CAPITOLO TRENTASEIESIMO: IL SECONDO AVVENTO.

Il potere di Caos era immenso.

Lo percepirono tutti, non appena uscì dalla porta che conduceva all’interno della ziggurat nera, e tutti tremarono, trovandosi di fronte a una concentrazione tale di energia da mettere in discussione tutto quello in cui avevano sempre creduto. Concetti come forza o debolezza, ordine e gerarchia, attacco e difesa, parvero perdere significato. Adesso, di fronte a loro, c’era soltanto un’infinita quantità di energia primordiale, la stessa da cui aveva avuto origine la terra su cui camminavano, l’aria che respiravano, l’acqua che bevevano e i loro poteri. Cos’erano, in fondo, se non tutti figli suoi?

Pegasus e i suoi quattro amici erano immobilizzati, per quanto avessero già avuto un assaggio della sua spaventosa potenza quando, sotto forma di nube nera, era apparso sull’Isola Sacra, fagocitandone il custode. Quel ricordo, quell’orribile memoria, riapparve all’istante davanti ai loro occhi, assieme al senso di impotenza provato. Soltanto Pegasus, tra i cinque, riuscì a muovere un passo, posizionandosi di fronte ad Atena e annuendo. Non visto, Andromeda sospirò.

Alle loro spalle Asher, Castalia, Tisifone, Toma, Nikolaos, Shen Gado tremavano di paura, come bambini di fronte al buio, loro che bambini non erano mai stati. Eppure non riuscivano a fare altro, nemmeno a distogliere lo sguardo da quella minacciosa corazza da battaglia che, forse soltanto pensandola, Caos aveva generato. Anche Sin se ne stava zitto, dopo la batosta presa da Erebo e la distruzione della sua armatura, tra Hubal e Avatea, con il primo muto e la seconda intenta a mormorare qualcosa in una lingua polinesiana che non conosceva, forse una preghiera per tutti loro.

Anche Atena avrebbe voluto pregare, ma non sapeva chi. Forse le sue amiche, le Dee che le avevano offerto i loro doni di amicizia, vittoria e sapienza, se ancora vivevano dentro di lei, se ancora non erano state attirate dalla perversa oscurità di Caos.

Accanto a lei, schierati uno accanto all’altro, Zeus e Nettuno, Ermes ed Efesto, Amon Ra, Horus e Bastet, infine Vidharr, più che mai silente. Persino Pentesilea non stava proferendo parola, la mano che a fatica riusciva a stringere la spada dalla lama sbeccata senza tremare. Mirina, dietro di lei, represse un singhiozzo spaventato.

Soltanto gli Angeli parvero non provare niente. Per quanto la logica domandasse prudenza, in fondo al loro cuore balenarono due sentimenti diversi; il primo, assai ovvio, fu uno sconfinato senso di soddisfazione, di completamento di un’esistenza. In vista di quel giorno avevano vissuto e quel giorno era arrivato. Inoltre, per quanto lo tenessero a bada e non volessero lasciarlo libero di divorare la loro capacità di giudizio, furono toccati anche dal desiderio di vendetta. Per Avalon, prima di tutto, e forse anche per Anhar, la cui mente Caos aveva avvelenato.

Ma fu Toru dello Squalo Bianco a farsi avanti per primo, sputandosi sulle mani e poi sfregandole, di fronte allo sguardo sconcertato del resto dei combattenti. Avanzò di una ventina di passi, apostrofando Caos senza mezzi termini.

"Dunque sei tu… Pō l’oscuro! Il generatore delle tenebre primordiali! Il responsabile della fine del mio Avaiki!"

Caos non rispose, impassibile, dietro l’elmo che gli copriva la faccia e da cui usciva una matassa di capelli verdognoli. Soltanto il leggero inclinarsi del cranio fece capire a Toru che lo aveva individuato. Così, bruciando il cosmo, sbatté il pugno nel palmo dell’altra mano, dichiarando che quel giorno avrebbe avuto giustizia.

"Per me e per tutti gli Areoi caduti a causa tua, maledetto!" –Gridò, scattando avanti, avvolto in un’aura bianca e celeste.

"Toru, fermo!!!" –Gli urlò dietro Sirio, mentre anche Ascanio fremeva impotente, ma il Comandante degli Areoi non lo ascoltò, balzando in alto e liberando un gigantesco squalo di energia.

"Imperium Carcharodon!" –Tuonò, scatenando il suo massimo attacco, appreso da Afa dello Squalo Tigre quando era ancora un ragazzo pieno di sogni e speranze.

Il temibile animale di puro cosmo sfrecciò verso Caos, di fronte allo sguardo attento di tutta l’Alleanza, ma lui nemmeno si mosse, lasciando che si schiantasse contro un muro invisibile a pochi passi da sé. Una barriera oltre la quale lo Squalo Bianco non poté andare, per quanto ardore riversasse nell’attacco.

