CAPITOLO QUATTORDICESIMO: CRESCERE.

Ioria del Leone si era lanciato senza esitazioni nella tempesta di sabbia, continuando ad avanzare nonostante la difficoltà. Al vento poteva opporre resistenza, con la sua ferma volontà di andare avanti, sempre e comunque, come suo fratello gli aveva insegnato. Alla sabbia poteva offrire la visiera retraibile del suo elmo, che gli permetteva di mantenere una discreta visibilità, sufficiente per vedere pochi metri avanti a lui. Ma al violento cosmo oscuro che aleggiava su di lui e su tutto il Sahara orientale non riusciva ad opporsi, e ne veniva periodicamente schiacciato a terra, quasi fosse una formica.

In quei momenti Ioria sentiva il peso della sua Armatura ricadergli addosso e schiacciarlo a terra, il peso dei suoi dodici anni rubati e passati troppo in fretta. Troppo, per essere soltanto un ragazzo. Ma ormai, fin da quando aveva accettato di seguire Micene in quell’avventura, fin da quando era entrato nella Sala d’Oro sicuro che qualunque missione sarebbe stata affidata a suo fratello lui l’avrebbe seguito, era evidente che quella non era la sua giovinezza. La giovinezza di un dodicenne comune. Quella era la strada per l’età adulta, e l’Egitto sarebbe stato il banco di prova. L’esame da superare per essere degno della fiducia ricevuta, da Micene, dal Grande Sacerdote e da Athena stessa.

"Ioriaaa!" –Un urlo lo rubò ai suoi pensieri, obbligandolo a fermarsi. Un urlo che sembrava provenire da remote terre lontane, mentre in realtà era soltanto gridato dall’uomo dietro di lui: Albione di Cefeo, uno dei ventiquattro Cavalieri d’Argento di Athena.

Biondo, sui vent’anni, rivestito da un’Armatura dal colore blu acceso e profondo ammiratore di Micene di Sagitter, Albione aveva accettato con onore di partecipare a tale impresa, non esitando a gettarsi dietro a Ioria quando questi si era mosso per abbandonare il gruppo, lasciando libero Micene di agire.

"Ioria! Aspettami!" –Esclamò Albione, avvicinandosi al ragazzo.

"Non ho bisogno di una balia, Albione!" –Brontolò immediatamente Ioria, rallentando la sua andatura. –"Ma nessuno sembra capirlo!"

"Cosa dovremmo capire?" –Domandò il Cavaliere di Cefeo.

"Che sono capace di cavarmela da solo!" –Sentenziò Ioria, continuando ad avanzare nella tempesta, che pareva scemare d’intensità. –"Ho dodici anni, è vero, ma sono un Cavaliere d’Oro! Athena non mi avrebbe scelto se fossi un incapace!"

"Non ho detto che sei un incapace!" –Precisò Albione. –"Temo soltanto per la tua inesperienza! Micene è un valente condottiero, e un caro amico! Gli si spezzerebbe il cuore se ti sapesse in pericolo! Sono soltanto preoccupato, per lui e per te!"

"E non devi esserlo!" –Lo chetò Ioria, pregandolo di aumentare l’andatura. –"Sono capace di badare a me stesso!"

La conversazione tra i due fu bruscamente interrotta da un sibilo nel vento, che precedette la comparsa di una lunga lancia con la punta affilata che si piantò proprio in mezzo ai due Cavalieri, evitando di conficcarsi nel piede di Albione per mezza spanna. Immediatamente la lancia emanò una grande luce, anticipando una devastante esplosione di energia che scaraventò entrambi i Cavalieri lontano di una decina di metri.

"Maledizione!" –Brontolò Ioria, rialzandosi all’istante. Appurato di non aver graffi, cercò Albione con lo sguardo, per verificare le sue condizioni, prima di localizzare la scia cosmica lasciata dal loro nemico: colui che aveva scagliato quella lancia energetica. Lo trovò, ma restò sorpreso ed agghiacciato quando comprese che stava calando su di loro ad una velocità impressionante. –"Attentooo!" –Urlò Ioria al Cavaliere d’Argento, mentre una figura balzava su Albione, ancora stordito dall’assalto ed intento a rimettersi in piedi.

