CAPITOLO X

Punti di vista

I giovani eletti si accomodarono ai loro posti per cenare, affamati dopo l'ennesima dura giornata d'addestramento, ma preoccupati per la situazione che si era venuta a creare. Dopo il pasto, da uno dei banchi vicini, si avvicinarono alcuni Cavalieri, bucando involontariamente l'atmosfera un po' cupa che si respirava al tavolo dei futuri Cavalieri d'Oro:

"Buonasera amici, come state?" chiese raggiante uno di loro.

"Un po' stanchi, ma ancora tutti d'un pezzo Hermann" rispose Aldebaran con un sorriso.

Mentre il simpatico Cavaliere di Bronzo si intratteneva con alcuni dei giovani, ravvivando un po' la situazione, Camus, che non aveva preso parte alla discussione, notò che in un angolo isolato della sala, Vera e Agape stavano discutendo. Osservò in silenzio, cercando di estraniarsi dal frastuono che lo circondava: notava Agape, di spalle, gesticolare e Vera annuire, appoggiata al muro, con le mani conserte, quando d'un tratto vide che entrambe voltarono lo sguardo verso i suoi compagni. Sapeva bene di chi e cosa stessero parlando. Dopo qualche istante fu distratto dalla voce di Shura:

"Dove vai?"

"A fare quattro passi in cortile, vado a prendere un po' d'aria fresca" rispose DeathMask che, nel frattempo aveva lasciato il suo posto.

Shura e Camus si fissarono intensamente, senza scambiarsi alcuna parola, quando notarono che anche Shaka stava lasciando il tavolo.

"Ehi, te ne vai anche tu? Su resta un altro po' con noi" disse placidamente Shura.

"Grazie, ma preferisco salire per avere del tempo da dedicare alla meditazione prima di coricarmi" rispose il giovane, allontanandosi.

Nel cortile illuminato dalla luce argentea della luna, il suono dell'acqua sgorgante dalla fontana centrale accompagnava i passi del giovane DeathMask che, giunto ad una panchina, decise di sdraiarvisi per ammirare la volta celeste. Sapeva riconoscere alcune costellazioni del firmamento, trovando con relativa semplicità il Grande Carro che immobile si notava a nord-ovest, seppur infastidito dalla luce della luna, che oscurava gran parte degli astri nelle sue vicinanze. Mentre osservava col naso all'insù, lasciava penzolare le gambe, sfregando la suola dei suoi calzari con la ghiaia fine del cortile. Un rumore di passi, d'un tratto, gli fece aguzzare le orecchie. A poca distanza dalla sua panca i passi si fermarono, come se il nuovo arrivato fosse rimasto stupito dal trovarsi di fronte il giovane.

"Cosa ci fai qui?"

Rimanendo disteso e senza distogliere lo sguardo dalla volta celeste, DeathMask rispose con un'altra domanda:

"E' bello ammirare la volta celeste, vero Ioria?"

"Immagino di sì" disse cautamente il giovane del Leone, cercando di decifrare l'atteggiamento apparentemente sornione del compagno. Si avvicinò.

"Sai riconoscere le costellazioni, Ioria?"

"Certo, merito di mio fratello Micene". Non avrebbe voluto continuare, ma il suo cuore gli sussurrava che forse l'animo di DeathMask fosse davvero privo di rancore, nonostante l'ennesima spiacevole situazione creatasi nella sala comune; d'altronde non c'era da stupirsi: DeathMask aveva ormai abituato tutti ai suoi repentini cambi d'umore, per cui continuò, felice di ricordare:

"Spesso, quando il clima lo permetteva, sedevamo sotto il leccio dietro casa e con pazienza mi insegnava ad osservare gli astri e a seguirne i movimenti. Una volta, non molti anni fa, mi spiegò che ognuno di noi è legato alle stelle del cielo; me ne parlò a lungo e ne rimasi affascinato, ma la mia mente di bambino non riuscì a cogliere il vero significato di quelle parole. Fortunatamente ora riesco ad apprezzare meglio il suo insegnamento".

