Le stelle illuminano la Quarta Casa

 

"Ti chiedi ancora quanto abbiamo dovuto soffrire per ottenere il perdono della Madre, Aphrodite?"

I due Santi Dorati erano la, seduti sulla scalinata del quarto Tempio dedicato alla custodia del segno del Cancro; la serata era perfetta, le poche stelle nitide nel cielo illuminavano i lineamenti dei volti di quegli uomini, di quegli eroi. La brezza appena fresca della sera carezzava il perfetto viso del cavaliere dei Pesci, mentre Deathmask, socchiudendo gli occhi appena, si lasciava cullare dalla voce di terre lontane che, nel vento, riusciva perfettamente a percepire. L’Ultimo Custode annuì, godendosi ancora quel piccolo Eolo fresco sulle gote, socchiudendo anch’esso gli occhi profondi come il mare come a cercare dentro di se una risposta che si addicesse più possibile alla domanda, magari sconfortante, del cavaliere d’Oro suo amico.

"Si cavaliere, ogni tanto ci penso ancora. Sebbene il nostro cammino sia stato irto di pericoli e di prove, mi chiedo se siamo davvero riusciti a riscattarci dal nostro cieco stato d’animo d’un tempo…"

Le labbra carnose e piene di vita di Aphrodite si muovevano in modo da far uscire una voce calma, pacata e sensuale, la stessa voce che il cavaliere del Cancro conosceva meglio di qualsiasi altro custode d’Athena. Loro avevano sofferto in silenzio, loro avevano superato la prova di Hades, fingendosene soldati… sapendo in piena coscienza di finire uccisi, ma dovendo permettere di porre fine alla guerra che si era scatenata.

Ormai da anni il Grande Tempio taceva, l’Ordine era stato ristabilito, i Custodi Dorati riportati dal Padre Celeste a nuova vita, la loro Madre, Athena, vegliava dalle sale del Tempio ultimo su tutta l’umanità… nessuna guerra era in corso, nessuna guerra si sarebbe combattuta di li in avanti, almeno finché le stelle non avessero deciso il contrario.

"già… un tempo…"

Furono solo queste le parole di Deathmask quando si alzò per accomodarsi un po’ più vicino al suo amico, il quale, era come se lo stesse aspettando. Il cavaliere del Cancro non era solito a questi usi, ma Aphrodite forse lo conosceva meglio di ogni altra persona e in cuor suo sapeva che questo gesto così naturale, lo avrebbe portato a scoprirlo ancora di più. Fu per questo motivo che socchiuse delicatamente le labbra a formare per lui un sorriso, come ad invitarlo a non rinnegare la sua scelta, come a volerlo ascoltare con testimone tutte le stelle del firmamento. Ed egli si sedette alla fine, a fianco del suo compagno di battaglia… del suo amico più fidato.

"Dimmi cavaliere, di quel tempo che rimembri, cos’è che più ti ha scosso?"

La domanda del Santo dei Pesci pareva diretta come uno dei migliori colpi proibiti, ma sapeva bene nel suo animo di uomo che non avrebbe trovato nessun ostacolo nel cavaliere del Cancro, forse era tempo per lui di far uscire tutte quelle parole che si era tenuto saldamente nel cuore:

"La mia arroganza Aphrodite… il mio desiderio di falsa giustizia, la convinzione che chi avesse il potere di comandare l’Alta Casta dei guerrieri Dorati fosse indubbiamente nel giusto…"

"Ma così non è stato…"

"No amico mio, così non è stato. Sono stato fatto Cavaliere d’Oro del Cancro col sacrificio nella bocca fumante di Vesuvio del mio stesso sangue. Io, che non ero destinato a questo ruolo…"

Il viso di Deathmask si fece più cupo e si portò una mano alla fronte, mentre l’altro braccio era posato sulle sue ginocchia. Il cavaliere dell’ultima Casa non sapeva ne aveva mai saputo come i suoi pari fossero divenuti cavalieri d’Oro; sapeva che quell’uomo che aveva a fianco stava per svelargli la parte più nascosta della sua vita, quella che anch’egli teneva rilegata nel profondo della prigione dei suoi ricordi.

"Cosa successe allora, se lo posso chiedere cavaliere?"