Albione tentò di difendersi, utilizzando le catene d’Argento, ma la furia devastante del suo nemico fu tremenda e si ritrovò sollevato da terra per il collo, a fissare due occhi grigi carichi di odio e di rancore. L’imprevisto nemico richiamò la sua lancia, che scivolò nell’aria fino a raggiungere la mano destra del suo padrone, che la puntò verso il Cavaliere d’Argento, ma non riuscì a raggiungerlo perché dovette voltarsi lateralmente, per parare rapidi raggi di luce che Ioria gli stava dirigendo contro.

"Lascialo andare!" –Gridò Ioria, lanciandosi contro il suo avversario, che fu svelto a liberarsi di Albione, scaraventandolo proprio addosso al Cavaliere d’Oro, facendoli ruzzolare a terra entrambi, e rimanendo ad osservarli divertito.

"Ahahah! Un bel duetto di incapaci!" –Li sbeffeggiò l’uomo, con una rachitica voce maschile.

"Ti fai beffe di noi, Guerriero?" –Domandò Ioria, rimettendosi subito insieme, e scuotendo il suo mantello bianco dalla sabbia.

"Non dovrei forse?" –Ironizzò l’uomo, con un ghigno di sfida.

"No! Non dovresti!" –Rispose Ioria, scattando nuovamente avanti, con il pugno destro carico di energia cosmica. Violenti raggi di luce volarono nell’aria, diretti verso il suo nemico, che fu abile a roteare la lancia che reggeva in mano, usandola come scudo per parare i colpi del ragazzo.

Prima di aggiungere altro, l’uomo saltò in alto, brandendo con vigore la lancia e scagliandola nuovamente contro i due Cavalieri di Athena, tra grida selvagge. Ma quella volta la lancia non li raggiunse, deviata in volo dalle guizzanti Catene di Cefeo, che Albione aveva prontamente liberato contro di essa. Ricadde qualche metro distante, scivolando sulla sabbia.

"Chi sei, Guerriero che ci hai attaccato senza preavviso?" –Domandò Ioria, fissandolo deciso.

Era un uomo sui trentacinque anni, alto e robusto, con un viso rude e scuro, piccoli occhi grigi e folti capelli verdi, poco curati. La corazza che lo ricopriva era di colore arancione chiaro e riprendeva molto bene le sfumature della sabbia sahariana, con la quale il Guerriero pareva spesso fondersi. L’elmo, Ioria non aveva dubbi, era una testa di leone, su cui spuntavano quattro piume bianche.

"Onuris è il mio nome! Signore della Guerra e Distruttore di nemici!" –Si presentò l’uomo, richiamando nuovamente, con il solo potere mentale, la sua lancia da guerra.

"Onuris?!" –Mormorò Albione, richiamando alla mente le notizie che ricordava su tale antica divinità egizia. –"Chiamato anche Inhert o Anhur o Anhuret, Onuris era in origine una Divinità della Caccia e il suo nome significa Colui che riporta l’allontanatae, in quanto secondo la leggenda egli raccolse l’Occhio di Ra che si era allontanato! Era il patrono dell’Esercito egizio e proteggeva i nemici e gli animali, al punto che le sue imprese eroiche gli valsero gli appellativi di Distruttore di nemici e di Salvatore! Era caro a Ra, che lo nominò Comandante del suo Esercito!"

"Un grande onore allora!" –Ironizzò Ioria. –"Ra ha inviato il suo pezzo migliore contro di noi, per darci un benvenuto entusiasmante!"

"Umpf! Piccoli, incapaci e pure ignoranti!" –Storse il naso Onuris. –"Invadete una terra straniera senza neanche documentarvi al riguardo! La vostra strategia è infima come la considerazione che ho di voi! Schiacciarvi non mi darà soddisfazione! Ma lo farò comunque, perché questo è ciò che meglio so fare! Combattere!" –E scattò avanti, brandendo la sua lancia e scagliandola contro i due Cavalieri, caricandola con il suo cosmo. –"Lancia da guerra! Trafiggili!"