"Scappa, Toru!!!" –Esclamò Ascanio, comprendendo quel che sarebbe accaduto. –"Vattene subito!" –Ma non fece in tempo.

Caos rimandò indietro l’assalto, investendo il polinesiano mentre era ancora sospeso in aria. Lo aggredì, dilaniò e spezzò in più parti, fino a schiantarlo a terra, in una pozza di sangue, ossa rotte e schegge di armatura, tra le grida degli Areoi superstiti, che subito corsero dal loro Comandante, incuranti dei richiami degli altri Cavalieri.

"Aaah…" –Rantolò Toru, con le ultime forze. Riuscì solo a vedere Parò, Aitu e Waku che si chinavano su di lui, prima di chiudere gli occhi. Sospirando, Parò si augurò che la sua anima si fosse riunita a quella degli aumakuas, per trovare pace nella Perla dei Mari, continuando a sognare un avaiki che non avrebbe più rivisto.

In quel momento Caos mosse la lancia, mulinandola verso destra e scatenando, con quel semplice gesto, un devastante fendente di energia.

No, si disse Pegasus. Non è un fendente, è una vera e propria onda!!!

La prima linea dell’esercito dell’alleanza venne annientata, prima ancora che qualcuno potesse abbozzare una forma di difesa. Fu soltanto in virtù di quella strage che i Cavalieri dello Zodiaco, delle Stelle e gli Dei rimasti poterono rimettersi in piedi, feriti e con le corazze danneggiate, ma i corpi ancora integri.

Tirando uno sguardo avanti a sé, là dove prima i giovani Areoi si erano stretti attorno al Comandante, Pegasus vide aprirsi una macabra fossa macchiata di rosso e bianco, frammenti così piccoli che soltanto il possesso del Nono Senso gli permise di notarli. E, poco oltre, dove Arawn aveva tentato di proteggere Rhiannon, dove Tirtha e i santoni indiani avevano sollevato uno scudo psichico e dove Pentesilea si era lanciata avanti, spada in pugno, seguita da Mirina, non c’era niente che li ricordasse. Soltanto un terreno devastato di buche e mucchi di terra smossa.

"Pentesilea…" –Mormorò Phoenix, incredulo.

"È… incredibile! La sua potenza… supera ogni aspettativa…" –Disse Cristal, mentre Andromeda e Sirio, al suo fianco, rimasero in silenzio, gli occhi umidi di lacrime che non avrebbero voluto, ma non riuscirono a impedirsi di, versare.

"Cosa… possiamo fare?" –Domandò allora Pegasus, voltandosi verso gli Angeli. –"Che speranze abbiamo?"

"Non ne abbiamo." –Tagliò corto Andrei. –"Mai avute. Fin dall’inizio è stato un suicidio, ma se la scelta è aspettare che quel bastardo silenzioso venga a prendermi a Isla del Sol o provare a spezzare la sua tronfia sicurezza allora scelgo la seconda." –E avvampò nel suo cosmo amaranto, prima di sollevarsi in aria come una cometa di fuoco e schizzare verso Caos. –"Aurora infuocata!!!"

"Sono con te, fratello!" –Gli andò dietro Alexer, evocando una torma di fulmini azzurri. –"Tempesta siderale, soffia!" –Asterios non disse altro, limitandosi a scatenare la furia delle correnti d’acqua, che si sommò alle folgori e al fuoco degli altri Angeli, generando un assalto veloce, potente e mirato che scosse l’intera facciata della ziggurat nera.

Ma Caos, anche quella volta, non si scompose, riparato dietro l’invisibile protezione su cui il triplice attacco impattò, facendo tremare il Santuario delle Origini ma non il suo ospite. Qualche crepa si aprì sui blocchi di roccia nera, mentre gli Angeli liberavano la fiamma del loro potenziale e Pegasus si convinse che fosse il momento per unirsi a loro. Avvolse il pugno destro nel suo cosmo azzurro e fece per scattare avanti, quando Andromeda lo afferrò per un braccio, chinando lo sguardo.

In quel momento un’onda di energia travolse Andrei, Alexer e Asterios, gettandoli a gambe all’aria tutt’attorno a loro, con le ali spezzate e le corazze danneggiate. Di certo, se non fossero state interamente di mithril, avrebbero raggiunto Toru e gli altri.

"Andrei!" –Si agitò subito Jonathan, muovendosi verso di lui, solo per trovare Ascanio a sbarrargli il passo. Con voce ferma e sguardo triste, lo invitò a desistere.

"Non possiamo permetterci distrazioni! Non adesso!"

Jonathan, al pari degli altri Cavalieri delle Stelle, comprese quanto sottinteso.