"Sai anch'io ho trascorso molte notti ad osservare il cielo, questo ci rende simili, non è così?"

"Già..." sospirò Ioria, che poi si liberò di un peso che nel frattempo gli aveva attanagliato la mente:

"...DeathMask, volevo chiederti una cosa riguardo alle parole che prima".

"Non voglio discuterne Ioria" tagliò corto il compagno.

"Sul serio, DeathMask, rispondimi. Probabilmente finora entrambi abbiamo fatto di tutto per odiarci a vicenda, ma ora siamo qui, soli e..." sorrise "...non stiamo litigando, è già un passo avanti, non credi anche tu?".

DeathMask si mise seduto, sgranchì la schiena e rispose:

"Beh, siamo sempre in tempo per scatenare una nuova discussione!" rise, prima di continuare con tono più serio:

"Faccio io una domanda a te, Ioria: trovi così strano il mio modo di essere, mal sopporti le mie allusioni. Perché credi così tanto alle favole che ci hanno raccontato? Perché credi che Atena e i suoi Cavalieri siano infallibili?"

"Beh, non è ovvio? Perché Atena desidera instaurare la pace e la giustizia tra gli uomini e si circonda di valenti Cavalieri che le giurano fedeltà e mettono in pratica le sue leggi. Perché per te è così difficile comprendere questa verità? La storia ed il mito parlano per Atena ed il Grande Tempio".

"Avanti, di' la verità, lo credi solo perché credi in tuo fratello e pensi che uno come lui non possa mai stare dalla parte sbagliata!"

"Non è vero, lo credo sul serio..." fu ciò che Ioria riuscì a proferire, prima di mordersi il labbro ed ammutolirsi: sapeva che in fondo le parole di DeathMask fossero in parte vere. Scosso dall'improvviso dubbio, Ioria rimase in silenzio a testa bassa, mentre il suo compagno tornò ad osservare il cielo, ignorandolo. Il giovane Leone avrebbe seguito il fratello fino in capo al mondo, ma realizzò che questo non implicava l'aver compreso appieno il senso di tutto ciò che stava vivendo al Tempo, come se una sorta di accettazione passiva avesse fino a quel punto spinto se stesso e i suoi compagni a credere alle parole di un anziano Sacerdote e dei suoi fedeli servitori. Senza un'apparente spiegazione, riaffiorarono nella sua mente i momenti della separazione da Micene, le copiose lacrime versate e il dolore per la perdita di una figura così importante. Da allora i giochi di bambini non furono più gli stessi, le corse in riva al mare divennero sempre più rare e meno soddisfacenti ed il leccio dietro casa iniziò ad osservare gli astri e le costellazioni del firmamento nella più triste solitudine. Ricordò, poi, il ritorno inaspettato di Micene, passato da casa dopo molto tempo per una visita di pochi giorni, portando con sé uno strano bagaglio dorato sulle spalle. Quella notte il leccio ebbe di nuovo la compagnia dei due fratelli. Quel ricordo gli scaldò il cuore: fu in quel momento che, nel turbinio di pensieri che affollavano la sua mente, Ioria ricordò l'insegnamento, allora ancora di difficile comprensione, che Micene gli impartì:

"...Atena ha deciso di vivere tra i mortali, senza vantare alcun diritto nei nostri confronti, nonostante fosse una dea. L'uomo smarrisce troppo spesso la retta via ogni qual volta cede al peccato e ai vizi ed è per questo che Atena, mossa a compassione di noi mortali, ha deciso di tenderci una mano, credendo nelle nostre potenzialità di riscatto, nonostante fossimo essere inferiori. Molte divinità olimpiche, tuttavia, hanno interpretato questo gesto come un tradimento alla natura divina che a Lei spettava di diritto. Atena ha sempre difeso con forza la sua decisione di scendere a compromessi con noi comuni mortali al cospetto degli Olimpi, molti dei quali hanno per millenni colto nelle limitatezze umane l'opportunità per ostentare la loro natura divina e perfetta, di entità superiori, plasmatrici della vita. Atena ha dato a noi la possibilità di riscattarci, svegliandoci dal torpore ed illuminando la via della pace e della giustizia. Da quel giorno, appartenente ormai all'età del mito, le altre entità divine hanno deciso di fomentare odio tra gli uomini, con lo scopo di poterci controllare, dividere ed impegnare in tristi attività come la guerra, con lo scopo di ostacolare il riscatto dell'umanità voluto da Atena. E' lei, infatti, il nostro unico riscatto, Atena, ed è per questo che sono nati i suoi Cavalieri: i difensori della pace, i fedeli servitori della dea, coloro che difendono i principi della giustizia da chi desidera affossarli nel nome di interessi personali..."

"Ancora qui?" chiese, d'un tratto, DeathMask.

"Sì...Sì, DeathMask scusami, ero sovrappensiero..." disse Ioria, tornando alla realtà.

"Pensavo volessi rimanere quì ad osservarti i sandali per tutta la notte".

"Sai, in fondo hai ragione DeathMask".

"Eh?"

"E' grazie a mio fratello se fin da subito ho accettato con gioia di servire il Grande Tempio" concluse con convinzione Ioria.

Il compagno gli si avvicinò, mise una mano sulla sua spalla e sorrise sarcastico poi, con tono rilassato, disse:

"Visto? Se non fosse per tuo fratello, saresti scettico proprio come me, ma non ti biasimo: tu e tutti i tuoi amici siete stati indottrinati bene dalle parole del Sacerdote, ma non vi siete mai chiesti davvero il perché del vostro rocambolesco arrivo qui a Rodorio o il perché di questa fede cieca nei confronti di Atena: troppo esaltati da questa strana, nuova vita, non è così? Potrei far vacillare le certezze di Aldebaran, di Milo, di Aphrodite e persino di quell'altezzoso sapientone di Shaka, che non saprebbe più cosa rispondere se solo volessi".

"No DeathMask, ora sei tu a non voler capire".

"Cosa?" chiese stupito il giovane Cancer, facendo un passo indietro.

"La risposta al tuo scetticismo puoi trovarla in ogni persona che abita questo luogo benedetto. Io l'ho trovata in mio fratello, tu potresti scoprirla in maestro Sibrando o in Vera: tu, io e gli altri siamo la prova vivente delle parole del Sacerdote. Siamo venuti al mondo perché chiamati a svolgere il compito di Cavalieri da Atena. Atena, DeathMask, la dea che ha scelto di vivere al fianco dell'uomo per evitare che il destino oscuro disegnato dalla mente contorta di altre divinità bramose di potere, potesse compromettere per sempre il destino dell'umanità, non ne cogli la grandezza?"

"Bah, che assurdità! Che parole sono queste? Il destino di ogni uomo, anche il nostro, porta da sempre un solo nome: sofferenza. E sarà così per sempre!"

"Lo sarebbe se non ci fossero uomini che dedicano la vita ad una causa nobile, come la nostra, riflettici: il nostro compito è quello di sradicare la sofferenza che attanaglia chi soffre, non certo di esserne spettatori. Siamo al servizio di Atena perché lei è dalla nostra parte, è venuta in mezzo a noi per proteggerci, non per giocare un ruolo passivo nelle tristi vicende dell'umanità..." abbassò il tono "...E' vero, il mondo sembra in balia del caos, ma se c'è un colpevole per tale situazione, egli non porta di certo il nome di Atena!"

DeathMask non rispose e distolse lo sguardo: trovò curioso che le parole di Ioria fossero così simili a quelle che Shaka gli rivolse qualche sera addietro.

