Capitolo V

OSCURE TRAME

Kharax si ritrovò in un sotterraneo umido e freddo. Si guardò intorno e vide nicchie chiuse da sbarre, catene e ceppi. Un po' confuso, fissò Sorush con sguardo interrogativo e chiese: "Che posto è mai questo?"

Il Sacerdote di Nergal accennò un sorriso e rispose: "E' il posto più sicuro del mondo. Siamo nella prigione sotterranea di una villa tardo-romana in rovina. E' protetta da una barriera che impedisce di rilevare il cosmo, quindi non devi preoccuparti, qui nessuno ti troverà".

Kharax aveva notato il tavolo e soprattutto lo scrigno ed il grosso volume che vi erano poggiati sopra. Si avvicinò per osservarli meglio, ma il gesto sembrò infastidire Sorush che, per distoglierlo dalla sua molesta curiosità, iniziò ad interrogarlo:

"Non mi hai ancora spiegato come fai a conoscere così bene i Cavalieri di Atena. Eri forse uno di loro? Il tuo cosmo sembrerebbe indicare di sì".

L'uomo rise, abbassando il capo: "Sì, ero uno di loro, molto tempo fa. Ero un Cavaliere d'Argento, Kharax di Crater, ma venni condannato a morte e abbandonai l'armatura".

Sorush ascoltò quelle parole con attenzione, ma rimase un po' scettico: "Che cosa? Perché mai saresti stato condannato e avresti abbandonato l'armatura che indossavi?"

"All'inizio, come tutti i miei compagni, avevo piena fiducia nel piano di Atena, ma poi mi accorsi della realtà: per quanto l'uomo tema gli dei e la morte, il vizio, l'avidità, l'utile e l'interesse dominano prepotentemente il suo cuore. Ho visto persone piangere e disperarsi di fronte alla falce del tristo mietitore, ma quando la salvezza è giunta insperata e le ha trascinate via dal baratro della morte, l'infida malvagità del loro animo è riaffiorata.

In tanti secoli di guerre, Atena non ha fatto altro che sacrificare innumerevoli Cavalieri sull'altare di una falsa giustizia per poi lasciare il mondo nelle mani corrotte degli uomini. Non si è mai erta a giudice o a sovrana della Terra, ha sempre sperato che l'uomo comprendesse i propri errori e cambiasse. Ma la sua è stata pura inavvedutezza! L'uomo non cambierà mai, perché il suo cuore è traviato e debole, troppo vacillante per potersi indirizzare verso la giustizia!

Quando i miei occhi si aprirono e la realtà delle cose mi apparve finalmente chiara, decisi di non seguire più le sciocche regole imposte da una dea incapace di mettere da parte il suo smodato amore per l'umanità in nome della sua autorità divina. Iniziai così ad imporre il mio ruolo di Cavaliere sugli altri, punendo con la morte tutti coloro che non si comportavano secondo giustizia! Non m'importava che fossero donne, bambini o vecchi: chi non seguiva i principi della giustizia andava eliminato!

Ad Alexer, però, non sfuggiva niente e fu così che venni catturato, imprigionato e processato. L'esecuzione della pena era stata affidata ad un mio compagno d'armi, Alsam. Avrebbe dovuto usare armi convenzionali e non i poteri del cosmo. Fui legato ad un albero dalle guardie che ci scortavano per attestare l'avvenuta esecuzione. Alsam era versato nel tiro con l'arco, era Cavaliere di Sagitta e mio parigrado. Mi scagliò contro un'intera faretra, gli occhi pieni di lacrime ed il volto contratto dalla rabbia.

Le frecce colpirono con precisione i punti indicati dall'arciere. Il dolore era talmente lancinante che il mio corpo non resse più e svenni. Il mio cosmo si affievolì fino a diventare impercettibile, Alsam pensò che fossi morto e si allontanò accompagnato dalle guardie.

Mi risvegliai qualche giorno più tardi in casa di un falegname, accudito dalle cure di sua figlia, nei cui occhi rividi per un attimo la famiglia che ero stato costretto a lasciare.

Alsam non aveva colpito punti vitali, di proposito. Sperava che morissi dissanguato, non voleva vivere col fardello di aver ucciso un amico, seppure meritevole di punizione.

Ora è giunto il momento che la custodia della Terra passi ad un dio che sappia usare il pugno di ferro e spazzi via per sempre il ricordo di Atena e delle sue schiere! Metterò al tuo servizio tutta la mia conoscenza sul Grande Tempio. Ho ancora degli amici a Rodorio che potrebbero aiutarci a realizzare il progetto di conquista di Nergal, il tuo dio!", raccontò Kharax, ripercorrendo con la mente il suo triste passato e dichiarando senza remore le sue convinzioni.

"Capisco", esclamò Sorush, riflettendo sulla storia che aveva appena udito. "E che ne è stato del tuo compagno Cavaliere?", chiese poi, mosso da un insolito interesse.

L'ex Cavaliere lo guardò con aria compiaciuta e rispose: "L'ho ammazzato! Un anno dopo la mia esecuzione lo intravidi ad Atene, dove era stato mandato a controllare i movimenti dello stratega dell'Ellade, accusato da molti di violare regolarmente la stipula firmata dall'Imperatore e dal Sommo Sacerdote.

Lo sgozzai in un vicolo. Tutti credettero che fosse stata opera di una banda di briganti che infestava la città. Un Cavaliere può combattere ed uccidere solo secondo il principio di giustizia, cioè a parità di armi e condizioni; ed Alsam era un guerriero ligio alle regole, ma poco intelligente: non avrebbe mai ucciso un uomo armato di pugnale!"

Dopo queste parole ci fu un attimo di silenzio. Sorush sembrava assorto nel ponderare quella storia. Kharax prese l'occasione per togliersi un dubbio: aveva notato, nel corso della loro prima conversazione, una certa inquietudine sul volto del Sacerdote nel percepire il cosmo del Cavaliere di Virgo e nel sentire della straordinaria forza dei custodi dorati. Così, con aria disinvolta e schietta, gli rivolse la parola: "Ho scorto una certa inquietudine nel tuo volto la prima volta che abbiamo parlato. Temi che i Cavalieri d'Oro possano spezzare le ambizioni del tuo dio? O c'è dell'altro che non mi hai ancora detto, Sorush? Credo di essermi guadagnato la tua fiducia, no?"

