Capitolo 52: L’Ira dell’Oblio

Nella nera stanza di Ate, mentre i tre guerrieri risorti ancora in piedi bloccavano il cammino dei guerrieri olimpici, nelle profondità di quella sala, Shaina dell’Ofiuco, dopo ore china su se stessa, finalmente rialzava il capo.

"Hai sentito questi cosmi, dea dell’Ingiustizia?", esordì la Somma Sacerdotessa, rivolgendosi ad Ate, che sotto di lei era seduta con Jabu al suo fianco, che non le rispose.

"Ban si è già arreso, riprendendo coscienza della propria natura, non temi che anche gli altri lo facciano?", incalzò colei che indossò le vestigia dell’Ofiuco, "Non temi che tutti i tuoi piani crollino come nei millenni a dietro? I Black Gold Saints sono caduti, i Runouni che a loro si erano alleati anche, ed ora pure queste tue cinque punte di diamanti crolleranno, una dopo l’altra e poi che farai, dea ingiusta? Cercherai di sconfiggere chi nemmeno Urano o Pontos riuscì a battere? Un gruppo di guerrieri tanto devoti alla giustizia ed alle proprie fedi da sconfiggere persino entità Ancestrali", continuò con fare deciso la Sacerdotessa, con la chiara intenzione di spazientire la divinità avversa.

"Fai silenzio, stupida mortale", sbottò dopo alcuni attimi di silenzio Ate, "pensi davvero che Nachi e gli altri siano deboli di mente e di corpo come Ban?", incalzò con tono derisorio, "Ma anche se fosse, non ti preoccupare, mi basterà il mio bel Jabu e la divinità che io stessa sto usando per vincere", concluse la dea dell’Ingiustizia, ricevendo un segno di accordo dal guerriero dell’Unicorno Oscuro, i cui occhi, ancora spenti e vitrei, anelavano soltanto di osservare quella maligna divinità.

"Tu stai usando una divinità, pensi davvero questo? Sei sicura che lei non stia usando te?", replicò Shaina, cercando di alzarsi in piedi, malgrado le catene che la bloccavano all’altare, "Puoi dire quello che vuoi, misera seguace della mia sorellastra, ma una sola è la verità, Lei mi ha liberato solo per avere un corpo, io, invece, la uso per avere un esercito e la forza di distruggere Atena", tagliò corto la divinità malvagia.

"Chissà se ci riuscirai", sibilò la Somma Sacerdotessa, "Chissà per quanto ancora mi darai fastidio", replicò Ate, "Per quaranta minuti circa, come puoi ben vedere da quella clessidra sopra la tua testa", continuò poi la divinità, prima di scoppiare in una maligna risata.

Dall’altra parte della sala, Geki attendeva che il suo nemico si facesse avanti, "Forza, guerrieri olimpici, chi mi vuole affrontare? Forse il figlio di Shiryu, o un altro dei suoi nobili allievi? Oppure i seguaci di Hyoga? O, ancora quelli di Shun? O, magari, quelli di Seiya? Su, chi si vuol fare avanti verso di me?", incalzò con molta sicurezza il guerriero risorto.

"Sarò io il tuo avversario, cavaliere", esordì una voce femminile, facendosi avanti dal gruppo, "La figlia di Ikki", ringhiò il santo oscuro, riconoscendo Esmeria, Beast Keeper di Suzaku, "Il più chiaro esempio di quanto gli dei preferissero quel pazzo omicida a me", bisbigliò Geki, prima di prepararsi allo scontro.

"Forza, ragazzina, attacca per prima", la invitò il gigantesco nemico, ma la Beast Keeper non rispose all’invito, "Non voglio colpirti, Geki dell’Orsa, ma piuttosto parlare con te, scoprire perché hai deciso di accettare quelle vestigia con sangue maledetto", replicò Esmeria.

"Vuoi sapere il mio peccato?", domandò con volto serio il cavaliere nero, "Bene, il mio peccato è l’ira!", tuonò poi, scattando in avanti e raggiungendo con un pugno allo stomaco l’avversaria, che fu sbalzata indietro di alcuni passi.

"Regina", tuonò in quello stesso momento Joen, precipitandosi in avanti, ma il braccio di Koryo lo fermò, "Non ti preoccupare, prima di essere la monarca di Cartagine, Esmeria è stata per anni la Fenice del Cielo Meridionale, Suzaku, aspetta che il fuoco in lei si riaccenda ed attaccherà, non potrà perdere se è solo la forza brutta e l’ira ad alimentare il suo nemico", spiegò il Beast Keeper di Seiryu, proprio mentre la figlia di Ikki si rialzava, quasi illesa.

