CAPITOLO SECONDO: ANDARE AVANTI.

Terminata la cerimonia funebre in onore degli Heroes caduti, Nestore e Marcantonio diedero ordine ad Artemidoro della Renna di raccogliere le ceneri, per portarle poi in una cripta della Reggia di Tirinto che Ercole aveva fatto erigere a Camera degli Eroi. Una stanza destinata, nelle sue funzioni originarie, ad accogliere le spoglie di tutti coloro che sarebbero caduti per difendere la giustizia e gli uomini.

Quando Nestore e Marcantonio vi entrarono, interrompendo il sepolcrale silenzio di quel luogo, un’inquietudine profonda li invase. Di fronte a loro vi era solo una salma, rischiarata da alcune torce affisse ai muri. Quella del valente Linceo della Piovra.

Presto, pensò Nestore dell’Orso con tristezza, inginocchiandosi di fronte all’anziano combattente, molte urne ti terranno compagnia, Linceo! Marcantonio dello Specchio fece altrettanto e i due rimasero per una buona mezz’ora, o forse anche di più, a pregare in silenzio, finché il rumore di ferro battuto non li distrasse. Si scambiarono un’occhiata veloce, prima di sorridere e alzarsi in piedi. Druso, il fabbro di Tirinto, doveva essersi rimesso a lavoro.

Nonostante l’ora tarda, l’Hero di Anteus aveva infatti acceso la fornace dove, assieme ad Ercole, aveva forgiato le Armature degli Eroi, oltre che numerose armi e utensili utili per la colonia. Vampate di caldo lo facevano sudare, mentre con solerzia e meticolosità riprendeva il suo lavoro, davanti agli occhi affascinati di Penelope del Serpente, che lo osservava dall’ingresso.

"Non perdi tempo, eh?!" –Esclamò la donna, la cui maschera, aveva dichiarato Druso, sarebbe stata la prima cosa che avrebbe ricreato, ben sapendo quanto fosse importante per lei.

"Cerco di essere pratico, Sacerdotessa!" –Rispose l’uomo, ravvivando le fiamme. –"Stanchi e deboli, senza la guida di Ercole né notizie sul suo destino, quanto credi che riusciremmo a resistere privi delle nostre corazze?!"

Penelope sospirò, ben consapevole delle parole del fabbro. Era sicuramente non si sarebbe arresa, quali che fossero gli sviluppi della situazione sull’Olimpo, e loro dovevano prepararsi ad ogni evenienza. Fu in quel momento che percepì una strana vibrazione in quel che restava della sua corazza. La stessa che anche Druso e gli altri Heroes sopravvissuti sentirono. Penelope osservò i frammenti rimanenti e notò che delle rifiniture dorate, che Druso aveva magnificamente realizzato, non era rimasto niente e che la corazza brillava di una fioca luce. Pareva essersi spenta.

"Cosa sta succedendo?" –Chiese Marcantonio, entrando nella fucina assieme a Nestore. –"Le nostre vestigia… hanno perso luminosità…"

"Non soltanto!" –Precisò Druso, l’unico a non essere troppo sorpreso. –"Ma anche in resistenza adesso sono inferiori! Quel margine che le differenziava dalle Armature dei Cavalieri di Atena è scomparso! Il potere della Glory si è esaurito!"

"La Veste Divina di Ercole?! Com’è possibile?!" –Incalzò Nestore.

"Dovremmo chiederlo al Dio dell’Onestà o a qualcuno che possa illuminarci su ciò che sta accadendo sul Monte Sacro!" –Commentò Druso, continuando a lavorare. –"Quel che è certo è che il frammento di Glory, che Ercole aveva ceduto ad ogni Armatura degli Eroi, si è spento e questo può avvenire solo in un caso! Ercole ha perso il suo rango di Divinità!"

"Che cosa?!" –Esclamarono inorriditi Nestore, Marcantonio e Penelope. –"Questo significa che da oggi… Ercole è tornato ad essere un uomo?! Che sia stata questa la punizione di Zeus?! Privarlo dei riconoscimenti ottenuti nel Mondo Antico!"