Sorush si girò verso di lui. Era difficile leggere l'espressione sul suo volto, mezzo coperto dall'ampio cappuccio. Tuttavia, Kharax avvertì un leggero disagio nei movimenti dell'uomo. Il Sacerdote rifletté sulla necessità di rivelare un segreto che avrebbe potuto nuocere ai piani del suo signore e sull'utilità delle informazioni che quell'uomo poteva fornirgli, aiutandolo a formulare una strategia vincente. Alla fine, dopo un'attenta riflessione, decise di metterlo a parte di quel segreto.

"C'è una profezia che annuncia la definitiva caduta di Nergal per mano di "colui che dal destino ha ricevuto in dono vile sangue e sacra linfa". Il cosmo di quel Cavaliere e la potenza dei dorati custodi di cui mi hai parlato mi hanno fatto sorgere il dubbio che uno di loro potesse essere l'avversario del signore di Irkalla decretato dal fato!", raccontò Sorush con tono grave e preoccupato.

"Vile sangue e sacra linfa, hai detto?", domandò Kharax, incuriosito dalle strane parole che aveva udito. Sorush si avvicinò al grosso volume adagiato sul tavolo e ne aprì le ultime pagine.

"Nelle vene di colui che dovrebbe sconfiggere Nergal scorre sia sangue umano che ichor divino", spiegò il Sacerdote, chiudendo il libro e riappoggiandolo sul tavolo.

"Vuoi dire che soltanto un semidio può annientarlo? Se è così, allora la vittoria è già assicurata! Nel corso dei secoli i Cavalieri hanno raggiunto vette di potenza inaudite, ma gli dei sono sempre stati sconfitti grazie all'aiuto di Atena o di miracoli. I custodi della sesta casa sono quanto di più vicino ad un dio il Grande Tempio possa vantare, ma restano pur sempre semplici esseri umani!", lo rassicurò Kharax, ridendo delle ansie infondate che lo attanagliavano.

"Non ne sono così convinto", replicò Sorush. Poi si avvicinò allo scrigno, da cui provenivano bagliori multicolori. "Questo è il Nabhatum Durik, lo Scrigno dell'Eternità, una prigione inviolabile. E' da tempo immemore che incatena l'anima e il corpo di Nergal e dei suoi demoni. Tuttavia, circa mille anni fa gli antichi Sacerdoti miei antenati persuasero il dio egizio Onuris, che aveva mire di dominio sulla Terra, a risvegliare il loro signore ed a farsi aiutare nella guerra contro Atena. Il dio accettò e versò il suo sangue divino sullo scrigno. Soltanto un nume celeste poteva liberarlo dall'eterna condanna comminatagli. I sigilli dello scrigno furono spezzati, ma Nergal aveva bisogno di tempo per tornare a nuova vita.

Nel frattempo, Onuris venne sconfitto ed Atena si accorse dell'aura oscura che si stava risvegliando, così cercò di rintracciarla, scortata da due Cavalieri. Trovò il luogo dov'era conservato lo scrigno e tentò di sventare la minaccia di un nuovo conflitto con i sigilli intrisi del suo sangue. Ma essi non ebbero alcun effetto, anzi sembravano accelerare il processo di risveglio del signore di Irkalla. Fu così che i Cavalieri di Leo e di Scorpius che l'accompagnavano bagnarono del loro sangue lo scrigno, come ultimo tentativo per evitare l'ennesima guerra. Il loro sforzo ebbe successo, anche se richiese la loro vita. Nergal sprofondò di nuovo in un lungo sonno. Atena fece seppellire lo scrigno ed il tempio in cui si trovava, ma un Sacerdote che aveva assistito alla scena riuscì a recuperarlo ed a tramandarlo fino a me. Tornata al Grande Tempio, la dea interrogò l'oracolo di Delfi, che predisse il ritorno di quella minaccia dopo mille anni e la sua definitiva disfatta per mano di un emissario divino.

Fra non molto i mille anni si compiranno e il mio signore tornerà per reclamare il dominio dell'universo, ma se apparisse colui che è destinato ad affrontarlo tutti i suoi piani svanirebbero!", spiegò con voce cupa e inquieta il Sacerdote.

L'ex Cavaliere di Crater aggrottò la fronte, fissando un punto nel vuoto. Se le parole di Sorush erano veritiere e questo fantomatico semidio era davvero destinato ad apparire, la situazione poteva prendere pieghe inaspettate e forse aiutarlo a realizzare il sogno che coltivava ormai da molti anni.

"Nel caso giungesse, potresti sempre inviare un demone ad eliminarlo, no?", propose poi, rilassando lo sguardo e fissandolo in attesa di un suo cenno d'assenso, che, però, non arrivò.

Sorush si sedette sulla piccola seggiola posta dietro il tavolo, giunse le mani ed abbassando il capo replicò: "Non è così semplice. Nessun demone avrebbe il potere necessario a sconfiggerlo, soprattutto i Sabitti, che sono soltanto forze ausiliarie di Nergal".

"I Sabitti?", chiese Kharax, un po' deluso dalla risposta del Sacerdote e confuso dal nome con cui aveva chiamato i demoni.

"I demoni che hanno combattuto finora e che al momento posso richiamare dal sonno eterno sono i Sabitti, i quarantanove demoni elementali suddivisi in sette schiere, a seconda dell'elemento che padroneggiano. Le sette schiere sono comandate dai Guardiani, gli Utukki, i sette demoni che aiutarono Nergal nella conquista di Irkalla e che si risveglieranno soltanto all'avvento del loro signore", spiegò Sorush, lasciando l'ex Cavaliere con l'amaro in bocca.

"Quindi ci sono sette elementi? Interessante", commentò Kharax, un po' disorientato dal discorso del Sacerdote. "Sì!", confermò il servo di Nergal, "Luce, vento, fuoco, fulmine, terra, acqua e ghiaccio sono gli elementi di cui è costituito Irkalla, il regno infernale su cui governa incontrastato Nergal".