Subito la lancia si moltiplicò in centinaia di copie, tutte dall’acuminata punta carica di energia incandescente, tutte dirette verso i due Cavalieri di Athena, che non rimasero inermi ad aspettare di essere trafitti. Albione srotolò le sue catene, una con la punta a triangolo e una con una palla chiodata all’estremità, ed iniziò a rotearle vorticosamente davanti a sé, creando un mulinello difensivo su cui le lance si infransero, andando in frantumi con fragorose esplosioni.

Ioria, dal canto suo, era scattato avanti, lanciando rapidi fasci di luce contro le lance del Guerriero egizio, muovendosi continuamente per non essere colpito, per quanto non fosse sicuro che tali armi avrebbero potuto penetrare la resistente corazza dorata che portava. Ma il fatto che fossero intrise dell’energia cosmica di un Dio lo fece dubitare e lo spinse ad essere prudente.

"Non potrò evitarle all’infinito!" –Si disse il Cavaliere del Leone, tirando un rapido sguardo ad Albione alla sua destra. Il Cavaliere di Cefeo era in difficoltà, poiché, per quanto riparato dal vortice argentato prodotto dalle sue catene, le fragorose esplosioni delle lance contro di esse lo spingevano indietro continuamente, obbligandolo a rimanere in costante sforzo.

Fu così che Ioria ebbe l’idea di lasciare liberi i suoi raggi energetici, senza dirigerli in una particolare direzione, contro una lancia in particolare, ma creando un reticolato di luce, formato da migliaia e migliaia di fasci di energia cosmica incrociati tra loro, senza logicità, così fitto da rendere impossibile a chiunque, e a qualunque oggetto, di superarlo senza essere disintegrato.

"Lightning Plasma!" –Gridò Ioria, mentre il reticolato di brillante energia da lui prodotto, muovendo alla velocità della luce il suo pugno destro, distruggeva tutte le lance tra lui e il suo nemico, lasciando Onuris stupefatto, e al tempo stesso arrabbiato.

"Maledetto greco!" –Sibilò, scattando avanti istantaneamente. Afferrò l’unica lancia rimasta in aria, la sua arma divina, e balzò come una furia dall’alto su Ioria, rivolgendo la punta contro il cuore del ragazzo, davanti agli occhi spaventati di Albione, che gridò a Ioria di spostarsi.

"No!" –Urlò il Cavaliere di Leo, muovendosi di mezzo passo all’indietro, in modo da poter afferrare la lancia con le sue mani, proprio sotto l’acuminata punta, poco prima che giungesse al suo petto, fermando a fatica la sua sanguinaria discesa.

Grrr!! La tenacia non ti manca, ragazzino!" –Sputacchiò Onuris, in piedi di fronte a Ioria, continuando a spingere la sua lancia verso il ragazzo.

"Né la volontà di andare oltre!" –Si limitò a rispondere Ioria, mettendo tutto se stesso nelle braccia e riuscendo, lentamente ma inesorabilmente, ad alzare la lancia, davanti agli occhi sgranati dello stesso Onuris.

Istintivamente, il Guerriero egizio caricò la gamba destra di energia cosmica e la sollevò di scatto, per colpire il ragazzo, concentrato sulla lancia, e scaraventarlo lontano, ma anche Ioria fece la stessa cosa e le due gambe si scontrarono tra loro, gettando entrambi indietro di qualche metro. Onuris perse la presa della lancia e Albione ne approfittò per afferrarla con le sue catene argentate, sperando di privargliene l’utilizzo. Ma sottovalutò le capacità difensive dell’arma stessa, che iniziò ad emettere violenti scariche energetiche, che spinsero via le Catene di Cefeo, prima di rientrare nelle abili mani del suo padrone, che intanto si era rimesso in piedi.

"Non sottovalutare la Lancia di Onuris, Cavaliere di Athena!" –Lo derise il Guerriero, con voce orgogliosa. –"Essa è ben più di una lancia, questa è la mia compagna! Insieme a lei grandi gesta ho compiuto, nel difendere il mio Paese dai nemici avversi, nel combattere a fianco dei nostri soldati e dei fedeli, che mi elessero loro Protettore! Fu Ra in persona a farmene dono secoli fa! Un premio al suo Comandante e al Patrono dell’Esercito Egizio!"

