Capitolo 7: Le due alleanze

Ichi percorreva il lungo e nero corridoio del castello sull’Isola di Deathqueen.

Molti ricordi si confondevano nella sua mente: sapeva di essere nato più di trent’anni prima, ricordava il periodo passato nell’orfanotrofio di Alman di Thule, gli anni dell’addestramento in Finlandia e la conquista dell’armatura dell’Idra.

La sua mente non aveva problemi a richiamare le immagini della Guerra Galattica, dove Hyoga di Cygnus lo aveva facilmente sconfitto, né il periodo passato nuovamente in Finlandia, dove aveva potuto migliorare le proprie doti. Poi, le tre battaglie di Seiya ed i suoi compagni: al Grande Tempio, dove Ichi aveva difeso con i propri compagni il corpo di Lady Saori, quindi lo scontro con il dio Nettuno, che lui aveva osservato da lontano, quindi l’assalto di Hades, prima, e di Thanatos, dopo al Santuario, che lui, insieme con i propri compagni, aveva difeso a rischio della vita.

Non vi era alcun problema per il nero e risorto cavaliere neppure nel ricordare quei tre guerrieri, Tige, Dafne e Maximo, che erano giunti al Santuario per ritrovare l’elmo del dio Ares e poi il ritorno dei cinque santi, ormai divini, che li avevano avvisati di un nuovo pericolo.

Quella notizia, ricordava, significò per lui un nuovo allenamento, ma questo non lo fermò, Ichi continuò a migliorare, cercando di diventare sempre più forte e si sentiva tale, poi, però, un singolo colpo ed un titano lo uccise, lungo la strada per il Grande Tempio di Atene.

La mente del guerriero di Black Idra si confondeva proprio dal momento successivo la sua morte, era certo di essere giunto in quel luogo che molti chiamavano "Paradiso dei cavalieri", ma, poi, qualcosa lo aveva riportato indietro, ponendolo dinanzi a se stesso.

"Ciao, cavaliere dell’Idra, cosa desideri?", gli aveva domandato una voce, grande confusione vi era nel cuore e nella mente di quel guerriero dai capelli bianchi, ma era certo che alla fine lui stesso aveva risposto: "Potenza". La resurrezione, però, era per Ichi chiarissima, aveva riaperto gli occhi e dinanzi a lui vi erano tre guerrieri dalle nere vestigia, il medesimo colore dello scrigno che apparve dal terreno.

"Questo è per lei, comandante Ichi", esordì uno dei tre, mostrando le vestigia dell’Idra Nera.

Grande era la confusione del cavaliere, di questo era sicuro, ma ancora maggiore fu lo stupore di vedere che quelle nere vestigia si sporcavano lentamente di sangue, un sangue che proveniva dal terreno stesso.

Il cavaliere dell’Idra Nera si fermò, era dinanzi alle grandi porte della sala del trono, ad attenderlo Ban, Geki e Nachi, tutti con le loro Infernali armature nere, "Andiamo, il capo e gli altri ci aspettano al cospetto della nostra signora", ordinò il Nero Lupo.

Ichi sorrise, ora aveva una sola certezza: voleva il potere che quelle vestigia gli avevano fatto assaporare mentre bloccava Camus. Un sorriso si mostrò sulle sue labbra.

Le gigantesche e nere porte si aprirono.

I quattro si trovarono improvvisamente in un ambiente silenzioso, capirono subito che era un silenzio innaturale, causato dalla loro presenza.

I neri demoni risorti si guardarono intorno: sullo sfondo, incatenata ad un altare, vi era Shaina, ancora coperta dalle proprie vestigia dell’Ofiuco, o da ciò che ne rimaneva dopo lo scontro con il Dragone di Giada.

Sotto l’altare si trovava la dea dell’Ingiustizia seduta sul proprio trono, accanto a lei, inginocchiato alla sua destra, i quattro guerrieri neri videro il loro capo: Jabu dell’Unicorno Oscuro, intento ad accarezzarle la mano.

Il quartetto avanzò lungo il corridoio, alla loro destra vi erano i dodici guerrieri d’oro nero, tutti adornati con le proprie vestigia, bellissime ed oscure.

Sairon di Libra Oscuro li salutò chinando il capo, mentre gli altri undici rimasero nelle retrovie, apparentemente intenti a fermare la propria ira.

