Capitolo 57: La Sorella del Cielo e del Mare

Il gruppo di cavalieri era fermo dinanzi al corpo di Jabu, ora posseduto da una divinità dai grandi poteri, nessuno di loro sapeva cosa fosse possibile fare per sconfiggere quella dea.

"Se nessuno di voi si muove per primo, vedrò di fare io la prima mossa, quella vincente", minacciò la divinità impossessatasi di Jabu, aprendo la mano dinanzi ai cavalieri e travolgendoli con il proprio cosmo.

In ventiquattro erano stati gettati a terra da quell’unica alitata d’energia, solo Shaina era ancora in piedi, grazie alle vestigia rinate con l’Atanaton, che aveva retto abbastanza all’attacco, in maniera sufficiente per permetterle di restare in piedi.

"Bene, noto di non aver sbagliato a desiderare il tuo corpo, è incredibilmente resistente a quanto pare, sei proprio un’ottima guerriera, che ne dici di concedere la tua vita ad una divinità superiore persino ad Atena?", domandò beffarda la dea, "Mai", rispose semplicemente la Somma Sacerdotessa d’Atene, scagliandosi in avanti con il "Cobra Incantatore", che, però, non raggiunse mai la nemica ed anzi la sua gran potenza distruttiva tornò completamente contro Shaina, gettandola a terra ferita.

"Non confondermi con Ate, io non sono una figlia di Zeus, io sono una divinità Ancestrale, madre di tutti gli dei venuti dopo di me ed ancora più per gioirne, vendicherò i miei fratelli ed amanti, il Cielo ed il Mare", replicò la dea, indicando l’avversaria con l’indice.

"Ora, anzi, ti mostrerò la forza che hai rifiutato, la forza di un indice, capace di distruggere le tue belle vestigia", ridacchiò la divinità padrona del corpo di Jabu, espandendo il proprio cosmo, che esplose in un fascio d’energia attraverso quel singolo dito.

L’energia trapassò il corpo dinanzi a se, perforandone lo stomaco e costringendolo a cadere in ginocchio, proprio davanti a Shaina, che Ichi, con tanto coraggio aveva salvato, ponendosi come scudo dinanzi a lei.

"Cavaliere dell’Idra?", balbettò la Somma Sacerdotessa sorpresa, "La mia vita è consacrata alla Giustizia e solo per questo adoro viverla e decido quando sia il tempo di abbandonarla, per salvare chi, dopo di me, potrà continuare a difendere la Giustizia", spiegò semplicemente Ichi, rialzandosi a fatica.

"Se vuoi morire, mostriciattolo da me risorto, puoi anche farlo, ti spazzerò via in pochi secondi se mi costringerai", minacciò la dea, espandendo il proprio cosmo gigantesco.

"No, lui non morirà, solo tu, divinità che insieme ad Ate e più di lei hai progettato per dannare le nostre anime, solo tu cadrai", minacciò Nachi del Lupo, ponendosi dinanzi ad Ichi, mentre Ban e Geki si avvicinavano ai suoi lati.

"E come sperereste di uccidermi senza eliminare il vostro amico Jabu?", domandò divertita la divinità, "Noi conosciamo Asher da quando eravamo tutti piccoli, quindi sappiamo che preferirebbe cento volte morire, piuttosto che restare sotto il tuo dominio, dea Ancestrale", replicò semplicemente Ban.

"Ikki stesso, quando suo fratello fu posseduto da Hades, avrebbe voluto liberarlo da quella prigionia, ma non vi riuscì per troppo amore, noi quattro, invece, ci accontenteremo di chiedere scusa al nostro amico fraterno una volta tornati nell’Ade", spiegò con determinazione Geki, espandendo il proprio cosmo.

"Ottima teoria, perfetta per scusarvi con voi stessi dell’omicidio di un amico", esordì beffarda la voce divina che controllava il corpo del Cavaliere, "ma come vorreste abbattermi? Voi che non sapevate nemmeno sconfiggere un guerriero titano di infimo livello?", continuò divertita.

