diversi segni guida unirsi per produrre un singolo e potentissimo colpo.

"Rozan Hyakuryuha", esordì il figlio di Sirio il Dragone, "Aurora execution", aggiunse l’unico erede di Crystal il Cigno, "Nebula storm", continuò il santo d’argento figlio di Andromeda, "Atomizer Thunder Volt", affermò subito dopo l’allievo maggiore di Pegasus, "Per te, fratello, <Galaxian Explosion>", esclamò poi il fratello di Abel, "Ali della Fenice", concluse la figlia minore di Phoenix.

I sei colpi volarono contemporaneamente ed ad una velocità quasi superiore a quella della luce contro il dio del Cielo, il quale alzò ambedue le braccia per parare l’attacco.

La gigantesca ondata d’energia sembrò essere contenuta dalle possenti braccia del dio nemico, "Non è possibile", esclamò sorpreso Sial di Sterope, osservando la scena, "Infatti, la resistenza di Urano è solo apparente", gli ribatté Freiyr di Dubhe, indicando delle luci di diverso colore fuoriuscire dal corpo del dio nemico.

Quando il padre di Crono deviò l’ondata energetica, qualcosa uscì dalla sua bocca insieme all’urlo di dolore che il dio emise, prima di cadere in ginocchio.

I cavalieri erano stupiti dalla scena: il loro immane e divino nemico era ora ridotto ad una vecchia divinità dai bianchi capelli e dallo sguardo quasi vitreo, mentre dodici luci di diversa intensità roteavano sopra di lui.

"Signor Hades", esclamò sorpreso Rhadamantis, inginocchiandosi dinanzi ad uno dei bagliori.

"Ebbene, cavalieri, ci siete riusciti, avete espulso gli dei dal mio corpo, ma non potrete gioire di ciò, perché se il mondo non sarà mio, allora questi vostri amati dei se lo dovranno ricostruire", tuonò l’Ancestrale divinità, alzandosi in piedi.

"Pas Thanatos", urlò poi, mentre una sfera di luce verde più grande del sole andava sviluppandosi sulla sua mano sinistra.

"E’ il momento, sommo Zeus", urlarono i cavalieri divini dai quattro punti in cui sorreggevano i Simboli del Comando.

Uno dei bagliori, il più chiaro, brillò intensamente non appena percepì l’esclamazione dei quattro cavalieri di Atena.

Ikki sentì quattro ondate d’energia esplodere alle sue spalle, "Ora, cavalieri, seguite le ali della Fenice nel loro ultimo volo e raggiungete il luogo in cui serve il vostro aiuto", esclamò il santo divino, mentre scatenava il proprio divino colpo dal Paradiso dei Cavalieri, dirigendolo verso Sparta.

Il gruppo di cavalieri dinanzi ad Urano non sapeva che fare, il cosmo del loro nemico era diminuito, ma era pur sempre quello di un’Ancestrale divinità, nessuno di loro aveva la forza per sconfiggerlo, ormai era l’ora di morire, pensarono tutti.

Ma due esplosioni cosmiche divine, seguite dalla chiara impronta di fuoco di Phoenix si diressero verso Sparta, portando con loro sette luci accecanti.

Il gruppo di alleati vide apparire dal nulla le vestigia dell’Ariete, dello Scorpione e dei Pesci, insieme ad esse, quattro luci dorate, di cui una entrò nel corpo di Abel e le altre presero la forma dei tre cavalieri d’oro defunti durante la guerra con Urano: Kiki, Gallio ed Alcyone.

I dodici santi d’oro erano adesso riuniti.

"Kiki", balbettò Neleo nel vedere l’antico amico, che gli sorrise con tutta la semplicità e gentilezza di cui era capace fin da piccolo.

"Amici e fratelli cavalieri", esordì il santo dell’Ariete, "gli dei ci hanno concesso di tornare alla vita per compiere un estremo gesto, l’unico che potrà scagliare Urano nuovamente nella sua prigione senza luce", spiegò il cavaliere d’oro.

"Che intendi, Kiki?", domandò Golia, mentre tutti ed undici i cavalieri d’oro si riunivano intorno al rinato fratello di Mur.

"L’estremo gesto, amico mio, scoccare la freccia del Sagittario, tutti insieme", rispose semplicemente Alcyone dei Pesci.

I dodici eroi si guardarono negli occhi ed accettarono tutti il triste destino che ciò voleva dire.

"Allontanatevi, cavalieri d’argento, ed anche voi, alleati giunti da ogni dove", esclamò Gallio di Scorpio, sorridendo all’amico d’infanzia, Daidaros, mentre questi lo guardava perplesso.