Non adesso che siamo arrivati a questo punto, e abbiamo sacrificato tutto e tutti. Sospirò, tornando a voltarsi verso Caos, che, nel frattempo, aveva iniziato a scendere lungo la scalinata, raggiungendo l’ampia piattaforma situata a metà dell’altezza della ziggurat.

"Credevo che non potesse avere forma umana…" –Disse infine Pegasus, rivolto a Zeus. Ma fu Amon Ra a rispondergli, facendosi avanti, con Bastet e Horus ai lati.

"Temo che, dopo essersi nutrito di tutti gli Dei che gli sono stati offerti in dono, la vostra amata Demetra, tra gli altri, Caos abbia acquisito il potere, e anche la conoscenza necessaria, per generare un proprio corpo. In verità, io credo che, come Dio Creatore, egli possa tutto. Ciò che lo separa dalla vittoria completa, a parte il nostro ridicolo tentativo di ritardarla, è la mancanza di consapevolezza."

"Comprendo le vostre parole, possente Amon. Caos è al momento come un bambino prodigio, dotato di grande talento ma ancora grezzo." –Intervenne Vidharr. –"Ed è questa finestra di tempo la nostra speranza. Vincerlo, abbatterlo, renderlo inerme, prima che riacquisti completa padronanza di sé, prima che possa essere in grado di fare tutto semplicemente volendolo."

"Proviamoci allora!" –Concluse Horus. –"Per i miei figli! Per i miei genitori! Io ci proverò!" –E si avvolse nel suo cosmo argenteo, scattando avanti, liberando la sagoma di un falco di energia, a cui andò subito a sommarsi il cosmo di Bastet, prima che anche il Signore di Karnak spalancasse le braccia, rivelando un immenso occhio di fuoco che puntò su Caos.

"Prudenza, possente Amon! Sarà anche un bambino ma di certo è pericoloso!" –Esclamò Zeus, strappando un sorriso al Dio egizio.

"Temo che ormai, mio buon amico, la prudenza sia l’ultimo dei nostri problemi. È forse stata, al contrario, la causa di questa nostra probabile disfatta." –Commentò, prima che il Creatore di Mondi gli rinviasse contro il suo attacco, a cui Amon Ra tentò di opporsi incrociando le braccia al petto, caricandole di ardente energia, ma venendo comunque sbattuto a terra. Bastet e Horus furono meno fortunati, investiti in pieno e scaraventati alle spalle delle forze dell’Alleanza, con le corazze in frantumi e numerosi tagli aperti sul corpo.

"Horus, fratello mio!" –Gridò Febo, seguendo con lo sguardo il doloroso volo del Dio Falco, prima di riportarlo su Caos e avvampare nel suo cosmo. –"I Talismani! Sono stati creati per sconfiggerlo, no? Devono riuscire nel loro intento, allora! Ci riusciranno! Avalon ne era sicuro!"

"Avalon conosceva i loro segreti, meglio di noi." –Precisò Ascanio.

"Ma è morto! E se non vogliamo morire anche con noi…" –Nel parlare, Febo espanse il cosmo, che lo avvolse come la corona solare, prima di sollevare il braccio destro e liberare il proprio colpo segreto. –"Bomba del Sole!"

Marins lo seguì all’istante, scatenando l’impeto dei mari azzurri, a cui andarono a sommarsi le comete d’oro di Jonathan, il vortice di luce di Reis, la danza dei sette colori di Matthew e le croci di luna di Elanor. Ultimo, sopra tutti loro, ruggì Ascanio, portando avanti le braccia e liberando i Draghi di Albion.

"Danza dei draghi!" –Gridò, mentre l’assalto congiunto piombava su Caos, che continuò a scendere le scale della ziggurat senza degnarlo d’attenzione, limitandosi a roteare la lancia, parandolo e prendendone il possesso. Quindi, con identica irrisoria facilità, lo fece suo, caricandolo del proprio cosmo, prima di dirigerlo verso le forze dell’Alleanza.


"Attenti!" –Esclamò Efesto, sollevando una muraglia di terra e lava, subito affiancato da Phoenix, che la potenziò col suo cosmo, mentre Andromeda e Cristal tentarono di frenarlo con le loro tempeste d’energia. Ma tutti vennero spazzati via, travolti dall’onda scatenata da Caos, ritrovandosi a urlare sottoposti a una pressione mai provata prima, fino a schiantarsi a terra, ovunque, sul martoriato suolo del Gobi.

"In… credibile…" –Rantolò Marins che, nell’urto, credette di aver subito danni alla mano artificiale, faticando, adesso, nel controllarne le dita. E forse, si disse, immaginando lo stato delle sua ossa, è il danno minore!

