CAPITOLO TRENTANOVESIMO: UNA STIRPE DI EROI.

"Mi… Micene!"

Anche se non aveva mai udito la sua voce, Pegasus lo riconobbe all’istante, come riconobbe gli altri cosmi che lo circondarono, lo sollevarono e lo avvolsero con il loro tepore.


"Stai bene, ragazzo?" –Gli disse una voce possente, dandogli una pacca sulla schiena. –"Da bravo, fatti da parte! Ho voglia di sgranchirmi le gambe!"

"Toro! Scorpio!" –Disse Pegasus, identificando le figure ammantate di luce che lo accerchiavano. –"Ioria! Virgo! Pure tu, Gemini!"

"Pegasus! Ci ritroviamo per l’ultima volta! Anche se solo con le nostre anime, noi combatteremo per la Terra e per l’umanità!"

"Sì!" –Gli fece eco Ioria. –"Per la Terra e l’umanità!" –Ripeterono in coro i Cavalieri d’Oro, mentre alle loro spalle sgomitavano anche i Cavalieri d’Argento e Bronzo. Tanti volti, alcuni Pegasus non li conosceva, ma riconobbe le loro corazze.

"Kanon! Ci siete tutti?"

"Tutti coloro che hanno combattuto per Atena e per la libertà degli uomini, finalmente liberi dall’ombra di Caos. Non più anime asservite alle tenebre, ma libere." –Confermò il fratello di Gemini. –"Questo è il potere ultimo della Coppa di Luce, vivere davvero nella luce. Far parte di un progetto più grandioso, di uno scontro millenario che si consuma ciclicamente."

"Pegasus!" –Altre voci, altri amici. Altri ricordi. –"Siamo con te, amico!" –Era Gerki dell’Orsa quello, così alto e possente, che sovrastava tutti gli altri, sgomitando che gli facessero spazio?

L’esplosione del cosmo di Caos ricordò a Pegasus il motivo di quell’inaspettata e gradita riunione, costringendolo a volgere lo sguardo verso l’Unico che, superata la sorpresa iniziale, non sembrava affatto preoccupato dal ritrovarsi circondato da un esercito di Cavalieri di Atena.

"Anime erranti, vi darò la fine che meritate! Il varco tra i mondi è ancora aperto! Sì, vi spedirò tutti nell’intermundi!"

A quelle parole, Pegasus rabbrividì, poiché se fosse successo non avrebbe più potuto raggiungerli. Nessuno avrebbe più potuto farlo, costretti a vivere un’eternità di solitudine. Nessun canto, nessuna preghiera, nessuna tecnica li avrebbe più portati indietro, lasciando di loro soltanto il vuoto e il ricordo. Fece per parlare ma si accorse che nessuno aveva mosso un passo indietro, tutti decisi e forti nelle loro convinzioni.

"Possiamo procedere!" –Parlò la voce pacata di Shin dell’Ariete. E tutti gli altri annuirono, caricando il nemico.

"E sia! Incontrerete qui la fine del vostro lungo penare!" –Avvampò Caos, saturando l’aria con una nube di cosmo oscuro, verso cui si lanciarono i Cavalieri d’Oro. Uno dopo l’altro, uno al fianco dell’altro. Finalmente, dopo tradimenti, incomprensioni e separazioni, insieme.

"Che la mia pioggia di stelle trafigga quest’immensa ombra, riportando la luce! Per il Sacro Ariete! Rivoluzione Stellare!!!" –Esclamò per primo Mur, a cui tutti gli altri Cavalieri d’Oro seguirono, in ordine di segno.

"Che il possente corno del bove sacro rifulga, in onore a mio fratello Eurialo e a mia nonna Ada, servitori onesti della Dea Atena! Per il Sacro Toro!"

"Che il colpo capace di disintegrare le stelle serva per farle rinascere un giorno! Esplosione Galattica!!!" –Tuonarono Gemini e Kanon.

