CAPITOLO TRENTOTTESIMO: IL CROLLO DEI MONDI.

L’apparizione delle Norne e gli sconquassamenti che la caduta di Yggdrasill stava generando presero alla sprovvista i Cavalieri dello Zodiaco che non sarebbero mai riusciti a immaginare una simile apocalisse. Profonde fenditure spaccarono il suolo, aprendosi ovunque sotto i loro piedi e obbligandoli a correre in ogni direzione per non precipitare. Cristal afferrò Flare, spalancando le ali dellarmatura, e si librò in aria; ugualmente fecero Andromeda e Phoenix con Jonathan e Reis, mentre Pegasus cercava Odino in mezzo a quel caos. Lo aveva visto pocanzi correre verso la Fonte del Destino, lasciandosi alle spalle ogni battaglia, come se niente lo interessasse più.

Evitando un geyser di fuoco che sorse dal terreno, Pegasus atterrò dove un tempo si ergeva il Cancello Principale del Valhalla, chiamando a gran voce il nome del Padre delle Schiere, senza riuscire a individuarlo. Ovunque poggiasse lo sguardo vedeva einherjar cadere verso abissi ignoti che improvvisamente si aprivano sotto di loro, crepe da cui spiravano gelidi venti o sorgevano fiamme infernali. Persino la Dimora degli Uccisi stava crollando, le lance e gli scudi che ne componevano lossatura parevano sgretolarsi sotto lululato furioso del vento. Un vento che lo smuoversi delle fronde del Frassino Cosmico aveva generato.

Fu allora che una mano gli si poggiò sulla spalla, pregandolo di non andare oltre.

"Odino Herjaföðr più non ti risponderà! Non ha più schiere da condurre in guerra, poiché questa è ormai l’ultima!" –Esclamò Loki, spuntando a fianco del Cavaliere di Atena, un’espressione rattristata sul volto, segnato da ustioni che ne avevano deturpato la medusea bellezza. E mosse lo sguardo in direzione di Urðarbrunnr, ove Odino stava correndo, per abbracciare un’ultima volta Balder e Frigg.

L’albero antico, misuratore del tempo e dei destini del cosmo, ha adempiuto al suo compito. Fu seminato quando i mondi erano giovani, in vista di un futuro in cui l’universo sarebbe stato distrutto, segnando il termine di un ciclo e aprendone uno nuovo. Adesso doveva crollare. Questo aveva predetto la Volva millenni addietro. O forse ne era a conoscenza poiché era accaduta la stessa cosa alla fine del tempo cosmico precedente? Si chiese il Buffone Divino.

Non ebbe risposta, soltanto la conferma che non avrebbe mai seduto sul Trono degli Spazi, né rimirato Asgard dall’alta rocca. In quel momento il Frassino Cosmico ondeggiò, crollando in avanti, mentre i suoi lunghi e nodosi rami si schiantavano, precipitando a terra e distruggendo edifici o aprendo squarci nel terreno. Huginn e Muginn furono schiacciati dalle ossute fronde e uguale sorte incontrarono gli einherjar, le Valchirie, gli Jötnar e i nani che avevano trovato riparo dentro il Valhalla. Vidharr fece appena in tempo ad afferrare Eir e Idunn e a sollevare un velo di energia per ripararsi che venne sommerso dallo sfascio della fortezza.

Pegasus riuscì soltanto a udire Loki che brontolava: "Non fidarti mai di un oracolo! Hanno il brutto vizio di azzeccarci sempre!" che il mondo crollò.

Fu una sensazione strana, si disse il ragazzo, una sensazione che non sarebbe stato in grado di descrivere in futuro. Gli sembrò che il mondo stesse ripiegando su se stesso, accartocciandosi su di lui. Impiegò qualche istante per capire che stava precipitando, ma non come era precipitato tante volte, in burroni o crepacci. Era come se stesse venendo risucchiato in un altro mondo, e da quello in un altro ancora, in una giostra infinita.