"Che strano." –Mormorò Jonathan. –"La sua aura è diversa da tutte quelle incontrate finora… è come affacciarsi a un precipizio e guardare giù, in un vuoto senza fine…"

"Immensa, ancestrale eppure… perché mi sembra di conoscerla?" –Disse Reis, giacendo scomposta accanto a lui.

In quel momento, mentre Caos terminava la discesa dell’ultima rampa di scale, il suo cosmo invase la spianata di fronte al Santuario delle Origini, schiacciando a terra tutti i Cavalieri e gli Dei a cui erano fedeli. Lo scettro di Nike si sbriciolò nelle mani di Atena, che vanamente vi stava facendo forza per rialzarsi, crollando di nuovo a terra, davanti agli occhi impotenti di Pegasus che non riusciva neppure a puntellarsi sulle ginocchia. Scosse Sirio, accanto a lui, che doveva aver perso i sensi e sangue gli colava da una tempia ferita, mentre Cristal, Andromeda e Phoenix potevano soltanto seguire con lo sguardo i movimenti del Creatore di Mondi, inorriditi di fronte a un potere simile.

"Non riesco a muovere neppure un muscolo…" –Rantolò il Cigno.

"Debolezza o paura, cosa opprime le mie ossa? Cos’è questa sensazione mai provata prima?" –Disse Phoenix.

"È l’assenza di speranza." –Concluse Andromeda, chiudendo gli occhi. Avrebbe voluto vedere qualcosa, attingendo al dono di Biliku, ma in presenza di Caos tutto ciò che riusciva a intravedere era una notte senza fine, ove tutte le loro azioni finivano per convergere. Sembrava che il futuro avesse smesso di esistere.

"E così è!" –Parlò infine Caos, toccando il suolo del deserto con i piedi corazzati dell’armatura e sollevando, al qual tempo, una nuova ondata di energia che scosse la terra per miglia e miglia, facendo tremare i Monti Kunlun e le grandi catene dell’Asia Centrale. Tutti ne furono travolti, sballottati impotenti in ogni direzione, chi schiantandosi contro le mura perimetrali, chi sprofondando in nuove fosse che ovunque si aprirono, chi sbattendo contro l’inerme compagno e crollando esanime al suolo, impossibilitati a qualsiasi tentativo di reazione.

Osservando lo sfacelo di fronte a sé, il massacrato campo di Cavalieri e Dei che presto sarebbero divenuti cadaveri, e suo nutrimento, Caos quasi sorrise, se avesse saputo farlo. Era quella, in fondo, nel suo progetto di rifondazione del pianeta, un’attitudine di secondario interesse.

Camminò tra i corpi tramortiti degli sconfitti, godendo dei loro rantoli, assorbendo il loro dolore, la loro insicurezza e la sempre più pesante sensazione di fallimento, finché non fu distratto da un uomo dai capelli grigi, rivestito da una danneggiata armatura azzurra e arancione, che si stava trascinando verso un tridente.

"Nnn… Nettuno…" –Mormorò Ermes, osservando il Dio tentare di sollevarsi, solo per essere colpito da un calcio in faccia e gettato di nuovo a terra e là piantato, con una lunga lama che gli trapassò un braccio, affondando nell’arido suolo.

"Imperatore dei Mari!" –Parlò Caos, sorprendendo il fratello di Zeus, che, a fatica, alzò lo sguardo su di lui. –"I mari non appartengono forse al pianeta che io ho generato? Ricordo, all’alba dei tempi, il sogno primordiale da cui tutto ha avuto inizio, la commistione dei colori. Il verde, per i prati, l’azzurro, per il cielo, il rosso, per il fuoco. Ma all’acqua non diedi colore, mi piaceva che fosse trasparente e che gli uomini, specchiandovisi, potessero vedere quel che volevano. Dimmi, Nettuno, con che diritto ti sei proclamato imperatore di un regno che non ti è mai appartenuto? Con che diritto mi hai rubato un dono che avevo fatto agli uomini?"

"Tu… riesci a parlare?"

"Sto imparando." –Disse Caos. –"Presto imparerò molte altre cose, cose che forse già sapevo fare, avendole create io stesso, ma che millenni nell’intermundi mi hanno fatto dimenticare. Non ci vorrà molto, non per chi, come me, ha avuto la pazienza di aspettare per così tanto per riprendere quel che gli è stato portato via. Tutto, in fondo, qui appartiene a me! Anche tu! Anche gli Dei!" –E spinse sulla lancia, tra le grida del Signore dei Mari e i lamenti della vicina Demetra, fino a tranciargli il braccio. Soltanto allora estrasse l’arma, che gocciolava ichor, e se la portò alle labbra, per assaporarlo. –"Prelibato. Molto più corroborante di quelle insulse Divinità minori di cui mi era stato fatto dono in passato."

