CAPITOLO VENTIDUEESIMO: IL SOLE PERPETUO.

Fu con una vampata di calore improvviso che Sirio venne risvegliato dal torpore che l’ipotermia stava provocando in lui. Una vampata che lo scagliò verso l’alto, disintegrando la prigione di ghiaccio in cui era stato murato, catapultandolo di nuovo nel gelido Inferno. Ansimando, il ragazzo rotolò sul terreno smosso, spostando poi lo sguardo su chi aveva intorno. E per un momento credette di essere precipitato in una di quelle bellissime ma complicate xilografie orientali, in cui gli autori inserivano decine e decine di personaggi e di dettagli, per riempire tutto lo spazio.

La situazione invero non era poi così diversa, con i Vani, alle sue spalle, costretti ad arretrare di fronte alla carica dei Titani del Gelo, sempre più pressante. Sirio ne vide alcuni arrampicarsi gli uni sugli altri, allo scopo di superare la cintura difensiva degli alleati degli Asi e raggiungere direttamente Yggdrasill, aggrappandosi alle radici che sporgevano nel cielo nebbioso. Ma Njörðr, Dio del Vento e della Navigazione, non era affatto intenzionato a lasciarglielo fare, incitando i suoi pari a resistere, dando l’esempio lottando in prima fila, sostenuto dalle sue brezze turbinanti. Dove fosse suo figlio, il Vicerè di Asgard, questo Dragone non seppe dirselo. Né dove si trovasse Alcor, il suo improvvisato compagno in quella spedizione nel Niflheimr.

Gli unici che conosceva, in quel marasma che lo circondava, erano i due avversari che si stavano fronteggiando a una decina di metri da lui, al di là della crepa nel ghiaccio che il suo salvatore aveva prodotto, per tirarlo fuori dalla prigione.

"Credi di poterti alzare prima che la guerra sia finita o vuoi che ti porti un cuscino?!" –Lo apostrofò Phoenix, balzando accanto a lui, evitando una lunga lancia di ghiaccio.

"Phoenix…" –Mormorò Sirio, faticando nel rimettersi in piedi, con il respiro affannoso. L’amico non disse altro, limitandosi ad afferrargli un braccio e a tirarlo su, fino a permettergli di stabilizzarsi sulle sue gambe.

"Le conversazioni… a poi!" –Commentò, bruciando il proprio cosmo fiammeggiante, unica fonte di colore nel grigiore dell’Inferno. –"A quando non so, ma non ora!" –E corse avanti, arrampicandosi sulla lancia di puro ghiaccio che il suo avversario stava intanto estraendo. Sfruttò la spinta, piegandosi su se stesso prima di lanciarsi contro il viso del gigantesco nemico, liberando il cosmo rossastro che aveva concentrato attorno alla mano destra. –"Pugno infuocato!!!"

Il Colosso di Gelo venne raggiunto in pieno dalla sfera incandescente, che esplose liberando vampate di fuoco la cui sola vista bastò ad allontanare molti compagni del gigante. Phoenix stava intanto cercando di riatterrare, quando Sirio si avvide che il suo nemico, nonostante il dolore evidente del colpo subito, stringeva ancora la lancia di ghiaccio, muovendola all’impazzata di fronte a sé, proprio verso il fianco destro dell’amico.

"Phoenix!!! Excalibur!!!" –Gridò allora, dirigendo un improvvisato fendente di energia contro la pericolosa arma e spezzandone la punta appena in tempo.

Il Cavaliere della Fenice poté così atterrare compostamente, raggiunto in fretta dall’allievo di Libra.

"Non è uno scontro facile!" –Si limitò a commentare, raccontando di aver raggiunto Midgard attorno a mezzogiorno e aver sfruttato uno dei portali dimensionali che Ilda gli aveva mostrato. Lo stesso scelto da Sirio. –"Trovarvi è stato semplice a causa del rumore che fate! Inoltre ho riconosciuto il tuo cosmo, e quello del gatto delle nevi!" –Aggiunse, riferendosi ad Alcor, che era rimasto ferito nella carica dei Giganti di Brina e portato nelle retrovie dai Vani. –"Il difficile sarà abbattere costoro! Ne ho tirati giù una dozzina ed eccoli che si ricreano dopo poco! Certo, le mie fiamme li tengono a distanza, ma non bastano a estirpare il problema per sempre!"