"Che le anime erranti del Tseih-She-Ke accolgano la tua scura luminescenza! Strati di Spirito!!!" –Disse Cancer.

"Che la tecnica che ideai per proteggere mio fratello possa difendere la Terra tutta! Photon Burst!" –Avvampò Ioria.

"Che il cerchio della Vergine si chiuda, con te prigioniero tra le sue fatali spire! Ultima luce dell’Oriente!" –Parlò Virgo.

"Che le zanne dei Cento Draghi di Cina risplendano impetuose, fiamme ardenti di saggezza e maestosità!" –Esclamò Libra.

"Che la cuspide suprema dello Scorpione d’Oro ti trafigga, incenerendoti ora e per sempre! Avvampa, Antares!!!" –Gridò Scorpio.

"Che i mille dardi di luce si carichino del ricordo di coloro che hanno combattuto per la giustizia! Per il Sacro Sagitter!" –Tuonò Micene, subito affiancato da Capricorn.

"Che la sacra lama che ricevetti in dono da Atena, e ad Avalon forgiata, possa recidere per sempre quest’immenso male! Excalibur!"

"Che questo fiume di gelo possa mostrarti quanto freddo sia l’alito di morte di cui sei portatore! Per il Sacro Acquarius!" –Esclamò Acquarius.

"Che le rose tanto amate da Afrodite, Dea della Bellezza, siano per te fonte di indicibili martiri!" –Concluse Fish, in un turbine di fiori rossi, neri e bianchi.

E il cerchio si ripeté, mentre Pegasus vedeva passargli davanti volti ignoti, di certo appartenuti ai Cavalieri delle generazioni precedenti. Tante generazioni di eroi che, dal Mondo Antico, si erano succedute a difesa di Atena e dei suoi valori. C’era il padre di Micene e Ioria, che lottò come un leone, finché la Prima Lama non lo trafisse. E Asmita della Vergine, Albafica dei Pesci e Sisifo del Sagittario, che si unirono in un improvvisato Urlo di Atena. E Adamant del Leone, Iulia del Capricorno, Daniele del Sagittario, e via indietro, fino alla prima generazione che Atena scelse come suoi paladini, quelli che combatterono contro Arel Kevines e i Generali di Nettuno ad Atlantide. Un tripudio di luci dorate che attaccò Caos da ogni direzione, quasi sommergendolo in quella marea scintillante.

"E noi? Non resteremo mica a guardare!" –Esclamò allora Gerki dell’Orsa, sbattendo un pugno dentro l’altra mano. –"Certo che no!" –Gli andò dietro Black il Lupo, Cavaliere di Bomhills. –"Fate largo, scriccioli! Pugno di Eracleee!!!" –Li sovrastò la tonante voce di Docrates, subito seguito da Eurialo del Dorado e Niso del Tucano che liberarono la Nube di Magellano.

"Pugno rovente! Ardi!!!" –Gridò il Cavaliere della Fiamma, affiancato da Morgana e dai suoi tre seguaci. –"è il nostro riscatto! Cobra incantatore! Vortice del Delfino! Tocco della Medusa!"

"Vento dagli artigli fendenti! Spazza via quest’epoca oscura!" –Esclamò Retsu della Lince, unendo il suo cosmo a quello dei compagni. E altrettanto fecero Gerki, Aspides, Lupo, Leone Minore, Reda, Salzius e gli altri discepoli di Albione, Ana del Pittore, Magellano, Regor, Kama e migliaia di Cavalieri di Bronzo, prima che anche la casta mezzana si unisse loro.

"Tritos sphraghisma!" –Gridò Noesis del Triangolo, disegnando un triangolo di vivida luce nell’aria. –"Polvere di Diamanti!" –Gli fece eco il Maestro dei Ghiacci, liberando l’attacco glaciale. –"Dita d’argento!" –Tuonò allora Eris, prontamente seguito da Moses e da Babel. –"Getto d’acqua devastante! Aurora infuocata!!!"

