CAPITOLO VI

Stati d'animo

Nel tardo pomeriggio, dopo il duro allenamento, agli allievi fu concesso di recarsi all'arena per assistere all'addestramento di alcuni Cavalieri di Bronzo, durante il quale avrebbero preso atto delle reali fatiche sostenute da chi era già un vero servitore della dea. Con indosso le loro tuniche, i giovani attraversarono il colonnato del cortile principale dell'Accademia, prima di avviarsi per le strade di Rodorio, accompagnati da Zenas che li attendeva all'ingresso dell'edificio. Nel cortile principale dell'Accademia si trovavano le inseparabili Agape e Kassandra che discutevano sedute su una panca.

"Guarda Agape, i futuri Cavalieri. Dove stanno andando?" chiese Kassandra.

"Credo stiano raggiungendo l'arena: i maestri hanno concesso loro il privilegio di assistere agli allenamenti dei Cavalieri di Bronzo."

"Un privilegio non da poco, Agape".

"Meritato, direi, da quello che si sente dire da Vera".

Una piacevole atmosfera circondava il bel cortile: i raggi del sole calante, che iniziava ad arrossare il cielo, penetravano dalle feritoie dell'edificio, illuminando le vasche della fontana centrale; il rumore delle piante cullate dal vento leggero ed il frinire di alcune cicale scandivano il tempo che lentamente stava scivolando verso sera. Agape osservò attentamente lo sguardo dell'amica, reso impassibile dalla maschera, accompagnare i passi dei giovani fino all'ingresso della porta:

"Amica mia..." sospirò poi osservando Kassandra, una volta che il grande portone fu chiuso.

"Di' pure, cosa c'è?"

Agape puntò gli occhi verso la fontana, poi verso il basso e con entrambe le mani si tolse la maschera, mostrando il suo sguardo intenso e penetrante. Pur essendo inusuale che una Sacerdotessa mostrasse il suo volto in pubblico, la profonda amicizia che le legava aveva reso consueta per entrambe l'abitudine di togliersi la maschera nei momenti più intimi. Kassandra, per nulla sorpresa dal gesto, si tolse a sua volta la maschera, poggiandola sulle gambe, e la fissò in attesa. Agape dai folti capelli scuri e ondulati, mostrava un viso delicato e liscissimo, che scendeva delicatamente fino al mento sottile e appena accennato. Tale incanto risaltava anche sul viso della più giovane Kassandra la quale, sotto la maschera che rendeva visibile soltanto la crespa chioma color rame che le giungeva fino alle spalle, nascondeva un volto giovane e fresco, dalle forme appena più arrotondate rispetto a quelle dell'amica nel fiore dei suoi anni.

"Amica mia..." riprese a parlare Agape, a voce bassa "...pensi davvero che quei giovani siano destinati ad un grande futuro?"

"Sembrerebbe proprio di sì, ma perché me lo chiedi? E perché parli sottovoce?"

"Sai..." si voltò prima di proseguire, per assicurarsi che non ci fossero occhi e orecchie indiscreti "...l'altra sera sono stata attirata dalle loro voci provenienti dalla sala comune. Ho origliato brevemente i loro discorsi e ne sono rimasta stupita".

"Che intendi dire? Di cosa discutevano?" intervenne Kassandra, incuriosita da quelle parole.

"Del ruolo in questa vita così inusuale qui al Tempio. Non erano parole proprie di ragazzini, erano parole mature e consapevoli. Uno in particolare mostrava grande entusiasmo, dalla voce mi pare che si trattasse del fratello minore di Micene di Sagitter".

"Fortunato ad avere un fratello così: sono certa che il giovane Ioria diverrà un ottimo Cavaliere seguendo l'esempio di Micene".

"Sperando che anche il giovane del Cancro ne segua le orme" aggiunse Agape con un pizzico d'improvvisa ilarità.

"Non capisco Agape..."