Un’ira non rivolta ai quattro comandanti oscuri, bensì a coloro che si trovavano sulla sinistra del corridoio, i dodici Runouni.

Shishio del Dragone di Giada e Raizen della Tigre di Smeraldo era in prima fila, faccia a faccia con Sairon, dietro di loro, gli altri guerrieri dalle vestigia verdi, anch’essi intenti a fermare la propria furia.

Nachi ed i suoi compagni non si curarono della rabbia che aleggiava nell’aria, ma si inginocchiarono dinanzi alla loro dea, Ate.

"Miei demoniaci guerrieri, liberate Sairon e Shishio dal dilemma, come dovremmo organizzarci secondo voi? Aspettiamo che i cavalieri di Atena e gli altri invitati sopraggiungano e varchino il muro nero che ho innalzato, oppure li attacchiamo subito?", domandò disinteressata la dea, sorridendo a Jabu e ricambiando la sua carezza.

Nachi, Geki, Ban ed Ichi ridacchiarono dinanzi all’idea che i loro ventiquattro alleati si gettassero contro i cavalieri, "Siete forti", esordì il Lupo Oscuro, voltandosi verso le nere e verdi armate, "ma se i cavalieri di Atena iniziano a combattere sul serio, specialmente nei luoghi a loro noti, voi avrete ben poche possibilità", sogghignò il nero guerriero.

"Ne sei tanto sicuro? Ti ricordo, Nachi del Lupo, che voi siete qui solo perché chi ci comanda lo ha voluto"; replicò Raizen della Tigre, "Quieta i bollenti spiriti, Runouni, se non vuoi che il lupo travolga il felino", ringhiò Black.

"Calmatevi, cavalieri. Siccome sono io la dea che regna in questo luogo, e nessuno su ciò può dire niente, vi ordino di prepararvi a ricevere qui, sull’Isola della Regina Nera, i nostri nemici", tagliò corto la dea, guardando l’altare sulla sua testa.

Il gruppo di guerrieri chinò il capo dinanzi all’ordine della dea, subito Nachi ed Ichi si fecero avanti verso di loro.

"Divideremo le nostre forze nel modo migliore, due di voi, un Black Gold Saint ed un Runouni li attenderanno fuori, al varco, preparandosi ad uno scontro sulla spiaggia stessa, poi, tutti i nostri nemici che sopravvivranno, troveranno il gigantesco bosco che la nostra dea ha progettato per questa battaglia. La maggioranza dei Runouni resteranno qui nel castello, siete i più adatti a difendere questo forte, solo Sairon e tre dei suoi staranno dentro, gli altri fuori da questo luogo. Per quel che riguarda noi quattro ed il nostro comandante Jabu, resteremo qui, vicino al trono della somma dea", tagliò corto Nachi del Lupo Oscuro.

"Bene, generale Nero", replicò Sairon, voltandosi verso i propri soldati, medesimo gesto fecero Shishio e Raizen, scattando verso i loro compagni guerrieri.

Le due armate si divisero, alcuni neri guerrieri si dispersero nella boscaglia, e delle figure si sparsero lungo il castello stesso, infine, due combattenti rimasero ad attendere sulla spiaggia.

Al Grande Tempio, i diversi cavalieri attendevano il ritorno dei quattro compagni incaricati di far riparare le vestigia.

"Dovremo potremo trovare questi nemici?", domandò Endimon del Fagiano, rivolgendosi ai propri alleati, "Non vedo perché dovremmo combattere tutti insieme in questo caso. Non è Urano il nostro nemico, né è certo che siano stati sempre gli stessi guerrieri ad attaccare Knosus ed i vostri compagni, anzi, Pretoriano, i loro compagni. Tu perché sei qui?", incalzò Sed di Vepvet, guardando il proprio interlocutore dalla maschera di Sciacallo.

Il Venus Pretorian avanzò verso l’egizio, "Uomo con la maschera, non credo che tu abbia alcun diritto di parlare. Fin dallo scontro con Urano, per quanto noi due non abbiamo mai avuto modo di parlare, ricordo la tua sfiducia verso l’alleanza fra dei olimpici e voi. Io sono qui a combattere perché, malgrado la mia dea predichi l’amore ed il mio unico compito sia quello di difenderla, ho chiesto personalmente, una volta percepita quest’esplosione di energie cosmiche, di partecipare a questa lotta al fianco di coloro che ci furono alleati e ci salvarono contro il dio del Cielo.