"Tu… mostro! Io non sarò il tuo pasto!" –Avvampò Nettuno, tirandosi su, avvolto nel proprio cosmo azzurro. Impugnò il tridente col braccio sinistro e fece per portare avanti un affondo, ma Caos lo intercettò, spezzando l’asta con la propria lancia e tagliando poi anche quell’arto.

Impotente e fiacco, Nettuno crollò sulle ginocchia e poi giù lungo disteso, faccia al suolo, di fronte allo sguardo pietrificato degli altri Olimpi e dei Cavalieri. Zeus fece per sollevarsi, fremente di rabbia, quando Caos, che neppure lo stava guardando, si rivolse proprio a lui.

"Giovane Zeus! Ti chiamano in molti nomi, non è così?" –Gli disse, affondando la lancia nella schiena di Nettuno e facendolo sussultare. –"Cronide, Signore del Fulmine, Padre di tutti gli Dei, Zeus Olimpio, quali altri poi? Non li conosco tutti. Vuoi insegnarmeli? Ah sì, Zeus protettore." –Aggiunse, sollevando poi il corpo del Dio dei Mari in modo che tutti potessero vederlo, mutilato, sconfitto e impalato sulla lancia che presto avrebbe ucciso gli altri combattenti. Lo agitò in aria per qualche istante, senza che nessuno fiatasse, prima di gettarlo ai piedi di Zeus. –"E dimmi, Zeus protettore, quanto valgono questi epiteti?"

A quelle parole il Signore dell’Olimpo avvampò, scattando avanti e bersagliando Caos con una tempesta di fulmini, così tanti che chi osservò lo scontro vide soltanto un lampeggiare continuo d’azzurro. –"Folgore tonante!!!"

"Lava incandescente!" –Gli fece eco Efesto, pur se incapace di rialzarsi, sfiorando il suolo con la mano e infondendogli il suo cosmo, sì da liquefare il terreno e generare un mare di magma attorno e sotto i piedi di Caos. Demetra, poco distante, gli prese la mano, donandogli quel che restava del suo cosmo.

"Kerkeyon!" –Si unì loro Ermes, liberando un unico preciso fascio di energia.

"Dobbiamo aiutarli!" –Rantolò Jonathan, cercando di rialzarsi, puntellandosi sullo Scettro d’Oro. Ma Andrei gli passò davanti, intimandolo di rimanere indietro, cercando Ascanio con lo sguardo.

"I Sette devono starne fuori. Non possiamo rischiare di perdervi adesso!"

Proprio in quel momento Caos liberò un’ondata di cosmo, che annientò le folgori di Zeus, la lava di Efesto e l’energia di Ermes, sollevando gli Olimpi e risucchiandoli in un enorme vortice oscuro, che li fece ballare sopra le teste dei presenti.

Fu uno scintillio argenteo a distrarlo, la catena di Andromeda che si arrotolò al suo polso, costringendolo a posare lo sguardo su di lui e, in quel momento, al Cavaliere sembrò di precipitare in un vuoto immenso.

"Resisti, fratello!" –Gli disse Phoenix, rialzandosi, e caricando con un pugno di fuoco, a cui andò a sommarsi il gelo del Cigno e lo scrosciare maestoso di centinaia di dragoni energetici. –"Per la Terra!" –Tuonarono Cristal e Sirio. Ma anche il loro assalto non incontrò fortuna, parato dall’invisibile barriera che proteggeva Caos e rimandato indietro, dieci volte più potente.

"Tocca a noi!" –Esclamò allora Pegasus, che aveva appena aiutato Atena a rialzarsi. La Dea annuì e unì il proprio cosmo a quello del suo Primo Cavaliere. –"Anche senza l’Egida, posso comunque essere la tua difesa!" –E lo avvolse in una sfera protettiva, mentre Pegasus galoppava avanti, mitragliando l’oscuro Creatore di Mondi con migliaia di pugni luminosi.

Neanche uno andò a segno e il Cavaliere, lanciato in avanti dalla sua stessa corsa, arrivò a pochi passi da Caos, incrociandone lo sguardo nascosto dall’elmo e dalla capigliatura ribelle. Non seppe cosa aspettarsi in quel momento, del resto persino Ade, che dominava l’aldilà e obbligava i morti a soffrire ancora, aveva dei bellissimi occhi azzurri, eppure quelli di Caos sembravano non avere colore, come se non si fossero ancora formati. Un grigio spento, gli parvero. E fu tutto quello a cui pensò, mentre veniva scaraventato indietro, con l’armatura che si schiantava in più punti.

A salvarlo dalla distruzione totale fu l’attacco congiunto di tutti gli altri combattenti. Shen Gado, Toma, Avatea, Hubal, Nikolaos, persino Asher, Castalia e Tisifone si unirono a loro, potenziando il cubo di fiamme con cui Sin degli Accadi aveva appena circondato Caos.