"Quel DeathMask non perdeva occasione per sbeffeggiare i suoi compagni, arrivando a schernire lo stesso Ioria, che stava esternando con passione, e un pizzico d'innocenza oserei dire, tutto il suo entusiasmo per la sua nuova vita qui al Santuario".

"Irriverente e sfrontato!" esclamò con aria vagamente indignata Kassandra.

"Purtroppo ho dovuto allontanarmi e far ritorno al piano inferiore, dove mi attendeva Vera, non so dirti quindi com'è proseguita la discussione".

"Speriamo che i toni non siano peggiorati in seguito" rispose sorridendo Kassandra.

Intanto all'arena si susseguivano vari duelli molto interessanti e particolarmente apprezzati dai giovani allievi. La casta dei Cavalieri di Bronzo era la più bassa nelle gerarchie del Tempio, ma il valore di quei soldati non era certo da sottovalutare. Sotto l'occhio vigile del maestro Fedro di Eridano, due Cavalieri di Bronzo, Yago del Cavallino e Miro del Cane Minore, avevano iniziato da poco a combattere, mentre altri Cavalieri di Bronzo erano seduti sulle gradinate per assistervi al fianco del giovani allievi, affascinati dall'idea che un giorno avrebbero potuto raccontare di aver conosciuto di persona i Cavalieri d'Oro. Tra essi c'era anche Hermann del Tucano colui che, forse, più degli altri era riuscito ad instaurare un rapporto di confidenza con i futuri dorati custodi.

La sfida era equilibrata ed entrambi i contendenti prediligevano il contatto fisico come stile di lotta, non disdegnando, però, l'uso di tecniche cosmiche e lampi d'energia quando ce ne fosse stato bisogno. Yago aveva un potenziale vantaggio rispetto al suo avversario, ossia una maggiore esperienza in combattimento, avendo conquistato la sua Armatura un anno prima di Miro, ma l'eccessiva, e a volte ingiustificata, sicurezza nei propri mezzi, sfacciatamente disegnata sul suo volto anche durante le prime fasi del combattimento, lo rendevano un combattente poche volte davvero incisivo, difetto che il suo maestro aveva intuito e che sperava potesse essere attenuato proprio grazie allo scontro con Miro, uno dei guerrieri di Bronzo più discreti ed introversi, ma anche uno dei più volenterosi e solerti.

"Ma maestro, perché volete che combatta contro Miro? Lasciate che affronti Hermann o qualcun altro del mio livello!" aveva detto poco prima dello scontro il Cavaliere del Cavallino.

"Taci ragazzino impertinente! Vedo che hai ancora molto da imparare prima che tu possa definirti un vero Cavaliere!" lo aveva severamente ammonito maestro Fedro.

Il rimprovero ebbe il suo effetto: Yago si guardò intorno, osservando con aria irritata gli spalti su cui sedevano i suoi compagni e i giovani allievi di cui tanto si parlava tra le fila dei Cavalieri di Bronzo.

"Darò tutto me stesso, vedrete..." aveva risposto al maestro poco prima di iniziare a combattere, mentre Miro attendeva di fronte a lui "...vi mostrerò ciò di cui sono capace!"

"Basta ora, cominciate!"

Con un balzo in avanti fulmineo, Yago raggiunse velocemente il suo avversario che, dopo un'iniziale esitazione, iniziò a coordinare meglio i movimenti e a difendersi egregiamente dalla furia dello sfidante che, dopo un'incessante serie di pugni inefficaci, riuscì finalmente a trovare un varco e aprire la difesa di Miro, il quale cadde a terra colpito al mento e senza più l'elmo, volato via. Un sorriso soddisfatto apparve sul volto di Yago, mentre riprendeva fiato osservando il compagno che si rialzava, pronto a ricominciare. Questa volta fu il Cavaliere del Cane Minore ad attaccare per primo, lanciando una piccola sfera di cosmo contro l'avversario, con l'intenzione di farlo arretrare o scattare in aria. Yago evitò con facilità la tecnica, che si schiantò al suolo generando una piccola fossa circolare nella rena, e scattò in alto a braccia larghe. Con un rapido scatto in avanti, Miro diminuì la distanza dall'avversario, caricando contemporaneamente il pugno destro con buona parte del suo cosmo, prima di spiccare a sua volta un balzo:

"Luce di Gomeisa!" Dal braccio teso in avanti si sviluppò un potente raggio color argento, circondato da una miriade di stelle saettanti viola, che si diresse velocemente verso Yago il quale, leggermente sorpreso dalla potenza del colpo, caricò col proprio cosmo entrambe le mani, tentando di parare il lampo di energia. Con un urlo istintivo e prolungato, Yago riuscì ad evitare l'impatto, nonostante l'energia dell'attacco del Cavaliere di Canis Minor lo stesse spingendo sempre più lontano. Non indugiando nei suoi propositi e approfittando dello stallo di forze, Miro generò con la mano sinistra, rimasta libera, tre piccole sfere argentee che iniziarono a ruotare nel suo palmo; proprio quando sembrava che Yago stesse riuscendo a liberarsi dalla morsa del colpo di Miro, quest'ultimo scagliò contro il Cavaliere di Equuleus le tre sfere, poco prima di lanciarsi a sua volta verso di lui, estinguendo la Luce di Gomeisa. Accortosi in tempo dei tre globuli, che lo stavano raggiungendo roteando a distanza l'uno dall'altro, Yago li contrastò con estrema facilità, scagliando prima un destro, poi un sinistro, ed infine, voltandosi per colpire l'ultimo, un calcio a gamba tesa a mezz'aria. Riuscì, poi, soltanto a voltarsi e ad udire un sinistro sibilo nell'aria, prima che il pugno destro di Miro lo colpisse in pieno volto, scaraventandolo di nuovo verso l'arena: l'impatto fu tremendo e l'elmo del Cavallino volò via, raggiungendo la terza fila delle gradinate dell'arena. Miro atterrò in fretta, mantenendosi a debita distanza, per riprendere fiato. Yago era immobile, col viso coperto dalla rena e qualche graffio sulle braccia, mentre maestro Fedro osservava impassibile, mani conserte. Le mani aperte di Yago, distese sulla calda rena, si chiusero improvvisamente, scavando nella sabbia.

"Non posso perdere così, non posso!" urlò poi, balzando di nuovo in piedi, nonostante l'aspetto malconcio e la smorfia furiosa, ben diversa da quella spavalda e spocchiosa di inizio combattimento.

Decise di provare una nuova serie di colpi fisici, ingaggiando un nuovo duello corpo a corpo con Miro, sperando di avere di nuovo successo. Il Cavaliere del Cane Minore parò un insidioso destro col palmo della mano sinistra, interrompendo una serie tremenda di rapidi colpi dell'avversario, molti dei quali furono attutiti dai bracciali dell'Armatura di Miro, ma Yago non demorse e piegandosi sulla gamba sinistra, tentò un atterramento dell'avversario con la gamba destra, facendo perno su quella precedentemente piegata; Miro evitò il colpo, saltando a piedi uniti, e contrattaccò col destro, ma questa volta fu Yago a pararlo col palmo della mano, esaurendo l'impeto dell'attacco e tentando un nuovo colpo col pugno destro, a cui però Miro si oppose, parandolo col bracciale dell'Armatura. I due si fissarono per alcuni secondi, trattenendo il respiro e digrignando i denti per lo sforzo sostenuto, poi tornarono a studiarsi da lontano, balzando entrambi all'indietro. Nonostante la fatica e il respiro affannato, decisero di proseguire con altre veloci schermaglie, colpendosi a vicenda con rapidi movimenti. Maestro Fedro seguiva attentamente ogni singola mossa con lo sguardo quando, d'un tratto, i suoi occhi si posarono sui giovani aspiranti Cavalieri d'Oro seduti sugli spalti accorgendosi, con gioia mista a sorpresa, che anche loro fossero già in grado di seguire senza problemi i rapidi movimenti dei due allievi impegnati nella lotta, nonostante fossero ancora dei novizi. Sorrise soddisfatto prima di ritornare sullo scontro. Yago era riuscito a bloccare il braccio destro di Miro, che cercò di divincolarsi ricorrendo al proprio cosmo per colpire col palmo sinistro, ma l'avversario glielo impedì, scaraventandolo in aria, prima di scagliare uno dei suoi colpi:

"Calda tempesta di Celeris!" ruggì alzando il braccio destro e generando attorno a sé una spirale di fuoco che salì veloce verso l'alto, roteando come un mulinello di fiamme.