"Questo moccioso che fino ad un minuto fa non riusciva ad aprir bocca, ora sembra ispirato da una volontà superiore, possibile che io non riesca a cogliere? Ma come faccio a credere a queste parole, dopo ciò che ho appreso sulla vita e sulla morte? No, non ce la faccio, eppure..." pensava in cuor suo.

"Ora sei tu che non sai cosa rispondere..." lo incalzò Ioria, con rinnovato vigore.

"Smettila..." rispose DeathMask, con tono seccato, puntando il dito contro il compagno "...Cosa ne sai tu? Credi che sia così facile per me? Se fosse come dici, io dovrei maledire Atena per il potere che mi ha concesso, tu non puoi capire cosa si prova quando si interagisce con gli spiriti sofferenti che da questo mondo hanno ricevuto solo pene atroci e che bramano l'eterno oblio dell'Ade per porre fine ai loro tormenti. Perché Atena dovrebbe concedere al Cavaliere del Cancro tale castigo, perché?"

"Non è un castigo, DeathMask!"

Una voce familiare fece voltare entrambi i giovani: la luce della luna risaltava sul copri spalla metallico e sulla maschera di Vera la quale, dopo essere stata messa al corrente della situazione da Agape, aveva deciso di parlare personalmente con l'irrequieto allievo del Cancro.

"Anche voi ci stavate spiando?" chiese Ioria, infastidito. DeathMask lo guardò perplesso, non sapendo a cosa si riferisse.

"Spiando? Non ce n'è stato bisogno, le vostre voci riecheggiano per tutto il colonnato". A queste parole, una smorfia infastidita si dipinse sul volto di DeathMask.

"Ioria, puoi lasciarci soli?" chiese con tono deciso la Sacerdotessa. Il ragazzo ubbidì, annuendo; avrebbe preferito restare, ma decise di non controbattere. Quando il rumore dei passi di Ioria si fece lontano e flebile, Vera si rivolse all'allievo:

"Mi è stato accennato di questi tuoi...dubbi sul ministero che opera in questo luogo, ma ne ho avuto la certezza poco fa."

"Ma nobile Vera, io non..."

"Su, siediti" lo interruppe l'addestratrice. DeathMask obbedì e venne subito affiancato dalla Sacerdotessa che lo fissò per alcuni interminabili secondi. Il giovane allievo impallidì alla vista dell'inespressiva maschera argentea, ma sapeva bene che dietro quel volto inanimato vi fosse lo sguardo intenso della sua maestra d'armi.

"Parla, cosa vuoi dirmi?" chiese in tono più disteso Vera.

DeathMask evidentemente a disagio, manteneva il collo con una mano e muoveva le gambe nervosamente.

"Avanti non essere teso, non sono qui per biasimarti".

DeathMask prese finalmente la parola, dopo un profondo respiro:

"Ecco io, io non nutro fiducia nel Grande Tempio, ora lo sapete nobile Vera. Si predicano pace e giustizia qui a Rodorio, ma io ho avuto più volte la dimostrazione che questi concetti assoluti sono solo utopie". Una volta confessata la verità il giovane si sentì sollevato: ora, era certo, avrebbe potuto affrontare il discorso in modo più rilassato.

"Capisco. E queste tue certezze da cosa scaturiscono?"

"Beh, questo deriva dalla mia capacità di interagire con i defunti e di venire a conoscenza di tante, troppe tragedie. Capacità che a quanto pare mi è stata donata dalle stelle per diventare futuro Cavaliere del Cancro".

"Non avevo dubbi. Ed è per questo che volevi maledire Atena poco fa?"

Passandosi le mani sul volto, quasi a cercare nuovo vigore per rispondere alla difficile domanda, il giovane proseguì:

"Temo di sì, nobile Vera. Che io ricordi ho da sempre posseduto questa capacità e da allora gli spiriti non mi hanno dato tregua: rifletto, sogno, mi riposo, combatto e loro sono lì con me, rendendomi partecipe del loro dolore. Dovrei essere grato a chi mi ha concesso tale tortura?"