"No, non bastano!" –Confermò Sirio, ricordando le parole del Principe Freyr.

La loro conversazione fu interrotta dal colosso che Phoenix aveva colpito poc’anzi, riuscito finalmente a spegnere le fiamme dal suo volto, congelandole con un respiro di ghiaccio. Hrymr, Re degli Hrimthursar e discendente dei primi Titani del Gelo, incombeva su entrambi con occhi minacciosi.

"Sembra che tu sia degno del mio interesse, uccello di fuoco!" –Affermò minaccioso, e Sirio, che pure lo aveva sentito parlare in precedenza, non poté comunque trattenere la sorpresa. –"Che c’è? Ti stupisce che io parli? Tu forse ti esprimi a gesti come le bestie?! Sono il Re dei Giganti di Brina, erede diretto di Ymir, il gigante primordiale, tramite Bergelmir il Salvato! In me scorre l’essenza divina della creazione che gli Asi bastardi tentarono di reprimere! Io, unico tra tutto il mio popolo, ho il dono della parola! Io, a tutto il mio popolo, sono superiore!" –Aggiunse, sollevando una gamba e piegandola davanti a sé, allo scopo di schiacciare Phoenix e Sirio sotto la sua mole.

I due ragazzi furono svelti a separarsi, scattando in direzioni opposte, ma così facendo si esposero alla lancia di Hrmyr, che già l’aveva puntata su Sirio, ferendolo ad una gamba e gettandolo a terra sanguinante.

Phoenix intervenne prontamente, sollevando una tempesta di fiamme che diresse contro un fianco del colosso, che non ne fu troppo impressionato. Fu solo quando il calore aumentò d’intensità che Hrymr si voltò a guardarlo, quietando il fuoco con il suo gelido respiro e scagliando la lancia di ghiaccio contro Phoenix.

Con prontezza, il Cavaliere di Atena la evitò, balzando di lato e atterrando con le mani, dandosi la spinta per riportarsi in posizione eretta, quando, a un nuovo alitar di Hrymr, dalla terra sorsero migliaia di spuntoni di ghiaccio, affilati come lame.

"Phoenix…" –Rantolò Sirio, che avrebbe voluto correre in aiuto del compagno, ma il dolore ancora fresco alla gamba gli rendeva difficile persino rimettersi in piedi.

Ad un cenno del loro sovrano, decine di Hrimthursar si avvicinarono a Dragone, per farlo fuori adesso che era ferito e privo della velocità che finora gli aveva permesso di evitare i loro attacchi.

"Ma non privo della volontà di combattervi!" –Esclamò Sirio rialzandosi, il sangue che imbrattava il gambale destro dell’Armatura Divina. E così dicendo espanse il cosmo, lasciandosi avvolgere da un immenso dragone di luce, mentre i Giganti di Brina si avventavano su di lui.

Ne atterrò un paio, trapassandoli con il suo attacco energetico, cercò di evitarne altri, ma la gamba ferita rendeva più lenti e imprecisi i suoi spostamenti, al punto che non riuscì ad evitare di essere colpito da alcuni colossi e sbattuto a terra, con la faccia sul tetro nevischio.

Fu una voce nota a venirgli in aiuto, mentre un lampo di luce si accendeva tra le gambe dei Titani del Gelo, graffiandole in profondità.

"Bianchi artigli della Tigre!!!" –Ringhiò Alcor, squarciando gli arti inferiori dei colossi e piombando su Sirio. Lo sollevò bruscamente, poco prima che la mano di un Hrimthursar si chiudesse su di lui, e lo portò fuori dal cerchio nemico, dove alcuni Vani stavano attendendo, con le frecce incendiarie pronte negli archi.

Ad un cenno del Cavaliere di Asgard una pioggia di strali infuocati si abbatté sui Giganti di Brina, penetrando le loro schiene e le loro teste, senza dargli tempo di reagire. Un attacco programmato in modo metodico.

"Gra… grazie!" –Mormorò Sirio, faticando a mantenersi in piedi. Alcor si inginocchiò su di lui e gli sfiorò il taglio con la mano carica di cosmo.