Miro riuscì ad evitare un duro colpo, ma fu inevitabilmente investito dal calore: cadde verso il basso, riuscendo comunque a poggiare i piedi per terra. I due sfidanti, ormai sfiniti, si davano le spalle, ansimando vistosamente. Passarono dei silenziosi istanti, prima che i due decidessero di risolvere lo scontro attaccando con le residue energie. Si voltarono di scatto, caricando di cosmo i propri pugni:

"Esplosione della Supernova!" urlò con impeto Yago.

"Asterismo Luminoso!" fu la replica di Miro.

La sfera di fuoco generata dal Cavaliere del Cavallino saettò veloce nell'aria, contrastata dai due vorticosi fasci color argento del Cavaliere del Cane Minore. Nessuno dei due sembrava cedere, pari appariva infatti la potenza cosmica profusa in quell'ultimo attacco quando, ad un tratto, il globulo infuocato prese il sopravvento, schiantando a terra un sorpreso Miro, che nulla poté per rimediare all'improvviso svantaggio. Yago crollò sulle ginocchia esausto, osservando a fatica il corpo del compagno disteso a terra poco avanti. Quest'ultimo, una volta ripresosi, si mise in ginocchio a sua volta, pulendo il viso sporco di sabbia, sudore e qualche goccia di sangue. Gli spettatori, fino ad allora rimasti in religioso silenzio, si sciolsero in una grande ovazione, congratulandosi con entrambi. Anche i futuri Cavalieri d'Oro apprezzarono il combattimento, lasciandosi andare a sinceri complimenti:

"Siete stati fantastici!" urlò Ioria alzando i pugni.

"Bravi, bravi!" aggiunsero Aldebaran e Milo.

Shura e Camus osservavano in silenzio, ma erano visibilmente emozionati dallo spettacolo, mentre Shaka e Mur si limitavano a sorridere, col giovane dell'Ariete che scambiò qualche veloce opinione col vicino Aphrodite:

"Sono stati molto bravi, non credi anche tu?"

"Certo Mur, hanno ben figurato, onorando il loro nome di Cavalieri. E' bello pensare che un giorno noi potremo raggiungere e superare tale livello di..."

"Ben detto..." lo interruppe DeathMask "...un giorno potremo divertirci un sacco con i nostri nuovi poteri. E quel giorno vi farò mangiare la polvere! Vale anche per te, antipatico!"

Shaka non cadde nella provocazione, preferendo voltare lo sguardo. Mur aggiunse pacatamente:

"Il nostro non è e non sarà divertimento, DeathMask".

"Tu dici?" chiese in modo retorico il compagno, con un sorriso irriverente e divertito.

"Ora basta, vi prego!" fece Fedro di Eridano rivolgendosi agli spettatori, mentre si avvicinava ai due allievi, dopo aver loro concesso qualche istante di meritato tripudio.

"Molto bene, siete stati davvero bravi..." disse in tono calmo, ma coinvolgente "...Miro, nonostante tu sia diventato Cavaliere da poco, hai approcciato la battaglia contro uno sfidante più esperto di te in modo molto intelligente, reagendo a ogni colpo e contrattaccando con vigore. Un consiglio, non arretrare troppo quando ti difendi!"

"Farò del mio meglio la prossima volta, grazie maestro!" rispose il mansueto Miro.

"Yago..." si rivolse, poi, Fedro, con tono più severo e sguardo deciso, all'altro allievo "...sai perché hai vinto?" Il giovane chinò il capo sconsolato.