"Comunque sia, saremo costretti a vigilare ed a prendere provvedimenti per evitare che questo misterioso semidio giunga ad ostacolare i piani del sovrano di Irkalla", concluse Sorush, fissando lo scrigno che aveva davanti.

"Si potrebbe infiltrare qualcuno a Rodorio, il villaggio situato ai piedi del Grande Tempio", propose d'un tratto l'ex Cavaliere, assecondando un'idea che gli era balenata nella mente.

Sorush lo guardò con interesse, esaminando la proposta dell'alleato, e sotto il cappuccio il suo viso si allargò in un ampio sorriso. "E come penseresti di fare, Kharax? Rodorio è una comunità piccola e chiusa, dove si conoscono tutti. Se uno straniero vi si trasferisse, desterebbe sospetti, non credi?"

"Certo, ma la mia idea era quella di sostituire la spia con un abitante del posto. L'unico problema resterebbe la somiglianza, il modo di parlare e di porsi con gli altri. Tutte queste cose non passerebbero inosservate", spiegò Kharax, che iniziava ad avere dubbi sull'effettiva validità di quell'idea.

Il Sacerdote rise, alzandosi ed avvicinandosi all'ex Cavaliere. "La tua idea potrebbe rivelarsi valida, in effetti. Fra i Sabitti vi è un demone che ha la capacità di mutare forma a suo piacimento. Avevo già intenzione di richiamarlo, ma non sapevo come sfruttarne il potere. Ora, grazie a te, l'ho capito", rivelò, lasciando Kharax piuttosto stupito.

Poi si avvicinò allo scrigno ed iniziò a recitare formule in uno strano idioma. All'ingresso della prigione apparve una figura in ginocchio, avvolta di fiamme che illuminarono le zone in ombra del luogo.

"Lamashtu, primo demone del fuoco è al vostro servizio, nobile Sorush!", disse una voce armoniosa e delicata in tono rispettoso.

La figura si alzò. Indossava un'armatura di colore rosa pallido. L'elmo, a casco, copriva occhi e naso con una maschera dagli occhi viola ed era costituito da placche metalliche sovrapposte che circondavano la calotta cranica. Al centro una cresta sottile e appuntita scendeva fino alla nuca, da cui fluiva una chioma viola che giungeva fino ai piedi.

Il pettorale seguiva le forme sinuose della figura e terminava all'altezza dell'ombelico, coperto da un panno di lino bianco che il demone indossava sotto la corazza. Un largo bavero proteggeva il collo e si apriva a triangolo sul petto, dove il pettorale si rigonfiava per alloggiare i seni del demone.

Le spalle piccole e magre erano protette da coprispalla concavi, composti da due placche metalliche sovrapposte, decorate da triangoli di colore bianco. I bracciali erano stretti ai polsi e si allargavano man mano che risalivano il braccio, terminando in spuntoni aguzzi, collegati fra loro da sottili placche metalliche. Sui coprimani e sugli spuntoni erano presenti altri triangoli di colore bianco.

Il cinturino formava un ampio gonnellino a placche sovrapposte che giungeva sino alle ginocchia. Gli schinieri erano di forma cilindrica, su cui era incastrata una piastra superiore più larga, ornata, al centro, da tre triangoli bianchi.

Non appena Kharax notò le fattezze femminili del demone, esclamò con tono sarcastico e provocatorio: "Non credevo esistessero anche demoni donna!"

Lamashtu lo guardò impassibile e con voce fredda e priva di qualsivoglia emozione, commentò: "Questa che vedi è solo la forma in cui gli dei di Sumer mi imprigionarono ai tempi del mito, ma se preferisci una figura maschile ti accontento subito!"

Puntò la mano destra aperta verso Kharax; piccole scintille si levarono in alto e circondarono l'ex Cavaliere. La forma del demone mutò e il traditore di Atena vide apparirgli davanti un altro se stesso. Un profondo stupore lo colse ed un sorriso stizzito gli si disegnò in volto.

"Davvero impressionante! Ma ti pregherei di riprendere le tue fattezze!", commentò, infastidito dal gioco del demone. Il corpo di Lamashtu tremolò per un attimo e riprese il suo aspetto originario.

Quella dimostrazione non gli era piaciuta. Da quando il suo volto era stato sfregiato non si guardava più nemmeno nel riflesso dell'acqua. Il ricordo di quella ferita lo metteva a disagio.

Sorush si era accorto dell'imbarazzo di cui si era velato il tono ironico e dissacratorio di Kharax e, per smorzare la situazione, disse: "Hai già in mente qualcuno da poter sostituire con Lamashtu?"

L'antico Cavaliere di Crater riprese il suo solito piglio ed accennando un sorriso annuì: "A Rodorio vi è un fornaio di nome Makarios. E' un uomo molto devoto alla causa dei Cavalieri, ma, come tutti gli esseri umani, ha un lato oscuro. Circa tre anni fa sua sorella morì e Makarios fu costretto a prendersi cura di sua nipote, Eyra. Tuttavia, la sua natura turpe e libidinosa ben presto lo divorò: avere una bambina in casa gli suscitava empie voglie e fin da subito costrinse la nipote ad assecondare i suoi abietti desideri, minacciandola di morte qualora avesse rivelato a qualcuno la situazione.

Conobbi Eyra circa un anno e mezzo fa al forno di suo zio, intenta a preparare il pane per gli abitanti del Grande Tempio. All'inizio era una ragazzina diffidente e spaventata, spesso silenziosa e col capo perennemente chino. Col tempo riuscii a vincere le sue paure e mi feci raccontare tutto ciò che le stava accadendo. Piangeva e tremava mentre mi confidava la sua triste storia e si stringeva forte alle mie braccia. Le promisi che l'avrei liberata da quel mostro in cambio d'informazioni sul Grande Tempio. Lei accettò senza esitazioni e mi guardò con occhi colmi di speranza. Finora, però, non ho potuto tener fede alla mia parola. Un omicidio a Rodorio non passerebbe mai inosservato e potrebbe attirare l'attenzione dei Cavalieri. Lamashtu prenderà il posto di Makarios, in modo da non destare allarmi", spiegò Kharax, con una punta di disgusto nella voce nel ricordare le parole di Eyra.

