Capitolo 21: Gli insegnamenti di Shaka

Jango di Virgo Oscuro e Kano del Pavone erano fermi l’uno dinanzi all’altro, entrambi intenti a trovare la concentrazione necessaria per quello scontro fra due allievi dei discepoli di Shaka.

"Bene, cavaliere di Atena, preparati a subire la potenza tramandatami dal mio maestro", esclamò freddamente Jango, espandendo il proprio cosmo oscuro, "Tramonto dell’Oriente", urlò il cavaliere di Virgo oscuro, mentre l’energia si concentrava fra le sue mani, "Abbraccio dell’Oriente", replicò quietamente il santo del Pavone, utilizzando la tecnica trasmessagli dal proprio maestro.

Le due sfere di energia sfrecciarono furiose l’una contro l’altra alla velocità della luce, un bagliore verde ed uno nero, che si scontrarono a mezz’aria, producendo una lieve esplosione, senza però danneggiare nessuno dei due combattenti, né alcuno degli alleati del santo del Pavone.

"Incredibile, si sono fermati a vicenda", esclamò Sekhmet osservando i due contendenti fermi ad osservarsi.

"Ovviamente, guerriera egizia. Sono allievi di maestri diversi, ma la loro radice, come la mia d’altronde, è una sola: il grande Shaka di Virgo. Fu egli a trasmettere la tecnica dell’Om ai suoi discepoli e questi la trasmisero poi ai propri allievi, fra cui me ed i due cavalieri che ora dinanzi a noi si affrontano", spiegò Tok’ra, osservando lo scontro.

In quel medesimo momento, un cosmo incredibilmente potente invase l’area circostante, "Esatto, allievo di Kaor, vedo che il mio vecchio amico ti ha istruito", esclamò la voce che controllava quell’energia così immane.

"Chi sei tu?", domandò allora Anhur di Selkit, percependo quell’aura, proveniente dal nero castello, "Silenzio, guerriero del deserto, non sei tu l’essere con cui volevo parlare", tuonò quella voce, "bensì con i due allievi del mio vecchio compagno Kaor e con il mio discepolo", esclamò con tono più pacato, "Maestro Hyunkel", lo salutò Jango, inchinandosi dinanzi a quella presenza energetica.

"Dunque questa è l’energia di cui dispone l’assassino del nostro maestro?", si domandò Kano, sempre attento ai movimenti del suo avversario, "Si, cavaliere d’argento successore di Sheeva, questa è la mia immensa energia, che soccorrerà il discepolo che ho plasmato in questa battaglia", sogghignò la voce, prima di manifestarsi sotto forma di un gigantesco campo energetico, che circondò il santo del Pavone, impedendogli ogni movimento.

"Ora, Jango, attacca e distruggi questo tuo nemico, ti aiuterò con lui e con tutti gli altri", lo rassicurò la voce.

Il cavaliere nero espanse allora il proprio cosmo e si preparò a scatenare nuovamente il "Tramonto dell’Oriente", ma una risata beffarda di Tok’ra fermò i suoi movimenti.

"Kano, non trovi patetico questo stile di combattere? Questo assassino tenta di utilizzare il medesimo mezzo utilizzato dal grande Shaka che, consapevole delle potenzialità di Ikki della Fenice, aiutò con il medesimo sistema i suoi due discepoli Sheeva ed Argora. Quindi mi chiedo: questo suo gesto è una beffarda rivolta contro quel metodo per aiutare l’allora cavaliere del Pavone, una patetica coincidenza, o, più semplicemente, Hyunkel sa quanto sia debole il suo allievo?", concluse con tono beffardo ed insieme di sfida, il santo della Vergine.

"Nessuna di queste ipotesi, cavaliere d’oro, più semplicemente ho desiderio di affrontarti presto, quindi desidero che Jango sistemi velocemente tutti i tuoi compagni", replicò la voce, con tono quieto.

"Noi ci incontreremo, Runouni, e tu pagherai per la morte del mio maestro, ma per ora ti mostrerò soltanto come le tecniche che appartennero a Shaka non possono essere utilizzate da un suo qualsiasi allievo", concluse seccamente il santo di Virgo, sollevandosi nella posizione del fiore di loto a mezz’aria.

L’aura dorata di Tok’ra si scontrò con quella color smeraldo di Hyunkel, così da liberare Kano dai suoi ceppi spirituali prima che si confrontasse con il proprio avversario.