Non vide, o vide a sprazzi, quel che lo circondava. C’erano Sirio, Cristal, Phoenix, Andromeda, che precipitavano con lui, o questo gli parve dalle voci che sentì. Ma c’erano anche Atena e Ilda, e un Cavaliere dall’armatura azzurra che non aveva mai incontrato. E Ioria e Libra, e pure Virgo, anche se la sua corazza era nera, come le Surplici di Ade. E c’era il sole, che veniva sbranato da un lupo, forse Skoll o Fenrir? O forse era un grosso serpente? E campi verdi, erba soffice, canti soavi, Giganti di Ghiaccio, di fuoco e altre creature. E infine c’era l’acqua, tanta acqua, fredda e pesante, nella quale riusciva a muoversi a fatica. Solo allora, guardando meglio, notò che era davvero immerso nell’acqua, in un’acqua gelida che gli entrò nelle ossa.

"Ma cosa diavolo?!" –Borbottò, arrabattandosi per raggiungere un lastrone di ghiaccio che galleggiava poco distante. Vi salì sopra, starnutendo più volte, prima che alcune voci note lo chiamassero.

"Pegasus, sei salvo!!!" –Esclamò Andromeda, la cui capigliatura verde era appena comparsa da dietro una duna di neve, sull’altro lato della lastra su cui erano approdati. Phoenix era con lui e reggeva il corpo stanco di Reis, svenuta nel crollo.

"Dove siamo? E cos’è successo? Dov’è Odino? E Asgard?" –Chiese subito Pegasus, ma nessuno seppe rispondergli. Erano su un lastrone di ghiaccio alla deriva in mezzo a un mare gelido. Fu Phoenix a notare del movimento nelle acque alla loro destra, laddove Cristal e Sirio stavano cercando di aiutare Flare a tenersi a galla. Andromeda srotolò la catena, lanciandola avanti, e li trainò fin sopra l’improvvisata zattera.

"Dietro quell’iceberg… ho visto qualcosa di grosso…" –Commentò Cristal a fatica, stringendo Flare a sé per darle un po’ di calore, non avendo vestiti asciutti o coperte con cui scaldarla. –"Un’isola, o la costa, non saprei…"

Avvicinandosi, i cinque amici notarono che non si trattava di un iceberg, per quanto il colore argenteo li avesse tratti in inganno, complice anche la scarsa luminosità dovuta alla bassa posizione del sole. Era un bastione di una fortezza, o quantomeno quel che ne rimaneva, e galleggiava placido accanto a loro. Si potevano ancora vedere le feritoie per gli arcieri.

Scuotendo la testa storditi, i Cavalieri vi balzarono sopra, scendendo poi sull’altro lato e ritrovandosi a camminare con i piedi per terra, su un vero e proprio suolo, per quanto irregolare fosse. Guardandosi attorno, capirono che si trattava di un pezzo della piana di fronte al Valhalla, proprio dove fino a poco prima (quanto? Si chiesero, senza riuscire a rispondersi) avevano affrontato Surtr. Un resto di muro crollato confermò le loro teorie, mentre sia Pegasus che Cristal riconoscevano l’aquila scolpita su uno dei portoni di Valgrind.

"È incredibile!" –Commentò infine Andromeda, continuando ad esplorare quel lembo di terra. –"È come se Asgard fosse precipitata dal cielo sul pianeta Terra!"

"E, dovessi indicare un luogo, direi che ci troviamo da qualche parte nel Mar Glaciale Artico!" –Aggiunse Cristal, studiando la posizione del sole, prossimo al tramonto. –"A basse latitudini, certamente!"

"Non mi dire…" –Ironizzò Pegasus, prima che qualcosa attirasse la sua attenzione. Un guerriero in armatura lucente era sdraiato in mezzo a quella rovina, la mano ancora stretta ad una lunga asta intarsiata. –"Jonathan!!!" –E corse da lui, scuotendolo e constatando che respirava ancora, essendo solo svenuto e malconcio.