"Quali che siano le sue motivazioni, non cambiano la realtà dei fatti! Senza il frammento di Glory le nostre diventano corazze normali e le loro virtù autorigeneranti ne risentono! Per questo è essenziale che fin da subito le ripari, anche a costo di trascorrere notti intere a forgiare nuovi pezzi, o non saremo in grado di difenderci dal nuovo assalto di Era, o di chiunque verrà!" –Concluse Druso.

"Credete davvero che Era tornerà ad attaccare? Mi sembrava che Zeus avesse criticato anche il suo comportamento!" –Mormorò Nestore.

"Era è sorella e sposa del Dio del Fulmine! Ben difficilmente subirà punizioni peggiori di quelle spettate al nostro Signore!" –Commentò Marcantonio. E anche Penelope gli diede ragione, prima di voltarsi verso l’esterno e vedere un amico appoggiato ai merli delle mura, sul camminamento di ronda.

Sorrise dolcemente, avviandosi in quella direzione, venendo urtata in malo modo da un ragazzo dai capelli viola che procedeva verso la fucina a passo svelto.

"Dov’è quella stupida di Alcione?!" –Ringhiò una voce. –"Voglio proprio sapere cos’ha da dire a sua discolpa!"

"Modera i termini, Archia!" –Lo zittì subito Nestore, mettendosi davanti al giovane. –"Il Comandante della Terza Legione è impegnato in una missione delicata!"

"Oh certo, immagino quanto sia importante! Come nascondersi nelle tenebre di Spinalonga, senza far niente per liberare l’isola dai Turchi, attendendo che cosa? Un dono dal cielo?!" –Ironizzò Archia, sbuffando. –"La sua incapacità strategica è pari alla sua incompetenza in battaglia! Se Alcione avesse dedicato più tempo ad addestrarci, invece di lasciarci languire nelle segrete di Spinalonga per quindici anni, forse avremmo potuto sviluppare un cosmo più esteso e potente, con cui confrontarci con Era e i suoi guerrieri!"

"Falla finita! Non tollero questo atteggiamento denigratorio nei confronti di uno dei più fedeli guerrieri di Ercole!" –Ringhiò Nestore, avvicinandosi minaccioso. –"Dispiace a tutti, a me per primo, per la morte di Gerione, ma questo…"

"Storie!!!" –Gridò Archia, fronteggiando deciso il colosso. –"Ho assistito impotente alla sua scomparsa, perché Alcione non mi ha voluto con sé, e adesso non indorare la pillola! Non servirà a nascondere la palese verità! Se Alcione fosse stata più forte, se fosse stata un vero Comandante, avrebbe saputo combattere da sola la sua battaglia e Gerione non sarebbe morto!"

"Come osi?!" –Tuonò Nestore, colpendo Archia con un pugno sul viso e sbattendolo a terra, con l’occhio destro dolorante. –"Le tue parole rasentano il tradimento, sia nei confronti di Alcione che verso Gerione, che Alcione tanto amava!"

"Al punto da essere succube della volontà di una donna incapace! Una donna che non ha saputo portare alcun progetto a compimento! Né la liberazione di Creta, né la vittoria su Era!" –Esclamò Archia deciso, rialzandosi senza paura. –"E tu, grosso orso, hai ben poco da alzare la voce! Perché è solo per puro caso che hai portato a casa la pelle! Come l’integralista filosofo che ti sta accanto!" –E tirò un’occhiata di sbieco a Marcantonio, che si limitò a scuotere la testa, scocciato. –"Adone e Teseo sono morti e di Chirone non restano neanche le ceneri! Non vantarti di essere migliore solo perché sei sopravvissuto!"

"Non l’ho mai pensato…" –Precisò Nestore, cercando di ritrovare la calma.