Il Santo del Cancro scostò la mano e lo guardò con uno sguardo incredibilmente umano per lui, poco dopo riprese a guardare verso la stella di Sirio che illuminava il suo viso facendo risaltare la luce del pentimento nei suoi occhi e la sua voglia di essere capito come uomo soltanto.

"Mio fratello perse la vita cercando di impedirmi di diventare cavaliere d’Oro…"

Lo sguardo di Aphrodite s’incupì, cosa poteva esserci di così spaventoso nel diventare un cavaliere di poteri così totali e di servire per la vita Athena e la giustizia? Egli male interpretò la frase appena detta è aggiunse:

"Ma come te lo impedì? Era forse anche lui destinato all’investitura?"

"No egli non lo era…mio fratello ha sempre sostenuto che quell’armatura plagiasse le menti di chi la indossava, diceva che l’armatura d’oro del Cancro cercava sempre nuove vittime, e che solo il più saldo di cuore l’avrebbe potuta indossare senza subirne le conseguenze…"

Aphrodite rimase per un attimo sconvolto, anch’egli indossava le Sacre Vesti, e lui stesso era cosciente del fatto che le armature avessero vita propria. Ma da qui a plagiarne le menti, probabilmente c’era qualcosa che non tornava, ma il Santo della quarta casa continuò:

"Ti starai chiedendo come avesse fatto a saperlo immagino…"

"Infatti Deathmask, è la prima cosa a cui ho pensato, non te lo nego…"

Il cavaliere si rialzò, ma senza perdere lo sguardo che lo legava alla volta celeste.

"Egli era cavaliere d’Oro del Cancro prima di me, egli doveva ricoprire la tutela di questo Tempio."

Il Santo dei Pesci scattò in piedi; come poteva essere? Mai nella storia un’armatura era passata di fratello in fratello, se non che ne avesse memoria, successe a Kanon su volere di Athena e Saga.

"E’ forse stato il suo desiderio di non vederti cavaliere, per via delle Vesti che l’hanno portato al sacrificio?"

"No amico mio, nostro padre aveva scelto, sotto l’ordine di Shion come Grande Sacerdote, che mio fratello sarebbe stato il custode di questo Tempio dove ora siamo seduti. Questo soprattutto per la sua lealtà verso la Giustizia fatta Athena… in realtà, l’armatura del Cancro amplifica il senso maggiore a cui una persona è legata a differenza di tutte le altre."

Il Santo dei Pesci fece una smorfia di incomprensione, le parole del cavaliere suo amico gli suonavano ora come una nuova di cui egli era completamente all’oscuro.

"Spiegati meglio te ne prego"

Il cavaliere riabbassò lo sguardo, e tornò a sedere, ma senza degnare di uno sguardo nemmeno il suo compagno. Prese per un attimo un lungo respiro, come se in quella boccata d’aria ci fossero tutte le parole che mai avesse pronunciato e continuò:

"Le vesti del Cancro sono fatte così, hanno il potere di essere il Caronte per Ade, ma ad un prezzo: esse sono in grado di plagiare si la mente, ma soltanto del desiderio più grande che possiede il cavaliere che le indossa. Mio fratello amava la giustizia sopra ogni cosa, e per questo l’armatura lo protesse in ogni battaglia… poi cominciò a vacillare, la prima volta che venne ferito, e a non credere più nelle sue capacità… il suo desiderio principale era diventato la vendetta per la sconfitta subita, sconfitta che si può chiamare tale perché l’incontro venne sospeso dall’arrivo di nostro padre e quel nemico, che forse avrebbe perso in battaglia, sarebbe forse caduto… l’armatura del Cancro rimase impregnata di questo suo nuovo desiderio… ma egli non se ne accorse e cominciò in cuor suo a cambiare… le battaglie che combatteva non le affrontava per Athena, ma per se stesso, per dimostrarsi che era stato un caso l’essere stato colpito, che lui che era il cavaliere di più alto rango non poteva avere subito un torto simile… fino a che…"

Aphrodite lo stava incredulamente ascoltando, che magnifici poteri poteva celare quell’armatura, ma non ci pensò molto poiché Deathmask finì quella frase lasciata alle braccia di Eolo per essere trasportata al suo orecchio…

"… lo uccisi in battaglia io stesso nel Vesuvio, un antico vulcano situato nel mio paese natale: l’Italia. Nostro padre si accorse della sua sete di vendetta e l’armatura, alimentata da questo suo ardore, gli conferiva ancora più capacità… doveva essere fermato, ed io ero l’unico a poterlo fare allora, avevamo seguito il medesimo addestramento… aspettai l’occasione per colpirlo, lottammo aspramente... e poi…"

Gli occhi del Santo si velarono di un pianto antico, ma senza permettere che le lacrime gli solcassero le gote, Deathmask era cosciente di rivelare al suo amico ora la verità che per molti anni si era portata seco.