"Tuono impetuoso della Croce del Sud!" –Urlò Relta, mentre Serian di Orione già lo superava, gridando a gran voce. –"Nucleo della Meteora Incandescenteee!!!"

"Tela del Ragno!" –Esclamò Aracne, affiancato da Orione, Dedalus e Argetti. –"Attacco devastante! Labirinto oscuro! Cornexolos!!!" –E, dietro di loro, le catene di Albione, i dischi di Agape, le palle chiodate di Vesta, la pioggia di frecce di Betelgeuse e Lesia, uniti ai cosmi di Nicole, Orfeo, Loto, Pavone, Arles, Asterione, Damian, Birnam, Argor, Ian dello Scudo, Edomon e tutti gli altri Cavalieri d’Argento vissuti dai tempi del mito.

Da qualche parte, in quell’oceano di anime combattive, doveva esserci anche il suo antenato, il primo Cavaliere di Pegasus. Il primo Pegasus di cui Atena si era innamorata. Gli parve quasi di vederlo, Bellerofonte, mentre si lanciava su Caos assieme ai suoi compagni. Chissà se anche lui, all’epoca, aveva trovato quattro amici con cui condividere il destino e che magari gliel’avevano fatto apparire meno gramo?

Guardando Sirio, Cristal, Phoenix e Andromeda stesi a terra, e Atena, poco oltre, accanto ai frammenti dell’Egida e all’asta sbeccata della Nike, capì che, per proteggerli, avrebbe compiuto la stessa scelta di Micene e dei Cavalieri d’Oro.

Si voltò, con il pugno sfrigolante di energia, proprio mentre Caos sbaragliava una legione intera di Cavalieri d’Oro. E ogni volta che morivano, ogni volta in cui uno di loro moriva, semplicemente scompariva. Una damnatio memoriae dell’anima. Un sacrificio per un fine più grande.

Colmo d’orgoglio e lacrime, Pegasus sfrecciò avanti, concentrando nel pugno tutto l’amore che sentì di provare per i Cavalieri suoi compagni e predecessori, e piombò su Caos, evitando l’affondo della sua lama, chinandosi e colpendolo dal basso, mirando a un fianco che, nel muovere l’arma, aveva lasciato scoperto. Fu un colpo solo, uno soltanto, prima che l’avvampare dell’oscura emanazione cosmica lo scaraventasse in aria, distruggendogli persino l’elmo, schiantandolo a terra e facendogli scavare un solco nel terreno con la schiena. Quando si rialzò, Caos si stava già affrettando su di lui, eliminando chiunque osasse sbarrargli il passo.

Lo vide tagliare in due Black e Aspides, mentre Gerki tentava di afferrarlo per le spalle, venendo incendiato. Eris, il Maestro dei Ghiacci, Toro, Virgo, Loto e Pavone crearono una barriera con i loro cosmi, ma bastò un dito di Caos per porre fine ad essa e alle loro esistenze. Per ultimo, rimase soltanto Micene, con l’arco teso e la freccia pronta a scoccare. L’ultimo dell’armata di Cavalieri di Atena liberata dalla Coppa di Luce, per far vedere loro un’ultima volta il mondo per cui avevano lottato.

"Io… Micene…" –Pianse Pegasus, sentendosi responsabile per la loro dipartita.

"Non esserlo!" –Lo anticipò il Sagittario, sorridendogli, quindi scoccò l’ultimo dardo e Caos lo spaccò in due con la Prima Lama prima di conficcargliela nella gola.

Anche se non uscì sangue, Pegasus vide la lancia sbucare dal collo del Cavaliere d’Oro e quell’immagine agonizzante gli rimase impressa, quell’immagine dell’allievo di Avalon, il martire del Santuario, colui che aveva salvato Atena e permesso a tutti loro di essere lì quel giorno. L’idea che quello sarebbe stato l’ultimo ricordo di Micene lo fece infuriare, strappandogli un grido di rabbia e rimettendolo in piedi, mentre il suo cosmo brillava e cresceva, saturando la corte del Primo Santuario e sfidando l’oscurità del Creatore di Mondi.