"Perché non lo sei! Nessuno di voi lo è!" –Ringhiò Archia, avvelenato dal dolore per la morte del maestro. –"Avrei voluto essere al suo fianco! Io avrei saputo difenderlo! Non me ne sarei lavato le mani come ha fatto Alcione!"

"Sei soltanto un apprendista e le tue parole sono dettate dalla sofferenza e dalla rabbia!" –Disse Nestore, torreggiando su Archia, che gli voltò le spalle sbuffando.

"Non è certo il grado a determinare il cosmo di un Cavaliere o la sua determinazione in battaglia!" –Esclamò, fermandosi all’entrata della fucina. –"Questo Alcione non vuole capirlo, o non si sarebbe opposta più volte alla mia investitura!"

"Avrai la tua armatura quando ne sarai degno, Archia!" –Intervenne Marcantonio. –"Ma questo non dipende né da Alcione, né ormai da Gerione! Solo da te stesso!" –E gli passò accanto, senza degnarlo di troppi sguardi. –"Dov’è Neottolemo?"

"Sta riparando la Nave di Argo, per poi partire in ricognizione!" –Rispose Druso. –"Conosci il tuo vecchio amico, no?! Non vede l’ora di prendere il largo!"

Quelle parole distesero per un attimo il volto del Comandante della Seconda Legione, che si incamminò verso la Reggia di Tirinto, bisognoso di riposarsi un po’, dopo quella lunga giornata di scontri. Prima di entrare, tirò uno sguardo verso il camminamento di ronda e vide Penelope parlare con Antioco del Quetzal.

Di tutta la Legione Alata era rimasto solo lui, l’Hero originario del Vicereame di Nuova Spagna, iniziato all’arte del cosmo dal sacerdote azteco Axayacatl. Aveva visto morire il suo migliore amico, Eumene della Mosca, e il Comandante Adone di fronte ai suoi occhi, senza poter fare niente per salvarli. E adesso si sentiva sporco, colpevole di essere sopravvissuto.

"Il mio tlatimine vedeva in me lo sguardo indagatore del Dio Quetzalcoatl e mi inviò qua per fare esperienze, convinto che un giorno, tornando in Nuova Spagna, avrei guidato il popolo verso il riscatto e la libertà!" –Commentò Antioco. –"Misera soddisfazione potrei dargli se anche tornassi!"

"Non sottovalutarti! Quello che abbiamo ottenuto non ci è stato concesso per grazia divina, ma per merito delle nostre azioni e capacità! Comprese le tue!" –Cercò di incoraggiarlo Penelope.

"Vorrei davvero conoscerle anch’io queste capacità!" –Ironizzò Antioco, prima di sospirare. –"Ercole è scomparso, e di Eumene e Adone non resta niente. Cosa mi lega ancora a questa terra? Avrei dovuto crescervi e diventarne parte, ma adesso mi sento straniero!"

"Hai noi! Per quello che può significare!" –Esclamò Penelope. –"Se senti il richiamo del mare e vuoi partire nessuno ti tratterrà a forza! Ma qua, a Tirinto, sarai sempre il benvenuto! E farai sempre parte della nostra famiglia!"

Antioco sorrise, ringraziando la Sacerdotessa per il breve colloquio. Adesso capiva perché fosse la Consigliera privata di Ercole. Perché la sua calma e la sua diplomazia riuscivano a diminuire l’angoscia montante.

Ma c’era una battaglia che Penelope sapeva di aver perso. Quella in cui aveva cercato di convincere Era a desistere dai suoi progetti distruttivi, ai piedi della scalinata del trono di Samo. Neppure sapere che la giovane fosse figlia di una Sacerdotessa della Grande Dea Madre aveva fatto recedere la Regina dell’Olimpo. Pareva che non desiderasse altro se non l’annientamento di Ercole e di tutti i suoi Heroes.