Il "Tramonto dell’Oriente" si perse alle spalle del cavaliere del Pavone, che, con un agile salto, evitò l’attacco e si pose dietro il suo avversario.

"Jango, eliminali tutti", ringhiò seccamente la voce del Runouni del Cavallo, prima di scomparire insieme alla sua presenza.

I combattenti ritornarono nello stato di quiete in cui erano prima dell’arrivo di Hyunkel.

"Sei lieto del fatto che il tuo maestro ti consideri un tale incapace da doverti aiutare?", domandò con tono beffardo Anhur, che non aveva gradito la precedente risposta di Jango alla sua domanda e cercava di vendicarsi con questa affermazione critica.

"Non capisci, cavaliere del deserto, io non sono un semplice cavaliere nero seguace di Ate, prima di tutto io sono un dono, un trofeo della grandezza di Hyunkel, se io fallisco vuol dire che il mio maestro è, sì il più potente degli allievi di Shaka, ma non è stato in grado di trasmettere le proprie conoscenze al suo allievo", sussurrò il santo di Virgo Oscuro.

"Belle parole, forse degne più di uno stupido che di un cavaliere, che dovrebbe donare se stesso alla propria fede, concedendo solo grande rispetto e devozione al proprio maestro, ma date queste tue convinzioni, Vergine Nero, ti propongo di fare di questo scontro un duello fra le doti di insegnanti del mio e del tuo maestro", esclamò allora Kano del Pavone, pronto a continuare lo scontro.

"Accetto, cavaliere d’argento", tagliò corto Jango, "preparati a subire le conseguenze della tua proposta", minacciò poi, prendendo una strana posizione, che ad ambo gli allievi di Kaor era nota.

"Questo è…", balbettò sorpreso il santo del Pavone, "Esatto è una delle tecniche che furono del grande Shaka, l’unica, oltre l’utilizzo dell’Om, che il mio maestro mi ha trasmesso e che egli stesso sa usare", spiegò con tono beffardo il guerriero nero.

"Le braccia lungo i fianchi, l’una rivolta verso l’alto e l’altra verso il basso, il cosmo prorompente come il bussare violento contro una porta e la mente concentrata con ciò che non è di questo mondo, l’apertura del varco fra il mondo dei vivi e quello dei morti per i buddisti, una tecnica che il grande Shaka usò ben poche volte contro i propri nemici, l’ultimo a provarla fu Ikki della Fenice, capace di ritornare con le proprie ali dal mondo dei morti", ricordò Tok’ra, percependo la prorompente forza di quella tecnica che anche lui era capace di usare, il "Rikkudo Rinne".

"Preparati a precipitare nella dimenticanza, cavaliere d’argento", urlò Jango, "Rikkudo Rinne", esclamò poi, aprendo la "Porta di Minosse" contro il proprio nemico.

Passarono pochi attimi, poi il cosmo di Kano abbandonò il campo di battaglia.

"Maledetto", ringhiò allora Sekhmet di Bastet, pronta ad attaccare il nemico malgrado le proprie ferite, ma fu il braccio di Sed, suo parigrado fra i Pharaons, a fermarla, "Non è ancora tempo di vendicare nessuno", esclamò freddamente il guerriero egizio.

"Allora, chi di voi vuole essere il prossimo?", domandò beffardo il guerriero nero, voltandosi verso i tre Pharaons, "Non credo, cavaliere di Virgo Oscuro, che tu possa avere un nuovo avversario se ancora non hai sconfitto il vecchio", esclamò dopo alcuni secondi di silenzio Tok’ra.

Un’esclamazione di sorpresa proruppe da Sekhmet, prima che una voce invitasse il nero nemico a voltarsi, "Jango, sono ancora qui", lo avvisò Kano.

L’allievo di Hyunkel era visibilmente sorpreso, "Come puoi essere qui? Tu non puoi essere immortale come la Fenice", balbettò il nero guerriero.

"No, di certo il Pavone d’argento non può paragonarsi minimamente alla Fenice divina, che più e più volte è tornata dal mondo dei morti, ma, malgrado io non possa volare sulle ali dell’eternità come una fenice, sono pur sempre un allievo di Kaor di Byakko ed egli mi ha insegnato come rendere forte il mio spirito, così forte da permettermi di legarmi alla vita sufficientemente da sconfiggere il varco che il tu cerchi di imitare", spiegò Kano sorridente.