"Se davvero possiedi spirito di Difensore, allora sentirai chiaramente che nei nostri animi non c’è volontà battagliera, Onuris!" –Esclamò Albione, tentando la carta del negoziato. –"Siamo giunti in Egitto per scoprire cosa è accaduto a due Cavalieri nostri compagni, inviati dal Grande Sacerdote come ambasciatori ma mai rientrati ad Atene! L’averci attaccato immediatamente, senza darci possibilità alcuna di presentarci né di spiegarci, conferma i sospetti che già nutrivamo! Che l’Egitto, per qualche recondito motivo non di nostra conoscenza, ha dichiarato guerra ad Atene!"

"Nessuna guerra possiede un motivo tanto valido per cui meriti di essere combattuta!" –Esclamò Onuris, e nel tono della sua voce Albione parve cogliere una sfumatura di malinconia. –"Ma questo è il dovere di noi soldati!"

"Ma tu non sei un soldato comune, Onuris! Tu sei il Comandante dell’Esercito, il Protettore dell’Egitto, primo nel cuore di Ra!" –Esclamò Albione. –"L’hai detto tu stesso!"

"Lo ero! Un tempo!" –Affermò Onuris, cacciando via lo sguardo, e perdendosi nei ricordi. –"Molti secoli fa, quando ero ancora giovane e aitante, e passavo le giornate a cacciare i predoni con la mia lancia, vivendo tra gli uomini a me fedeli e rimanendo da loro ammirato e lodato! Ma quei tempi sono lontani ormai!"

"Se, come tu stesso hai ammesso, non vi sono motivi validi per una guerra tra Atene e l’Egitto, allora fermiamo questo gioco al massacro! Le popolazioni ti saranno grate, sia le greche che i fedeli egiziani, di cui potrai riconquistare la fiducia, persa per non so quale motivo!"

"Taci!!" –Gridò Onuris, puntando la lancia contro Albione. E subito un raggio di energia cosmica sfrecciò nell’aria, distruggendo la spalliera destra dell’Armatura di Cefeo, facendo accasciare il Cavaliere a terra. –"Non hai il diritto di parlare di cose che non conosci, di rivangare i miei sentimenti, che a me soltanto appartengono! Anch’io, come Ra, cercai di ottenere stima e affetto dagli uomini, ma ottenni solo il disprezzo!" –Aggiunse, ricordando eventi accaduti secoli prima. –"Congiurai con Seth per assassinare Osiride, il Dio dei Morti, credendo di fare cosa gradita agli uomini, di liberarli dal giogo della morte che li attende nell’Oltretomba! Ma Ra non gradì la mia interferenza, e mi punì severamente, etichettandomi come traditore, strappando i miei gradi e privandomi del titolo di Protettore e Patrono dell’Egitto!"

"E adesso, uccidendo noi, vuoi riscattarti, è così?" –Intervenne Ioria. –"Portare le nostre teste innocenti al tuo Dio, Ra, e venderci come trofei per riprendere i gradi che hai perduto!"

"Te lo ripeto, ragazzino! Sei piccolo, incapace e pure ignorante!" –Lo derise nuovamente Onuris, provocando la reazione incollerita di Ioria. –"Ra non governa più sull’Egitto da secoli, da quando scelse di uscire dal tempo, rinchiudendosi nel Tempio di Karnak, insieme ai suoi familiari e alle Divinità a lui fedeli, lasciando l’Egitto nel caos! Dopo secoli di guerre tra le tribù e tra i popoli fedeli a diverse Divinità locali, Seth, il Dio cacciato tempo addietro dallo stesso Ra, dopo che ebbe tentato l’assassinio di Osiride e di suo figlio Horus, è tornato ed ha unificato l’Egitto! Sotto il suo stemma, il Sole Nero, adesso combatto! Per dimostrare a lui che sono ancora il migliore, che il tempo non ha attaccato la mia abilità! E che quel cialtrone di Upuaut non vale quanto Onuris!" –Esclamò deciso il Guerriero Egizio.