***

Era si aggirava inquieta per la Reggia Olimpica e nessuno osava avvicinarla, ben conoscendo il suo carattere iracondo. Era chiaro a tutti infatti che il colloquio con Zeus non era andato bene e le voci sullo scontro armato tra gli Heroes e gli Emissari della Regina degli Dei si stavano diffondendo a macchia d’olio. Molti, vedendo la rabbia sul suo volto, giunsero persino a pensare che Zeus avesse protetto Ercole, ponendo una seria ipoteca sulla sua relazione con Era. Una rottura della quale sarebbe stata ben contenta la maggioranza degli abitanti dell’Olimpo.

"Eccola che arriva! Guarda come sbuffa, sembra un drago!" –Commentò un’ancella, seduta a un tavolo di una grande sala da pranzo, intenta a sorseggiare ambrosia e a ridere con le compagne.

"Ben le sta! Zeus merita carne giovane!" –Sorrise un’altra, carezzando il suo seno ben fatto. –"Me lo ha detto, sapete? Due notti fa!"

"E a me lo ha detto stanotte! Ih ih ih!" –Intervenne una terza ragazza, prima di scoppiare a ridere assieme alle altre.

Ma non appena la Regina degli Dei passò loro vicino, ripresero l’abituale portamento che tenevano nella Reggia Olimpica, fingendo di affaccendarsi per preparare un nuovo banchetto. Non sfuggì però loro l’occhiata di disprezzo che Era rivolse al giovane dai capelli ricciuti appena comparso sulla porta. Il più bello dei mortali.

"Uuh! Quando fa così tira una brutta aria!" –Sorrise il ragazzo, avvicinandosi alle ancelle, le quali, ben felici di vederlo, si avvinghiarono attorno alla sua delicata muscolatura, carezzandolo e massaggiandolo con calore. –"Fulmini dall’Olimpo!" –Ironizzò Ganimede, il Coppiere degli Dei.

Era si allontanò a passo svelto dalla Reggia di Zeus, avendo ovviamente udito tutto. Avendo udito le solite parole di scherno che le venivano rivolte. Le stesse che da anni, forse da secoli, le ricordavano che lei era solo una donna di passaggio. Una tappa, forzata, degli amori del Signore degli Dei. Di regale, a ben vedere, aveva solo il nome. Il ruolo ormai era stato infangato.

Furiosa, discese lungo un sentiero che dalla Via Principale si inoltrava nella fitta foresta che costeggiava il versante meridionale del Monte Sacro, quello più esposto al sole, diretta verso l’unico conforto che avrebbe potuto ottenere in quella che sempre più le sembrava una prigione.

Eolo l’aveva tradita, nonostante la Dea in passato lo avesse sostenuto, permettendogli persino di sedere alla mensa degli Olimpi. Con Ermes certo non poteva confidarsi, sempre pronto, il Messaggero degli Dei, a riferire a Zeus ogni voce contro di lui. Né poteva parlare con Afrodite o con Demetra, troppo prese dalla bellezza, la prima, o dalla cura dei campi e delle coltivazioni, la seconda. L’unica che l’avrebbe ascoltata era Iris, sua fedele Messaggera, che per secoli aveva eseguito ogni suo compito, e che lei aveva trattato sempre e solo come una sottomessa. Senza rendersi conto che forse era l’unica amica che avesse mai avuto. L’unica che non parlasse male di lei.

"Mi manchi, Dea dell’Arcobaleno!" –Commentò la Regina degli Dei, fermandosi al limitare della foresta e afferrando il ramo di un albero, avvolgendolo nel suo cosmo, che lo incendiò all’istante, dando forma alla rabbia che covava dentro. Verso Ercole, verso Zeus, e in parte anche verso se stessa.

Sospirò, prima di rimettersi in cammino. Il paesaggio stava cambiando e il bosco aveva lasciato il posto a filari di viti e piantagioni di ulivi, dove una strana armonia faceva da padrone. Una musica che pareva incantare i viandanti che vi si ritrovavano, conducendoli pian piano alla pazzia. Quell’armonia che il Dio che regnava su quel vigneto definiva ebbrezza. E non c’era niente che lo eccitasse maggiormente.