"Se fosse stato il grande Shaka, il suo successore, o un allievo più promettente ad utilizzare questa tecnica probabilmente sarei stato sconfitto, ma per tua mano il <Rikkudo Rinne> non sembra più di un gentile invito, anziché un ordine categorico", concluse il santo d’argento prima di scattare contro il proprio nemico, "Ruota del Pavone", esclamò poi, colpendo ripetutamente l’avversario sulla cloth.

Jango indietreggiò dinanzi alla furia dell’attacco, ma una volta fermatosi poté notare che le sue nere vestigia erano ancora integre, quindi scoppiò in una risata, che si sarebbe potuta facilmente definire isterica, "Visto, cavaliere d’argento? Le tue tecniche sono ben misera cosa dinanzi ad un’armatura pari ai gold cloth", sogghignò il cavaliere oscuro.

Lo scontro fra i due allievi dei discepoli di Shaka sembrava essere di nuovo in una posizione di stallo, proprio in quel momento, Sekhmet si avvicinò a Tok’ra, "Perché Kano non usa ancora la sua massima potenza?", domandò incuriosita.

Un sorriso si dipinse sul volto del cavaliere d’oro, "Tu sei potente in battaglia, Pharaon di Bastet, ma il tuo stile di lotta e ben diverso da quello che il nostro maestro ci insegnò, tu punti più su un feroce attacco che tenda a darti subito la vittoria, il che è facilmente dimostrabile dal tuo precedente scontro, noi, allievi di Kaor, tendiamo a costatare prima la potenza del nemico e solo all’ultimo, se necessario, utilizziamo le nostre potenzialità maggiori. Non utilizzerei mai il Sacro colpo della Vergine all’inizio di uno scontro se non fosse necessario e nemmeno Kano farebbe mai una cosa del genere con il proprio livello di massima concentrazione", spiegò il santo d’oro.

"So perfettamente che non ricorre alla massima concentrazione, come la chiami tu, fin dall’inizio degli scontri, ma solo quando è veramente necessario, però, perché non utilizzarla adesso che il nemico ha abbassato le difese?", incalzò la guerriera egizia.

"Jango non ha semplicemente abbassato le difese, si è stancato per utilizzare tecniche per cui è necessaria una grande concentrazione. Nelle battaglie fra combattenti che plasmano lo spirito sotto forma d’energia, non è il corpo a risentire dei colpi subiti o dati, ma lo spirito", replicò Tok’ra, "il prossimo, probabilmente, sarà l’attacco decisivo per entrambi", concluse.

In quel medesimo momento, quasi avesse sentito le parole della sua controparte aurea, Jango espanse il proprio nero cosmo più di quanto avesse mai fatto prima, "Ora, cavaliere d’argento, ti mostrerò la tecnica più potente che ho potuto apprendere tramite gli insegnamenti del mio maestro", lo sfidò il cavaliere oscuro.

Una gigantesca ombra si aprì alle spalle di Jango, una rappresentazione del suo cosmo, con la forma di nera fanciulla, "Nero Mantra", urlò il cavaliere oscuro.

L’ombra volò alla velocità della luce contro Kano, raggiungendolo e bloccando i suoi movimenti, "Lo percepisci, cavaliere d’argento? Senti i sensi che lentamente ti abbandonano? Il mio maestro mi aveva parlato del colpo sacro della Vergine e del suo effetto, ma non sono mai riuscito a ricreare quella tecnica, però, ho sviluppato questa perfetta sostituta: un colpo capace di spegnere i sensi ed i muscoli di chi viene colpito. Ben presto, cavaliere d’argento, cadrai, l’unico dubbio è se morirai soffocato prima che il tuo cuore fermi completamente i suoi battiti, o no", spiegò il guerriero nero.

"Dimmi, mia controparte dorata, e voi, cavalieri del deserto, avete intenzione di lasciar morire così il vostro alleato?", domandò allora Jango, voltandosi verso gli altri avversari, "Non credo che questa tecnica possa sconfiggere Kano, aspetta che ritrovi la calma dopo la sorpresa dell’attacco e lui stesso si libererà di questa imitazione del mio colpo sacro", suggerì Tok’ra quietamente.