"Non servirà a molto, ma lenirà il dolore per un po’! Il tempo di arrivare… al piano di sopra!" –Commentò, alzando lo sguardo verso il ragazzo dai capelli lunghi.

"Al… piano di sopra?!"

Alcor annuì, rimettendosi in piedi, dopo aver cicatrizzato con il suo gelido cosmo la ferita di Sirio, e facendogli cenno di seguirlo, mentre i Vani tenevano a bada gli Hrimthursar.

"Ma… e Phoenix?!" –Esitò Dragone per un momento.

"Ha la sua battaglia! Noi la nostra!" –Commentò Alcor a voce ferma, continuando ad avanzare. Anche quando Sirio si fermò, voltandosi verso il luogo dove l’amico stava affrontando il Re dei Giganti di Brina. Anche quando Sirio fece per chiedergli delucidazioni. –"Sei un guerriero, ricordi? E spesso si devono prendere decisioni che vanno al di là dell’amicizia! Abbi fiducia in lui e nel Principe Freyr!"

Sirio si riscosse, chiedendosi se tra Phoenix e il Vicerè non vi fosse stato un accordo di cui non era stato messo al corrente. Le grida dei Vani lo spinsero ad andare avanti, mentre si lanciavano contro i Titani del Gelo, permettendo loro di correre alle radici di Yggdrasill. Guardandosi attorno, Dragone notò che soltanto la metà dei guerrieri che aveva visto quando era arrivato era ancora in piedi. Gli altri erano morti o gravemente feriti.

"Dobbiamo andare! Odino e i tuoi compagni ci aspettano!" –Disse Alcor, mettendo una mano sulla spalla del ragazzo e sospirando, comprendendo la sua riluttanza a lasciarsi tutto indietro. A lasciare un amico indietro. –"È in gran forma, meglio di noi certamente! Ed è l’unico con i poteri adatti a vincere Hrymr! Ci raggiungerà nel Valhalla!" –E iniziò ad arrampicarsi lungo le radici di Yggdrasill, seguito dopo poco da Sirio.

Dovettero sbrigarsi e contorcersi all’interno del nodoso groviglio, per evitare di essere raggiunti dalle lance e dalle frecce di ghiaccio che gli Hrimthursar gli stavano dirigendo contro. Quando furono a un centinaio di metri d’altezza, avvolti nella nebbia più buia, Dragone si concesse un momento per rifiatare e per guardare in basso. Ma non vide niente, soltanto un puntolino rossastro espandersi sempre più.

***

Phoenix era riuscito ad evitare la maggior parte degli spuntoni di ghiaccio che Hrmyr gli aveva diretto contro, balzando con agilità nella selva di spilli e distruggendoli con il suo cosmo ardente. Quel lieve impegno del Cavaliere aveva permesso però al Re dei Giganti di Brina di potenziarsi, generando uno scudo di ghiaccio che affisse al braccio sinistro, mentre con la mano destra stringeva l’affilata lancia, la cui punta era macchiata dal sangue di Sirio.

"Dubito che un colpo di matrice psichica funzioni su di lui" –Rifletté Phoenix, chiudendo il pugno. –"Ma non voglio tralasciare nessuna possibilità!" –Aggiunse, scattando avanti.

Hrymr, vedendolo arrivare, girò lo scudo di fronte a sé, ponendosi in posizione difensiva, pronto per calare la lancia. Phoenix mosse il braccio destro, scagliando centinaia di piume metalliche contro il gigante, osservandolo stupirsi mentre queste si conficcavano nella sua protezione, esplodendo poco dopo. Questo non bastò ad abbattere il colosso, ma lo distrasse a sufficienza da permettergli di mancare il colpo quando calò la lancia, dando a Phoenix la possibilità di aggrapparvisi e di venire spinto verso l’alto quando la sollevò. Resosi conto dell’errore, Hrymr cercò di soffiar via il nemico con il suo gelido alito ma Phoenix era già balzato di fronte a lui, il pugno chiuso diretto al centro dell’enorme fronte.

"Fantasma diabolico!!!" –Gridò, prima di essere spinto via da una fredda brezza, che lo fece capovolgere più volte su se stesso, prima di sbatterlo a terra. Come aveva temuto, il colpo segreto che aveva fatto impazzire molti avversari in passato si era rivelato inefficace. Eppure, la presenza dell’essenza primordiale nel Re lo aveva fatto sperare, gli aveva fatto credere che fosse possibile scavare nel suo passato, alla ricerca di un modo per vincerlo. –"Dove vi è creazione vi è distruzione!"