"Umpf.. Bella storia!" –Lo schernì Ioria. –"Per soddisfare la tua ambizione personale e la tua voglia di gloria hai venduto l’anima e l’onore verso il tuo Dio, Ra, al suo nemico, prestandoti a vili azioni di conquista e di guerra! Tu, che di questa terra fosti il Protettore, adesso ne sei diventato l’Assassino, il Conquistatore!"

"Zitto, ragazzino!" –Esclamò irato Onuris, colpito nell’orgoglio dalle parole crude di Ioria. Sollevò la lancia, puntandola contro di lui e fece per scagliarla avanti, caricandola di tutto il suo cosmo. Ma poco prima di lanciarla si accorse che Ioria non era più sulla sua traiettoria, ma era già davanti a lui, con il pugno destro carico di rovente energia lucente.

"Assaggia le zanne del Leone!!!" –Gridò Ioria, portando avanti il pugno incandescente. Scariche di energia cosmica stridettero sulla corazza del Guerriero Egizio, frantumandola sul lato sinistro del petto, facendo uscire fiotti di sangue ed obbligando Onuris a sollevare il braccio destro, perdendo la presa della lancia e urlando di dolore.

Ioria si preparò per colpirlo di nuovo, da distanza ravvicinata, ma Onuris, stringendo i denti per il bruciore, lo anticipò, bloccando il pugno destro del ragazzo con la sua mano sinistra, chiudendola su esso poco dopo. Rimasero così, Ioria con il pugno nella mano di Onuris, e Onuris a tastarsi il petto sanguinante con l’altra, per qualche secondo, mentre i loro cosmi si scontravano stridendo tra loro e l’aria si caricava di una violenta tensione elettromagnetica.

Per sbloccare la situazione, Ioria caricò il pugno sinistro, preparandosi per portarlo avanti e colpire Onuris, ma questi lo stupì, staccando una piuma dall’elmo della sua corazza e poggiandola sul petto del Cavaliere d’Oro. Che sgranò gli occhi stupefatto da tale azione. Un attimo dopo una violenta esplosione di energia scaraventò Ioria indietro, facendolo ruzzolare al suolo per parecchi metri.

"Ioriaaa!!!" –Gridò Albione, preoccupato. Ma, sicuro che il ragazzo si sarebbe rialzato, non corse verso di lui bensì verso Onuris, lanciandogli contro le proprie Catene. Subito le catene rosate si moltiplicarono, saettando nell’aria verso il Guerriero egizio, che fu abile ad evitarle, rotolando sulla sabbia continuamente.

Un sogghigno sul suo volto fece preoccupare Albione, che si aspettava un assalto improvviso, e lo spinse a ritirare le sue catene. Ma Onuris non attaccò, semplicemente svanì nel nulla, mescolandosi alla sabbia del deserto.

"Uh?! Che cosa?! Ma dov’è andato?!" –Mormorò Albione, guardandosi intorno. Ma non fece in tempo a terminare la frase che sentì qualcosa sfiorargli il petto. Vide appena una piuma poggiare contro la sua corazza prima di sentirsi esplodere, venendo scaraventato indietro, con il pettorale dell’Armatura gravemente danneggiato.

"Uahahahah!" –Sghignazzò Onuris, la cui voce proveniva da un indefinito punto intorno a loro. –"Seth vedrà chi è il migliore, chi è il più adatto per comandare l’Esercito del Sole Nero!"

"Vigliacco! Mostrati!" –Strinse i pugni Ioria, fendendo la torrida aria con il suo sguardo deciso. Tese i sensi, per percepire ogni vibrazione attorno a sé, ma non riuscì a sentire niente. Era come se Onuris fosse scomparso, o fosse ovunque attorno a loro. La sabbia copriva ogni sensazione, ogni rumore, ogni possibilità di rintracciarlo.

