"Uno scontro dall'esito imprevisto"

Cavaliere di Gemini

Gli spalti dell'arena andavano pian piano riempiendosi e il pubblico in trepidante attesa discuteva animatamente, riempiendo la grande cavea di un vivace brusio. Molti tra i presenti avevano ancora impressi nella mente gli ultimi, terribili istanti della sfida disputatasi il giorno precedente tra Pegasus e Sirio, conclusasi in modo del tutto inaspettato.

"Avete sentito? Fra qualche minuto il medico che ha curato i due giovani rilascerà un'intervista alla televisione per aggiornarci sulle loro condizioni" diceva un anziano spettatore, rivolgendosi a un gruppo di ragazzini seduti al suo fianco.

"Spero tanto che Sirio stia bene" rispose la più piccola della comitiva, stringendo le mani al petto.

"Certo che starà bene, non temere! Pegasus gli ha salvato la vita, dopotutto lui è il migliore!" fece con tono spavaldo l'amico seduto alla sua destra, ma non ebbe tempo di concludere la frase che il compagno seduto alla sinistra della ragazzina inveì contro di lui.

"Ma cosa stai dicendo? Sirio è molto più forte, Pegasus ieri è stato solo fortunato a trovare il varco giusto per colpire!"

"Sta' zitto!"

I toni iniziarono a scaldarsi e tutto sommato era normale aspettarsi che ognuno dei bambini avesse il suo atleta preferito, da difendere a tutti i costi dalle allusioni di chi non la pensava allo stesso modo. Il buon uomo sorrise davanti a quel vivace scambio di opinioni, a cui si aggiunsero le due ragazze più grandi della comitiva, per tentare di placare gli animi dei più focosi.

"Su ora calmatevi! Volete dare spettacolo ancora per molto?" Il rimprovero parve dare i suoi frutti quando, all'improvviso, un ragazzino estraneo al gruppo, seduto nella fila superiore, intervenne agitando di nuovo gli animi.

"Il migliore è Phoenix! Ha preferito non partecipare per non umiliare gli altri!"

"Quello è solo un codardo, altroché!"

"Su giovanotti, ora calmatevi!" intervenne con tono bonario l'uomo, fino ad allora rimasto in silenzio "Sarà il torneo a decretare il più valente di tutti! Signorina..." e si rivolse, poi, alla bambina più piccola che fino ad allora aveva assistito attonita, incapace di reagire al tono dei suoi amici "e tu per chi fai il tifo?"

"Io... io... tifo per Andromeda e Crystal" rispose dondolando le gambette paffute , rallegrata per essere stata interpellata.

"Non puoi, devi scegliere!" intervennero i compagni "Se combattessero uno contro l'altro, per chi faresti il tifo?"

"Ma io voglio veder vincere entrambi". Dopo un attimo di silenzio, tutto il gruppo si sciolse in un sorriso, davanti all'innocente ingenuità di quelle parole.

Fu la voce squillante del cronista ad attirare l'attenzione di tutti i presenti.

"Buongiorno signore e signori e benvenuti. Come sapete il programma della Guerra Galattica prevede oggi uno scontro molto interessante tra due valenti candidati alla vittoria finale: Andromeda e Asher". Le vivaci chiacchiere si tramutarono in un boato festoso che avvolse lo stadio.

"Purtroppo non si sa ancora nulla del Cavaliere della Fenice, ma molti credono che possa presentarsi proprio oggi qui all'arena, quindi non mi resta che augurarvi un buon divertimento. Mi dicono che è tutto pronto, accogliamo dunque con un forte applauso la cara Lady Isabel di Thule".

All'esterno dell'arena, intanto, i giornalisti assiepati davanti all'ingresso dell'ospedale della Fondazione, erano in attesa del primario della struttura che avrebbe diffuso un bollettino medico sulle condizioni di Pegasus e Sirio. Un rumore cupo e metallico, distrasse i presenti: la copertura della grande arena si stava chiudendo, segno che un nuovo combattimento stava per iniziare. Nello stesso istante il dottore, un uomo alto e brizzolato, accompagnato da un ristretto numero di suoi assistenti, fece la sua comparsa all'esterno della struttura. Giornalisti e cineoperatori, rivoltisi verso l'arena, tornarono immediatamente al loro posto, pronti per iniziare l'intervista.