"Hai vinto perché non hai sottovalutato l'avversario, ti sei reso conto del suo valore e della sua determinazione, nonostante tu gli sia ancora superiore in esperienza. Hai meritato di finire rovinosamente al tappeto, ti è servito per calarti meglio nello scontro, riconoscendo la forza di chi avevi davanti, senza più nasconderti dietro alla tua sciocca superbia, che ti avrebbe di certo guidato verso la sconfitta! Migliorerete entrambi, insieme ai vostri compagni e diverrete sempre più forti, sostenendovi a vicenda!"

"Sì, maestro, avete ragione!" rispose Yago, chiudendosi nelle spalle.

"Sei stato molto bravo anche tu" aggiunse il Cavaliere d'Argento.

"Molto bene, ora possiamo ritornare all'Accademia..." disse, poi, a voce alta Fedro, rivolgendosi agli allievi sugli spalti, prima di aggiungere: "...Spero che i nostri ospiti abbiano gradito l'allenamento!"

Yago, ancora con lo sguardo basso e pensieroso, notò la mano di Miro tesa verso di lui; alzò gli occhi e vide il sincero e un po' ingenuo sorriso del compagno. Accettò la stretta di mano e gli sorride di rimando, dirigendosi poi verso i compagni.

Ritornati a Rodorio, i giovani futuri Cavalieri d'Oro si concessero una cena rifocillante ed un bagno rigenerante poi, come al solito, si diressero verso la grande camera da letto, dove avrebbero discusso come di consueto sugli avvenimenti della giornata. I giovani stavano già salendo le scale per raggiungere il piano superiore, quando la voce di Kassandra, entrata di corsa nella sala, li fermò: "Aspettate ragazzi".

I giovani tornarono indietro incuriositi e notarono che insieme alla Sacerdotessa c'era Micene del Sagittario, che era passato all'Accademia per un saluto. Non indossava l'Armatura d'Oro, riposta nello scrigno sulle sue spalle, ma tutti lo riconobbero, rimanendo sorpresi dalla sua presenza.

"Fratello, sei qui!" sorrise Ioria.

"Buonasera cari compagni" fece Micene stupendo i giovani, che poi, d'un tratto, si sentirono orgogliosi di essere stati chiamati in tal modo.

"Ero a Rodorio e sono passato per una breve visita. Io, il mio amico Cavaliere di Gemini ed il Sacerdote siamo molto orgogliosi dei vostri rapidi miglioramenti."

"Dite davvero nobile Micene?" chiese entusiasta Milo, facendosi portavoce anche dei pensieri dei suoi compagni.

"Dico il vero giovane Milo di Scorpio, fin dal nostro primo incontro abbiamo percepito in voi grandi potenzialità, ma la cosa che mi sorprende di più è la vostra capacità di saper gestire molto bene il vostro cosmo. Siete già l'orgoglio del Tempio, chissà come avete fatto a risvegliare così facilmente i vostri poteri". Concludendo la frase, Micene si rivolse con lo sguardo verso Shaka, soggetto di molte discussioni con il compagno Gemini. Avrebbe di certo avuto l'occasione per parlare con lui in privato prima o poi, ma sapeva bene che quello non fosse il momento adatto.

"Fratello, la nostra evoluzione non è poi così diversa da quella che avesti tu pochi anni fa: sei diventato Cavaliere d'Oro in un baleno grazie alle tue capacità!" disse Ioria, d'un tratto, sentendosi orgoglioso di avere un fratello tanto nobile e valente.

"Lo stesso capiterà a tutti voi" rispose Micene sorridendo.

"Nobile Micene, perché il Cavaliere dei Gemelli non è con voi?" chiese incuriosito Shura.

"Non era con me qui a Rodorio, probabilmente mi starà aspettando ai piedi del monte del Tempio: sapete il Gran Sacerdote ha chiesto la nostra presenza nelle sue sale".

"Nobile Micene, oggi abbiamo assistito allo scontro tra voi e il Cavaliere di Gemini. E' stato davvero emozionante, uno spettacolo mai visto" disse Aldebaran in modo appassionato.