Non ho fatto niente durante la guerra dei cavalieri contro il Signore degli abissi ed i guerrieri scozzesi che lui aveva ingannato, ma adesso, dinanzi a questa nuova minaccia, io, Endimon del Fagiano, aiuterò coloro che salvarono la mia dea contro Leda, il titano parassita", spiegò semplicemente e seccamente il Pretoriano.

Sed ed Endimon si scambiarono uno sguardo, anche se il primo lo osservava dalla nera maschera, "Quietate gli animi, cavalieri", esclamò Odeon del Leone, "l’ira aleggia in questo luogo e spero che sia anche fra i nostri nemici, ma, dovete capire, che per quanto tutti noi siamo sconvolti dagli attacchi che abbiamo subito, o da qualsiasi altra motivazione, in ogni modo, tratteniamo la nostra forza e la rabbia per scatenarla contro i nostri nemici. Io devo chiedere solo una cosa a tutti voi, cavalieri, lasciate a me il Runouni del Dragone", concluse il cavaliere d’oro, i cui occhi sembravano quelli di un vero leone.

Ryo tremò dinanzi a quello sguardo, raramente aveva visto Odeon infuriarsi in quel modo, ma sapeva cosa egli era capace di fare.

In quel medesimo momento, però, riapparvero al Santuario i cosmi dei quattro inviati presso le ancelle di Efesto.

"Bentornati, cavalieri, il vostro viaggio è stato fruttifero?", domandò Koryo di Seiryu, "Si, Beast Keeper, le tre ancelle del dio Fabbro hanno ridato vita a queste vestigia, che più volte hanno conosciuto la morte e la rinascita, sempre per grazia di qualche grande ed abile seguace di Efesto. Dapprima i diversi maestri che fra tutti i nostri ordini erano dispersi, poi l’abile mano di Nifer che guidava i fratelli ed i compagni d’addestramento, quindi queste tre dorate ancelle, molto dobbiamo tutti noi ai seguaci di Efesto", rispose gentilmente Neleo di Hammerfish.

Le diverse custodie furono appoggiate sul terreno, dinanzi ai loro padroni, che le osservarono sorpresi.

"Queste armature sembrano rinate", balbettò sorpreso Freiyr, osservando la cloth del Pittore disporsi sul corpo di Helyss, alla destra di Bifrost.

Le quattro armature dei santi d’argento furono le prime a rianimarsi: il Pavone, la Lira, Cefeo ed il Pittore si disposero sui corpi dei loro padroni, fu poi il turno delle vestigia d’oro, Toro, Cancro, Leone, Vergine, Bilancia, Capricorno ed Acquario, tutte queste armature ripresero il loro posto, sui corpi di chi le aveva conquistate con duri allenamenti.

I Pharaons egizi, Freiyr ed i due god warriors a lui fedeli, Endimon e gli ultimi due Beast Keepers osservavano la scena, mentre anche le clothes degli altri cavalieri riprendevano i propri posti: le scales di Shark e Hammerfish, il Pavone sacro ad Era, l’Avvoltoio difensore dell’Ascia di Ares, il Caduceo consacrato ad Ermes, il Cavallo caro ad Artemide e le Muse di Apollo; tutte tornarono ai loro padroni.

"Ora che siamo pronti alla battaglia, cavalieri, dobbiamo solo sapere dove dirigerci", esordì Esmeria di Suzaku, osservando i diversi guerrieri, "Sagge parole, sorella, ma questo è il più grande dei dilemmi, da dove provengono quei neri guerrieri se non dagli inferi ed i loro alleati verdi?", incalzò Kain di Shark.

"Abbiamo ricevuto notizie veritiere ed utili su questi nemici. Dodici guerrieri neri pari a noi Gold Saints per potenza ed i loro alleati, i Runouni di Giada, altri combattenti incredibilmente potenti e feroci, quindi, cavalieri, possiamo dirvi con una certezza quasi piena, dove potremo trovare questi avversari", esclamò allora Lorgash di Capricorn.

"Dove, santo d’oro?", incalzò Joen del Pavone, "Sull’Isola della Regina Nera", rispose Golia del Toro, immettendosi nel dialogo.