"Buongiorno dottore!" chiese per prima una giovane inviata dai lunghi capelli mossi "Può finalmente rassicurare i numerosi spettatori sulle condizioni di salute dei due giovani ricoverati?"

"La situazione è sotto controllo e i due pazienti stanno bene. Sirio è già in grado di lasciare l'ospedale, dopo le visite approfondite della notte, mentre, per precauzione, Pegasus trascorrerà due giorni di riposo nella nostra struttura, nonostante il paziente abbia espresso fin da subito il suo desiderio di lasciare l'ospedale".

"A quali visite sono stati sottoposti i due ragazzi, dottore?" chiese poi un giornalista che portava degli occhiali scuri ed un paio di baffi.

"Per entrambi sono state effettuate delle analisi per evidenziare eventu..."

"Dottore, la prego, venga subito!" intervenne un'infermiera, sospendendo l'intervista "Pegasus non è più nella sua stanza! Dopo aver ricevuto la visita di Sirio sembra essere fuggito!"

"Mi dispiace, signori, ma come vedete quel ragazzo è più cocciuto di quanto credessi!" rispose frettolosamente il medico, rivolgendosi agli incuriositi giornalisti, prima di dirigersi verso i suoi collaboratori.

"Eccolo, è lì!" urlò uno di loro, riconoscendo il Cavaliere che cercava di mimetizzarsi tra la folla.

"Giovanotto, torni subito qui!"

"Neanche morto!" rispose ridacchiando Pegasus, iniziando a correre, dopo essere stato scoperto "E poi ho cose più urgenti da fare che starmene a riposo su un letto d'ospedale!"

Alcuni infermieri tentarono di raggiungerlo, ma per il giovane, forte dei sei anni di addestramento in terra greca, non fu difficile raggiungere la vicina arena e far perdere le sue tracce. All'interno dello stadio, la folla aveva assistito per qualche minuto allo spettacolare gioco di luci ed ombre che simulavano il movimento della volta celeste sulla superficie della copertura. Ad un tratto due delle costellazioni rappresentate rifulsero più delle altre: erano quelle di Andromeda e dell'Unicorno, segno che ormai gli sfidanti erano pronti per il loro ingresso. Un frastuono scatenato si alzò dalle tribune. Da una delle due scalinate principali discese Andromeda, accompagnato dalla luce di un faro: invocando la sua Armatura di Bronzo, la indossò ed atterrò elegantemente sul quadrato centrale. Nulla sembrava distogliere la sua concentrazione, nemmeno le urla d'incitazione dei suoi tanti ammiratori in delirio: il suo sguardo assorto era rivolto verso l'Armatura d'Oro del Sagittario, come se una forza misteriosa lo costringesse a cercare nello scrigno dorato, posto su un elegante piedistallo tra le tribune, la risposta ai suoi pensieri.

"Perché ieri la catena ha puntato la sacra Armatura?" ripensò in cuor suo, non riuscendo ancora a trovare una risposta, dopo una notte spesa nel tentativo di risolvere il mistero "Perché le sacre vestigia l'hanno allertata a tal punto? Eppure non c'è alcun pericolo!" ma i suoi pensieri vennero bruscamente interrotti dall'arrivo del suo sfidante, Asher, carico e pronto per l'imminente battaglia.

Intanto nel buio del corridoio centrale che portava agli spogliatoi, Crystal, Sirio e gli altri Cavalieri in attesa dell'inizio dell'incontro, furono distratti da un rumore di passi veloci. Si voltarono incuriositi proprio mentre i duellanti, dopo un breve scambio di accuse pungenti, avevano iniziato a combattere.

"Tu qui?" chiese Crystal.

"Pegasus, dovresti essere a letto, perché hai abbandonato l'ospedale?" aggiunse Sirio.