"Perché dobbiamo andare?", urlò allora Neleo, "Non vi è il tempo per lunghe spiegazioni, amico mio", rispose Kiki, "ti basti sapere che quando scateneremo questo colpo l’intera zona all’interno delle colonne sarà ridotta ad un deserto, la sfera di luce d’Urano scomparirà ed il dio antico non potrà far altro che ritornare nel tetro Tartaro", concluse il cavaliere dell’Ariete.

"E voi, cavalieri d’oro?", domandò Koryo, "Moriremo", rispose freddamente Camus dell’Acquario.

"Dunque il pegno per la nostra vittoria dovrebbero essere le vostre dodici vite?", esclamò Freiyr di Dubhe.

"No, non andrò via da qui", esclamò all’improvviso una voce del gruppo e tutti videro Rhadamantis di Wyburn, avanzare verso i dodici santi d’oro, "In tante reincarnazioni non ho mai capito come in questa il valore del sacrificio per il proprio credo, quindi mi unirò a voi, in qualsiasi modo mi sarà possibile", spiegò semplicemente il judge di Hades.

"Andate", ordinò Myokas, mentre le dodici armature d’oro entravano in eufonia, "l’esplosione d’energia vi distruggerà comunque se non vi allontanerete in tempo", spiegò il santo del Sagittario.

"No, ha ragione lo spectre, non possiamo far fare tutto a voi, anche noi ci uniremo nell’unico modo possibile", esclamò Joen del Pavone, avanzando vicino a Rhadamantis, "Che vuoi fare, Guardiano?", domandò Golia, le cui vestigia brillavano e risuonavano, "Creare uno scudo che possa evitare la morte di tutti noi qui riuniti, o almeno di chi mi voglia aiutare in questa impresa folle", spiegò il Goshasei, inginocchiandosi fra i dodici santi d’oro e l’Ancestrale divinità.

"Pazzi, il mio attacco e quasi pronto e voi non riuscirete mai a trattenerlo", li schernì Urano, intento a creare una sfera dal grandissimo potenziale distruttivo.

"Reptile, Golia, non ricordate le parole di mio padre sui campi difensivi?", domandò Joen, espandendo il proprio cosmo, "Si, un campo di difesa è prodotto dall’energia vitale di un guerriero, è l’ultima chance di sopravvivere che gli sia data, ma se più cavalieri congiungessero le proprie forze vitali, si avrebbe il più potente fra i campi di difesa esistenti", rispose il mariner dell’Anaconda, avanzando verso il compagno d’addestramento.

Reptile strinse la mano a Joen e si inginocchiò alla sua sinistra, subito dopo arrivarono Connor e gli altri mariners, i quali si unirono in quel cerchio difensivo, poi le amazzoni, che si posero vicino ai Goshasei, quindi i god warriors, che si unirono ai mariners, poi Awyn e Clio, che si congiunsero alle guerriere di Artemide. Dopo fu il momento del fabbro e del berseker, quindi di Kasché, di Endimon, poi i santi d’argento, guidati dal fermo passo di Daidaros, strinsero la mano fra loro e con il Pretoriano di Venere, quindi i tre Pharaons, poi i due Beast Keepers e gli Anghelloi di Ermes; infine gli spectres chiusero il cerchio intorno ai cavalieri d’oro.

"Insieme cavalieri", urlarono con una sola voce i 44 eroi riuniti dinanzi ad Urano.

Il padre di Crono completò la sua sfera d’energia, ma non poté lanciarla poiché vide dei bagliori che lo stupirono, lasciando incapace di muoversi.

Dodici luci dorate si congiunsero nella Freccia del Sagittario, che volò incontro al suo bersaglio, nel qual tempo, trentadue cosmi diversi, di varia intensità, cromatura e potenza costituirono una cupola intorno al gruppo di eroi.

Sembrava un gigantesco arcobaleno dalla forma di cupola, bagliori che spaziavano dalla più scura delle gradazioni del nero ad un celeste così chiaro da sembrare bianco brillavano intorno alla nuova generazione di eroi.

"Per te, Hemdall", sussurrò Bifrost, mentre la freccia annullava la sfera di Urano e si schiantava contro il corpo stesso del dio, il quale ricadeva nel baratro del Tartaro da cui era fuoriuscito.

Nel momento in cui il corpo del dio e l’attacco dei dodici santi d’oro si toccarono, però, si produsse un’esplosione gigantesca, che polverizzò piante e rocce all’interno delle quattro colonne di luce, alzando un grande fumo ed un vorticare di lapilli e ceneri.

Solo quando questo si sarebbe abbassato i cinque santi divini avrebbero scoperto chi si era salvato.