"Dioniso, Dio del Vino!" –Esclamò infine la Regina degli Dei, raggiungendo i margini del vigneto e sorprendendo una figura umana, dai vivaci capelli verdi, intenta a sollazzarsi nell’erba con alcune giovani, sorreggendo una coppa con un aromatico liquido rossastro. –"Il divertimento non manca mai da queste parti, eh?!"

"Carissima!" –Esordì Dioniso, alzandosi dall’erba e distaccandosi, sia pure a malincuore, dalle amorose cure delle baccanti. –"È un onore per me riceverti, Regina degli Dei!" –E la abbracciò, senza troppe formalità. Spontaneo come era suo carattere. –"Dispettosa! Avresti dovuto avvisarmi della tua visita, inaspettata ma non per questo meno gradita! Avrei fatto preparare un banchetto in tuo onore, servito dagli scultorei fisici dei miei guerrieri caprini! E soprattutto non mi sarei fatto sorprendere in siffatta compromettente posizione! Uh uh uh! Ma sono certo mi perdonerai, agli amici si perdona tutto, no?!"

"Non sono venuta per rimproverarti, Dio del Vino, né per abbandonarmi a frettolosi giudizi! So bene come le voci, spesso infondate, possano dare adito a fastidiosi commenti, dettati esclusivamente dall’invidia!" –Commentò Era, abbandonandosi ad un sospiro.

"Bontà divina! Sei proprio tu, Era? Così saggia e riflessiva non ti avevo mai visto! Devo essere ubriaco!" –Scoppiò a ridere il Dio, voltandosi verso le baccanti, rimaste distese sull’erba, alcune seminude, carezzandosi i seni e i corpi, senza pudore alcuno.


Ma, vedendo che la sua ilarità non produceva effetti sull’imprevista ospite, Dioniso si sforzò di mantenere un tono serio, pregando le giovani di accomiatarsi. Le avrebbe convocate in seguito, per nuovi sollazzi.

"Che cosa ti turba Regina degli Dei? Cosa rende il tuo volto stanco e la tua voce inacidita?" –Esclamò infine Dioniso, fissando la Dea negli occhi e carezzandole la pelle. Fredda. Tutto l’opposto dell’ardente fuoco che Era covava dentro. –"Ma guardati! Sei vecchia e pallida! Non mi sorprende poi che Zeus ti rifiuti, preferendo trastullarsi con l’aitante corpo di Ganimede o con i seni, anche troppo prosperosi, delle ancelle e delle ninfe!"

"Finiscila, Dioniso!" –Tuonò Era, avvampando nel suo cosmo. –"Non sono venuta fin qua per ascoltare i tuoi consigli di seduzione!"

"Ih ih ih, non scaldarti, Era! O dovrò aggiungere la pazzia agli attributi che colorano il tuo viso da Moira!" –Rise Dioniso, nient’affatto turbato dalla sua ira. –"Suvvia, siediti e raccontami i tuoi crucci! Davanti a un bicchiere di buon vino, di un’ottima annata, troveremo assieme la soluzione!" –E le indicò un tavolino poco distante, dove già le baccanti avevano allestito un piccolo banchetto in onore della Regina degli Dei.

"Vorrei possedere la tua leggerezza, Dioniso! Pare che niente ti turbi, che niente ti tocchi davvero!" –Commentò Era, seguendo il Dio del Vino e sedendosi al tavolo, proprio di fronte a lui.

"Lo devo a te!" –Rispose Dioniso, facendosi per la prima volta serio. E fissando Era con uno sguardo che, se avesse potuto, l’avrebbe uccisa sul colpo. –"Per punire Zeus della sua nuova avventura, mi facesti dono della pazzia!"