"Ottima domanda, dea, ma la risposta è ancora più semplice, poiché tu ed Ate ci avete mostrato quanta forza sappiamo tirare fuori, mentre i cinque cavalieri divini ci raccontarono di un colpo antico e maledetto da Atena, che però, come cavalieri neri, quali siamo adesso, possiamo tranquillamente usare", replicò con voce sarcastica Nachi, prendendo insieme ai tre compagni una posa nota ai cavalieri d’oro e d’argento.

"Quello è…", balbettò Golia, rialzandosi a fatica, "Si, cavaliere è l’<Atena Exclamation>", replicò Botan, riconoscendo quella posa presa dagli allora nove cavalieri di Atena dinanzi al possente Urano, il Tiranno del Cielo.

"Pazzi, vi farò pentire del vostro atto", tuonò la dea, scatenando il proprio cosmo, ma, nel momento in cui l’attacco stava per esplodere contro i quattro cavalieri, qualcosa, fermò quel colpo dall’interno: lo spirito di Jabu, che lentamente si stava opponendo alla dea, "Anche il cavaliere dell’Unicorno ci chiede di colpirlo, amici, quindi attacchiamo", esclamò disperato Nachi.

In quel momento, mentre la dea urlava infuriata poiché il corpo non voleva risponderle, cinque cosmi dorati si espansero dai quattro cavalieri e da Jabu, "Come già Seiya e suoi compagni prima di loro, adesso anche Nachi, Ban, Geki, Ichi e persino Asher, intrappolato dalla divinità, riescono a raggiungere la forza di un cavaliere d’oro, il settimo senso è ormai loro, in quest’ultima battaglia", osservò sorpresa Shaina, mentre guardava gli amici di un tempo scagliare il loro attacco combinato.

"Atena Exclamation!", invocarono i quattro, lanciando il potentissimo attacco verso il corpo di Jabu, che ne fu travolto e gettato al suolo, con le vestigia di titanio distrutte.

"Perdonaci, Jabu, ma dovevamo salvare sia te, sia gli altri cavalieri", sussurrò Nachi, osservando il corpo dell’amico.

"Non avete salvato nessuno, stupidi", tuonò in quel medesimo momento un’entità al di sopra dei cavalieri.

"Che cosa?", urlò semplicemente Geki, "Ho abbandonato quel corpo proprio un attimo prima che fosse investito e, per vostra disgrazia, mi vedo costretta ad utilizzare il mio sacro simulacro per eliminarvi", esclamò la divinità espandendo ancora di più la propria presenza.

"Come speri di averlo? Il piccolo tempietto alle spalle del trono è andato distrutto con l’esplosione d’energia", urlò infuriato Ban, osservando gli effetti del loro attacco distruttivo.

"Si, cavalieri neri, voi avete distrutto metà del Castello di Ate, avete frantumato le vestigia di titanio del vostro compagno, riducendolo in fin di vita ed avete sprecato tutta l’energia che vi rimaneva, malgrado stavate per raggiungere i vostri alleati divini, seppur inconsciamente, insomma, voi mi avete aiutato a vincere questa battaglia", ridacchiò l’entità divina, mostrando un’energia ancora maggiore alla precedente.

"Urano", balbettarono i più, riconoscendo quell’impronta divina, così antica e minacciosa insieme, "No, non Urano, ma, come vi ho già detto, sua sorella ed amante", concluse la divinità, mentre un terremoto scuoteva dalle fondamenta il castello.

"Che succede?", si domandò sbalordito Bifrost di Megrez, vedendo il castello lentamente abbassarsi.

"Il corpo di Urano poteva prendere forma dall’aria, proprio per questo egli avrebbe potuto riprendere vita in qualsiasi luogo, come la caverna in cui rinacque. Pontos, invece, era il Mare, e per questo rimase nascosto nelle acque a potenziarsi per tutto il periodo in cui attraversavate Tir Na Nog, combattendo i suoi soldati, infine, io sono la Terra e su ciò che tutti calpestate ho il pieno controllo. Io ho fatto risorgere e rinascere a nuova vita quest’Isola che la forza di un santo d’oro aveva distrutto vent’anni fa, io le ho ridato forma e ho concesso ad Ate di riprenderne possesso, ma non è questo il mio unico potere sulla Terra, io posso anche farvi risorgere il mio corpo, in qualunque posto esso si trovi, posso, con la sola volontà, portarlo qui, dinanzi a me, e prenderne pieno possesso", concluse la divinità, mentre una bara, simile a quella che Phoenix e Pegasus avevano visto nei campi Elisi, dove Hades riposava, apparve dinanzi al gruppo di cavalieri ormai stremati.
Questa bara era di titanio, ma subito si schiuse e da essa proruppe fuori un corpo giovane, coperto da vestigia del medesimo materiale, simili, in tutto e per tutto, a quelle della dea Era, moglie di Zeus e Regina dell’Olimpo.