"Caos!!!" –Lo chiamò Pegasus, sollevando un braccio al cielo. E in quella il mozzone troncato di Balmung sfrecciò nella sua mano, liberando folgori e scintille azzurre, e quando lo mosse Pegasus si accorse che la spada si era ricomposta, forte della luce della coppa, dell’amore di tutti i Cavalieri di Atena e della loro fede.

"Im… possibile…" –Tentennò per un momento Caos, sorprendendosi di quel tono vacillante con cui commentò l’avanzata baldanzosa di Pegasus, che era già su di lui e che mirava, con la spada, al fianco dove poc’anzi l’aveva colpito. –"Arguto!" –Disse, muovendo la Prima Lama a intercettare Balmung.

Ma quella volta la spada degli Asi non si ruppe, perché adesso non era più degli Asi soltanto. Adesso era la spada degli uomini e di tutti i loro Dei, quelli che si erano scelti e che avevano venerato, invocato e servito nel corso di secoli. Quella era la spada degli uomini liberi, che non avrebbero chinato il capo a un’ombra venuta dal passato, neppure se quell’ombra era il loro stesso creatore.

"Iaiii!!!" –Gridò Pegasus, affondando e costringendo di nuovo Caos a parare il colpo. Un affondo dopo l’altro, un fendente dopo l’altro, un collimare di lame e scintille di energia che scosse la terra, risvegliando i Cavalieri e gli Dei superstiti e portandoli a guardarsi incontro, ad ammirare stupefatti quel colossale scontro tra titani.

"Vana e spossante la tua tenacia!" –Lo derise Caos, schermandosi il volto da un nuovo assalto e accorgendosi, con quello stesso gesto, che tutto quel che aveva fatto negli ultimi due minuti era stato difendersi. –"Possibile?"

Perso in quell’improbabile pensiero, non s’avvide del colpo d’ala di Pegasus, con cui lo sovrastò, per poi colpirlo con un calcio in faccia e spingerlo indietro, togliendogli l’elmo, da cui fuoriuscì un groviglio di capelli verdognoli, simili a serpi malate. Approfittando di quel momento, Pegasus andò in picchiata, con la spada tesa, e Caos dovette sforzarsi per recuperare la presa sulla Prima Lama e rivolgerla contro di lui.

Si cozzarono, Balmung e la Prima Lama, stridendo l’un l’altra, prima che entrambe trovassero terreno fertile in cui piantarsi. Caos sussultò, quando la spada di Odino distrusse l’armatura già testata dal precedente attacco di Pegasus, affondando nella sua carne, nella carne che lui stesso aveva creata. E se anche era consapevole di poter rigenerare ogni ferita semplicemente volendolo, capì che qualcosa di diverso, di nuovo e potenzialmente pericoloso, gli era appena fluito dentro. Una stilla di luce, una goccia soltanto di quell’oceano di cuori impavidi che avevano combattuto per la libertà degli uomini fin dal Mondo Antico.

Cacciò quei pensieri, spingendo a fondo la Prima Lama nel ventre di Pegasus, che boccheggiava sopra di lui, grondando sangue dalla ferita e dalla bocca, prima di scaraventarlo lontano, disimpegnando l’arma.

"Pegasus!!!" –Gridarono i Cavalieri dello Zodiaco, rialzandosi e correndo verso l’amico. Ma Caos conficcò la lancia nel terreno, generando un piano di energia che impedì loro di raggiungerlo, facendoli fermare, prima di puntare l’arma e sprigionare un oscuro raggio energetico. Attorno ai quattro amici sorse improvvisa una barriera trasparente, sottile come un velo, ma sufficiente per smorzare l’attacco di Caos, prima che Vidharr apparisse alle loro spalle, venendo però spinto indietro da un’occhiata furibonda del Generatore di Mondi.