La Regina degli Dei rabbrividì per un momento, inghiottendo a fatica. Per secoli aveva considerato Dioniso un folle, che viveva circondato da un mucchio di invasate, che per lui avrebbero dato la vita, e da guerrieri caprini, abbandonandosi a riti concupiscenti nelle terre che Zeus aveva concesso loro. Il vigneto e il vicino stagno. Un modo per tenerli lontani a sufficienza dalla Reggia, e per non imbarazzare nessuno con la loro euforica presenza, e al tempo stesso per non offenderli. Ma in quel momento, in quello sguardo, sentì un barlume di serietà. La punta di una lama che le sembrò di sentir scivolare lungo la schiena.

"Ercole è il mio problema!" –Confessò infine Era, cacciando via quegli inquietanti pensieri e riprendendo il suo formale atteggiamento. –"Lo è da sempre, e adesso più che mai!"

Raccontò al Dio del Vino la guerra che si era consumata negli ultimi giorni tra le Legioni di Ercole e i servitori della Regina dell’Olimpo, ponendo l’accento sul ruolo giocato da Eolo e dai figli di Eos, sui tradimenti interni tra gli Heroes, orditi da Partenope del Melograno, e sulla sconfitta finale dei kouroi e di Iris, Argo e Didone. Nascondendo però il fatto che Partenope fosse suo figlio.

"Anche la Regina di Cartagine è caduta? Credevo fosse immortale!"

"Lo era! Ma gli Heroes hanno recuperato la Lama degli Spiriti, potente arma in grado di svuotare un corpo di ogni energia vitale! E dal momento che Didone era morta secoli addietro, anche la sua anima l’ha seguita in Ade!" –Spiegò Era, lasciandosi scappare un sospiro al ricordo della donna in cui tanto si era ritrovata. –"Gli Heroes di Ercole hanno vinto, sconfiggendo i miei Sacerdoti e i miei Emissari! E lo stesso figlio bastardo di Zeus mi ha più volte piegato a sé, prostrandomi nel fango dell’alto colle di Samo, dopo aver distrutto la mia ricostruita magione!"

"Nooo!" –Dioniso si mise le mani alla bocca. –"Quale meschinità! Sfiorare il regale volto della creatura più soave che abbia mai abbagliato questo mondo!" –Sorrise il Dio, con una smorfia quasi innaturale. –"Nel fango dovrebbe finire lui!" –Ringhiò improvvisamente Dioniso, alzandosi in piedi e gettando via la coppa di vino che reggeva in mano. Spaventando persino Era. –"Quel porco! Quel sudicio! Quel cane! Come ha osato oltraggiarti in questo modo? Deve pagare! Sì, pagare con la vita!"

"È proprio per questo che sono qua, Dioniso!" –Esclamò Era. –"Per chiederti di ucciderlo! E di sterminare quel che resta dei suoi guerrieri!"

"Un’altra guerra vuoi, Era?! Così tanto ami tingere il mondo con il rosso del sangue? Con il rosso del vino?!" –Sibilò Dioniso, sedendosi nuovamente al tavolo. –"Ma stavolta, per paura di perdere, ti rivolgi a me, che dovrei coprirti il fianco?! E, sia chiaro, è un gran bel fianco! Ih ih ih!"

"Non la sconfitta mi preoccupa, Dioniso! Ma la possibile ritorsione di Zeus! Ha già osato riprendermi di fronte a suo figlio, e non tollero che accada di nuovo! Per quanto non voglia ammetterlo, e per quanto non abbia apprezzato il comportamento passivo di Ercole, credo che l’affetto e l’ammirazione che Zeus prova per lui lo porterebbero a condannare un mio nuovo attacco!" –Tuonò Era, incollerita. –"Ho le mani legate, ma tu sei più libero di muoverti! Ben potresti muovergli guerra, per vendicare il torto che la sposa di tuo Padre ha subito!"

"La sposa che mi ha condannato a sempiterna pazzia! Ih ih ih!" –Rise Dioniso istericamente, versando del vino in una nuova coppa. –"E per la quale dovrei mobilitare i miei guerrieri, senza alcun ritorno!"