"Se è l’ira ad alimentarti, amico di mio padre, allora dovrò fermare quel fiume che scorre nero nell’anima di ogni uomo, per rivedere il volto di quel gigante gentile che da piccola mi sollevava fino al cielo", replicò con viso sofferente la guerriera di Suzaku, impugnando la propria frusta.

"Non sono mai stato amico di tuo padre", replicò furioso il guerriero oscuro, "Davvero? Strano, perché io ricordo chiaramente quei momenti della mia infanzia in cui tu eri a Cartagine, a far visita ad Ikki e Didone, miei nobili genitori, e ti perdevi in pomeriggi di giochi scherzosi con noi figli dei due regnanti".

"Menzogne", tuonò il santo risorto, "Nessuno ricorda Geki dell’Orsa, o i suoi allievi, loro sono stati dimenticati, un piccolo simulacro ed una candela per indicarne la morte, poi più niente, tre vite stroncate dalla forza dei titani e nessuno che abbia avuto voglia di ricordarli, si sono persi nell’oblio, io stesso non sono colui che credi, ma semplicemente Geki dell’Orsa degli Inferi Minori", concluse furioso il guerriero oscuro, scattando nuovamente in avanti.

"Mi dispiace che tu pensi ciò, cavaliere, ma non ti permetterò comunque di scalfire di nuovo le sacre vestigia di Suzaku, che tanto dolore e tanta gioia mi portarono", replicò la giovane regina, sollevando la frusta.

"Fire Phoenix Tail", invocò poi la guerriera, schioccando la propria arma.

La frusta fiammeggiante colpì più volte l’avversario, costringendolo ad indietreggiare per gli attacchi subiti con le vestigia danneggiate.

"Armature demoniache", rifletté con un filo di voce Geki rialzandosi, "piuttosto cloth dalla forza lievemente superiore alle altre nere", concluse, scattando in avanti.

Nuovamente si ripeté la scena: Esmeria schioccò la frusta per colpire l’avversario, ma questa volta le fiamme non raggiunsero l’Orso demoniaco, poiché, appena vi fu vicino, Geki le evitò con un agile salto, arrivando proprio davanti alla figlia di Ikki quando stava per ritirare l’arma, "Ora è il mio turno di attaccare", ringhiò il nero guerriero, bloccando il collo dell’avversaria.

"Presa dell’Orsa", urlò poi, sollevando da terra la nemica.

La stretta di Geki era fortissima, il volto di Esmeria, infatti, stava lentamente diventando pallido per la pressione con cui il nemico la bloccava, "Ben presto il suo collo si spezzerà ed allora anche un’altra figlia di Ikki cadrà, lasciando avvicinarsi all’oblio anche quell’assassino", esultò il nero guerriero.

"G..", cercò di sussurrare la Beast Keeper, mentre sollevava le mani verso il volto del nemico, "Cosa vorresti fare, allontanarmi con le mani? Non farmi ridere", sogghignò in tutta risposta Geki, con un sorriso soddisfatto sul volto, "Gen…", continuò a sussurrare, intanto, la giovane guerriera.

"Gen?", ripeté incuriosito l’oscuro saint dell’Orsa, "Genmaken", concluse allora Esmeria, lanciando il Fantasma Diabolico verso il volto dell’avversario, che a quella distanza non riuscì ad evitarlo, così da dover lasciare la presa, in preda ai propri incubi.

Geki si chinò su se stesso, chiudendo gli occhi per il colpo subito, quindi, lentamente, nel momento in cui non sentì più alcun rumore intorno a se, li riaprì, per ritrovarsi non nel castello di Ate, ma, bensì, in una vallata vuota e silenziosa, "Dove sono?", si chiese il guerriero, ma solo l’eco gli diede risposta.

"Qualcuno mi risponda!", urlò allora in preda al panico, il santo defunto, ma l’unica risposta fu di nuovo nell’eco, "Rispondetemi!", incalzò il guerriero e stavolta dinanzi a lui si aprì uno spiraglio di luce, una luce soffusa che dava sulla sua tomba, la stessa da cui era uscito per volere di una divinità, ma ancora integra. E nel vederla in quel modo, integra, ma spoglia di fiori, Geki cadde in ginocchio, "Perché? Perché nessuno mi ricorda? Dove sono i miei allievi? Dao, Laios, Araocle? Dove gli amici ?", si chiese disperato il santo dell’Orsa.

La risposta a quella domanda, però, arrivò subito, quando la luce si spostò su due tombe poco lontane, adornate da fiori, su una era scritto, "Silver Saint, Cetus Dao", sull’altra: "Silver Saint, Hercules Laios", poi la scena si spostò, verso una figura che camminava silenziosa nella boscaglia canadese, un gigante che d’improvviso si trovò dinanzi due guerrieri d’oro nero, che lo invitarono a seguirlo, quello era stato il destino di Araocle, l’allievo che Geki aveva ripudiato per la troppa violenza.