"Mi sembra un ottimo piano: Lamashtu potrà infiltrarsi senza problemi e tu potrai assolvere alla promessa che avevi fatto. Ma sei sicuro che la ragazzina collaborerà?", commentò il Sacerdote.

"Eyra detesta Rodorio e non ha interesse per Atena e i Cavalieri, ci aiuterà senza alcun dubbio", confermò l'antico Cavaliere, sicuro della scelta che aveva fatto.

"Al tramonto, quando le strade di Rodorio si saranno svuotate, metteremo in atto il nostro piano", concluse, ricevendo l'approvazione di Sorush.

Rodorio era ormai deserta. Le torce poste all'esterno delle case illuminavano a tratti le strade sterrate ed indicavano a malapena i percorsi. Sulla strada principale, che tagliava il villaggio praticamente a metà e su cui si aprivano una serie di viottoli semioscuri, quasi a ridosso della piccola piazza, vi era una casa in pietra bianca sul cui uscio vi era un'insegna di legno con la dicitura artopoiós [fornaio].

Kharax e Lamashtu, coperti da ampi mantelli e cappucci, bussarono alla porta. Dall'interno, una voce giovane e timorosa chiese chi venisse a disturbare a quell'ora. L'ex Cavaliere di Crater si fece riconoscere. Si sentì il rumore di una chiave girare nella toppa e l'uscio si aprì completamente.

I due si trovarono davanti una ragazzina dalla folta chioma corvina, lunga fino a metà schiena, dagli occhi grandi color nocciola ed un naso piccolo e lineare. Indossava un'umile veste lunga fino ai piedi di un colore marroncino spento, qui e là costellata da macchie o da aloni bianchi.

"Buonasera, Eyra, possiamo entrare?", chiese Kharax con voce dolce e rassicurante. La ragazza annuì e si spostò per farli accomodare.

La stanza era rettangolare, ma non molto grande. Sulla sinistra vi era un tavolo di legno, attorniato da sgabelli di pino, dietro il quale si ergeva un focolare annerito e abbellito da mensole colme di vasi di legno e terracotta. Accanto vi era un tavolino basso su cui erano poggiate pentole di rame e piatti di terracotta. Una finestrella alla sinistra del tavolo illuminava l'ambiente. Sulla parete di fronte all'ingresso si apriva un'altra porta, che immetteva nella camera da letto di Makarios; sulla destra ve n'era un'altra, quella del forno vero e proprio.

Eyra fissò per un attimo l'uomo a cui aveva confidato il più terribile dei segreti ed il suo accompagnatore, poi domandò: "Cosa ci fate qui a quest'ora, nobile Kharax? E chi è l'uomo che vi accompagna?"

L'ex Cavaliere sorrise, poi s'inginocchiò e poggiò le mani sulle spalle della ragazza, dicendo: "Sono venuto a compiere la promessa che ti ho fatto! Dov'è tuo zio?"

La risposta dell'uomo le aveva fatto balzare il cuore in petto. Era ormai convinta che non si sarebbe mai liberata dell'essere spregevole che dormiva sotto il suo stesso tetto, ma ora la speranza era tornata a rifiorire nel suo animo. Con gli occhi colmi di attesa rispose: "E' andato a letto circa un'ora fa, ma se dovete ucciderlo fate in fretta, prima che si svegli! Ha il sonno leggero!"

Quasi a confermare le ultime parole della ragazza, dalla stanza si udì una voce dura e sgradevole: "Eyra! Che diavolo fai ancora alzata? Vattene a dormire o sarò costretto a punirti!"

A queste parole minacciose seguirono dei passi pesanti e sulla soglia della camera apparve un omone pingue: aveva gli occhi neri, i capelli brizzolati, un accenno di barba argentea. Indossava delle brache di lino bianco ed il torso nudo e villoso ballonzolava ad ogni passo.

"E voi chi siete? Come siete entrati?", chiese con asprezza alle due figure incappucciate che si era trovato in casa. Guardò Eyra con occhi di fuoco e le si avvicinò minaccioso levando il braccio.

Lamashtu puntò il palmo verso di lui, avvolto di un alone rosato. Makarios sentì un forte bruciore alla gola, si fermò e tentò di parlare, ma dalla bocca gli uscirono soltanto rivoli di sangue.

"E' inutile! Non puoi più parlare, né gridare, né chiedere aiuto! Ho bruciato le tue corde vocali!", spiegò il demone con tono secco e disinteressato, come se fosse il gesto più naturale del mondo. Makarios s'infuriò e levando le braccia tentò di afferrare lo sconosciuto per il collo. Fu tutto vano: una strana forza lo bloccava ed un intenso calore gli invase ogni cellula del corpo. Sentiva un fuoco ardente strappargli la vita e dopo alcuni secondi crollò a terra esanime. Lamashtu chiuse il pugno ed il corpo di Makarios scomparve, mentre una violenta luce rosea avvolgeva il demone.

Eyra aveva assistito alla scena con timore e confusione. Si era rintanata in un cantuccio ed aveva chiuso gli occhi per un momento. Quando li aveva riaperti, aveva visto il cadavere dell'odiato zio svanire come per magia. Si era alzata incredula, attonita, disorientata. Si era avvicinata al punto in cui era caduto Makarios e il suo corpo fu scosso da una risata mista a lacrime. Dopo anni di soprusi e violenze poteva finalmente considerarsi libera. Si girò verso Kharax e con un sorriso lo ringraziò; poi, d'improvviso, il suo volto s'incupì di nuovo: l'uomo che aveva ucciso suo zio aveva abbassato il cappuccio, mostrando il volto di Makarios.

La ragazza fece qualche passo indietro, terrorizzata. "Che significa tutto questo? Mi avete per caso ingannata?"

Kharax si avvicinò e con voce dolce e rassicurante cercò di calmarla: "No, Eyra! Tuo zio è morto, come ti avevo promesso, ma se domani risultasse scomparso attireremmo le guardie del Grande Tempio! Questo mio amico si chiama Lamashtu ed ha il potere di assumere l'aspetto di qualsiasi persona, non ti farà del male, ti do la mia parola!"

Il demone si avvicinò e per un attimo riprese le sue vere sembianze. "Kharax ti ha detto la verità: ho assunto l'identità del tuo odiato zio per poter spiare da vicino il Grande Tempio grazie al tuo aiuto, ma non dovrai più temere le angherie che hai subito finora", disse con la sua solita aria distaccata e fredda.