"… poi egli rinsavì. Stava avendo la meglio su di me, sarei di certo trapassato se mi avesse colpito, ma nello sferrare il suo colpo si trattenne per una frazione di secondo, mentre il mio colpo andava a bersaglio sicuro. In quell’attimo i suoi occhi non erano più assetati di sangue, in quell’attimo c’era la voglia di mettere fine a ciò di cui ora aveva più timore: se stesso."

L’Ultimo custode lo stava ascoltando con interesse e passione, non aveva mai visto il cavaliere del Cancro così umano, così disposto a lasciarsi andare ora… così fragilmente uomo, egli, che era uno dei più temuti per spirito battagliero. Chiese soltanto:

"Egli dunque lo fece di proposito?"

"Si Aphrodite, egli si fece colpire, e con quel colpo espiò il suo dolore e tutto ciò che aveva provocato. Colpendolo mi accorsi che l’armatura che lo proteggeva non era più su di lui, ma si era disposta a segno poco distante… egli se ne liberò o forse essa lo fece di sua volontà, cercando di proposito la morte… ricordo che le sue parole furono queste:

"Con la mia dipartita mi rimetto alle braccia di Athena, ma ti prego fratello, non indossare quell’armatura e non andare al Grande Tempio… lasciala qui, incustodita per sempre…"

"Detto questo mi sorrise, di un sorriso che avrebbe piegato mille lance, un sorriso vero, che non ho ricordi nella mia vita di avere mai visto. Solo ora mi rendo conto di quanto volesse proteggermi con quel gesto."

Deathmask tornò a fissare la stella solitaria di Sirio, sorridendo, ricordando suo fratello e il gesto di profondo amore ed umanità che egli fece per lui. Ma poco dopo continuò:

"Ma non mantenei ciò che mi chiese, il suo corpo cadde nella bocca di Vesuvio ed io rimasi attonito e stupito, poiché, di loro spontanea volontà, le vesti del Cancro si disposero sul mio corpo, e in quel mentre divenni cavaliere d’Oro."

Aphrodite gli si fece più accanto e mise un braccio sulle spalle possenti di Deathmask, il quale non fece una smorfia ma apprezzò infinitamente quel gesto di amicizia fraterna. Sospirò per un istante ancora e continuò senza indugiare:

"Contro il volere di mio fratello andai in Grecia e mi presentai al cospetto del Grande Sacerdote, ricordo bene che fui io l’ultimo ad arrivare della Dorata Casta."

"Così come io ne fui il primo, ricordo bene il vostro arrivo."

Deathmask si voltò e trovò un sorriso ad attenderlo, non scostò il braccio di Aphrodite dalle spalle, al momento sentiva un grande conforto; quindi si rivoltò verso Sirio e continuò:

"già… pensavo di trovare un ambiente diverso nelle sale del Tempio Ultimo, invece il Grande Sacerdote mi diede missioni su missioni per uccidere gli "infedeli" come li chiamava lui, pensavo che questi compiti che mi elargiva Arles, così si fece chiamare il Celebrante al mio arrivo, non fossero mai da contraddire, in fondo egli era un Oracolo… ed essi provenivano da Athena stessa, in più era molto diverso dall’uomo che ordinò l’investitura a mio fratello… ed io mi ritrovai, mio malgrado, ad essere nulla più che un mero assassino ma senza mai rendermene conto. Per questo, il mio desiderio di giustizia fu sconvolto e plagiato, e l’armatura trasformò l’obbedienza dovuta ad Arles con il sangue delle vittime, che, forse, potevano anche essere innocenti. Io che tra tutti sono il Caronte per Ade, ho avuto sempre a cuore la morte, e la Nera Notte ha avuto a cuore me. L’armatura quindi amplificò in me il senso omicida invece che il senso di giustizia… ma per fortuna tutto ha avuto una fine."