"Avrai un premio!" –Esclamò seria Era, attirando lo sguardo attento del Dio. –"Ciò che brami più di ogni altra cosa! Un’esistenza normale, non più scossa dai brividi della follia! Portami la testa di Ercole e degli Heroes che hanno osato resistermi ed io mi riprenderò il dono che ti feci quando raggiungesti la maturità! Io ti toglierò la pazzia!"

Quella richiesta paralizzò Dioniso per un momento, obbligando i suoi centri nervosi ad un lavoro doppio, per metabolizzare l’informazione. Incredulo, il Dio scosse la testa più volte, versando nuovo vino nella coppa e tirandolo giù tutto d’un sorso.

"Cosa ne pensi?" –Chiese infine Era.

"Avrò bisogno di un paio di giorni! Di radunare i satiri e i miei Praticanti! Ma sarà un lavoro veloce! E sporco! Ih ih ih! Sì, mi piace essere sporco!" –E porse alla Dea una coppa di vino, invitandola a sbatterla con la propria per suggellare il loro accordo. –"Ma non quanto lo sarà Ercole una volta che avrò terminato con lui!"

"Perfetto! Sapevo che saremmo stati in sintonia!" –Commentò Era. –"Sei l’unico che possa metter su un conflitto con Ercole in tempi brevi!"

"Perché non l’hai chiesto ad Ares? Tuo figlio sarebbe ben lieto di far tremare di nuovo il mondo sotto i passi dei berseker!" –Incalzò Dioniso.

"Lo avrei fatto! Se fosse vivo! Ma il sigillo di Atena lo terrà imprigionato ancora per un paio di secoli! Non mi mancano certo i poteri per annullarlo, ma un tale atto mi attirerebbe la collera immediata di Zeus, sempre pronto a difendere l’amata figlia!"

"Ben comprendo il tuo rancore, Regina dell’Olimpo! Pare che tutto e tutti siano contro di te!" –Esclamò Dioniso, carezzando le mani di Era. –"Ma non è questo il mio caso! L’Esercito del Vino scorrerà come un fiume verso Tirinto, abbattendo le sue mura e portando tutti i suoi abitanti… alla pazzia!" –Sibilò, prima di scoppiare nuovamente a ridere.

Era si accomiatò poco dopo, ringraziando il Dio per la sua disponibilità. Ma mentre si incamminava lungo il sentiero, per tornare alla Reggia di Zeus, si chiese se aveva fatto la scelta giusta. Se Dioniso era veramente indicato per il grave compito che gli aveva assegnato. Era forte, indubbiamente, ed era anche l’unico con un esercito disponibile al momento, eccettuato l’ordine dei Cavalieri Celesti, che rispondevano però unicamente a Zeus. Ma c’era qualcosa, nella sua voce, nel suo gioco di sguardi, che faceva presagire a Era un pessimo futuro. La sua pazzia, si chiese la Dea, giocherà a mio favore o contro di me?

Non rispose, scuotendo la testa e aumentando il passo. Prima di rientrare doveva vedere una persona. Qualcuno che non sarebbe stato affatto felice di incontrarla di nuovo. Poiché la sua collera l’avrebbe investito. Concentrò i sensi, ma non lo trovò sull’Olimpo e si chiese se non fosse tornato a Lipari. Poi lo individuò.

Era in volo, diretto verso la Tracia. Ed Era capì a chi stava andando a far visita.

****

Rimasto solo, Dioniso terminò il dolce nettare nella sua coppa, prima di convocare i suoi satiri, che, ben lo sapeva, erano rimasti nascosti nelle vigne attorno, durante il colloquio con Era, pronti a correre in aiuto del Signore del Vino, in caso di bisogno.

Cinque figure apparvero di fronte a lui, tutte con la stessa corazza verde e marrone, adatta per mimetizzarsi nelle foreste, e si inchinarono in segno di rispetto. I cinque Satiri guerrieri che aveva personalmente addestrato al combattimento.

"Satiro della Passione ai vostri ordini, potente Dioniso!" –Esclamò un uomo dai capelli arancioni, parlando anche a nome degli altri.