Eyra si calmò, mentre Kharax le asciugava delicatamente le lacrime. Poi li invitò a sedersi a tavola ed offrì loro del vino. L'ex Cavaliere accettò di buon grado, ma Lamashtu declinò l'offerta, restando in piedi accanto alla finestra e guardando dai fori dell'anta tarlata.

Al Grande Tempio, Alexer si svegliò di soprassalto. Aveva avvertito una flebile traccia di cosmo provenire da Rodorio e svanire improvvisamente. Gli era risultato praticamente impossibile riconoscerla. Si alzò dal letto di scatto. Uscì dalla stanza e chiamò il soldato di guardia alla porta. Gli ordinò di radunare i Cavalieri d'Argento e di Bronzo nell'arena.

Il soldato s'inchinò e corse ad eseguire gli ordini, mentre Alexer tornava in camera ed indossava i paramenti sacri. Circa mezz'ora dopo, nell'arena si ritrovò un gruppetto di Cavalieri dalle corazze variopinte. Si chiedevano il motivo di quell'improvvisa convocazione e molti domandavano a Laurion se sapesse qualcosa. Il Cavaliere scuoteva la testa o rispondeva con un secco "no". Un sommesso brusio permeava l'arena, squarciando il silenzio della notte. D'improvviso, sugli spalti, accompagnato da due guardie armate di torce, apparve Alexer. Il mormorio cessò ed un secco rumore metallico indicò che i Cavalieri si erano inginocchiati di fronte al vicario di Atena.

"Si facciano avanti Mothalla di Triangulum e Laurion di Leo Minor!", ordinò il Sacerdote con tono severo e inquieto. I due Cavalieri si alzarono, si posero in testa al gruppetto e tornarono ad inchinarsi.

"Ho avvertito uno strano cosmo provenire da Rodorio poco fa ed ho il presentimento che il nostro misterioso nemico stia preparando un piano d'attacco. A partire da adesso, pattuglierete il villaggio giorno e notte e mi riferirete qualsiasi movimento sospetto. Non esitate a perquisire anche le case, domani parlerò con l'archēgós [capo villaggio] per informarlo di quanto sta accadendo. Mothalla, Laurion, in quanto comandanti delle schiere dei Cavalieri d'Argento e di Bronzo, provvederete ai turni di pattuglia e valuterete i rapporti che vi verranno fatti. Qualora aveste sospetti o dubbi su qualcosa o su qualcuno, riferite immediatamente a me! Intesi?", spiegò Alexer. "Sì, signore!", risposero i Cavalieri. Poi il Sacerdote si voltò ed andò via, seguito dalle guardie.

Mothalla e Laurion si accordarono in poco tempo: i Cavalieri d'Argento avrebbero pattugliato il villaggio e quelli di Bronzo l'area circostante. Radunarono ciascuno i propri uomini e si avviarono verso Rodorio.

Lamashtu, che nel frattempo aveva ripreso le sembianze del fornaio, guardava dalla finestra. D'improvviso udì un rumore metallico: qualcuno si stava avvicinando.

"A quanto pare siamo stati scoperti!", disse, "Sembra sia stato inviato un drappello di guardie a controllare i dintorni. Forse è giunto il momento che tu te ne vada, Kharax!"

L'ex Cavaliere restò turbato nell'apprendere la nuova e con un moto di stizza esclamò: "Com'è possibile?", fissando il demone in cerca di una risposta. Il servo di Nergal rimase per un attimo in silenzio, abbassando il capo. Poi, guardando negli occhi il compagno, sbottò: "Per eliminare Makarios ho dovuto bruciare una piccola frazione del mio cosmo, ma non credevo venisse rilevata tanto facilmente".

"Alexer...", esclamò con rabbia il traditore del Santuario. "Soltanto lui avrebbe potuto rilevare una traccia di cosmo tanto flebile", continuò, alzandosi di scatto. Si guardò intorno, cercando un posto dove nascondersi. D'un tratto, Eyra, che aveva ascoltato lo scambio di battute fra i due senza fiatare, lo afferrò per un braccio ed iniziò a strattonarlo. Kharax la guardò confuso. La ragazza gli sorrise e diede risposta alle domande che gli si erano dipinte sul volto:

"Seguitemi, nobile Kharax, vi farò fuggire io. Accanto alla stanza del forno vi è il deposito delle provviste, dove di solito dormo io. Da lì si accede ad una stradina secondaria, che mio zio usa per i carri che trasportano cibarie e materiale per la sua bottega".

Senza por tempo in mezzo, l'antico Cavaliere della Coppa seguì la ragazza. Attraversarono di corsa la stanza del forno ed il deposito e si ritrovarono all'aperto. Un pendio irregolare, ornato da ciuffi d'erba, scendeva a valle e si perdeva nel buio della notte. "Dove conduce questo sentiero?", chiese Kharax, fissando la ragazza. "Ad Atene", rispose la fanciulla, invitandolo a sbrigarsi. L'uomo le carezzò per un attimo il viso, la ringraziò e scomparve fra le ombre della notte.

Eyra rientrò, chiuse piano la porta e tornò verso la stanza principale. Udì delle voci ed il suo cuore fu preso dall'inquietudine. Vide Lamashtu dialogare servilmente con un Cavaliere e restò sbigottita: le sembrava davvero di rivedere suo zio nei gesti, nelle movenze e nel tono di voce assunti dal demone.

"Che succede, zio?", esclamò, facendo notare la sua presenza. "Nulla. Non preoccuparti. I Cavalieri sono qui solo per un controllo", rispose il demone, imitando alla perfezione l'espressione di Makarios. Quel colloquio durò ancora qualche minuto, poi i sudditi di Atena si congedarono, scusandosi per aver interrotto il loro sonno. Lamashtu li accompagnò alla porta, inchinandosi e lodando la solerzia del Grande Tempio e del Sommo Sacerdote.

Era quasi l'alba. Alexer rifletteva affacciato dalla terrazza del tredicesimo tempio. Gli si avvicinò una figura, che lo osservò per un attimo e poi gli rivolse la parola: "Sembri turbato, amico mio, cos'è successo?"