"Non potevo rimanere con le mani in mano dopo quello che mi hai raccontato Dragone! Se la catena di Andromeda ha rilevato una minaccia dopo lo scontro di ieri, allora dobbiamo restare uniti e assicurarci che non accada nulla di male".

"Pegasus, sta' tranquillo! Finora Andromeda non ha avuto altri segnali misteriosi dalla sua catena. Tu piuttosto dovresti evitare di affaticarti!"

"Risparmiami la predica, Crystal, sto benone!" rispose sicuro di sé il Cavaliere, togliendosi le ultime bende che ancora avvolgevano le sue ferite "E credo che queste fasciature siano ormai diventate inutili! Ehi, ma che succede?"

I tre furono attirati dal tifo del pubblico verso il centro dello stadio dove, dopo qualche tentativo a vuoto di Asher, Andromeda era riuscito a colpire il suo avversario con un attacco ben calibrato scagliato con la sua temibile catena.

"Asher, ti consiglio di arrenderti, la mia catena è arma troppo potente anche per te".

"Come osi prenderti gioco di me? Sta' attento Andromeda, fra breve ti getterò al tappeto insieme al tuo giocattolo!" In realtà Asher era molto preoccupato: cercava di guadagnare tempo per scovare un punto debole nell'avversario, che lo scrutava immobile, in attesa. Inviperito dall'atteggiamento attendista e sicuro di sé di Andromeda, l'Unicorno perse la pazienza, attaccando di nuovo a testa bassa.

"Asher non combinerà nulla di buono se continuerà con questo atteggiamento." rifletteva intanto Sirio, mani conserte, insieme ai compagni "Fino ad ora è stato sempre in svantaggio nei confronti di Andromeda!"

"Quella catena è davvero un'arma formidabile e il suo possessore la sa adoperare alla perfezione" aggiunse Crystal.

Dopo aver scagliato l'ennesimo tentativo a vuoto, Asher cambiò strategia, tentando di approfittare dei fari che illuminavano l'arena per accecare Andromeda, sperando che ciò l'avesse reso vulnerabile per qualche istante: ora che il suo avversario aveva disposto una solida difesa circolare attorno al suo corpo, un ennesimo attacco frontale non sarebbe stato di certo utile. Con un gran balzo si frappose fra le luci e il quadrato centrale, obbligando Andromeda ad alzare lo sguardo e coprirsi gli occhi.

"Bella mossa!" urlò Black avvicinandosi al centro dell'arena.

"No, è stata una follia!" pensò invece in cuor suo Crystal, osservando preoccupato l'attacco di Asher. Anche Sirio e Pegasus non condividevano l'ottimismo del Cavaliere del Lupo e attesero l'astuta mossa di Andromeda per avere conferma delle loro supposizioni.

"Stolto, la cima della catena è anche la più resistente Unicorno!" sentenziò Andromeda, attendendo il momento propizio per attaccare, sicuro ormai di avere la vittoria in pugno. Le sue spire si elevarono verso l'avversario, che fu colpito inesorabilmente e cadde al tappeto.

La folla applaudì il gesto che sembrava avesse posto fine al combattimento, quando il gruppo di giovani amici e l'anziano uomo seduti sugli spalti, ebbero un inaspettato sussulto notando l'ombra di un uomo scendere lentamente i gradini della vicina scalinata e scivolare indisturbata verso il basso. Dopo l'euforia per il bel gesto di Andromeda, anche gli spettatori di quel settore di stadio tornarono a sedersi e, seppur col favore del buio, l'uomo misterioso fu notato da altri occhi incuriositi che distolsero lo sguardo dai duellanti. Il tifo e le incitazioni di gran parte dell'arena e le parole del cronista coprirono i brusii confusi di quelle persone ormai del tutto disinteressate al combattimento.

"Chi è? L'avete riconosciuto?"

"Sembra indossare un'Armatura!"

"Non riesco a vedere il suo volto, c'è così poca luce qui"

L'uomo con un rapido movimento si avvicinò al piedistallo dell'Armatura sacra e con un balzo si dileguò nel buio.