Hrymr parve non aver risentito minimamente del foro che Phoenix gli aveva aperto in fronte, limitandosi a cicatrizzarlo con il suo cosmo gelido, prima di volgere di nuovo lo sguardo su di lui. Anziché adoperare la lancia, decise di cambiare tattica fomentando una tempesta di ghiaccio e neve così intensa da sollevare il ragazzo da terra, nonostante le sue evidenti resistenze, e sbalzarlo in alto, travolto da mille correnti contrastanti che gli pungevano il viso, graffiandolo.

"Spinti da questo gelido vento, i miei Giganti di Brina hanno massacrato gli schiavi degli Asi poc’anzi! È tormenta indicibile per chi non vi è abituato, e tu, debole fiammella, al gelo non sei immune!" –Sentenziò il Re.

"Debole fiammella?!" –Bofonchiò Phoenix, sballottato dalla tempesta di gelo. –"Fatti un giro in superficie e trovati un precettore che ti insegni qualche miglior modo di esprimerti, bisonte di ghiaccio!"

Hrymr non colse neppure le provocazioni del ragazzo, un moscerino luminoso di fronte a lui, limitandosi ad incrementare la potenza della tormenta, deciso a spazzarlo via. Ma quando fece per muovere un passo avanti, una fitta alla testa lo aggredì improvvisa, così acuta da prostrarlo con un ginocchio a terra, obbligandolo a placare parzialmente l’attacco.

Phoenix comprese quel che stava accadendo e mise da parte lo stupore per concentrare il cosmo sul pugno destro e piombare sul nemico, avvolto da un rogo di fiamme ardenti.

"Pugno infuocato!!!" –Gridò, schiantandosi sullo scudo di ghiaccio e mandandolo in frantumi, mentre le vampe penetravano nel braccio di Hrymr, spaccandolo in più punti.

"Maledetto!!!" –Il gigante mosse la lancia per difendersi, ma Phoenix fu svelto a schivarla, prima di afferrarla, incurante del taglio alle sue dita, stringerla con forza e strappargliela poi di mano, lanciandola via.

Alla vista del Re prostrato a terra dolorante, molti Hrimthursar si avvicinarono, scuotendo le teste e facendo gesti tra loro. Sebbene non sapessero parlare, Phoenix non ebbe bisogno di sentirne le voci per capire cosa stessero dicendo.

In un attimo se li ritrovò addosso. Dieci, venti, forse anche di più. Spuntavano ovunque, dal terreno sotto di lui, alle sue spalle, mescolandosi alle nebbie e ai venti che spazzavano il Niflheimr, confondendosi con la caligine di quel mondo di guerra. Evitò molte lance, ne spezzò altre, prima di scagliare raffiche di piume infuocate contro di loro, lasciando che esplodessero e li disorientassero. Ma non bastò a placare la loro furia e presto il ragazzo si ritrovò circondato.

"Non tutto il male viene per nuocere! Così posso colpirvi tutti assieme con un colpo solo! Un unico battito d’ali dell’uccello immortale!!!" –Esclamò a pieni polmoni, mentre il suo cosmo infuocato rischiarava l’aere, assumendo la forma della leggendaria fenice. –"Ali della Feniceee!!!"

Il turbine di energia infuocata sollevò decine e decine di Giganti di Gelo, strappandoli con forza dal terreno per poi restituirglieli a pezzi, dilaniati da fiamme e scariche incandescenti che ne avevano distrutto i tozzi corpi. Quando anche l’ultimo colosso si schiantò poco distante, Phoenix, ancora con il braccio teso verso l’alto e il respiro affannato per l’impegno costante, notò che Hrymr si era rimesso in piedi. E che i rumori dello scontro tra i Vani e gli altri Hrimthursar parevano essersi affievoliti.

Non ci aveva fatto caso in precedenza, preso dal susseguirsi della lotta, ma adesso il maggior silenzio che permeava l’aria era evidente. Un silenzio che poche volte aveva incontrato, ma verso cui provava ancora autentico timore. Il silenzio del nulla, che aveva conosciuto girovagando nei sei mondi di Ade e precipitando nelle piaghe dimensionali di Gemini e Kanon.