Il Santo dei Pesci lo ascoltava come se sentisse parlare di terre lontane, quale splendido cavaliere era il suo compagno, quali poteri aveva e quali terribili rimorsi ora che riconosceva a se stesso di non essere mai stato un uomo o un esempio da seguire. Ed egli, ormai immerso nella sua storia chiese:

"Tutto finì quando i cavalieri di bronzo arrivarono in Grecia?"

"Si cavaliere, tutto finì grazie a Shiryu quando venne per duellare dentro le fredde ed angoscianti mura di questo Tempio. Combattemmo strenuamente, ed egli cercò in più modi di colpire l’armatura d’Oro convincendosi che ella mi avrebbe abbandonato…"

"Un pazzo quindi?"

"No Aphrodite, invece il Dragone aveva capito, ed ottenne dalle vesti del Cancro il suo favore. Essa si staccò da me proprio nell’impeto della battaglia, così come successe a mio fratello e si dispose a segno a terra mentre Shiryu mi colpiva a morte."

"E come credi che possa essere accaduto cavaliere?"

Deathmask sorrise chinando la testa e socchiudendo gli occhi, ora che era davvero il cavaliere d’Oro che voleva, riconobbe il perché dell’accaduto e lo spiegò al Santo dei Pesci.

"L’armatura aveva riconosciuto nel Dragone la Giustizia e la devozione alla Madre, non si staccò da me per mie colpe o perché non fossi degno di portarla, ma si staccò per essere indossata da quello che lei aveva sentito essere un degno cavaliere d’oro del Cancro… Shiryu stesso."

"Quindi dici che Shiryu in quel momento poteva divenire cavaliere d’Oro?"

"Si Aphrodite, se egli avesse voluto lo sarebbe diventato proprio in quel momento, poiché l’armatura aveva sentito il richiamo assoluto di Athena nel cuore del Dragone, le Vesti del Cancro erano tornate ad obbedire all’unica Dea che era schierata con i cavalieri di bronzo, la Madre stessa."

I due si guardarono, e mentre il Santo dei Pesci era quasi sconvolto, trovò in Deathmask un sorriso di compiacimento. Aveva riconosciuto i suoi errori il cavaliere del Cancro, ed ora era più sollevato sapendo che Aphrodite avrebbe gelosamente custodito ogni singola parola che quella notte gli aveva portato nell’animo.

Il Simposio dei cavalieri riportati in vita per volere di Zeus sarebbe cominciato di li a poco, ma i due dovevano ancora dirsi molto riguardo il loro passato, così Aphrodite, sia per voglia di eguagliare le parole di Deathmask, sia per confidare in lui e dimostrargli tutta la sua fiducia disse:

"Ebbene io pure scelsi, dopo il combattimento con Shun, di pagare le colpe di una cieca obbedienza, tramando contro Hades e risorgendo come Spectre assieme agli altri, te compreso amico mio. Credo che nella mia vita da cavaliere abbia solo dovuto obbedire ciecamente. Non riconobbi Athena al fianco del Santo di Andromeda, ma riposi cieca fiducia in Arles."

"Io credo che il motivo della nostra scelta sia simile per tutti. Tutti noi cavalieri abbiamo avuto il modo di vedere in noi la nostra vita scorrere con gli occhi della Madre. Tutti noi caduti ci siamo resi conto che la minaccia del signore di Ade fosse troppo anche per chi sarebbe rimasto a combattere in vita. Avremmo tutti avuto la scelta di non intrometterci, sapevamo di essere infinitamente più deboli sotto l’influsso di Hades, eppure…"

Continuò l’Ultimo Custode:

"… eppure l’abbiamo fatto in piena coscienza, e , per una volta soltanto nella nostra vita di uomini, mai scelta fu più giusta come espiazione delle nostre colpe. Ed è forse anche per questo che oggi, possiamo parlarne davanti a questa magnifica Volta Celeste non credi?"

"Si Aphrodite, forse hai ragione…"

I due si alzarono e si guardarono negl’occhi, ora come non mai si sentivano sollevati, e soprattutto Deathmask aveva la convinzione di aver trovato un ottimo amico in quel tempo di pace. Si avviarono verso il Simposio senza più proferire parola, ma con il sorriso innocente di due ragazzini, essi erano ora uomini veri e, nel loro animo, sicuramente fieri di esserlo di fronte a loro stessi e di fronte alla Madre Athena.