"Avete visto, è sparito!"

"Ho paura!"

Ma i colpi di scena non terminarono: nello stesso istante la catena di Andromeda iniziò a muoversi da sola in modo frenetico e del tutto incontrollato, sorprendendo il suo stesso possessore.

"Andromeda che sta succedendo?" chiese Crystal avvicinandosi, seguito da Black.

La folla e i Cavalieri al centro dello stadio rimasero stupefatti nel leggere quella che sembrava essere una parola generata dal movimento spontaneo degli anelli.

"Cosa c'è scritto? Riesci a leggere?"

"Non lo so!"

La folla continuava a domandarsi il significato di quello strano evento e soprattutto di quella strana parola.

"Axia? C'è scritto così vero?"

"La catena sembra aver scritto qualcosa, leggete! Cosa potrà mai significare?"

"Catena, non capisco cosa sta accadendo?" pensava intanto Andromeda, osservando esterrefatto "Anche oggi ti comporti in modo del tutto incontrollato, catena, perché mai? Cosa stai cercando di dirmi?"

Approfittando dell'interruzione, Asher riprese fiato e tentò un nuovo attacco, tirando verso di sé la catena, non prestando attenzione allo strano evento. Il gesto, però, gli si ritorse contro, giacché l'arma lo colpì con una violenta scarica elettrica, generata dalla tensione che si viene a creare ogni qual volta chiunque abbia intenzioni ostili decida di toccarla. Come se nulla fosse accaduto, la catena tornò ad agitarsi attirando, stavolta, anche l'attenzione dell'Unicorno. Crystal e Black salirono sul quadrato, mentre Sirio e Pegasus si avvicinarono dopo aver discusso per qualche minuto sullo strano evento. Pegasus, in particolare, sembrava impaziente di conoscere il motivo di tale misterioso comportamento, osservando per la prima volta gli strani effetti dell'arma di Andromeda uditi per bocca di Sirio un'ora prima all'ospedale.

"Sirio, sta accadendo di nuovo?"

"Già, ma questa volta in modo assai più evidente Pegasus. Osserva, lo stesso Andromeda sembra stupito dal comportamento della sua catena".

"Con gran parte dell'arena al buio è impossibile tentare di individuare un'eventuale minaccia" rifletté Pegasus, alzando lo sguardo e guardandosi intorno in modo sospettoso "Andiamo Sirio, raggiungiamo il palco di Lady Isabel, sono sicuro che da lì avremo una visuale migliore e potremo difendere milady da un'eventuale minaccia che potrebbe celarsi tra la folla".

Il Cavaliere iniziò a correre verso il corridoio posto al di sotto degli spalti, da dove si raggiungevano con facilità gli spogliatoi e gli anelli superiori della struttura senza passare tra la folla.

"No aspetta!"

"Cosa ti succede, Dragone?" chiese con tono agitato Pegasus "Vuoi startene qui con le mani in mano? Se vuoi fa' pure, io raggiungo milady!" E corsa via, non permettendo a Sirio di controbattere. Il Dragone decise di raggiungerlo per evitare di lasciarlo da solo in un momento così delicato, pur non condividendo appieno il suo piano.

"Hai cambiato idea, Sirio?" chiese Pegasus senza fermarsi.

"No, semplicemente non permetterò che tu vada da solo, è troppo pericoloso! E poi, Pegasus, sai bene anche tu che la sicurezza di milady è garantita da un gran numero di uomini della Fondazione: restando vicino ai nostri compagni avremmo potuto sorvegliare il suo palco e contemporaneamente coprire le spalle ad Andromeda e gli altri".

"Non mi fido di quelle quattro guardie della Fondazione, Sirio" rispose con tono seccato Pegasus "Nessuno di loro, oltretutto, è Cavaliere! I nostri compagni se la caveranno non temere, ora affrettiamo il passo!"

Un boato improvviso fermò la loro corsa ed un brivido freddo corse lungo i loro corpi.

"Pegasus..."

Una maschera di terrore calò su entrambi.