"Trionfo di fuoco!" –Gridò allora Andrei, mentre un oceano di fiamme si riversava su Caos. –"Trionfo d’acqua! Trionfo d’aria!" –Lo seguirono Asterios e Alexer.

"Umpf!" –Caos fece per liberarsi di quel triplice assalto che gli turbinava attorno quando vide lo stesso brillare sempre più, fino ad accecarlo, prima che una voce (la sua voce?) echeggiasse attorno a sé.

"Trionfo di luce!"

L’improvvisa esplosione cosmica spinse Caos indietro, scaraventandolo contro le mura della ziggurat e facendogli persino perdere la presa sulla Prima Lama.

"Avalon!" –Commentò Alexer, notando il fratello, debole e emaciato, simile a una delle tante miserande anime che finivano in Hel dopo la morte. Appoggiato a un contrafforte della fortezza, il Principe Supremo degli Angeli aveva atteso in silenzio, recuperando un quantitativo minimo di forze, a malapena sufficiente per quell’attacco inaspettato.

Guardando meglio, ad Alexer parve di vedere qualcosa muoversi ai suoi piedi. Un’ombra? Un groviglio di pezzi d’armatura? Non ebbe modo di pensare poiché Caos si era già rimesso in piedi, il volto deformato dall’ira, l’armatura macchiata di polvere e aloni, e soprattutto il basso ventre scoperto. Era uno spazio minimo, in verità, dove Balmung si era conficcata ma fu interessante notare che quella ferita non si era ancora rimarginata. Quella ferita Caos non l’aveva ancora rimarginata.

Se può farlo, perché non lo fa? Si domandò il Principe Alexer, prima che un gemito improvviso lo distraesse, costringendosi a spostare lo sguardo su Pegasus, che, sia pur con molta fatica, appoggiandosi a Balmung, si stava rialzando. Non l’avrebbe mai ammesso, ma stava davvero male, con il sangue che ruscellava fuori dalla ferita all’addome, imbrattando l’eterea veste creata da Emera.

"Hai combattuto con onore, Cavaliere di Pegasus! Meriti davvero l’appellativo che ti è stato dato! Cavaliere della Leggenda! Una sola ombra offusca il tuo successo, l’ombra del tuo fallimento. Dopo tanto provare e insistere, dopo aver sacrificato tutto, anche le anime dei tuoi compagni e dei vostri predecessori, che cosa ti resta? Una lama che ho già distrutto? Un’armatura che non è poi così infrangibile? O questa schiera di fantocci debilitati che spazzerò via con un gesto soltanto?"

"Mi resta la vita!"

"Orbene, presto non avrai più nemmeno quella!" –Decretò Caos, sollevando la Prima Lama, attorno alla quale turbinarono nembi di tenebra. –"Archè!" –Tuonò un attimo dopo calandola contro gli Angeli e gli altri Dei, travolgendoli e spezzando le loro difese. Bastet si mise davanti a Horus, salvandolo e venendo disintegrata. –"Io sono l’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine di tutto. Io sono il principio che governa il mondo, il divenire del mondo stesso, che torna necessariamente a me. Nessuno può sfuggirmi. Neppure tu, Cavaliere della Leggenda!"

"Ho abbandonato da tempo l’idea di fuggire al destino!" –Commentò laconico Pegasus, espandendo di nuovo il cosmo, più che poté, cercando di ignorare le fitte devastanti al ventre, quasi vermi d’ombra lo stessero divorando dall’interno.

"Ammiro il tuo coraggio." –Si limitò a dire Caos, prima di sollevare una nuova nube di cosmo nero. –"Ma sei senza difese".

"No!" –Parlò allora una voce femminile, mentre la sagoma delicata di Atena si poneva accanto al suo Primo Cavaliere. –"Anche senza l’Egida e Nike, anche con le mie vesti a brandelli e il mio corpo a pezzi, io proteggerò sempre i miei Cavalieri! I Cavalieri della Speranza!"