"Quel bastardo di Anhar lavorava per te, non è così?" –Commentò il Selenite. –"Brucia allora, come Babilonia è bruciata!" –Ma, per quanto potenziata dall’unione di quella decina di cosmi, la Casa della Gran Luce venne tagliata in due da un movimento della lancia di Caos e le due parti scagliate contro i Cavalieri, scaraventandoli indietro, con le corazze in frantumi.

Fu lesta, Avatea, a schierarsi davanti a Shen Gado, congiungendo le mani e mormorando un’ultima preghiera. –"Sono vecchia." –Si limitò a dirgli, sorridendo, mentre l’energia di Caos la investiva, disintegrando il suo corpo. –"Tu vivi!" –E quel sorriso accompagnò la caduta del Cavaliere Celeste, che ruzzolò per vari metri, fino a ritrovarsi a sbattere contro i suoi stessi compagni, accatastati in un confuso mucchio di eroi sconfitti.

"Eroi…" –Mormorò il Capitano dei Seleniti. –"Lo siamo davvero? Gli Heroes si chiamavano così eppure sono tutti morti."

"Non riusciamo neppure a impensierirlo, a costringerlo a considerarci avversari…" –Concordò Nikolaos, nella polvere accanto a lui. Asher, Castalia e gli altri non avevano neanche il fiato per parlare e l’Eridano si augurò che fossero svenuti, sebbene, con il cosmo ridotto al lumicino, fosse difficile capire chi era vivo e chi non più.

Soddisfatto per le proprie azioni, Caos voltò le spalle al campo di battaglia, incamminandosi di nuovo verso la gradinata. Soltanto quando mise piede sul primo scalino, sorrise, appagato per le conferme che aveva trovato.

"È dunque così che deve finire?" –Commentò Pegasus, riverso al suolo, con un braccio piegato dietro la schiena. –"Abbiamo combattuto tanto solo per morire qui?"

"Pegasus… Che cosa possiamo fare? Siamo impotenti." –Disse Cristal a fatica.

"Ogni cosa che pensiamo, Caos l’ha già pensata prima. Ogni attacco è fallace, ogni difesa è inutile, ogni arma è spuntata." –Continuò Andromeda.

"Eppure abbiamo i Talismani." –Disse Pegasus. –"Se solo sapessimo come usarli…"

"Non perdete la speranza, Cavalieri dello Zodiaco!" –Parlò allora una delicata voce femminile, mentre un cosmo luminoso, simile a un’alba sul mare, sorse su di loro, irrorandoli e donando loro momentaneo ristoro. –"Né tutti voi, Divinità degli uomini! Poiché la speranza è tutto ciò che separa voi dalla vittoria e Caos dalla sconfitta!"

"Questo cosmo…" –Mormorò Pegasus, tentando di rialzarsi. –"Lo conosco…"

"Emera!" –Esclamò Phoenix, cercando la fonte di quella luce e trovandola, in piedi sulla piattaforma centrale della ziggurat. Tutti, per quel che le forze permisero loro, si voltarono per guardarla, sebbene pochi riuscissero a immaginare che quella fanciulla ferita e macchiata di sangue, con le vesti lacere e i capelli scarmigliati, fosse una delle più potenti entità della Terra, la stessa che, pochi giorni addietro, aveva quasi distrutto il Santuario di Atene.

"Non cedete! Non fatelo mai! Non rinunciate ai vostri sogni!" –Li esortò la Signora del Giorno. –"Anch’io, un tempo, ne avevo, e anche mio fratello, prima che l’oscurità di Erebo e Nyx offuscasse i nostri ricordi. Ed erano sogni di pace e fratellanza, sogni in cui gli uomini avrebbero collaborato tra loro, adorando gli Dei che, in cambio, avrebbero garantito la loro sopravvivenza, uno scambio di doni e di idee in vista di un futuro comune. Sono sogni che possono ancora divenire realtà, se saprete lottare per questo! Io so che Caos può essere sconfitto, io c’ero e l’ho visto. E voi avete gli strumenti per farlo! Possa la mia luce illuminare il vostro cammino!" –E sollevò un braccio, con il palmo aperto, da cui una nube di polvere di stelle si sollevò, fluttuando nel vento e depositandosi poi sui corpi di tutti i combattenti.

In quel momento Caos la raggiunse sulla piattaforma, incombendo su di lei e piegandola in ginocchio con la sola volontà. Ma Emera non se ne curò, continuando a profondere il proprio cosmo agli Dei e ai Cavalieri, senza neppure guardarsi alle spalle.

"Emera…" –Mormorò Atena, con le lacrime agli occhi. E le sembrò che la Signora del Giorno le parlasse, parlasse proprio a lei, con parole dolci, come quelle di una madre.

