Premessa: non ho prestato particolare attenzione nella fedeltà al manga/anime, ho preferito interpretare la storia seguendo l’ispirazione del momento. Dopotutto non esiste mai un’unica versione per una leggenda…

Marionettenspieler

 

L’ultima notte

 

Era notte, ma qualcosa nella coscienza del giovane addormentato gli intimava di alzarsi.

Aprì gli occhi. Attese qualche secondo, quindi silenziosamente si alzò e si diresse verso la finestra. Vide un bagliore provenire dall’altura che li sovrastava, quindi un grido, straziante… Fu in quel momento che si rese conto di non trovarsi in piedi affacciato alla finestra, bensì a letto, disteso.

Un sogno. Sognava, eppure era cosciente.

Cercò di muovere un braccio, ma si rese conto che seppur lo vedesse muoversi in realtà era fermo, steso lungo il fianco. Tentò ancora. Nessuno dei muscoli del suo corpo sembrava volergli obbedire. Odiava questo genere di sogni. Odiava il sentirsi in trappola, odiava non riuscire ad essere padrone di sé, non riuscire a compiere quel semplice gesto che è svegliarsi.

Dopo istanti che gli parvero ore, con quello che gli sembrò uno sforzo immane, finalmente aprì gli occhi.

Rimase in ascolto, incerto, non ancora convinto di essere sveglio. Rammentava di aver udito qualcos’altro nel sogno… una voce di donna forse, ma non riusciva a riportarne a galla il ricordo.

Si mise seduto.

Nel letto alla sua destra poteva scorgere la sagoma del fratellino addormentato. Sorrise fra sé al pensiero del suo giovane allievo: aveva fiducia in lui; sarebbe stato grande fra i Cavalieri di Atena.

La notte era fonda ma decise di non tornare a dormire. Dopo pochi minuti uscì dalla casa indossando la tenuta da allenamento.

Rimase fermo, ad occhi chiusi, espandendo leggermente il proprio cosmo, cercando di entrare in armonia con la natura. Fu allora che lo sentì. Un cosmo, spaventosamente potente, che si ergeva nella quiete. Un cosmo quale mai aveva sentito, quasi vi albergassero due volontà contrapposte in perenne scontro. Ma durò un attimo. Improvvisamente come s’era destato scomparve nel silenzio della notte.

Altri cavalieri erano di guardia al Santuario ma sentiva di dover accorrere comunque.

Si chiese se fosse stata la provvidenza ad inviare l’infausto sogno che l’aveva fatto destare.

Non fece tuttavia in tempo a compiere il primo passo che qualcosa lo fermò. Si voltò… Velocemente si diresse verso la stanza che da poco aveva lasciato. Si avvicinò al letto. Il respiro del fratello era regolare, il suo sonno profondo. Si chinò sul fanciullo addormentato e delicatamente gli scostò una ciocca di capelli dorati dal viso; quindi gli sfiorò la fronte con le labbra. Rimase ancora qualche istante a fissare l’indistinta figura del fratello, come a voler incidere quell’istante nella mente. Ed ecco che nuovamente quel cosmo minaccioso si levò…

Aiolos del Sagittario si precipitò fuori dalla casa e corse verso la sacra altura, verso le stanze del Grande Sacerdote. Era il più forte dei Cavalieri: doveva proteggere Atena, o morire nel tentativo.

***

Nel suo letto il giovane Aiolia aprì gli occhi. Gli era sembrato d’aver sentito qualcosa… ma era notte, e la giornata era stata lunga… lunga e stancate… ed era solo un ragazzo… e i suoi occhi si chiusero riportandolo nella terra di Morfeo.

***

Il giovane uomo era in ginocchio sul freddo marmo, chino in avanti.

Stremato, come chi abbia combattuto contro cento nemici, aveva il corpo a tratti scosso da tremori, il respiro affannoso.

La mano sinistra, simile a terribile artiglio, teneva intrappolato il polso destro. Stretto, terribilmente stretto, quasi volesse cavarsi a forza la mano gemella. Il suo corpo era teso, rigido… lo sguardo un misto di terrore, incredulità e disperazione.