"Isabel?!" –Mormorò Pegasus, prima che lei ponesse le mani sulla sua, stabilendo una connessione tra i loro cosmi. Avrebbe voluto dirle di andarsene, di mettersi in salvo, avrebbe voluto dirle che stava combattendo anche per lei, ma tutto ciò che riuscì a fare fu annuire, voltandosi verso Caos, che li stava osservando con sguardo incerto, incapace di comprendere quel bizzarro sentimento che portava gli esseri umani (e, a suo vedere, anche gli Dei da loro innalzati) a gettare via la vita.

"Pensa a colpirlo Pegasus! Io sarò la tua difesa!" –Disse Atena, mentre il ragazzo concentrava il cosmo sulla spada, preparandosi per scagliare un ultimo attacco.


"E sia!" –Avvampò Caos, il cui cosmo vasto e onnipotente stava inglobando l’intera spianata, sprigionando ovunque lampi e vampe di energia nera. –"La vostra leggenda finisce qua! Alla fine di tutte le cose! Archè!"

"Cometa di Pegasus!!!" –Esclamò il Cavaliere, portando avanti il pugno destro e liberando un unico devastante attacco, che sfrecciò nella caligine di quell’interminabile giornata come un intenso raggio di luce. E sulla prua di quel raggio, lampeggiava avvolta nella luce di Emera la spada di Balmung.

La devastante nube di cosmo si chiuse su Pegasus e Atena da ogni lato, distruggendo le sfere protettive che la Dea stava tentando di imbastire. Tolse quasi loro il respiro, annerì le corazze, fece lacrimare i loro occhi e bruciare i cuori, ma niente impedì a entrambi di rimanere concentrati e vedere la cometa lucente trapassare la cortina di tenebra e piombare su Caos. Piantandosi in lui.

"No!" –Gridò rabbioso il Generatore di Mondi, osservando la spada conficcarsi nell’armatura già crepata da Pegasus. E stavolta quella sensazione di fastidio crescente, quel prurito che l’iniezione del cosmo luminoso in lui gli aveva suscitato, si fece molto più marcata, generandogli fitte e spasimi lungo tutto il corpo, quasi un virus lo avesse infettato e gli stesse scorrendo nelle vene. –"No!" –Ripeté, puntando Atena e Pegasus con la Prima Lama e scatenando un devastante attacco verso di loro.

"Dobbiamo… aiutarli…" –Rantolò Sirio, aiutando Cristal a rialzarsi. –"Pegasus!!! Scappa!!!"

Disarmato, con l’armatura rotta e il cosmo ormai ridotto a un lumicino, Pegasus non poté far altro che dare la schiena al colpo mortale, proteggendo la Dea che, anni addietro, aveva giurato di servire fino alla fine, credendo nei suoi ideali. La guardò un’ultima volta prima che lei gli poggiasse la mano sul petto, rimanendo con lui.

"Atena, no!" –Gridò Zeus, proprio mentre l’Archè si abbatteva sui due.

E in quel momento, tra le braccia di colei che aveva a lungo amato, Pegasus pensò che tutte le vite su cui aveva fantasticato, tutte le vite che avrebbe voluto vivere con lei (da qualche parte in giro per il mondo, magari ragazzi normali con problemi normali) non le avrebbe mai vissute. Ma forse qualcun altro ci sarebbe riuscito. Forse un Cavaliere di Pegasus che fosse venuto dopo di lui. Nel nuovo mondo.

Gettò un ultimo sguardo a Sirio, Cristal, Phoenix e Andromeda, che stavano tentando di raggiungerlo, incespicando nel terreno smosso, e sorrise, prima di dire loro addio.

Addio amici miei. Addio fratelli di sangue con cui ho diviso la vita.

Poi il cosmo di Caos lo investì e Pegasus e la Dea Atena morirono.