Attorno al ragazzo giacevano scheletri sparsi rivestiti di uniformi che Pegasus ben conosceva, avendo combattuto al loro fianco a Valgrind.

"Gli einherjar!" –Confermò Cristal, con voce triste al ricordo dei valorosi guerrieri che non avevano esitato a morire una seconda volta in nome di ciò che ritenevano santo. –"E i resti delle altre creature che abitavano i nove mondi!" –Aggiunse, indicando quelle che parevano corazze di nani e carcasse di enormi creature, probabilmente i giganti di Jötunheimr.

Non dovette camminare molto, che Pegasus trovò conferma ai suoi peggiori pensieri. Trafitto da un’enorme radice del Frassino Cosmico, che gli aveva sfondato lo sterno, Odino lo fissava con il suo unico occhio rimasto aperto, quell’occhio che per secoli aveva spaziato su universi distanti dall’alto di Valaskjálf. Sospirando, il giovane si inginocchiò accanto a lui, strappandogli un pezzo di mantello e usandolo per coprirgli il volto.

"Hai raggiunto Frigg e Balder, infine. Possiate avere pace, in qualunque luogo esista dopo la morte." –Mormorò, tra le lacrime che gli rigavano il volto.

Fu la voce di Andromeda a scuotere tutti i presenti.

Voltandosi, Pegasus vide il ragazzo indietreggiare di un passo, terrorizzato, e uguale reazione ebbero Sirio e i suoi compagni. Seguendo il loro sguardo, Pegasus diresse gli occhi al cielo, dove finora non aveva guardato e quello che scorse lo sconvolse.

Sopra di loro, quasi fossero sospesi in aria, galleggiavano enormi lastroni di terra, ad altezze diverse, inclinati in modo da rovesciare in mare tutto ciò che rotolava al di fuori. Sgranando gli occhi, Pegasus vide gruppi di nani ruzzolare di sotto da uno di essi, accompagnati dal clangore delle loro corazze, delle asce e degli scudi. Qualcuno tentò di resistere, piantando le scuri nel terreno e facendosi forza per non cadere, ma nuovi sconquassamenti del terreno facevano perdere loro la presa e li condannavano alla stessa sorte dei compagni. Precipitare in mare senza raggiungerlo mai.

Non appena infatti sfioravano la superficie dell’oceano, i loro corpi venivano disintegrati, scomparendo in un tetro luccichio.

"È assurdo!" –Mormorò Pegasus, vedendo che la stessa cosa accadeva con tutte le creature che cadevano dagli altri terreni fluttuanti.

"Non proprio, se ci pensate!" –Commentò Cristal, che aveva osservato con attenzione i lastroni di terra, comprendendo che erano quel che restava dei nove mondi. –"Svartálfaheimr!" –Disse, indicando quello da cui i nani stavano precipitando. –"Jötunheimr!" –E ne indicò un altro, quello dei giganti amici di Odino. –"Credo che il crollo di Yggdrasill abbia provocato uno scompenso dimensionale! I nove mondi erano posizionati su piani diversi dell’esistenza e l’Albero dell’Universo garantiva che non si sovrapponessero mai, era il perno di una complessa architettura cosmica risalente agli albori del tempo. Con la sua scomparsa, i mondi sono ripiegati tutti in uno, distruggendosi a vicenda. Ecco perché attorno a noi ci sono tracce di tutti i nio heimar, ed ecco perché le creature di mondi diversi muoiono entrando nel Recinto di Mezzo, perché non vi appartengono e il nuovo ordine cosmico li respinge. Adesso che il frassino è crollato, soltanto gli Dei sarebbero in grado di muoversi tra i mondi, in virtù della Divina Volontà che li sorregge."