"E' successo anche durante il combattimento contro Shaka, vero? Hai ceduto perché sei stato distratto".

DeathMask fissò stupefatto la sua addestratrice: sperava che nessun altro, oltre al compagno, avesse colto la verità in quell'attimo di esitazione.

"Dunque anche voi l'avevate capito?" chiese perplesso.

"Certo, sono Cavaliere d'Argento dopotutto ed è nelle mie capacità notare un particolare del genere, non dimenticarlo; ma dimmi, chi altri aveva intuito?"

"Shaka stesso..." rispose malinconico, ricordando quei momenti.

"Ora capisco tutto".

"Che intendete, nobile Vera?"

"Nulla di importante DeathMask, ho saputo che Shaka ha avuto una lunga discussione con te dopo lo scontro. L'ha fatto perché voleva aiutarti a quanto pare ed anche i tuoi compagni, seppur esternandolo in modo diverso, erano preoccupati per te".

DeathMask non rispose, stupito. Alzò lo sguardo al cielo, osservando alcune nuvole che prima non c'erano. L'aria iniziò a farsi più fresca e si alzò un leggero venticello, mentre il monotono canto di un grillo rompeva il silenzio.

"Cos'hai percepito in quello scontro?" continuò la Sacerdotessa. DeathMask rispose, con evidente difficoltà:

"L'immagine e il sussurro di una donna con un bambino tra le braccia. Furono entrambi abitanti di Rodorio, vittime di una strage perpetrata dai figli gemelli di Notte ed Erebo..." l'impassibile maschera metallica, celò l'espressione stupita che Vera assunse a quelle parole. Lasciò proseguire il giovane Cancer, curiosa più che mai di ascoltare altro "...Da quello che ho potuto intuire, sembrava che la donna fosse legata ad un Cavaliere del Cancro, suo figlio suppongo, ragion per cui mise a disposizione la sua energia spirituale, credendo che io fossi l'erede di quell'uomo". Dopo qualche istante di pausa, Vera prese la parola:

"E' davvero incredibile ciò che racconti DeathMask, ma è proprio questo avvenimento che può dissipare ogni tuo dubbio".

"Cosa volete dire?"

"In alcuni archivi conservati all'Accademia, concessi dai Sacerdoti precedenti alle nuove generazioni di Cavalieri come fonte di ispirazione, una sola volta si parla di un Cancer originario di Rodorio e fu proprio lui che difese il villaggio dagli dei gemelli Hypnos e Thanatos che fecero la loro comparsa sulla Terra durante la Guerra Sacra del 1347."

"Di cosa state parlando?" chiese incuriosito l'allievo.