"È il silenzio del ghiaccio! La vendetta dei Titani del Gelo!" –Confermò Hrymr, intuendo i suoi pensieri. –"Odino e i suoi fratelli uccisero la mia stirpe affogandola nel sangue bollente di Ymir! In silenzio, senza che questi sospettassero tradimento alcuno, li fecero fuori tutti, tenendoli nel brodo incandescente finché non si sciolsero completamente! Se anche i miei antenati provarono a gridare, le loro voci furono spente dal gorgogliare mesto del sangue, che li divorò dall’interno, annientandoli! In ugual silenzio voglio io massacrare voi, Asi e amici degli Asi, per avere la meritata vendetta bramata per secoli!"

"Un bel minestrone, non c’è che dire!" –Ironizzò Phoenix, strusciandosi il naso. –"Ma come ingrediente temo proprio di restare indigesto!" –Ed espanse il suo cosmo, pronto per ricominciare a guerreggiare con il gigante, che invece rimaneva immobile ad osservarlo, apparentemente ancora stordito dal Fantasma Diabolico.

Il Cavaliere rifletté che il funzionamento del suo colpo segreto differiva in base ai soggetti cui era rivolto, generando oscure visioni di morte o riportando a galla ricordi di un passato rimosso, come era stato nel caso di Mime e di Alcor. Si chiese se non fosse accaduto qualcosa di simile anche con Hrymr, che aveva appena citato i suoi antenati. Nel dubbio, decise di tentare.

"Dimmi, Re del Gelo, è questo ciò che temi? Che Odino condanni anche te e i tuoi fratelli alla stessa fine dei primordiali giganti?"

"È possibile! I figli di Borr hanno ucciso una volta! Potrebbero farlo di nuovo!"

"Ma oggi Ymir non esiste più! In quale brodo primordiale dovreste essere affogati?!"

Nel momento stesso in cui pose la domanda, Phoenix si morse la lingua per essere stato troppo diretto. Se anche il Fantasma Diabolico aveva sbloccato qualcosa, un antico sapere di cui Hrymr era portatore, non ne avrebbe avuto facilmente notizia.

Il Titano del Gelo infatti non rispose, fissando il Cavaliere dall’alto con occhio un po’ stranito, finché non reagì, sollevando la lancia di ghiaccio e puntandola verso di lui. Phoenix fu svelto a lanciarsi di lato, evitando l’affondo, ma Hrymr modellò l’arma in modo da moltiplicarla in centinaia di punte acuminate, tutte dirette verso il ragazzo, che dovette muoversi svelto per schivarle, colpendole poi con piume metalliche.

Nell’attimo di stallo che seguì la distruzione delle lance, Hrymr sollevò un nuovo turbine di gelo e nebbia mentre Phoenix espandeva ulteriormente il proprio cosmo, lasciando che le due tempeste, di ghiaccio e di fuoco, andassero a scontrarsi. Rimasero in equilibrio per una manciata di minuti, durante i quali molti Hrimthursar vennero annientati o scagliati lontano, travolti dalla continua deflagrazione energetica prodotta, finché l’impetuoso battito d’ali della fenice incandescente non superò le difese del Re del Gelo, trapassandone il corpo.

Hrymr crollò a terra, schiacciando anche alcuni fratelli, l’intera figura percorsa da vampe di fuoco. Phoenix si mosse per dargli il colpo di grazia quando, d’improvviso, una mano gli afferrò un braccio, fermandolo e facendolo voltare di scatto.

"Non sprecare preziose energie!" –Esclamò un uomo dal volto elegante e dai biondi capelli, il corpo rivestito da un’armatura argentea. Phoenix riconobbe il Principe Freyr, con cui aveva brevemente scambiato due parole appena arrivato alle radici di Yggdrasill, e fece per chiedergli delucidazioni. Ma questi si limitò a indicare di fronte a sé, la tozza sagoma di Hrymr che stava suturando con il ghiaccio le sue stesse ferite. –"Per quanto ardente sia la fiamma del tuo cosmo, la fiamma che dilania i loro corpi, non sarà sufficiente per annientare completamente i Giganti di Brina, che nella natura stessa, gelida e sterile, del Niflheimr trovano nutrimento!"