"Quindi, per tutti gli altri abitanti non c’è speranza… Sono destinati a scomparire, retaggi di un mondo che non esiste più." –Mormorò Andromeda, rattristato, sollevando lo sguardo verso il lastrone di terra che aveva compreso essere Álfaheimr e osservando con orrore gli elfi dissolversi in lampi di luce. –"Io… non posso permetterlo!" –Avvampò infine. –"Non posso stare a guardare vite che si sgretolano senza far niente!" –E corse avanti, srotolando le catene e lanciandole verso l’alto, fino a conficcarne la punta nel suolo del mondo degli elfi. Quindi si issò su, di fronte agli sguardi attoniti dei compagni, tranne quello di Phoenix, che scosse la testa concedendosi un sorriso, prima di avviarsi dietro al fratello.

Fu allora che Surtr ricomparve.

Le fiammelle accese e sparse per l’intera zolla di terra ove i Cavalieri dello Zodiaco si erano ritrovati si unirono a formare un’unica entità, che crebbe fino ad assumere le sembianze del Distruttore. Sebbene diverso da come lo avevano visto in Ásaheimr, più basso e dalle forme più definite, l’ossatura era ancora costituita da pura fiamma, adesso scura, e in mano teneva uno spadone di fuoco. Probabilmente, rifletterono i Cavalieri, la distruzione di Yggdrasill ha avuto effetto anche su di lui.

Senza dire alcunché, Surtr investì con un turbine di fuoco il Cavaliere di Andromeda, intento ad arrampicarsi verso il mondo degli elfi. Cristal intervenne subito in suo aiuto, liberando la Polvere di Diamanti e spegnendo gran parte delle fiamme, ma il Nero non diede loro tregua, allungando sinuose vampe oscure sul terreno.

Rispetto allo scontro precedente, i ragazzi si trovarono in difficoltà, perché lo spazio di manovra era notevolmente ridotto. Inoltre dovevano proteggere Reis e Jonathan, ancora privi di coscienza, e non avevano più Divinità al loro fianco.

"Ma non ci arrenderemo per questo!!! Acque della Cascata, innalzatevi!" –Esclamò Sirio a gran voce, sollevando migliaia di dragoni energetici dall’oceano, da cui attinse forza ed energia. Ugualmente fece Cristal, ricoprendo di ghiaccio le fiamme e il suolo che Sirio aveva inondato.

Fu una breve vittoria, che disorientò Surtr, ritrovatosi con il corpo congelato dalla vita in giù, ma permise ad Andromeda di raggiungere la terra degli elfi, giusto in tempo per afferrarne alcuni che stavano precipitando in mare. Si sorprese nel vedere la loro espressione, calma e imperturbabile, ben diversa dall’agitarsi impaurito e rabbioso dei nani e degli Jötnar.

"Ci rivediamo, Cavaliere di Andromeda!" –Esclamò la voce serena di Arvedui, che in quel momento venne sbalzato fuori dalla sua terra. –"Ma temo che anche stavolta sarà un breve incontro!"

Andromeda lo afferrò con la catena, ma proprio allora Álfaheimr fremette di nuovo e crepe si aprirono sul lastrone di terra, distruggendo quel che rimaneva della florida foresta ove gli elfi avevano danzato e cantato per millenni. Il ragazzo venne spinto indietro, oltre il bordo dell’isola galleggiante, obbligandosi ad usare l’altra catena per arrotolarla al fusto di un albero e non precipitare a sua volta.

"Neppure tu puoi cambiare il fato, Andromeda!" –Commentò Arvedui, ciondolando sotto di lui. –"Sii grato per ciò che hai fatto finora per la tua gente e ricorda quel che ti dissi sulle tue facoltà!"

Proprio in quel momento, mentre un turbine di fiamme si abbatteva sul Cavaliere Divino, Andromeda vide nella sua mente quel che sarebbe accaduto. Surtr aveva usato la spada di fuoco per liberarsi dal ghiaccio e sbaragliato i Cavalieri dello Zodiaco, prostrandoli a terra in roghi di morte. Pegasus era stato persino scagliato in mare dalla carica del Distruttore e adesso nuotava scocciato verso l’isola. Per difendersi, Andromeda avrebbe dovuto usare la catena ma una gli serviva per non cadere e l’altra per sorreggere Arvedui e gli altri elfi, che presero la loro decisione.