"Ti ringrazio, Dea Atena, per avermi ricordato quanto questo mondo sia bello e pieno d’amore, tu che così tanto hai vissuto tra gli uomini da esserti nutrita della loro luce. Un bagliore diverso è quella luce, rispetto a quella degli antichi Dei, ma non per questo incapace di splendere altrettanto intensamente. L’ho compreso o forse l’ho soltanto ricordato. Poco importa, muoio felice, muoio come gli uomini."

A ciascun combattente, a modo suo, sembrò di sentire le parole di Emera dentro sé, parole rivolte alla propria intimità, parole che lo invitarono a rialzarsi, bruciando ogni stilla del proprio cosmo, unendola agli altri, tante gocce dello stesso mare di luce che, a detta della Dea, avrebbe potuto infrangere gli scogli oscuri del Caos.

"Hai finito?" –Le disse l’Unico e, prima ancora di ricevere risposta, roteò la lancia, tagliandole la testa, che rotolò giù lungo l’altra scalinata, andando a perdersi in lontananza, vicino alle mura perimetrali. Il corpo, invece, rimase per qualche istante ancora eretto, a testimonianza della potenza di Caos, prima che questi, toccandolo con l’asta, lo spingesse avanti, facendolo precipitare a terra con un tonfo sordo.

"Emera!!!" –Gridarono i Cavalieri dello Zodiaco, espandendo il loro cosmo. Subito, le ali distrutte delle armature ripresero vita, spalancandosi e permettendo loro di librarsi, sia pur brevemente, in volo, mentre Atena allungava una mano, impugnando un ricostruito Scettro di Nike. –"Non ti deluderemo! Non offenderemo la tua memoria!" –Esclamarono, scattando avanti.

Per primo, Sirio liberò migliaia e migliaia di dragoni di energia che sfrecciarono nel vento, ricoperti e irrobustiti dal gelo del Cigno, mentre Phoenix e Andromeda, mano nella mano, liberavano i loro assalti: un pugno di fuoco, imbrigliato in un poderoso turbine d’aria. Tra loro, d’improvviso, spuntò un cavallo alato, che si moltiplicò in infinite copie, tanti quanti i pugni di luce che Pegasus produsse. E al centro, guidato, spinto e al tempo stesso difeso dal cosmo dei suoi Cavalieri, lo scettro di Atena sfrecciava verso Caos.

"È un attacco potentissimo!" –Notò subito Nikolaos, che pure aveva avuto modo di combattere più volte con i Cavalieri di Atena, notando quanto fossero cresciuti.

"Eppure non basterà!" –Precisò Vidharr, scuotendo la testa, prima che l’ombra di Zeus gli passasse davanti.

"No, se non li aiutiamo!" –Tuonò, liberando il proprio attacco, a cui i cosmi di Efesto, Ermes, Demetra, Toma e Nikolaos si sommarono. Anche Amon Ra e gli egizi fecero altrettanto, e una bomba di fuoco andò a unirsi alle folgori olimpiche e al cosmo gelido dell’Ase, sospingendo l’assalto dei Cavalieri di Atena e donandogli nuovo vigore.

"Interessante." –Fu l’unico commento di Caos, prima che quella massa di energia raggiungesse la piattaforma, esplodendo. L’intera facciata della ziggurat tremò e pezzi di roccia franarono a terra, seppellendo in fretta il corpo sfregiato di Emera e sollevando nubi di polvere, ma quando queste si dissiparono i Cavalieri e gli Dei videro che di Caos non vi era traccia. Non su quella piattaforma quantomeno.

Li osservava divertito dall’alto della prima porta, prima di muovere il braccio a spazzare e generare una devastante ondata di energia, simile a quella con cui aveva massacrato gli Areoi e le Amazzoni, ma infinitamente più potente, costringendo gli avversari a unire i cosmi in un’unica barriera per frenarla.

"Resistete!!!" –Gridò Zeus, le braccia tese avanti in uno sforzo estenuante.

"Luce del sole, non smettere di brillare!" –Lo affiancò Amon, con Bastet e Horus.

"Odino, aiutaci!" –Disse soltanto Vidharr, prima che una nuova ondata schiantasse la barriera e li investisse, scaraventando tutti lontano.

"Non è possibile… Neppure con l’aiuto di Emera lo abbiamo ferito…" –Borbottò Pegasus, precipitato in una fossa assieme ai compagni.

"Dunque è vero, contro l’ombra non vi è speranza di vittoria?" –Chiese Sirio. –"Non posso accettarlo! Non voglio accettarlo! Deve esserci speranza, per noi e per coloro che aspettano il nostro ritorno!"

"E la speranza ci sarà!" –Parlò allora il Principe Alexer. –"Non dimenticate le parole di Emera! Le parole di nostra madre!"