Richiamato da quella voce, il Sacerdote abbandonò per un attimo i suoi pensieri e si voltò: "Ho un cattivo presentimento, Kanaad! La percezione di uno strano cosmo proveniente da Rodorio mi ha messo in agitazione. Forse lo spettro del passato è tornato ad esigere la propria vendetta!"

Le ultime parole del messo di Atena suonarono criptiche all'orecchio dell'antico Cavaliere di Virgo. "Che intendi dire, Alexer?", chiese l'anziano compagno.

"Parlo di quell'uomo. Dovrebbe essere morto quasi dieci anni fa, ma ho la sensazione che dietro la traccia di cosmo che ho avvertito ieri ci sia lui. Gli abitanti di Rodorio sono diffidenti nei confronti degli stranieri e non inviterebbero ad entrare nessuno in casa loro. Dai rapporti che ho ricevuto da Mothalla e Laurion sembra che non ci sia nulla di anomalo al villaggio, eppure l'agitazione non cessa di assillarmi", spiegò Alexer, guardando in direzione di Rodorio, coperto dalla collina che ospitava il cimitero.

Poi si voltò verso la sala del trono, fece qualche passo e disse: "Devo incontrare l'archēgós e poi portare Calx sulle colline di Grevena per addestrarlo. A proposito, come va l'allenamento di Altager e degli altri?"

"L'investitura non è lontana. Fra qualche mese saranno pronti ad indossare le armature ed a combattere in nome di Atena!", rispose con fierezza e decisione l'antico custode della sesta casa. "Molto bene", replicò Alexer, scomparendo nell'ombra delle fiaccole per prepararsi all'incontro con il capo villaggio di Rodorio.

Quei pochi mesi passarono in fretta. Lamashtu era ormai entrato nel suo ruolo ed ogni giorno Eyra gli riferiva ciò che aveva sentito riguardo al Grande Tempio. Erano perlopiù voci di corridoio o informazioni inutili. Il demone cominciava a spazientirsi, ma Kharax, che nel frattempo aveva trovato rifugio ad Atene, lo invitava alla calma e ad evitare di farsi scoprire.

Il giorno dell'investitura era ormai prossimo. Alexer andò a far visita a Irene, che dalla morte di Jorkell, si era isolata dal mondo. La donna aprì la porta, sorpresa di trovarsi di fronte il messo di Atena. Lo invitò ad entrare e si scusò per l'umile accoglienza che poteva offrirgli. Il Sacerdote la rassicurò e si accomodò su un vecchio sgabello. La donna si sedette di fronte a lui, col capo chino ed in evidente imbarazzo: fin dal loro primo incontro si era sentita a disagio e in soggezione, anche se non ne capiva il motivo.

Alexer la fissò per un attimo e notò subito che della donna dal portamento nobile ed abituata ai grandi palazzi non era rimasto più nulla. Il vestito semplice, i capelli un po' in disordine, tenuti insieme dal velo che le copriva il capo, gli occhi spenti ed il viso pallido e smagrito la rendevano una persona completamente diversa.

"Sono venuto per sapere come vi sentite e per ricordarvi che domani Calx riceverà l'investitura di Cavaliere di Gemini. Spero ci sarete, vostro figlio ci tiene molto".

Irene restò per un attimo immobile: aveva capito fin dall'inizio il motivo della visita di Alexer. Poi sollevò il capo e con voce piatta rispose: "Sì, Calx mi ha informata dell'investitura. E' venuto stamattina e non la smetteva più di mostrarmi la sua eccitazione. Comunque, non preoccupatevi, verrò!"

Il tono con cui aveva pronunciato quelle frasi turbò il Sacerdote: avvertiva una certa freddezza ed un profondo distacco nel parlare di suo figlio. Decise di andare più a fondo, sapendo che Irene non sarebbe riuscita a tenersi dentro ciò che provava in realtà. "Sento un certo allontanamento da vostro figlio, è forse successo qualcosa?"

Irene si alzò, il cuore incerto, un malcelato disagio nel volto. Si diresse verso la finestra, da cui penetravano tiepidi raggi di sole. Era passato molto tempo dall'ultima volta che aveva provato quella sensazione. Continuava a tormentarsi le mani, poi, dopo attimi di silenzio che erano sembrati eterni, si decise a parlare:

"Forse vi sembrerò una madre snaturata e folle, ma la verità è che non ho mai considerato Calx veramente mio figlio. L'ho portato in grembo, gli ho dato la vita, l'ho allattato ed allevato, eppure l'ho sempre sentito un estraneo".

Quelle parole uscirono di getto, scivolarono come un fiume privo di ostacoli e costrizioni. Alexer rimase in silenzio, riflettendo sui sentimenti che la donna aveva esternato. La guardò: tremava e lacrime mute le rigavano le pallide guance. "Comprendo ciò che provate: Calx è il frutto di un capriccio divino e non dell'amore di due sposi innamorati. Ciononostante, vi vuole bene e spesso agli allenamenti era distratto perché sentiva il peso della vostra freddezza. Non potete incolpare lui per un sogno che non si è realizzato come volevate. La sua nascita è stata dettata dal fato: non conosciamo ancora il compito preciso per cui i numi celesti lo hanno fatto venire al mondo e credo sia proprio questo che vi spaventa e vi allontana da lui. La paura di perderlo in qualsiasi momento per lo stesso capriccio che lo ha generato", disse infine, con voce paterna e rassicurante.

Irene sembrò calmarsi: le parole del Sacerdote di Atena avevano colto nel segno. Era stato l'incerto motivo per cui era venuto al mondo che l'aveva spinta a respingerlo e a non sentirlo suo: il destino da Cavaliere che gli era stato predetto la terrorizzava. Le possibilità che morisse in battaglia per mano di un nemico superiore o di un dio le faceva gelare il sangue. Ogni volta che lo guardava, che riceveva un suo sorriso o una sua carezza; ogni volta che le rivolgeva parole amorevoli, qualcosa dentro di lei si spezzava ed il suo cuore si ammantava di una freddezza opprimente e soffocante. Un algore granitico e insolubile estingueva ogni slancio d'affetto e di tenerezza, sprofondandola in un abisso di imperturbabile indifferenza.