Sorridendo, il nobile elfo sfiorò gli anelli con la mano e l’arma allentò la stretta, obbedendo al suo comando mentale e lasciandoli liberi di cadere.

"Nooo!!!" –Gridò Andromeda in lacrime, osservando gli elfi disintegrarsi al contatto con il mare o con le fiamme di Surtr. Quindi, spinto dal desiderio di rendere loro giustizia, si tirò su, lasciando turbinare la catena attorno a sé per proteggersi dalle vampe di fuoco. Espanse il suo cosmo, che rischiarò il cielo di quel giorno, usandolo non per attaccare bensì per penetrare la zolla di terra su cui si ergeva, spaccandola in due metà perfette. Conficcò ciascuna punta della catena in una metà e fece forza, mettendoci tutto se stesso, tutta la determinazione per un futuro migliore che aveva accompagnato i suoi passi, fin dai giorni dell’addestramento, fin da quando si era liberato dalla prigionia degli scogli sull’isola che lo aveva fatto Cavaliere.

"È impressionante!" –Commentò Cristal, dal basso, che aveva compreso le intenzioni dell’amico.

Un attimo dopo Andromeda, facendo forza nelle catene, scagliava quel che restava di Álfaheimr contro Surtr, sommergendolo sotto tonnellate e tonnellate di terriccio. Lo sforzo gli fece quasi perdere i sensi e, non fosse stato per Phoenix che aveva già spalancato le ali della sua corazza, sarebbe precipitato in mare.

"Ti tengo, fratello!" –Disse il ragazzo dai capelli blu, atterrando di nuovo sull’isola e ricongiungendosi con gli amici, anche con Pegasus che stava lamentandosi per il secondo bagno in acqua fredda di quel giorno.

Le loro speranze durarono pochi minuti, il tempo che Surtr impiegò ad incendiare l’ammasso di terra che l’aveva sommerso e a riassumere la sua forma demoniaca. Il boato della sua ricomparsa svegliò del tutto Reis e Jonathan, che si rimisero in piedi a fatica, storditi dal trasferimento dimensionale.


"Che strano!" –Mormorò il Cavaliere dei Sogni. –"Eppure siamo abituati a spostarci tramite portali! Cos’è quest’ombra che sento addensarsi attorno ad Avalon?"

La sua compagna non fece in tempo a rispondere che dovette balzare su di lui, per proteggerlo da una delle tante sfere di fuoco che Surtr stava tracimando su di loro. –"Cascata di luce!" –Esclamò, facendo roteare il cosmo attorno a entrambi, mentre Jonathan si rimetteva in piedi distruggendo i globi incandescenti con raggi energetici.

"Ok, questo è il momento di tirare fuori un’idea!" –Ironizzò Pegasus, riparandosi dalla pioggia di fuoco dietro un pezzo di muro.

"Aspettavo giusto che qualcuno mi chiamasse!" –Affermò una voce all’improvviso, facendo voltare i sette Cavalieri verso un punto tra le rovine, laddove una stanca sagoma si era appena sollevata, scansando i detriti e il fango rovinati su di lui.

"Loki! Sei ancora vivo?" –Esclamò Pegasus, senza capire se esserne felice o preoccupato.

"Non basta certo un tuffo dimensionale per farmi fuori! Più volte ho viaggiato da un mondo all’altro! Pur tuttavia… c’è qualcosa di strano…" –Rifletté l’Ingannatore, il cui corpo ormai, quasi del tutto scoperto dalle vesti stracciate che gli rimanevano, era pieno di ustioni e cicatrici. Quasi a cercare conferma ai suoi pensieri, poggiò il pollice sulla lama di una spada che giaceva abbandonata poco distante, tagliandosi e osservando il sangue zampillare fuori. –"La mia protezione… svanita…" –Aggiunse, prima di voltarsi e fissare Surtr con disprezzo. –"Ed è tutta colpa tua!!! Isa!!!" –Gridò, evocando la runa di ghiaccio.