"Il luogo in cui nostro padre ha ricevuto l’investitura?", esclamarono all’unisono Esmeria e Kain, "Si, figli di Ikki, proprio il luogo in cui vostro padre divenne cavaliere, dove egli sottomise i black saints di bronzo e d’argento. In quel periodo ancora non vi erano Black Gold Saints e sinceramente non so chi possa aver trasmesso fra gli alchimisti che lì si nascondono i segreti per sviluppare armature così potenti", affermò il santo del Toro.

"Queste notizie combaciano con ciò che avevo sentito dire una volta dal mio maestro", esclamò Odeon, alzando il capo, "Che intendi, cavaliere?", domandò allora Ryo di Libra.

"Devi sapere, cavaliere della Bilancia, che alcune volte il nostro maestro leggeva dinanzi a noi i testi degli antichi sacerdoti, libri segreti, che, però, lui trattava con disinteresse. Una volta, ricordo, lesse un trattato sull’Isola di Deathqueen, risalente a seicento anni prima. In un periodo di pace si scoprì che alcuni eretici avevano osato creare delle copie nere delle clothes di Atena. Disgustati dall’amore che la dea offriva egualmente a tutti gli esseri viventi, senza onorare loro, che erano i discendenti dei fabbri di Mu, si unirono ad un’altra dea, avversa ad Atena, che gli diede il potere per creare quelle vestigia oscure. Il Grande Sacerdote di quell’epoca mandò un singolo cavaliere ad eliminare quei guerrieri oscuri, il santo della Fenice di allora, ma questi morì durante quella battaglia, cadendo per le troppe ferite ricevute. L’armatura della Fenice rimase custodita in quell’Isola da quella guerra. In molti tentarono di riprenderla, custodendo al medesimo tempo le forze maligne che in quel luogo crescevano, ma riuscirono soltanto ad impazzire. Lentamente quel luogo divenne una prigione dove mandare i peggiori criminali fra i santi stessi, finché vostro padre, Ikki, riuscì a sconfiggere la pazzia che quel luogo trasmetteva, grazie all’aiuto di quelli che poi divennero i semidei della giustizia insieme a lui: Seiya, Shiryu, Hyoga e Shun.

Probabilmente, dopo la partenza di Ikki e la morte di Guilty e dei diversi black saints minori, qualche discendente degli alchimisti ha ridato vita a quell’ordine eretico, ricreando, in un modo ignoto, delle Black Gold Clothes ed alleandosi con i Runouni. Malgrado non capisca chi possa essere così forte da fare ciò", concluse perplesso Odeon.

"Certamente ci sarà un dio dietro a questo piano di distruzione, qualcuno che possa piegare al proprio volere sia i Black Gold Saints, sia i Runouni, sia cinque eroici cavalieri", aggiunse rattristato Camus, pensando a Jabu ed i suoi compagni.

"Ci hanno dato delle notizie anche sulle vestigia demoniache", sussurrò allora Golia, "Si, è vero. Sembra che non siano semplici armature, bensì nere vestigia bagnate da sangue divino, che possono assoggettare anche il più misero dei vizi, rendendo chi le indossa schiavo della propria malignità, anche se questa è nascosta nel più profondo del suo essere. In questo modo la dea dell’Ingiustizia, colei che realmente comanda i Black Saints, ha sottomesso Nachi e gli altri bronze saints", raccontò allora Botan di Cancer.

"Dunque, cavalieri, sono l’Isola della Regina Nera e questa nera Alleanza i nostri avversari?", domandò Jenghis, facendosi avanti verso i propri alleati, "Non solo, berseker, c’è anche la Somma Sacerdotessa di Atene, Shaina, mia maestra, da dover salvare, malgrado non capisca per quale motivo qualche divinità desideri rapirla", ribatté la Gold Saint del Cancro.

"Mi dispiace interrompere i nostri sofismi, ma, cavalieri, credo che la cosa migliore sia muoverci e dirigerci verso il luogo in cui crediamo regni il male, così da debellarlo, liberare colei che Atena ha scelto come proprio oracolo e vendicarci", propose Odeon di Leo.

Nessuno obbiettò contro quella proposta e tutti si mossero alla velocità della luce verso Deathqueen Island, che raggiunsero in poco meno di alcuni secondi.