Mai nella sua vita aveva immaginato di poter combatter contro un simile nemico; mai nei sui incubi più neri aveva affrontato un terrore più grande.

Era dunque inevitabile la sconfitta? No. In cuor suo fin dal primo istante aveva saputo cosa avrebbe dovuto fare.

Quanto amaro constatare ora che lui aveva ragione. Ma non aveva importanza. Lui era passato.

Cercò di riprendere il controllo di sé. Lentamente lasciò la presa sul polso. Fissò la mano ormai libera, poi un punto più avanti, sul pavimento. Una daga d’oro.

Con fare incerto, quasi ancora non si fidasse del suo proprio corpo, si allungò verso l’arma e la raccolse. La portò al viso e scrutò nella lama i suoi stessi occhi, come a cercarvi qualcosa di nascosto. Diresse la lama verso il collo…

No, non ora!

Una frase. Due voci.

Di nuovo il giovane uomo fu scosso da violenti tremori.

I lunghi capelli, simili a limpido cielo invernale, iniziarono ad impallidire, ingrigirsi, come se improvvise fosche nubi fossero giunte ad annunciare la tormenta.

Il nemico era giunto, ed era forte… oh, se lo era!

Con un ultimo, disperato tentativo, Saga dei Gemelli tentò di ribellarsi al suo più odiato nemico: se stesso.

 

Era ancora in ginocchio, fermo, ansante. Un rivolo di sangue rigava il bianco collo. Si rialzò, a fatica. Aggiustò la lunga veste che l’avvolgeva, poi prese dal vicino tavolo una maschera ed un elmo. Li indossò. Raccolse da terra la daga d’oro e la sistemò fra le pieghe dell’abito. Infine, con passo solenne, uscì dalla stanza e si incamminò lungo un buio corridoio.

***

Era notte, ma non una notte dedicata al riposo per il giovane cavaliere. Era notte di veglia, come molte altre prima di quella, tuttavia era diversa. Lo sentiva. Non avrebbe saputo spiegare il perché, eppure…

Uscì ed osservò il cielo stellato. L’aria notturna sembrò confortarlo.

Shura del Capricorno rientrò nella decima casa e si inginocchiò davanti alla statua della dea.

Era giovane, e inesperto, ed ansioso di dimostrare il suo valore e la sua lealtà.

***

Aiolos del Sagittario sentì il cosmo che l’aveva turbato provenire dalle stanze della dea bambina. Entrò, pronto a combattere qualunque ignoto nemico.

Ma non era ignoto…

Con la nuda mano bloccò l’arma che stava per affondare nel corpo della piccina.

Arles. Era forse pazzo?

Prese fra le braccia la piccola, ancora incredulo. Arles, fratello del Grande Sacerdote, voleva uccidere Atena?

Lo colpì. La maschera cadde…

Ma lui era…

Un colpo partì alla sua volta, un colpo degno di un cavaliere d’oro. Non c’era tempo, doveva proteggerla. Fuggì.

***

Saga dei Gemelli indossò nuovamente la maschera.

Aiolos sapeva. Ma Aiolos era fuggito, aveva rapito Atena… era colpevole.

Tradimento!

***

Tradimento!

Aiolos ha tradito!

Shura del Capricorno indossò elmo e mantello. Nuovamente si inginocchiò alla dea, quindi sparì nella notte.

***

Il cavaliere della nona casa correva tenendo la bimba fra le braccia. Sulle spalle portava lo scrigno dorato del Sagittario.

Dove avrebbe potuto nasconderla? Dove tenerla al sicuro, fino a che la verità non fosse stata svelata e il vero traditore smascherato?

Sciocco. Uno solo era il luogo: la Cina; dal vecchio maestro, antico cavaliere della Bilancia. Sì, laggiù Atena sarebbe stata al sicuro.

Non era molto, eppure quel pensiero recò un po’ di sollievo al suo animo tormentato. Un sollievo che durò poco.

Fin’ora solo soldati ordinari avevano tentato di sbarrargli la strada, ma uno più forte stava giungendo…

***

Shura del Capricorno trovò Aiolos del Sagittario lungo la strada rocciosa che conduceva all’esterno del Santuario. Nessun dubbio: nessuna esitazione lo avrebbe sfiorato. Nessuna pietà per il traditore. Era giusto, e fedele, e ancora troppo puro per sospettare l’inganno.