Ma non successe niente.

Loki, frustrato, stanco e irato, riprovò di nuovo, tracciando segni nell’aria, ma non ottenne altro che lo sguardo incuriosito del Gigante di Fuoco, che, compreso di non doversi aspettare alcun attacco, mulinò l’enorme spadone sopra di lui.

"Così è, quindi!" –Rifletté il Nume, balzando di lato per evitare il taglio della lama di fuoco. –"Non ho più alcun controllo sulle rune! La magia del Mondo Antico mi è preclusa, persa per sempre con il crollo dell’Albero Cosmico! Ma non crediate però, nemici o amici, che di armi io sia privo!" –Loki si sforzò di sorridere, per quanto l’espressione sgomenta sul suo volto tradisse un certo nervosismo. Sollevò un braccio al cielo, fermando l’avanzata delle vampe di fuoco e sospingendole indietro, travolte da una tempesta di gelo così intenso che a Sirio, Phoenix e Cristal ricordò il clima delle distese di Hel. –"Soffio di Fimbulvetr! Accogli, Nero Distruttore, l’avvento dell’inverno, il debordare del gelo degli Jötnar!"

La gelida bufera sommerse buona parte dell’isolotto galleggiante, spegnendo le vampe oscure e le fiamme dello spadone, strappando un moto di sorpresa, forse di terrore, allo stesso figlio di Muspell. Un attimo dopo, paralizzato nell’ultima espressione, Surtr era stato completamente congelato e Loki, soddisfatto, poteva alfine volgere le proprie attenzioni verso i Cavalieri dello Zodiaco.

"Veniamo a noi, ordunque!" –Commentò, con un sorriso sghembo.

Pegasus e gli altri sollevarono le difese, certi di dover lottare con l’Ingannatore, adesso che la minaccia del Nero sembrava sventata. Ma Loki passò loro accanto senza compiere gesti offensivi, limitandosi a guardarsi intorno disorientato.

"Che ne è del Guercio?" –Chiese infine.

Nessuno rispose ma gli sguardi di Pegasus e di Cristal furono eloquenti, e Loki comprese.

"Assieme a Balder e ai miei figli quindi. Umpf, ci ritroveremo presto!" –Mormorò, trovando infine il corpo martoriato di Odino e chinandosi su di lui. Gli tolse il mantello dal volto, per guardarlo un’ultima volta e poi sollevò la mano, sul cui palmo riluceva un’energia azzurra.

"Non ti permetterò di sfregiar…" –Gridò Cristal, balzando avanti, e venendo spinto prontamente indietro da un solo sguardo del Burlone Divino, che calò la mano sul corpo di Odino, rivestendolo di uno strato di brina.

"A guerreggiar con i morti non si ottiene grandi onori, Cristal il Cigno!" –Commentò, rimettendosi in piedi ed espandendo il proprio cosmo, il suo vero cosmo, quello che fino ad allora raramente aveva usato, preferendo attingere all’immerso serbatoio energetico che la conoscenza delle rune poteva fornire.

Prima che qualcuno potesse rompere l’imbarazzato silenzio, uno scricchiolio fece voltare tutti i contendenti verso la statua di ghiaccio in cui Surtr era stato congelato. Un secondo scricchiolio li fece preoccupare e al terzo, che crepò la rozza scultura, i loro timori divennero realtà.

"Non è possibile!!!" –Gridò Loki, genuinamente sbalordito. –"Nessuno può sopravvivere al Soffio del Grande Inverno! Anche privo delle rune, rimango la più grande Divinità del pantheon nordico, pari soltanto a Odino! Non riesco a credere che uno stupido, maledetto Gigante di Fuoco possa eludere i miei poteri!!! Prendi ancora il Soffio di Fimbulvetr!!!" –Avvampò l’Ingannatore, scatenando una nuova e persino più poderosa tempesta di gelo contro Surtr.