"Credete che se Calx fosse stato figlio vostro e del generale Basilio le cose sarebbero state più semplici? Non sarebbe diventato un soldato, comunque? Non sarebbe stato costretto a partecipare a campagne militari ed a star lontano da casa per mesi e persino per anni? Non ci sarebbe stata la possibilità di morire nel corso di un assedio di malattia o di spada? Il cammino che ci è stato posto davanti è destinato a compiersi, nel bene e nel male. A noi è dato solo scegliere i modi ed i tempi in cui percorrerlo ed accettare o rifiutare le prove e le sfide che incontreremo lungo la strada. Voi, io, gli abitanti del Grande Tempio, di Rodorio e del mondo intero siamo il risultato delle scelte che abbiamo fatto nel corso della nostra esistenza. Volete davvero che Calx vi ricordi come una madre schiva, fredda e disamorata?"

Irene si lasciò cadere sullo sgabello, stringendo fra i pugni chiusi il grembiule che aveva indosso. Chinò il capo, lasciando che le parole di Alexer risuonassero nella sua mente. Passò qualche secondo, poi si asciugò le lacrime col dorso della mano e sul volto le apparve un sorriso: "Avete ragione", disse con la voce ancora intrisa di pianto, "finora ho pensato solo ai miei sentimenti senza curarmi degli effetti che il mio comportamento poteva avere su di lui. Sono stata una sciocca ed un'irresponsabile e non vi biasimo se mi considerate una pessima madre. Ma ora ho capito, finalmente. In questi anni varie volte avete tentato di farmi ragionare su questo punto, ma prima la confusione per quello che mi era accaduto, poi la morte di Jorkell e di Midra mi avevano convinta che stessi facendo la cosa giusta. Come riuscite ad entrare così profondamente nell'animo degli altri, Sommo Alexer?", concluse con l'animo più sereno, come se si fosse svegliata da un lungo incubo percorso da agonia e affanno.

"Ho vissuto a lungo ed il mio ruolo di Sacerdote mi spinge a conoscere a fondo il cuore degli uomini", rispose semplicemente il Sacerdote, alzandosi ed avvicinandosi ad Irene. La fissò per un attimo, poi le carezzò la guancia. Il calore di quelle dita le infuse conforto e pace, sensazioni che a lungo aveva dimenticato e invano ricercato. "Vi aspetto domani all'arena, donna Irene", si congedò, mentre la donna lo ringraziava per averla aiutata a guarire dal suo stato di apatia.

Sul golfo di Atene il sole del tramonto tingeva cielo e mare di sfumature rosse, arancio e gialle. Nel dormitorio degli aspiranti Cavalieri d'Oro erano tutti riuniti. Era una stanza molto ampia, di forma rettangolare. I giacigli dei giovani apprendisti erano disposti ai lati dell'ingresso: tre sulla parete dove si apriva la porta e tre di fronte. Accanto ad ogni letto vi era uno sgabello dove poggiare abiti o altri effetti personali.

C'era grande fermento e impazienza. Nessuno riusciva a dormire. "Finalmente ci uniremo ai nostri compagni nella lotta contro le forze oscure!", esclamò Calx, eccitato all'idea di indossare l'armatura di Gemini dopo i lunghi e faticosi anni dell'addestramento.

"Spero di indossare l'armatura al più presto anch'io", replicò Zosma, seduto accanto al compagno. "Ce la farai, Zosma, non preoccuparti! Così come ci riusciranno Yeng ed Elnath!", lo incoraggiò il prossimo custode della terza casa.

Il futuro Cavaliere di Taurus se ne stava in disparte, sdraiato sul proprio giaciglio, dando le spalle ai compagni. "Qualcuno ha fatto il mio nome?", disse, girando leggermente il volto verso il gruppo.

I ragazzi risero. La solitudine a cui si era votato Elnath non era mai stata fonte di disprezzo o di discussione per loro. L'avevano accettata perché conoscevano la profonda bontà del suo cuore, benché fosse restio a palesare i propri sentimenti. "Perché non andate a dormire? Domani vi attende una dura giornata! E poi smettetela di tormentarmi le orecchie con le vostre ciarle!", sbottò annoiato il possente ragazzo.

"Yeng, che tipo è il Cavaliere di Virgo, tu lo conosci, vero?", chiese d'un tratto Altager, in piedi al centro della stanza.

"Sì. E' un ragazzo dalla forza straordinaria. Era già allievo del maestro Kanaad quando lo incontrai. Può sembrare un tipo freddo e distaccato, ma è una persona di grande umanità e saggezza", rispose il giovane guerriero di Cina, seduto sul suo letto con le gambe incrociate.

"Tipico dei Cavalieri di quel segno", commentò Sertan, intento a piegare con cura gli abiti che doveva indossare alla cerimonia. La battuta suscitò risate ed altri commenti umoristici.

Calx osservò per un attimo Hamal, seduto di fronte a lui. Pur partecipando alla discussione, sembrava distratto e perso tra i pensieri. "Sei tornato da una settimana ma ancora non ci hai raccontato nulla del Jamir! Avanti, vogliamo sapere che posto è!", lo interrogò l'allievo del Sacerdote, trascinandolo via dal suo mondo privato.

"Beh, non c'è molto da dire. E' un posto isolato, dove si fa fatica persino a respirare a causa dell'aria rarefatta, ma in compenso si avverte un senso di pace e di tranquillità che rinfranca lo spirito", rispose il prossimo custode della prima casa, guardando verso il compagno che gli aveva rivolto la domanda.

"Avanti, non fare il misterioso, a cosa stavi pensando?", provocò Sertan, che dopo aver piegato gli abiti si era seduto accanto a lui. Hamal lo guardò, si sentì scoperto e con un sorriso tirato disse: "Pensavo a Midra. E' stato lui a portarmi al Grande Tempio. Conoscevo già i Cavalieri dalle storie che mi raccontava la mia balia da bambino, ma lui è stato il primo vero paladino della giustizia che ho incontrato".

Le parole di Hamal smorzarono il tono giocoso della conversazione e nella stanza scese un triste silenzio. Tutti abbassarono il capo, persino Elnath, che non partecipava alla discussione, affondò il volto nel guanciale, ripensando alla prima volta che aveva incontrato il Cavaliere del Cavallino nelle lontane e gelide terre del nord.