"Cosa possiamo fare allora?! Hrymr ha parlato del sangue primordiale di Ymir, ma dubito che ne sia rimasto, vero?!"

Freyr annuì con un sorriso, fissando gli Hrimthursar che, riuniti attorno al loro Re, si stavano riordinando, pronti per attaccare gli ultimi Vani che ancora opponevano resistenza. Fu solo allora, voltandosi verso il punto del cielo dove prima aveva visto spuntare le radici dell’Albero Cosmico, che Phoenix notò che l’esercito di Vanaheimr stava ripiegando e che qualche Gigante di Brina, approfittandone, si era spinto ad afferrare le sporgenze inferiori di Yggdrasill, nel tentativo di risalirlo.

"Vicerè!!!" –Esclamò preoccupato il Cavaliere di Atena, indeciso se muoversi in quella direzione o se continuare il combattimento con Hrymr.

"In nessuna delle due direzioni andrai! Altra è la strada che dovrai seguire per ricongiungerti ai tuoi compagni! Segui gli ultimi Vani, ti condurranno a Gnipahellir e al di là della Porta di Hel!"

"Co… come?!" –Mormorò Phoenix, non comprendendo le intenzioni di Freyr.

I Titani del Gelo scattarono in quel momento, brandendo armi di ghiaccio, sospinti da una corrente gelida a cui Phoenix riuscì a fatica a opporsi. Ma la loro avanzata venne interrotta dal sorgere improvviso di un sole rosso, un sole che abbagliò tutti i presenti, obbligando anche il Cavaliere della Fenice a coprirsi gli occhi, per ammirare il Dio dell’Abbondanza sollevarsi in aria, avvolto in un’aura di pura luce.

"Le parole di Hrymr, che il tuo colpo segreto ha cacciato fuori, hanno confermato quel che da tempo sospettavo! Soltanto una fonte estrema di calore potrà estirpare per sempre questa minaccia!" –Parlò il secondo di Odino. –"Non abbiamo il sangue di Ymir, è vero, ma possiamo usare il mio, il sangue divino del Principe dei Vani! L’unico carico di un calore così ardente da poter generare un sole perpetuo!"

"Principe Freyr…" –Borbottò Phoenix, indeciso sul come agire.

"Va’!" –Disse semplicemente il Vicerè di Asgard, espandendo il proprio cosmo oltre ogni limite e generando un astro di vivida luce i cui raggi trafissero i Giganti di Brina, incenerendoli dall’interno. –"Perpetual Sun!!!" –Recitò, mentre tutto attorno e sotto di lui gli Hrimthursar si squagliavano, si scioglievano, fondendosi con il terreno stesso, anch’esso squassato da faglie confuse.

Anche i giganti che avevano tentato di risalire l’Albero Cosmico vennero raggiunti dal sole improvviso e inceneriti, assieme alle radici stesse di Yggdrasill.

Phoenix, sfrecciando sul terreno distrutto, attento a non precipitare in una fossa, dovette anche guardarsi dal crollo di pezzi di ghiaccio e di radici incandescenti dall’alto, che piovvero sui resti del campo di battaglia, ricoprendo e portando via i cadaveri dei caduti. Il sole in cui Freyr si era trasformato brillava sempre di più, alle sue spalle, e Phoenix in un paio di occasioni credette che fosse sul punto di esplodere. Ma poi capì quel che il Viceré stava facendo. Si sta contenendo, radunando tutte le sue forze, fino all’ultima stilla, per annientare non solo la minaccia rappresentata dai Titani del Gelo ma dal Niflheimr intero.

Preso dai suoi pensieri, quasi non s’avvide di un crepaccio che si aprì di fronte a lui, obbligato quindi a spiccare un balzo verso l’altro versante, che parve allontanarsi proprio mentre saltava, sfaldandosi e precipitando verso l’abisso. Fu afferrato in tempo da una mano robusta, che lo issò sull’altro lato, incitandolo poi a proseguire, senza fermarsi.

Correndo, Phoenix notò il volto stanco del suo salvatore, segnato dalla fatica della guerra e da un’ansia maggiore, che comprese non appena il vecchio dalla folta barba grigia gli si presentò.