Il cosmo divino che tanto minacciava i cavalieri, improvvisamente si spense e scomparve da dinanzi i loro occhi, per entrare in quel vuoto involucro.

Quello che i guerrieri olimpici videro e sentirono dopo fu stupefacente: le ossa, ferme da chissà quanti secoli, si sgranchirono, movendosi convulsamente, l’aria, che in quel corpo non passava da altrettanto tempo, ne riempì i polmoni, gonfiandone aritmicamente il petto, poi gli occhi si aprirono e risultarono simili a quelli di Urano e Pontos, per la divina natura che trasmettevano.

"Inchinatevi dinanzi a me", tuonò la dea, la cui voce assomigliava a quella dei fratelli, come i lineamenti d’altronde, "Inchinatevi dinanzi a Gea, Colei che rappresenta la Terra", minacciò la divinità Ancestrale.

"Gea, dea della Terra, eppure tutti ti considerano una divinità materna", esclamò sorpreso Geki dell’Orsa, sollevandosi in piedi e preparandosi ad attaccare, "Si, sono una dea materna, ma voi tutti, vili esseri umani, avete osato sconfiggere i miei fratelli, Urano e Pontos, rinchiudendoli in prigioni oscure e profonde, pensate che questo non basti per scatenare le ire di una sorella? Io stessa ero preparata al ritorno del mio Signore e primo Sposo, con lui ero pronto a sancire di nuovo un grande impero, dopo che Crono lo aveva sconfitto, temevo di doverlo abbandonare, ma sapevo che prima o poi sarebbe tornato da me, difatti, così aveva fatto, ma voi ci avete impedito di rincontrarci. Lo stesso vale anche per colui che rappresenta il Mare, immaginavo che sarebbe ritornato dopo la caduta del Cielo, quindi avevo intenzione di attenderlo, ma anche lui è stato sconfitto. Adesso non ho più nessuno da aspettare dato che il sigillo su Urano è pressoché indistruttibile, per questo mi sono mossa, per darvi la morte che meritate ed anche vincendomi, non potrete sopravvivere a lungo",concluse con voce irata la divinità della Terra.

"Ne sei così sicura?", urlò Nachi, gettandosi in avanti con Ichi, Ban e Geki.

"No, cavalieri, non attaccatela!", li avvisò Ryo di Libra, cercando di fermarli.

"Non ti preoccupare per noi, figlio di Shiryu, forse non saremo santi divini, ma sacrificheremo la vita per la Giustizia e per la nostra completa redenzione", sussurrò soltanto il santo del Lupo, lanciandosi in avanti con i compagni.

"Polemos Geae", sussurrò soltanto la divinità, aprendo la mano dinanzi a se.

Un globo d’energia si gonfiò dinanzi alla dea, esplodendo a pochi passi dai quattro cavalieri e dal corpo di Jabu.

L’esplosione travolse tutti i cavalieri presenti, non solo i cinque appena risorti, gettando al suolo gli altri.

Il primo a riaversi da quel colpo, fu Freiyr, ma ciò che il Re di Asgard fu strabiliante: il castello non c’era più e loro non si erano schiantati al suolo dall’ultimo piano, bensì vi erano semplicemente caduti, essendo già a piano terra, i poteri di Gea erano tali da annullare completamente un castello intero con tale facilità, ma cosa ancora più grave, niente era rimasto di Jabu, Nachi ed i loro tre compagni, i cavalieri di Bronzo erano morti di nuovo.

"Dopo i cinque cadaveri ambulanti, ora tocca a voi", minacciò la dea, pronta ad attaccarli.