Dal canto loro, i Cavalieri dello Zodiaco, per dimostrare a Loki che la strana alleanza non era ancora venuta meno, unirono i loro poteri ai suoi, potenziando la bufera di gelo. In particolare Cristal e Sirio scatenarono correnti di gelo e acqua contro i piedi di Surtr, riuscendo per qualche minuto a solidificarli. Ma istanti dopo la sua fiamma riesplose con veemenza maggiore, liberando le vampe mortifere e incendiando tutto ciò con cui venivano a contatto. Persino la salma di Odino si sciolse, ingoiata dall’inferno scatenato da Surtr.

"È incredibile!" –Rifletté Loki, il braccio teso nello sforzo di scaricare quanto più gelo possibile sul Distruttore. –"Sebbene sia un figlio della creazione, al pari di Tifone, Biliku o Ymir, la sua forza non dovrebbe essere tale. Invece… sembra aumentare progressivamente, come se i nostri attacchi lo potenziassero! Mentre le nostre energie, ahimé, vanno scemando!" –Si disse, sentendosi improvvisamente stanco, mentre tutto il peso del fallimento e delle perdite di Ragnarök gli ricadevano infine addosso. –"Da quale fonte ancestrale può attingere potenza?"

La spada di Surtr in quel momento rilucette, prima di abbattersi con forza in mezzo al gruppo di combattenti, spaccando il suolo e separandoli. Loki approfittò di quel momento per canalizzare nel mantello tutta l’energia che ancora gli restava. Gli sarebbe bastato desiderare di essere un’aquila per volare via, lontano da quella guerra per la quale nessun tesoro avrebbe ottenuto vincendola. Invece fece la sua scelta, come Arvedui, Durin e Freyr prima di lui.

Pegasus balzò indietro vedendo le forme di Loki mutare e divenire una creatura gigantesca, alta quanto Surtr, ma di aspetto differente. Sirio e Phoenix sgranarono gli occhi alla vista dell’essere che avevano affrontato nel Niflheimr ore prima. Hrymr, il Signore dei Giganti di Brina.

"Sono della stazza giusta per affrontarti, fiammella?" –Ringhiò Loki, sollevando la scure di gelo che possedeva e lanciandosi avanti. –"Ah già non parli! Il crollo dei mondi deve averti mozzato la lingua! Bene, così mi risparmierai il tuo alito pesante!"

Surtr avvampò, muovendo lesto la scimitarra di fuoco e lasciando che le due armi cozzassero tra loro, producendo scintille e onde d’urto che fecero tremare l’intera isola. Pegasus e i suoi compagni si rifugiarono al margine estremo, protetti dalle mura diroccate del bastione asgardiano, osservando l’apocalittico scontro tra titani che stava infiammando il cielo del Mare Artico.

Loki mosse la scure di gelo dal basso verso l’alto, squarciando un braccio di Surtr e facendogli perdere la presa sulla spada di fuoco, che precipitò in mare, spegnendosi. Ma prima che potesse calarla sull’altro lato, venne investito da una tempesta di fiamme che il Distruttore gli alitò in faccia, obbligandolo a roteare la scure di fronte a sé, per pararne le vampe, offrendo il piatto al nemico.

Surtr ne approfittò per allungare i propri arti fiammeggianti, in modo da generare due fruste di fuoco che arrotolò attorno alle caviglie del rivale, strattonando poi con forza e facendolo cadere all’indietro, fino a schiantarsi sull’isolotto, mandandolo in pezzi. Pegasus e gli altri ragazzi si ritrovarono alla deriva, dentro i resti di un bastione che andava sgretolandosi ogni minuto di più. Andromeda, su consiglio del fratello, liberò la propria catena, allungandola fino a raggiungere un lembo di terra, dentro cui si conficcò, arrestando il loro spostamento. Uno dopo l’altro, rapidi e leggeri, i Cavalieri dello Zodiaco e di Avalon corsero lungo la catena, abbandonando l’improvvisata zattera e rifugiandosi su quella che sembrava terraferma, o quantomeno un’isola più grande. Per ultimo arrivò Andromeda, sfruttando il rinculo della catena per darsi una bella spinta e atterrare accanto ai compagni.