Fu Altager a rompere il silenzio ed a scuotere i cuori dei compagni, soffocati da una repentina tristezza: "Midra ed il maestro Jorkell ci hanno mostrato la via dei Cavalieri. Spetta a noi onorare il loro nome e la loro missione portando pace nel mondo ed annientando ogni potere malvagio che tenta d'impossessarsi della Terra!" Il trasporto con cui aveva pronunciato quelle parole risvegliò gli animi dei compagni, che unirono i pugni e si ripromisero di diventare Cavalieri degni di Atena. Forti di quella determinazione, andarono a dormire. Elnath in cuor suo sorrise e provò grande orgoglio nel sentirsi parte di quel mondo.

Il sole si levò alto, l'aria era resa frizzante dalla brezza proveniente dal golfo. Stormi di rondini danzavano ed allietavano il cielo col loro melodioso canto. L'arena era piena: sulle gradinate più basse si erano ammassate guardie e soldati; i Cavalieri d'Argento e di Bronzo si erano raggruppati sulla tribuna di fronte agli spalti dove sedeva il Sommo Sacerdote. Laurion e Mothalla parlavano fitto dei rapporti ricevuti dall'ultimo turno di sorveglianza di Rodorio. Sugli spalti, al centro, sedeva Alexer, alla sua destra Kanaad ed alla sinistra Irene. Dietro di loro, in piedi, c'erano i Cavalieri d'Oro già nominati.

Nell'arena, Calx e i suoi parigrado erano affiancati da un aspirante Cavaliere d'Argento e due di Bronzo. Erano tutti tesi, emozionati, bramosi di indossare l'armatura che avevano davanti ed usarla per il bene e la pace dell'umanità.

Poi il Sacerdote si alzò, la platea ammutolì ed i ragazzi toccarono le rispettive armature: si levò un intenso bagliore multicolore, mentre le corazze si scomponevano e si posizionavano sul corpo dei loro nuovi custodi. Un boato di giubilo ed un applauso fragoroso ruppe il silenzio. Alexer placò gli animi con un cenno della mano, si avvicinò al bordo degli spalti e parlò:

"Sette nuovi Cavalieri oggi si uniscono alle schiere di Atena, dea della giustizia! Un nuovo nemico si è affacciato all'orizzonte e già due nostri compagni, il valoroso Jorkell di Aquarius e il generoso Midra di Equuleus, hanno perso la vita per fermare i suoi piani. Onorateli combattendo con lealtà e determinazione per la pace e la sicurezza dell'umanità. Presto sarete chiamati alla battaglia: ricordate gli insegnamenti che avete ricevuto e non cedete mai alla collera o alla sete di vendetta! Sia l'amore per la giustizia e per la dea Atena a guidare i vostri passi, in qualsiasi circostanza!"

I nuovi Cavalieri s'inchinarono di fronte al vicario di Atena e promisero lealtà ed obbedienza. Dalle gradinate si levarono grida di gioia ed applausi: Yeng e Zosma corsero ad abbracciare i compagni ed a congratularsi con loro. Elnath rimase appoggiato ad una colonna col volto annoiato, ma il cuore gioioso. Calx e i compagni incontrarono, poi, gli altri Cavalieri d'Oro venuti a salutarli ed ebbero finalmente la possibilità di conoscere Syrma. Nashira porse la mano al custode della terza casa e, sorridendo, gli rinnovò le parole di stima dettegli tempo prima. Anche Irene andò ad abbracciare il figlio. Calx ne restò felicemente sorpreso. La guardò negli occhi e si accorse che quel velo di freddezza e di apatia che l'aveva sempre contraddistinta era finalmente sparito.

Kharax apparve davanti a Sorush. "Molto utile questo gingillo", gli disse, guardando il prisma col quale si era teletrasportato dalla Grecia. "I nuovi Cavalieri sono stati nominati, cosa intendi fare?", domandò, poggiando l'oggetto sul tavolo.

"E' giunto il momento di verificare se i miei sospetti sono fondati o meno. Era mia intenzione fin dall'inizio minare la credibilità dei Cavalieri agli occhi dei governi del mondo. Tuttavia, Costantino e la corte bizantina si sono dimostrati deboli e incapaci. L'attuale imperatore, Isacco, ha addirittura profonda stima di Alexer. Gli dimostreremo che la sua fiducia è malriposta", rispose il Sacerdote di Nergal, avvicinandosi allo scrigno.

Pronunciò le solite formule in quella oscura lingua che Kharax non riusciva a comprendere, per quanto si sforzasse di afferrarne qualche concetto. Sei figure dalle armature variopinte apparvero davanti a loro in ginocchio e si presentarono una dopo l'altra.

"Ilku, quarto demone della luce è qui per servirvi", disse una figura esile e slanciata dall'armatura bianca e celeste.

"Dadasig, terzo demone del vento è pronto a lottare per la gloria di Irkalla", esclamò il secondo demone, alto e possente, con un'armatura grigia e viola.

"Yarla, sesto demone del fulmine è ai vostri ordini", si presentò il terzo, di bassa statura e con indosso una corazza nera e grigia.

"Bazi, terzo demone della terra è in attesa di ordini", disse con voce cortese e gentile il quarto demone dalla corporatura magra e dall'armatura verde e gialla.

"Iltasadum, quarto demone dell'acqua è al vostro servizio", proferì con noia e distacco la quinta figura, di corporatura media, che indossava una corazza azzurra e bianca.

"Ibate, quinto demone del ghiaccio è pronto a servirvi", disse l'ultimo con un risolino perfido. Era basso e tarchiato ed indossava un'armatura argento e blu.

Sorush li guardò soddisfatto e, guardandoli uno per volta, ordinò: "Vi recherete nelle città che vi indicherò e spargerete morte e distruzione. Non lascerete in vita nessuno e dimostrerete al mondo che nulla può opporsi all'ascesa di Nergal! Abbatterete i Cavalieri di Atena che verranno a combattervi e porrete fine alla loro esistenza!"

"Sì, signore", gridarono all'unisono i demoni, già pregustando la vittoria e gli onori conseguenti.