"Presto anche voi sarete in grado di espandere a tal punto il vostro cosmo, amici miei..." sorrise "...ora perdonate se vado già via, ma come vi ho detto, sono un po' impegnato. Buonanotte e che Atena vi benedica". Detto questo salutò Kassandra e Agape, che in quell'istante era giunta nella sala.

"Buonanotte a voi" risposero i giovani.

"Buonanotte fratello" rispose Ioria.

Poco dopo, nella loro stanza, i giovani allievi ebbero un motivo in più per discutere animatamente: le lodi del grande Micene furono nuova linfa per il morale già alto.

"Chissà cosa avranno in serbo per te i maestri" rifletteva a voce alta Mur, rivolgendosi ad Aldebaran.

"Non so..." rispose divertito quest'ultimo, portandosi una mano alla nuca "...sapete, volevo combattere anch'io oggi, ma a quanto pare domani sarà il mio giorno fortunato".

"Sarà di certo il tuo momento di gloria" sorrise Aphrodite verso il giovane del Toro.

Dopo qualche battuta sulla giornata appena trascorsa, Milo domandò:

"Secondo voi saremo davvero in grado di poter un giorno sprigionare la potenza di cui oggi siamo stati testimoni per diventare veri servitori della dea?"

I volti dei compagni si fecero meditabondi, convinti del fatto che una simile domanda contemplasse qualcosa di più ampio: il fine del loro addestramento non era di certo la conquista delle Armature dorate, o meglio, non soltanto. L'impegno che un dorato custode accetta di portare avanti è quello di mettere al servizio della pace e della giustizia la propria vita in nome di Atena, e le Armature d'Oro sono il divino strumento per il raggiungimento di tale scopo. Fu Ioria il primo a rispondere:

"Noi dobbiamo farcela, siamo stati scelti noi tra milioni di persone e non possiamo di certo farci assalire dal dubbio. Diverremo valorosi Cavalieri di Atena e custodiremo le nostre Case in nome della giustizia e che la dea possa vegliare su di noi e sul nostro futuro operato".

"Vedo che sei testardamente convinto di ciò che dici." lo sbeffeggiò DeathMask, memore della discussione di qualche sera prima. Poi, dirigendosi verso la sua branda e dando le spalle al gruppo, alzò la mano e proseguì:

"Pare che fin dai tempi del mito i Cavalieri combattano, muoiano e vengano rimpiazzati; chissà fra qualche anno saremo già sotto qualche metro di terra ed al nostro posto giungeranno altri disgraziati che subiranno la stessa sorte..." poi, voltandosi e accentuando volontariamente il tono già molto derisorio, concluse dicendo "...per volere divino!" Si distese sul suo letto e rise sguaiatamente.

"Ma come osi? Uno come te non merita l'Armatura!" urlò fuori di sé Ioria, anticipando gli altri.

Shaka intervenne alzando una mano per zittire i compagni, e soprattutto per placare l'ira di Ioria, il quale di certo si sarebbe diretto verso il poco amato compagno con l'intenzione di continuare la lite, e con un gesto del capo fece intendere che avrebbe parlato faccia a faccia con DeathMask. I ragazzi si calmarono, ma alcuni di loro tenevano ancora i pugni ben stretti, furiosi per le oltraggiose parole del giovane del Cancro.

"Calmatevi ora, ci parlo io" sussurrò Shaka, dopodiché si diresse verso DeathMask che intanto aveva di nuovo cambiato espressione, apparendo inaspettatamente calmo e rilassato. Il giovane della Vergine prese uno sgabello e si sedette vicino al letto, ben consapevole che l'irrequieto Cancer, pur tacendo, lo stesse osservando. Si guardarono per un attimo negli occhi, poi DeathMask distolse lo sguardo e chiese in tono annoiato:

"Che c'è, antipatico? Vuoi che mi congratuli ancora con te per lo scontro di oggi?" Applaudì in modo fiacco, accompagnando le sue parole.