Guardandosi attorno, Cristal cercò di stabilire dove si trovassero, da qualche parte oltre il Circolo Polare Artico, ma non seppe dirlo con precisione.

"Potremmo essere su un isolotto delle Svalbard o nella terra di Francesco Giuseppe!"

"Non lontani da Midgard!" –Intervenne allora l’infreddolita Flare. –"Non lontani da casa!"

Cristal le sorrise, incapace di dirle quanto l’amasse, quando un grido di Andromeda lo costrinse a volgere lo sguardo verso il mare, mentre le sagome di Surtr e di Hrymr continuavano ad affrontarsi, tra sbuffi di gelo e vampe di fuoco. A causa degli smottamenti continui, il lastrone di terra su cui lottavano si era mosso nelle correnti e entro breve sarebbe entrato in collisione con l’isola dove i Cavalieri si erano rifugiati. Non avvedutosene, Loki venne distratto dall’urto, permettendo a Surtr di spingerlo indietro e balzargli sopra, stritolandogli il collo con la sua verga di fuoco.

Loki, per non soffocare, fu svelto a spingere l’immonda sagoma fiammeggiante di lato, sbattendola sul terreno vergine della nuova isola, che subito si incendiò, cingendo il falso Gigante di Brina e i Cavalieri dello Zodiaco in un rinvigorito rogo. Recuperando l’ascia di gelo, Loki la mulinò, mirando al cranio di Surtr, che fu svelto a sgusciarvi sotto, evitandola e portando avanti il braccio, a forma di spada di fuoco, con cui trafisse l’avversario all’altezza del fianco, strappandogli un grido di dolore.

"Loki!!!" –Gridò Pegasus, vedendo il gigante accasciarsi al suolo e mutare con lentezza le sue forme, riacquistando l’aspetto del Grande Ingannatore, il cui lato destro del busto era una macchia di sangue.

"Non guardarmi con quello sguardo carico di pietà, ragazzo! Io per te non l’avrei!" –Si limitò a rispondere questi, affannando nel rimettersi in piedi, mentre Surtr torreggiava tronfio sopra di loro.

"Questo lo sappiamo bene!" –Disse allora una voce femminile, che tutti conoscevano seppur non capissero da dove provenisse. –"Pur tuttavia ti sei dimostrato suscettibile di perdono, Loki della stirpe degli Jötnar!"

In quella un fulmine azzurro squarciò il tramonto, abbattendosi proprio in mezzo a Surtr e ai Cavalieri dello Zodiaco, spingendo il primo indietro, all’interno di un recinto di folgori incandescenti generate da un uomo che parve cadere dal cielo stesso. Cristal riconobbe subito la splendida armatura celeste, notando per la prima volta delle sottili ali ripiegate sulla schiena. Ugualmente fecero Reis e Jonathan che si inginocchiarono di fronte ad Alexer, uno dei Quattro.

Una vibrazione nello spaziotempo anticipò l’apparizione di due splendide donne, in tenuta da battaglia, affiancate da Euro, Mur e Kiki, che sorrideva divertito, felice di rivedere gli amici.

"Milady!" –Esclamarono i Cavalieri dello Zodiaco, alla vista della loro Dea. –"Isabel…" –Mormorò Pegasus, ancora a bocca aperta, cui Atena rispose con un sorriso sincero.

"Ilda di Polaris!" –Si stupì Loki, non credendo che la Celebrante di Odino fosse ancora viva. –"Dovrai trovarti un altro lavoro, adesso, non essendoci più alcun Dio da onorare."

"Ce l’ho già!" –Esclamò fiera la donna, avvicinandosi all’Ingannatore e porgendogli una mano, per rimettersi in piedi. –"Debellare per sempre la minaccia di Surtr, e per farlo tu dovrai aiutarmi!"