"Il mio nome è Njörðr, Dio del Vento e della Navigazione! E sono il padre di Freyr!"

Proprio in quel momento i raggi di luce si fecero sempre più intensi, spingendo Phoenix, Njörðr e i Vani superstiti a correre sempre di più, diretti verso la Porta di Hel, che ben presto sarebbe rimasto l’unico accesso per l’Inferno.

***

Ilda sedeva alla scrivania di quercia nella torre più alta di Midgard, da lei stessa rinominata Torre della Solitudine, in riferimento ai giorni che vi aveva trascorso ultimamente a leggere testi antichi. Da quando era rientrata dall’Olimpo, dopo aver usato per la prima volta la Luce del Nord, si era sentita incompleta, come se alla sua preparazione di Sacerdotessa di Odino mancasse ancora qualcosa.

E sapeva di cosa si trattava. Sua madre glielo aveva detto prima di morire, consegnandole la chiave di un cofanetto dove era rinchiusa la più antica copia del testo base della civiltà di Asgard. La Profezia della Veggente. Sul frontespizio spiccava una vistosa falce di luna circondata da una sequenza di rune che Ilda aveva decifrato a fatica, comprendendo che indicavano la provenienza del manoscritto dall’isola di Avalon.

"Così il cerchio si chiude!" –Commentò, spostandosi i capelli dal volto e richiudendo il tomo con la delicatezza di una madre.

Dopo aver affidato al Principe Alexer la difesa di Midgard e aver concesso a Phoenix di varcare uno dei portali, si era rifugiata nella torre per concedersi un ultimo momento per sé, per radunare le forze in vista della prova suprema. Sull’Olimpo aveva avuto l’aiuto di Odino e di tutti gli Asi, catalizzandone la forza, ma adesso, con gli Dei impegnati per salvare il loro stesso mondo, avrebbe dovuto fare da sola.

Il secondo motivo di quella scelta di solitudine comparve in quel momento sulla soglia della stanza, facendo scricchiolare le antiche assi del pavimento.

Ilda non disse niente, né si mosse, mentre una figura si avvicinava alle sue spalle con passo lento, quasi tremolante. Fu solo quando fu abbastanza vicina da poter percepire lo spostamento d’aria provocato dal gesto di sollevare il braccio che impugnava un coltello che Ilda parlò.

"Infine sei giunto!" –Ma nessuno rispose e Ilda non si girò, continuando a dare le spalle a colui che era salito lassù per ucciderla. Colui che, le doleva ammetterlo, era il traditore di Asgard.

"Perché non vai fino in fondo alla tua missione? Perché esiti, Fiador?!" –Disse infine, voltandosi verso il ragazzo dai capelli fulvi, il cui sguardo sembrava impazzito.

Il figlio del Conte Turin non parlò, tenendo ancora la mano tremante sollevata sopra la testa della donna, il pugnale pronto per affondare nel suo corpo.

"Io… io…" –Balbettò, rabbrividendo di fronte allo sguardo di Ilda. Uno sguardo privo di odio o di rabbia, ma carico di un profondo dolore e, al tempo stesso, di forza.

"È questo ciò che Loki ti ha chiesto, non è vero? Scoprire il segreto di Ragnarök, quel che egli, troppo preso dai suoi propositi di vendetta, ha tralasciato, e poi uccidermi!"

"Voi ne siete al corrente! Tutte queste ore di meditazione e lettura… in quel testo c’è scritto chi può fermare il Crepuscolo degli Dei?" –Parlò allora Fiador, con voce incerta e imbarazzato.

"Loki è fuori strada se teme che il processo da lui innescato possa essere fermato! Nessuno può farlo adesso, neppure Odino! Ne sarebbe consapevole se ne avesse compreso il vero significato!"

"Voi lo conoscete?"

"Sì! E adesso te lo mostrerò!" –Rispose placida Ilda, espandendo il suo cosmo.

Un’onda di energia scaraventò Fiador contro il muro alle sue spalle, strappandogli il gladio di mano e prostrandolo poi a terra, mentre nello spazio vuoto tra lui e Ilda iniziarono ad apparire fumose immagini, generate dal cosmo della Celebrante.

"Bjarkan, la runa della rivelazione, ci mostrerà la verità!"