"Non sono venuto qui per scherzare, per cui sii serio anche tu" disse con un inaspettato filo di rabbia il suo interlocutore. DeathMask appoggiò le spalle al muro e rispose infastidito:

"Si può sapere cosa vuoi da me?"

I compagni in disparte parlavano sottovoce, tentando di percepire qualcosa.

"Per prima cosa voglio sapere cosa ti ha fermato oggi durante il nostro scontro" fece Shaka.

"Non ti riguarda, antipatico!"

"Sei stato distratto da uno degli spiriti con cui hai interagito per attaccarmi?" riprese in modo incisivo Shaka.

"Ma come osi? Cosa ne sai tu?" sussurrò DeathMask il quale, nonostante fosse in collera, non voleva che gli altri ascoltassero quelle parole.

"Hai lasciato intendere che puoi interagire con la materia spirituale e Vera stessa lo ha confermato. DeathMask a me puoi dirlo, io stesso in un certo senso so interagire con gli spiriti, quindi non mentirmi".

DeathMask che nel frattempo si era portato le mani al volto, appena udì le parole del compagno lo fissò sorpreso.

"Tu cosa?" chiese.

"Avanti! Se c'è uno tra noi con cui puoi confidarti, quello sono io!" lo incitò Shaka.

"Non mi prendi in giro, vero?"

"Non mi piace scherzare, sono molto diverso da te!"

A quelle parole DeathMask sorrise di gusto:

"Non sei così antipatico in fondo..." poi, percependo di nuovo la gravità della situazione, si incupì con la stessa rapidità con cui aveva iniziato a ridere.

Passarono alcuni secondi, durante i quali gli sguardi non si incrociarono, poi, con la voce rotta dal dolore, DeathMask cominciò a raccontare:

"Stavo...attaccando con la massima potenza di cui ero capace...ma poi...in quell'onda che ho generato intorno a te è apparsa...l'immagine di una madre con in braccio il figlio moribondo. Nonostante il dolore dipinto nei suoi occhi, aveva accettato di aiutarmi e aveva messo a disposizione le proprie energie affinché le utilizzassi in battaglia..."

"L'hai riconosciuta?" chiese stupito Shaka.

DeathMask si passò una mano sugli occhi, poi continuò: "No, ma nella mia situazione, appena interagisco con uno spettro, vengo a conoscenza della causa del suo decesso."

"Continua".

"Erano due abitanti di Rodorio. Ho percepito che la donna fosse legata ad un Cavaliere di Cancer morto per difendere il villaggio molto tempo fa. Chissà, le due figure potrebbero essere la madre ed il fratello di questo antico guerriero, forse credeva che io fossi un nuovo Cavaliere del Cancro ed ha deciso di aiutarmi, probabilmente perché il residuo del suo spirito riteneva che fossi impegnato a difendere questi luoghi, come quel Cavaliere prima di me...ma a quel punto non ce l'ho fatta a continuare."

"Capisco..." fece Shaka con un filo di voce, abbassando lo sguardo. Poi aggiunse: "...C'è altro?"

"C'è un'altra cosa a dire il vero: ho percepito un suo sussurro, dopo lo scontro, proferire i nomi di coloro che spezzarono molte vite durante l'attacco a Rodorio."

"Ricordi quei nomi?" chiese incuriosito Shaka.

"Ricordo alcuni sussurri che hanno catturato la mia attenzione, dicevano: "Gli dei gemelli hanno di nuovo attaccato il Tempio? Difendi la tua gente!""

Il volto di Shaka si incupì:

"Potrei sbagliarmi, ma credo che questi dei siano nemici giurati della dea Atena".

DeathMask prese la parola interrompendo il compagno:

"Ora capisci perché non ripongo alcuna fiducia negli dei? Se per secoli le persone sono morte a causa di dispute divine, cosa c'è di giusto nel Grande Tempio?"

"DeathMask, la dea Atena, figlia di Zeus, è l'unica divinità olimpica che si è ribellata al volere di coloro che hanno voluto nei secoli dominare il mondo, questo è più che sufficiente per fidarsi del suo sacro ministero."