Le parole di Tok’ra raggiunsero la mente di Kano, mentre anche l’udito, dopo il tatto ed il gusto lo stava lentamente abbandonando.

Mentre il suo corpo si abbandonava alla dimenticanza dei sensi a cui il colpo di Jango voleva costringerlo, il cavaliere del Pavone cercò lentamente di ritrovare la propria concentrazione, dapprima ripensò agli scontri passati: la battaglia nella dimensione di transito con Kataga del Cornolio, lo scontro con il centimane Briareo avvenuto a Sparta, la battaglia presso la piramide egizia contro Sekhmet e prima ancora la sconfitta causatagli da Dione, il titano cieco, tutti questi ricordi affollarono la mente di Kano, in ricerca della propria calma.

Il suo pensiero passò poi sul defunto maestro, caduto per mano di Hyunkel, il sesto allievo di Shaka, l’unico che apparentemente aveva veramente percorso la via del male.

Ma nemmeno questo pensiero ridiede la completa concentrazione al cavaliere d’argento, la cui mente viaggiò sia indietro, verso i giorni dell’addestramento, sia nell’immediato presente, ripensando al precedente scontro fra Sekhmet e Daja del Leone Oscuro, in cui ella gli rivolse delle precise parole: lui avrebbe dovuto pagare la sconfitta datale, ma, stranamente, quelle parole non gli sembravano una così terribile minaccia, non lo erano mai state per lui.

Fu proprio attraverso questo pensiero che il santo d’argento riuscì a trovare la via verso la concentrazione, mentre anche la vista lo abbandonava dopo gli altri sensi, lasciando i muscoli a divincolarsi in un innaturale desiderio di fermarsi.

Jango ed i quattro spettatori attendevano che il colpo finisse di avere il suo effetto sul corpo di Kano, sia che esso fosse letale o meno e grande fu lo stupore del nero cavaliere di Virgo quando dalla fronte del nemico proruppe una luce verde.

Lentamente il terzo occhio sulla fronte del cavaliere d’argento si aprì ed iniziò ad osservare inesorabilmente il proprio nemico, che, visibilmente sorpreso e turbato, iniziò ad indietreggiare, mentre Kano riprendeva il controllo dei propri sensi e dei muscoli.

"Benché tu ti consideri un semplice strumento per la gloria del tuo maestro, cavaliere nero, ti faccio i miei complimenti, quest’ultima tecnica era veramente potente, non avrei mai immaginato che tale fosse la potenza che avevi in te, ma purtroppo, dinanzi all’unione fra l’uno ed il tutto, anche questo potere oscuro deve cadere, perché seppur i miei muscoli possono essere fermati, altrettanto non può essere fatto con il cuore pulsante dell’ambiente che ci circonda", esordì il cavaliere del Pavone.

"Ora sarò io a mostrarti la mia tecnica migliore", continuò il santo d’argento, mentre una luce accecante prorompeva dal suo terzo occhio, "Non ancora", esclamò Jango, richiamando a se il "Tramonto dell’Oriente", ma bastò una mano di Kano per fermare quel colpo.

"Ora ti sei convinto che puoi ben poco contro di me quando utilizzo la mia massima concentrazione?", domandò quietamente il santo del Pavone, la cui calma era incredibile.

I due avversari concentrarono contemporaneamente i propri cosmi, Jango non aveva alcuna intenzione di arrendersi, "Mantra Nero", urlò il cavaliere oscuro, "Eye’s power", replicò il santo d’argento.

L’ombra fu spazzata via dalla luce verde che scaturì dall’allievo di Kaor e che, inesorabile, corse verso il proprio nemico, frantumandone le vestigia e distruggendone il corpo.

Quando lo scontro fu ormai concluso, Kano si avvicinò al nemico, "Ti onoro con il mio saluto, Jango della Vergine Oscura, se il tuo maestro non avesse traviato il cuore e l’animo che possedevi, anche tu saresti stato un grande seguace degli insegnamenti di Shaka", lo salutò il santo del Pavone, prima di allontanarsi barcollando dal corpo del nemico.

"Come ti senti, cavaliere d’argento?", domandò Sekhmet, "Stanco, ma sopravvivrò", rispose sorridente Kano.

Un altro scontro era stato vinto dall’alleanza che si era creata contro Ate, ma, mentre il gruppo si stava allontanando, dei passi alle loro spalle li attirarono, qualcuno li stava raggiungendo.