"Co… cosa?" –Balbettarono più o meno tutti i Cavalieri e anche Zeus, Amon Ra e Vidharr, osservando gli Angeli sollevarsi in volo, ognuno avvolto nella propria aura, rossa, azzurra e verde acqua.

"Le parole di Emera, quelle che ci ha rivolto, ci hanno infine chiarito un dubbio sulla nostra origine." –Continuò l’Arconte azzurro. –"Sapevamo di essere la chiave di volta, il gradino a metà nella scala che dagli Dei Ancestrali conduceva agli Dei moderni, e lei ce ne ha dato conferma. Lei, nostra madre, che un giorno si sacrificò per fermare i piani di Caos, aiutando i Sette Saggi a forgiare i Talismani e nascondendoli ai suoi occhi. Lei che infine, pur morente, trovò la forza per procrearci, per partenogenesi, proprio come Nyx aveva generato Erebo."

"Madre…" –Mormorò Asterios, mentre tutto attorno a sé marosi di energia acquatica ribollivano spumeggianti. –"Il ricordo della tua voce guiderà i nostri passi adesso. Verso la luce e verso la pace. E presto, molto presto, ci rivedremo!"

"Prima però porteremo a compimento la nostra missione! Insieme, fratelli!" –Gridò Andrei, spalancando le braccia e liberando una violenta fiammata di puro cosmo. –"Trionfo di fuoco!!!"

"Per questo esistiamo! Per vincere Caos e decretare la fine di questo tempo cosmico! Trionfo d’acqua!" –Lo seguì Asterios, prima che il gelido cosmo di Alexer li avvolgesse, scatenando una tempesta di vento e ghiaccio. –"Trionfo d’aria!"

"Il massimo colpo degli Angeli." –Commentò ammirato Ascanio, osservando il poderoso assalto schiantarsi sull’Unico, costretto a torcere la lancia davanti a sé. Un gesto sufficiente per impedire al triplice trionfo di concretizzarsi. –"No!!! L’ha parato! Era un colpo tale da distruggere le stelle! Come ha potuto?"

"Non l’ha parato." –Notò Febo, la cui vista acuta gli aveva permesso di scorgere l’esatto movimento della lancia di Caos. –"L’ha neutralizzato, dividendo in due i marosi di Asterios e servendosene per spegnere la fiamma di Andrei, deviando la tempesta contro quel che restava della sua aurora incandescente."

"Ma per fare una cosa simile…" –Borbottò Jonathan, strappando un cenno d’assenso preoccupato al figlio di Amon. –"Devi conoscere i colpi segreti!"

Andrei, Alexer e Asterios, ancora sospesi in aria, ancora con i pugni tesi avanti, erano riusciti a giungere fino a pochi passi da Caos, osservando sconcertati il vanificarsi delle loro tecniche.

"Quale dispiacere!" –Parlò infine l’Unico, puntando lo sguardo su di loro. –"Mi aspettavo uno scontro leggendario, degno di essere cantato nelle cronache, ma tutto ciò che sapete regalarmi è un massacro a senso unico." –Aggiunse, sbattendo le palpebre e, con quel gesto, scaraventando indietro i tre fratelli, che si schiantarono a terra, in enormi crateri che macchiarono di sangue e di cocci d’armatura.

Faticarono, e molto, Andrei, Asterios e Alexer per rialzarsi e trascinarsi fuori da quelle conche, spezzati, oltre che nel corpo, anche nello spirito.

"Quella voce…" –Mormorò l’Arconte Azzurro, scuotendo la testa, solo per rendersi conto che anche Andrei si era irrigidito, riconoscendola.

"Un vero peccato, non è così?" –Riprese a parlare Caos, scendendo lungo la scalinata e spostando lo sguardo dall’uno all’altro. –"Avete combattuto bene e a lungo, ma per cosa poi? Per morire qui? Colpa vostra, in verità. In fondo, mi avete portato proprio ciò che desideravo di più." –E, nel dir questo, fissò i Cavalieri delle Stelle, riuniti attorno al Comandante Ascanio. –"Adesso sì che il cerchio si chiude!" –Quindi, senz’altro aggiungere, si fermò sulla devastata piattaforma centrale, sfilandosi l’elmo e gettandolo via, permettendo a tutti di guardarlo in faccia, e inorridire.

Caos si godette la loro espressione confusa, attonita, addirittura terrorizzata, prima di esplodere in una risata cristallina.

"Siete pronti per cadere per mia mano? Per mano di colui che fin qui vi ha condotto?"

Pegasus non riuscì a rispondere, incapace di distogliere lo sguardo dal volto di Caos. No, non era Caos, quello. O, quantomeno, non aveva mai pensato che lo fosse.

Per lui, come per tutti gli altri Cavalieri e Divinità, egli era semplicemente Avalon.