Il Dio lo osservò ridacchiando tra sé e, per quanto li conoscesse tutti, dovette ammettere di fare ogni volta a fatica a distinguerli. Ma per fortuna, presentandosi, per quella volta aveva scampato il problema.

"Conoscete già il vostro obiettivo! Distruggere Tirinto e sterminare gli Heroes di Ercole!" –Esclamò infine Dioniso. –"Radunate l’esercito dei guerrieri caprini e delle menadi! Li porterete in battaglia con voi! Se ho ben compreso il carattere di questi eroi…" –Ironizzò, accentuando il termine con la voce. –"…non muoveranno un dito contro degli innocenti incoscienti!"

"Sì, mio Signore!" –Annuì il Satiro della Passione. –"E per quanto riguarda Ercole?"

"Mi occuperò io di lui! Non è nemico alla vostra portata!" –Chiarì Dioniso, prima di aggiungere. –"E convocate Mida, Arianna e Sileno! Saranno i vostri superiori!"

"Addirittura i tre Praticanti? Temete davvero una decina di guerrieri stanchi e indeboliti al punto da convocare coloro che più di ogni altro sono adorni della vostra vitalistica pazzia?!"

"Sì!!!" –Ringhiò Dioniso, scaraventando il satiro indietro con un’onda di energia cosmica e schiantandolo in mezzo al vigneto. –"Solo uno stupido non avrebbe timore di gente che ha sconfitto Argo, Iris e Didone!!!"

"Gli Oracoli di Era?!" –Esclamarono sorpresi gli altri satiri. –"E la Dea dell’Arcobaleno?!"

"Strategia ci vuole in guerra! E un pizzico di follia!" –Rise di nuovo Dioniso. –"Voi occupatevi della prima! Alla seconda ci penserò io! Ih ih ih!"

Dopo che i cinque satiri si furono allontanati, Dioniso avvicinò la brocca dorata e fissò il suo volto riflesso sulla superficie violacea del vino. Si trovò splendido. Pazzo e splendido. Ma quel barlume di sé, quella coscienza che Era non aveva mai annullato, gli strappò un ghigno di soddisfazione. La Regina degli Dei, per avere la sua vittoria, avrebbe dovuto pagare un prezzo molto alto. E a Dioniso non sarebbe bastato perdere la pazzia, di cui ormai non voleva liberarsi, essendo parte di sé. Ma, come Era inseguiva la sua vendetta, altrettanto avrebbe fatto lui.

In quello stesso momento, da un’altra parte dell’Olimpo, non molto distante in linea d’aria dalla residenza principale del Signore degli Dei, un ragazzo dai capelli scuri entrò correndo in un Tempio, raggiungendo la sala principale, dove sua sorella, comodamente assisa su un lettino, stava leggendo alcune poesie.

"Quanta fretta, Alessiare!" –Esclamò la ragazza. –"Cosa succede?!"

"Non hai idea di chi è tornato sull’Olimpo?! Anf anf!" –Ansimò il fratello, che si era precipitato a casa non appena era stato informato da Ganimede. –"Ercole!"

"Che cosa?!" –Gridò la giovane, alzandosi di scatto e lasciando cadere i rotoli di pergamene sul pavimento. –"Come? Quando è arrivato?!"

"Non lo so… Ho saputo soltanto che è a colloquio con il Sommo Zeus nella Sala del Trono! Ma vista l’agitazione che regna a palazzo, immagino che qualcosa di grave sia accaduto!"

"Non mi sorprende!" –Esclamò una terza voce, entrando nella stanza da una porta laterale. –"Ercole è ben noto per provocare scompiglio! Non si può certo dire che nostro padre sia uomo da agire con senno!"

"Aniceto…" –Mormorò il fratello.

"Dovremmo informare nostra madre…" –Commentò la ragazza, anche se non troppo convinta.

"Non credo ce ne sia bisogno!" –Rispose freddamente Aniceto. –"Credo che già lo sappia!"