"Non dovrei raccontarti certe cose, non sei ancora un Cavaliere, ma per questa volta infrango la regola: la Guerra Sacra è un conflitto che nasce quando una divinità dichiara guerra ad un suo pari. Quando un dio scatena un conflitto contro la dea Atena, dichiara inevitabilmente guerra anche al Santuario e come Atena può contare sull'aiuto instancabile dei suoi paladini, così altre divinità possono schierare in campo i loro eserciti. Gli dei gemelli sono gli esponenti più temibili dell'esercito di Ade, il guardiano dell'aldilà: durante quel lontano conflitto, le due divinità giunsero sulla Terra per farne una landa desolata e come primo atto sparsero nel bacino del Mediterraneo un potente morbo che si diffuse rapidamente, decimando milioni di innocenti in tutta Europa. Nel frattempo giunsero al Tempio per distruggere anche il Santuario ma, a poca distanza da qui, lungo il sentiero che porta all'arena, li attendeva Vasianos del Cancro, Cavaliere d'Oro di Rodorio..." DeathMask ascoltava a bocca aperta, impressionato dalla storia narrata da Vera "...In quel momento erano presenti pochi Cavalieri al Tempio: c'era stata, infatti, una difficile decisione da prendere in quel frangente, ovvero rimanere al Tempio e difendere Atena o cercare di evitare la pandemia del morbo. Alla fine si scelse di inviare un buon numero di Cavalieri in missione in tutta Europa, con l'ordine di sconfiggere qualsiasi soldato nemico e di salvare quante più vite fosse stato loro possibile, cercando al tempo stesso di risanare l'aria con l'espansione dei propri cosmi. Con l'invasione di Rodorio, il piano di Vasianos, rimasto a guardia in Grecia, si presentava tanto semplice quanto disperato: trattenere i gemelli lontano dal villaggio per permettere alla popolazione di mettersi in salvo ed attendere l'arrivo dei rinforzi. Sta scritto nelle pergamene che dopo un breve scambio di opinioni, l'attenzione degli dei gemelli cadde su una donna col figlio in braccio che urlava verso Vasianos, pregandolo di fuggire insieme. Si dice che quella donna fosse sua madre e il piccolo suo fratello: all'udire quella voce, Cancer si distrasse e non poté impedire a Thanatos di colpire con un lampo luminoso i due poveri innocenti, più altri fuggiaschi nei paraggi. I gemelli, quasi non considerando la presenza del Cavaliere, si diressero verso la popolazione in fuga, ma Vasianos, col volto sfigurato dal dolore e dalla rabbia, espanse il suo cosmo a dismisura, riuscendo a sfruttare il potere che ora tu stesso possiedi per guadagnare tempo con qualche schermaglia, generando un'onda di materia spirituale che trattenne entrambi gli invasori per pochi, ma preziosissimi minuti: Hypnos e Thanatos si fecero beffe del Cavaliere, assistendo divertiti alla prova di forza di Vasianos che, per qualche istante, riuscì anche a resistere all'impetuoso vortice scatenato dal varco nell'Iperdimensione aperto dai due dei ma, proprio quando il suo cosmo sembrò esaurirsi, incapace di resistere a quello delle divinità, giunsero in suo soccorso il Gran Sacerdote, due Cavalieri d'Oro, quattro Cavalieri d'Argento e la dea Atena in persona, grazie alla tecnica del teletrasporto propria del vicario di Atena, i quali, unendo i loro cosmi, riuscirono a sigillare gli spiriti dei due gemelli all'interno di preziosi scrigni. L'eroica resistenza di Vasianos riuscì a salvare molte vite, ma non la sua: mise tutto se stesso in quell'attacco, ma l'onda energetica che generò, unita all'attacco congiunto, si spense insieme a lui. Fu seppellito con tutti gli onori nel cimitero ai piedi del monte del Tempio".

DeathMask rimase sbigottito e non riuscì a proferir parola.

"Forse non eri ancora pronto per udire certe cose allievo, ma sono certa ti che siano state utili. Vasianos ha posseduto il tuo stesso potere e l'ha sfruttato per difendere molti innocenti che senza il suo intervento sarebbero morti di certo. Gli spiriti che lui ha invocato lo hanno sostenuto, consentendogli di difendere questi luoghi. Senza l'intervento di Vasianos, probabilmente il Sacerdote e la dea non sarebbero giunti in tempo a dar man forte e oggi né il Tempio, né il mondo intero così come lo conosciamo esisterebbero più. Credi che gli spiriti avrebbero accettato di aiutare chi non fosse stato nel giusto? L'hanno fatto con Vasianos ed in questa epoca lo spirito di sua madre l'ha fatto con te: sei l'erede di suo figlio DeathMask, non essere più incredulo, ma credente! Il dolore che percepisci si tramuterà in energia, in azione, quando agirai in nome di Atena come nuovo Cavaliere d'Oro con il consenso degli spiriti che animano l'Armatura della quarta Casa. Sai, nonostante per alcuni di loro la vita sia stata piena di sofferenze, essi desiderano più di ogni altra cosa la pace per chi è ancora su questa Terra e trovano in te, e negli altri Cavalieri, l'unica, perenne luce di speranza, non avevi mai pensato a questo?"