"Nella situazione attuale però non si riesce ad estirpare il male alla radice, al massimo si guadagna del tempo: non c'è fine al supplizio dei mortali. Sai cosa penso a differenza di quel testardo di Ioria?..." disse il giovane Cancer puntando l'indice verso il gruppo di compagni "...bisognerebbe agire con più decisione! Essere più forti, in modo da creare un mondo che non abbia paura di tali potenze maligne! L'incarnazione della dea nei secoli non ha saputo far altro che assistere alla morte dei suoi fedeli, intenti a difendere questo posto. E per cosa? A cosa è giovato, se ancora oggi sono necessari i suoi Cavalieri? Hai visto anche tu quanto sia numeroso il cimitero ai piedi del Tempio! Quella che si respira non è vera pace, perché credi che ci abbiano richiamati qui altrimenti?"

"Dove vuoi arrivare?" chiese Shaka, sorpreso da tali parole.

"Né gli uomini, né tantomeno gli dei sono stati capaci di vivere in pace nel corso dei secoli, per cui se nel mondo che ci è stato donato dalle generazioni passate, la pace è un'utopia, allora è necessario imporla con la forza, a qualsiasi costo, per evitare ulteriori tragedie!"

"Vaneggi! Tu credi che la mano onnipotente di questo tuo potere tirannico possa essere la soluzione?" disse turbato Shaka.

"E' possibile che si debba giungere a qualche doloroso sacrificio, certo..." disse DeathMask calmandosi "...ma per una pace vera e duratura mi sembra un compromesso accettabile, d'altronde non è quello che è successo finora, in questo utopico tentativo di instaurazione della vera pace? Almeno così, un giorno, il mio cuore non percepirà più le continue sofferenze delle anime afflitte dal castigo divino...semmai, un giorno, avrò ancora un cuore".

"Stolto, vorresti imporre la pace con questi metodi? La pace è una cosa da imparare, da comprendere, da accettare, non deve essere imposta con la forza, sarebbe controproducente! Parli di decisione, di azioni forti..."

"Risparmiami la predica, vogliamo entrambi la stessa cosa..." rispose DeathMask "...solo i nostri metodi divergono. E' forse meglio vivere nel caos nel quale gli dei ci hanno abbandonato? Atena! Cosa potrà mai fare Atena? Una pace imposta è preferibile ad una pace auspicata".

"Così disprezzi la realtà DeathMask: Atena è l'unica a difendere il mondo dalle forze del male e, seppur nella sua natura divina, perdona le mancanze umane in favore della nostra salvezza! Il significato delle opere del Tempio e dei Cavalieri ad esso legati non deriva da un solo atto, ma dal contesto e dalle conseguenze che esse generano. Siamo uomini, e per questo siamo limitati, è vero, ma facciamo ciò che possiamo con ciò che abbiamo, non è mancanza di volontà o di decisione il nostro peccato. Parli di pace per il mondo, ma credi davvero che ci sarebbe ancora un mondo al giorno d'oggi, se per secoli Atena avesse deciso di non intervenire nelle dispute divine, diventando connivente nei vari intrighi ultraterreni?"

DeathMask mordendosi il labbro, guardò per lungo tempo nei profondi e misteriosi occhi di Shaka, rimanendo in silenzio. Infine si distese e portandosi le mani dietro la nuca disse:

"Probabilmente ne riparleremo, ora lasciami in pace Shaka".

Il compagno si alzò, non distogliendo mai lo sguardo, e aggiunse:

"Dunque conosci il mio nome? "

DeathMask gli rispose con un sorriso sardonico e strizzò l'occhio. Shaka tornò sui suoi passi.

"Allora?" chiese Milo sottovoce.

"Non adesso" fece Shaka, alzando una mano.

"Ehi, ma cosa..."

Ioria venne interrotto da Camus il quale, con una mano sulla spalla ed un'espressione contrariata, placò la sua curiosità.