"Non riuscirete mai a capire dove sono! Perché io sono ovunque!" –Rise Onuris. –"La mia corazza possiede il singolare potere di riuscire a mimetizzarsi nella sabbia che la circonda, poiché della stessa sabbia, mescolata a polvere d’oro, le mie vesti sono formate! Un tutt’uno che voi non riuscirete mai a distruggere! Potete tendere i sensi quanto volete, ma non riuscirete a localizzarmi! E se anche vi riusciste…" –Aggiunse, quasi sussurrando. –"Sarà troppo tardi!" –E subito una piuma comparve sul petto di Ioria, che venne nuovamente scaraventato indietro, rotolando nella sabbia e perdendo l’elmo dorato della sua Armatura.

Con tenacia, Ioria subito si raddrizzò, tastando la superficie della sua corazza, nel punto dove Onuris lo aveva colpito con le sue piume. Era rovente, ed una fitta lo scosse all’addome, per fortuna non raggiunto direttamente. La resistenza delle Armature d’Oro era appurata, questo Ioria lo sapeva. E sapeva anche che dall’epoca del mito non erano mai state distrutte. Nonostante tutto l’assalto lo aveva sfiancato e non era certo di poterne sopportare un altro, così diretto, così preciso, così potente. Come una piccola bomba di energia concentrata in un lampo. Si rialzò e meditò una strategia di attacco, ma Albione lo pregò di non scaldarsi. Avrebbe trovato lui il Guerriero egizio, grazie alle sue catene.

"Alle Catene?! Come possono le tue Catene trovare Onuris?" –Domandò Ioria, perplesso.

"Lasciami fare!" –Gli sorrise Albione, espandendo il proprio cosmo. –"Sfrutterò una particolarità della mia armatura! Le Catene dell’Armatura di Cefeo provengono dall’Isola di Andromeda, dove appunto è nascosta anche l’Armatura di Andromeda! Le nostre catene, oltre che essere notevolmente resistenti, possono essere usate sia in attacco che in difesa, sia come strumento per cercare nemici nascosti! È un’ottima occasione questa per vederle all’opera!" –Esclamò Albione, caricando del suo cosmo la catena con la punta triangolare all’estremità. –"Vai, Catena di Cefeo! Vinci la malinconica desolazione di questo deserto e trova il nemico!" –E lanciò la Catena avanti, che iniziò a guizzare nell’aria, come una lucente saetta, liberando scintille e folgori energetiche, finché non batté rumorosamente contro qualcosa.

L’elmo leonino della corazza di Onuris schizzò nell’aria, rotolando sulla sabbia per qualche metro, ammaccato sul davanti, nel punto in cui la catena lo aveva raggiunto, mentre la sagoma stupefatta del Guerriero egizio ricomparve di fronte agli occhi dei due Cavalieri.

"Incredibile! Quella catena è portentosa!" –Esclamò, mentre Albione sollevava l’altra catena, quella con la palla chiodata alla sua estremità, iniziando a rotearla sopra la testa. Senz’altro aggiungere la scagliò ad altissima velocità contro il Guerriero egizio, arrotolandola al suo braccio destro, bloccandolo con un brusco strattone che spezzò il polso di Onuris, facendolo gridare dal dolore ed infervorare ulteriormente. Ma Albione non gli diede tempo di reagire, che lanciò nuovamente la Catena di Cefeo all’attacco.

"Onda del Tuono, via!" –Gridò, mentre la catena con la punta argentata schizzava nell’aria, zigzagando confusamente, diretta verso il cuore di Onuris. Già convinto della vittoria, Albione osservò attento la scena, rimanendo deluso, e stupito, quando vide la Catena di Cefeo fermarsi poco prima di raggiungere il bersaglio. –"Ma… cosa?!" –Onuris aveva richiamato una piuma dal suo elmo, l’ultima delle quattro che aveva in dotazione, e su di essa si era bloccata la Catena.

L’esplosione che ne seguì fece schizzar via la Catena di Cefeo, disintegrando quella con la punta a triangolo e scheggiando notevolmente l’altra, liberando Onuris dalla sua stretta. Per il contraccolpo, Albione venne scaraventato indietro, cadendo sulla sabbia, ma nonostante Onuris si fosse lanciato subito su di lui, non riuscì a raggiungerlo, ritrovandosi improvvisamente all’interno di un labirinto di luce.