DeathMask si morse il labbro e sembrò trattenere le lacrime. Guardò verso il colonnato, poi verso la fontana, quando d'un tratto trovò il coraggio di sospirare:

"Grazie nobile Vera, ho apprezzato molto le vostre parole. Adesso credo sia ora che io vada a letto".

Intanto nella sala comune degli allievi, i giovani erano ancora intenti a discutere, dopo che Ioria era giunto con la notizia che Vera e DeathMask stessero parlando nel cortile.

"Si sono alzati e ora si stanno dirigendo all'interno" fece d'un tratto Milo, osservando da una delle finestre. Aldebaran e Ioria vollero vedere con i propri occhi, mentre gli altri si chiedevano con che animo sarebbe entrato in stanza il compagno. Non ci volle molto e la porta si aprì: tutti lo osservarono in silenzio, tanto che il giovane si sentì leggermente in imbarazzo, sorridendo d'istinto.

"Che c'è?" chiese.

I suoi compagni lessero qualcosa di diverso nei suoi occhi e, guardandosi l'un l'altro, sembravano chiedersi se davvero qualcosa in lui fosse cambiato dopo la discussione con Vera. DeathMask sbadigliò, si tolse i calzari e si coricò esausto, non rivolgendo a nessuno la parola.

Il sonno calò sui giovani, così come su tutta la popolazione di Rodorio. Il Sacerdote scese dall'Altura delle Stelle, dopo un'attenta perlustrazione della volta celeste, portando con sé una pergamena dov'erano state appuntate le ultime annotazioni astronomiche, utili solo parzialmente in mancanza del manufatto divino, ma sufficienti per il Grande Sion, che si ritenne soddisfatto dello studio serale: aveva scoperto, infatti, che la Prima Stella Demoniaca stava compiendo dei movimenti apparentemente impercettibili, che la camuffavano tra le stelle di Andromeda, proprio all'altezza della Grande Nebulosa, dinamica che la rendeva quasi invisibile anche agli occhi di un ignaro osservatore, nonostante la sua magnitudine. E invisibile sarebbe ancora stata anche per i Cavalieri d'Oro, se il Sacerdote non li avesse convocati per una riunione d'emergenza. Invisibile per Sion, invece, non lo era stata nemmeno per un istante, impossibile fu per lui dimenticare il sinistro spettacolo di quell'astro, apparso improvvisamente nei cieli due secoli e mezzo addietro e che ora aveva lanciato di nuovo una sfida all'intero pianeta. Il moto dell'astro, pensava tra sé Sion, coricandosi, era leggermente ritardato rispetto al normale moto apparente della volta e questo poteva rivelarsi un indizio importante sulle tempistiche che avrebbero portato allo scoppio del conflitto.

"Oh, dea Atena! La vostra assenza da questi luoghi è opprimente, possa il vostro cosmo far presto visita ai suoi fedeli" sussurrò prima di chiudere gli occhi.

Gli stessi pensieri affollavano la mente del devoto Micene, steso sul suo letto: al Cavaliere piaceva molto riflettere e scrivere qualcosa sul suo diario personale prima di addormentarsi e, a volte, era solito coricarsi a notte ormai fonda, dopo aver dato libero sfogo ai suoi pensieri. Da qualche ora, la sua mente si era velata di tristezza, ricordando le terribili premonizioni udite ai piedi della statua della dea, ma un pensiero ricorrente lo rinvigoriva e, forse, gli aveva impedito di chiudere occhio fino ad allora:

"Non sarà la nostra generazione a cedere il passo alle tenebre! E spero tanto che sia proprio questa generazione a decretare la definita sconfitta del Signore degli Inferi!"

Rivolgendo una preghiera ad Atena, chiuse, infine, gli occhi e si addormentò.