"Perché? Perché il nome di Geki dell’Orsa deve scomparire con il suo ricordo? Cosa ho in meno dei miei compagni? Perché Seiya ed i suoi alleati sono stati ricordati con monumenti ed il titolo di santi divini? Perché tutti loro sì ed io no? Persino Ikki della Fenice che per anni aveva ucciso e massacrato senza pietà", tuonò disperato il santo di bronzo, mentre l’oscurità lo ricopriva di nuovo, scatenando in lui urla di terrore e disperazione.

Quando si risvegliò da quell’incubo, Geki vide dinanzi a se Esmeria e gli altri nemici, oltre a Ban ed i due cavalieri demoniaci rimasti, "Dunque è questo il tuo peccato? Ira per l’essere stato dimenticato? Pensi davvero che ti sia successo questo?", domandò allora la giovane figlia di Ikki, "Si, questo mi è successo", rispose semplicemente, con voce irata, il nero saint dell’Orsa.

"La vera dimenticanza non sta nell’assenza di fiori su una tomba, bensì nei pensieri che ti si rivolgono, i ricordi, quelli più felici in cui tu sei presenti, sono loro che ti evitano l’oblio che tanto temi, Geki", iniziò a spiegare Esmeria.

"Io, come probabilmente saprai, decisi di abbandonare Cartagine per diventare Beast Keeper di Suzaku, essere una Fenice come mio padre ed una guerriera come i fratelli che tanto apprezzavo, anziché allenarmi a diventare semplicemente una regina, questo desideravo e ricevetti, ma sai cosa persi così?", incalzò la giovane, "Persi l’adolescenza, passata in una piccola Grotta in Asia, insieme ad un asceta, uno spadaccino ed un vecchio alquanto bizzarro, persi la famiglia che così poco valutavo interessante a quell’età, non potei più riabbracciare mia madre, o Rume, o Remor, che, quando finalmente ritornai, per combattere Urano come seguace delle divinità indiane, erano già morti. Vidi morire Abel e mio padre ed ora solo Kain mi rimane di quella mia numerosa famiglia, lui e Joen sono le uniche cose che restano a segnare la mia fanciullezza, la stessa che decisi volontariamente di abbandonare, eppure scoprii, che malgrado io li avessi abbandonati e loro avessero dovuto raccontare la mia morte, perché i Beast Keeper devono rinunciare alle proprie identità, nessuno a Cartagine mi scordò, né i genitori, né i fratelli, né gli amici. Nemmeno io, però, li scordai, né loro, né tutte le persone che avevo visto negli anni a casa. Tu eri fra queste persone, tu e pochi altri cavalieri di bronzo si erano fermati a giocare con me quando ero così piccola da risultare fastidiosa agli adulti, negli anni in cui la vostra preoccupazione maggiore era prepararsi per la guerra con Urano, io allora ancora piccola, seguivo le discussioni con l’innocenza della fanciullezza, eppure, tu più di pochi altri non sembravi mai infastidito dalla mia presenza, per questo eri nei ricordi più felici nelle notti da sola in quella grotta, quando ricordavo ciò che avevo abbandonato. Ora credi che questo ti chiuda nell’Oblio? L’oblio non è un’oscurità vuota ed empia, è la solitudine che scava nell’animo dei vivi, un morto non può sentire tutto ciò salvo che non sia per una punizione divina. Sono falsi timori i tuoi, cavaliere dell’Orsa, che ora dovresti essere nel Paradiso dei Cavalieri con tutte le persone a te care, che ti apprezzavano", esclamò infine Esmeria espandendo il proprio cosmo con volto triste.

"Belle parole, ma come potrò esserne mai certo?", tuonò Geki, lanciandosi di nuovo all’attacco, "Le Ali della Fenice ti condurranno alla verità, ne sono certa!", replicò la giovane figlia di Ikki, scatenando il proprio cosmo, immane.

"Hoyuko Tensho", invocò poi Esmeria, scagliando il colpo che già era di suo padre e con cui travolse il santo oscuro, gettandolo contro una parete.

"Mio buon amico, spero che tu ritrovi quella pace che io ho scoperto di non aver mai perso. I ricordi e gli amici non ti abbandonano mai, se non sei prima tu a farlo, fu questa la prima lezione che ricevetti da mio padre quando tornai", concluse la giovane figlia di Ikki, mentre le vestigia dell’Orsa Minor Oscura riprendevano l’aspetto originale, quello di cloth di bronzo nero.

Un altro scontro era finito, ma l’avanzare di Ichi, ne preannunciava un successivo.