Un fitto reticolato di raggi lucenti, dal colore dell’oro più vivo, era sorto intorno a lui, e si stava richiudendo sul Guerriero egizio a velocità impressionante. Onuris si muoveva, a destra, a sinistra, anche avanti quando riusciva, ma la velocità di creazione e di movimento del reticolato di luce era pari alla propria e tendeva ad aumentare progressivamente.

"Lightning Plasma!" –Gridò una voce, e Onuris vide Ioria comparire di fronte a lui, con il pugno destro carico di rovente energia. Un raggio di luce lo ferì alla mano sinistra, trinciandogli un paio di dita e liberando violenti schizzi di sangue, disturbando la sua concentrazione e permettendo quindi a Ioria di travolgerlo con tutta la potenza del suo reticolato di energia lucente.

Onuris ricadde a terra parecchi metri indietro, con l’Armatura arancione in buona parte distrutta, trinciata dai sottili ma potentissimi raggi di luce che il Cavaliere di Leo gli aveva rivolto contro. Sgorgava sangue dalle sue ferite, aveva perso tre dita della mano sinistra e aveva il polso destro rotto. Ma ancora era determinato a combattere, per tener fede a ciò che era un tempo, alla sua fama di impavido guerriero disposto a combattere per l’Egitto.

"Poco importa per chi! Se per un Dio che non ha perdonato il mio unico sbaglio, dimenticando tutti i miei precedenti meriti, o per un tiranno che usa le ricchezze depredate alle città vicine per sovvenzionare un Esercito di Guerrieri assetati di sangue! Onuris combatterà comunque, senza indietreggiare di un passo! Se vi è un uomo degno a guidare gli Eserciti dell’Egitto quello sono io!" –Detto questo strinse i denti e mosse il polso destro, impugnando nuovamente la sua lancia da battaglia, con il volto stravolto dal dolore e dalla fatica. –"Fatti avanti, ragazzino, adesso vedremo quale Leone è realmente il signore di questo deserto!" –E si lanciò verso Ioria, sollevando la lancia e caricandola di tutto il suo cosmo. –"Lancia da guerra!"

Immediatamente la lancia si moltiplicò in centinaia e centinaia di copie, e tutte puntarono sul Cavaliere di Leo, il quale, invece di ricreare il reticolato di luce con il quale le aveva annientate in precedenza, preferì concentrare il suo cosmo in un unico colpo, diretto verso il suo vero obiettivo: Onuris, colui che guidava le lance con il suo cosmo.

"Lightning Bolt!!!" –Esclamò, scagliando il colpo segreto che gli aveva insegnato suo fratello. Una sfera di energia incandescente che sfrecciava nell’aria come una cometa, schiantandosi sul suo avversario.

L’attacco centrò in pieno il bersaglio, colpendo in pieno petto Onuris, il quale, troppo intento a dirigere le lance con il pensiero, non riuscì a scansare in tempo il lucente globo dorato che gli spaccò il torace, gettandolo moribondo a terra, tra i frammenti arancioni della sua corazza. Là, sulle sabbie in cui amava nascondersi, su cui amava gareggiare, e che amava difendere quando ancora lottava per un ideale di pace, agonizzò per qualche minuto, prima di spirare, doppiamente vinto. In battaglia e nell’orgoglio.

Ma anche Ioria non uscì indenne dallo scontro, venendo raggiunto dalla Lancia da Guerra di Onuris sull’avambraccio sinistro, nel punto scoperto dell’Armatura d’Oro, proprio sotto la spalla. Cadde a terra dolorante, estraendo l’arma e spezzandola, schiantandola contro il suo ginocchio. Albione si avvicinò al ragazzo poco dopo, per controllare la sua ferita, ma Ioria cercò di minimizzare. Strappò un pezzo del suo mantello e ne fece una benda con cui tamponare la ferita, pregando Albione di non farne un dramma.

"Volevo soltanto ringraziarti!" –Gli disse Albione. –"Per avermi protetto!"

"Dovere di Cavaliere!" –Esclamò Ioria. Quindi aggiunse sorridendo, riferendosi alla sua ferita. -"Non dirlo a mio fratello!"

Un po’ tirato, mormorò Albione osservando il ragazzo, ma pur sempre un sorriso.