***

Aiolos lasciò la bimba in un luogo sicuro.

La spada sacra, Excalibur divina fatta di luce, lo colpì in pieno.

Indossò le sacre vestigia. Non avrebbe voluto. Non era un nemico.

Il colpo mandò in frantumi la roccia sotto i piedi dell’avversario e lo scaraventò a terra.

Poteva prendere Atena e fuggire… ma dov’era Atena?

La piccola aveva lasciato il riparo, ed ora stava vicino al cavaliere della decima casa.

Non avrebbe potuto colpirlo… non avrebbe dovuto mancarlo…

La spada di Atena, da lei donata al più fedele, colpì il cavaliere del Sagittario in mille lampi di luce e lo fece precipitare oltre una ripida rupe.

***

Il vincitore fissò assorto il punto oltre il quale era scomparso il passato compagno, quindi si voltò verso l’infante.

Per un lunghissimo, folle istante il cavaliere più fedele ad Atena alzò la mano per colpire la piccola. Poi la ritrasse.

Shura del Capricorno voltò le spalle alla sua dea e prese la via del Santuario.

***

Il fanciullo si destò all’improvviso. Era solo. Qualcosa di grave era accaduto.

Simile a una morsa l’angoscia iniziò a stringergli il petto… perché? Aiolos era il più forte e valente fra i cavalieri di Atena, non v’era motivo di temere.

Un gruppo di soldati irruppe nella stanza. Che volevano? Cercavano Aiolos. Ma perché? Cos’era accaduto? Aveva tradito.

Tradito. Aiolos aveva tradito.

Il giovane Aiolia scappò dalla stanza, disperato; senza meta… senza guida…

***

In fondo alla rupe Aiolos cercò in sé la forza di rialzarsi. Per il bene di Atena; per il bene della Terra; lentamente iniziò la risalita.

Sollevato, trovò la bimba sul luogo dello scontro, salva. Tolse l’armatura e la prese nuovamente fra

le braccia.

Alla luce della rossa aurora voltò le spalle al Santuario e si diresse verso le antiche rovine di Atene.

Continuò ad avanzare, silenzioso, il leggero fardello sempre più pesante; le cinghie sulle spalle sempre più taglienti. Non sperava più di raggiungere la Cina, non sperava più di vedere un’altra aurora, ma dentro di sé pregava. Pregava che la divina provvidenza in qualche modo lo aiutasse.

Le gambe gli cedettero. Provò a rialzarsi ma capì che Thanatos era infine giunto a prenderlo. Fu allora che vide un uomo avvicinarsi. Uno straniero.

Era la cosa giusta? Sì, lo sentiva; e comunque non c’era più tempo ormai.

Gli narrò ogni cosa: di Atena, dei cavalieri, e di quanto accaduto quella notte. Infine gli affidò la piccola e le sacre vestigia.

***

Mitsumasa Kido fissava incredulo lo strano guerriero uscito dai tempi del mito. Non riusciva a comprendere appieno quello che stava accettando, eppure sapeva che era giusto; che era quello il suo fato; quello lo scopo per cui era nato.

***

Aiolos posò un’ultima volta lo sguardo su colei per cui aveva dato la vita. Il suo destino era salvare Atena. Si era compiuto.

Chiuse gli occhi. Nessuna paura, nessuna angoscia… una profonda sensazione di pace colmava il suo spirito. Un cosmo caldo e brillante sembrava cullarlo. Sorrise. Non era Thanatos che lo prendeva per mano in quel momento…

***

Aiolia, futuro cavaliere del Leone, si trovava su una delle tante alture che circondavano il Santuario.

Solo dopo qualche istante capì che il terribile grido che gli feriva le orecchie fuoriusciva dalle sue labbra.

Cadde in ginocchio. E pianse.

***

Nella tredicesima casa, Saga dei Gemelli sorrise.

Aiolos del Sagittario non era più.

Nessuno la vide. Nascosta, una limpida lacrima brillava sul viso dell’angelo traditore.