"Pegasus, è meglio tornare indietro!"

"Andiamo, Sirio" sospirò il primo. I due si diressero verso il centro dell'arena, osservando in fondo al corridoio il quadrato di gara illuminato dalla luce dei fari posti in alto, sul quale si distinguevano a malapena i profili dei compagni.

La catena, intanto, non aveva placato il suo moto impazzito, tanto che il suo stesso possessore iniziava ad avere difficoltà nel gestirla. Le spire con un rapido movimento sembrarono attirate verso lo scrigno dell'Armatura d'Oro, cosa che aveva provocato l'improvviso frastuono che aveva fatto tornare Pegasus e Sirio sui propri passi. I due attraversarono il corridoio degli spogliatoi col cuore in gola, giungendo a qualche metro dal quadrato.

"Dragone..."

"Siamo arrivati appena in tempo!"

Andromeda, intanto, controllando a fatica la sua arma, iniziò a vederci più chiaro.

"Ma sì certo..."

"Andromeda, cosa c'è?" chiese Asher.

"Aiuto ho paura!" urlò nello stesso istante la piccola bambina, distogliendo lo sguardo e aggrappandosi al braccio dell'amica più grande.

"Su non avere paura, quegli atleti non ci faranno del male" la rincuorò la seconda, pur condividendo gli stessi timori.

Poi, una strana atmosfera avvolse l'intera arena, ma solo Lady Isabel e i Cavalieri sembrarono accorgersene.

"Sirio, lo senti anche tu?"

"Sì, Pegasus e non mi piace affatto". In quell'istante Crystal si voltò verso i compagni, molto preoccupato in viso, sperando che i due amici avessero già scoperto l'origine di una così misteriosa presenza che, erano certi, li stava insidiando molto da vicino.

Un blackout improvviso inghiottì l'arena, terrorizzando gli agitati spettatori.

"Ma che sta succedendo qui? Possibile che nessuno intervenga per fare qualcosa?" urlava un uomo, spazientito.

"Voglio andarmene, vi prego, fatemi passare" faceva un altro spettatore, ma le parole di ognuno si perdevano nel caos generale. Non passò molto che l'ennesimo evento fuori programma attirasse l'attenzione degli spaesati spettatori: una luce abbagliante, dorata, si levò dal palco dov'era conservato lo scrigno della sacra Armatura, illuminando la sala e concedendo finalmente un minimo di visibilità. Nel fascio di luce sembrò materializzarsi un'ombra, poi un profilo sempre più delineato: era un uomo dall'aria minacciosa, con indosso un'Armatura lucente. I Cavalieri al centro dell'arena lo scrutarono attentamente e furono inquietati nello scoprire che fosse proprio quell'uomo la fonte del cosmo ostile che aveva avvolto lo stadio.

"Milady il guasto elettrico è stato riparato, ma a dire il vero la causa ci resta ancora ignota" disse un uomo della Fondazione, appena giunto sul palco di Lady Isabel, rivolgendosi rispettosamente alla giovane fanciulla, erede di Thule.

"Molto bene! Accendete le luci!" disse con tono deciso la ragazza, prendendo in mano la situazione. Tutti i fari tornarono a funzionare dopo pochi istanti ed un coro colmo di stupore si alzò dagli spalti quando la visuale tornò normale.

"Guardate, ma è lui!" fece sorpreso l'anziano uomo, sgranando gli occhi, riconoscendo il profilo che poco prima, nell'ombra, era passato accanto a lui e al gruppo di giovani amici, seduti al suo fianco.

"Sono lieto di annunciarvi, signori, l'arrivo di Phoenix, il decimo Cavaliere dello Zodiaco. I partecipanti alla Guerra Galattica sono finalmente riuniti". La voce del cronista sembrò sciogliere la tensione tra gli spalti e gli spettatori concessero un lungo applauso, credendo che il tutto fosse stato organizzato in precedenza. Anche i Cavalieri al centro dello stadio furono sollevati dal rivedere il loro compagno, ma l'euforia sembrò svanire presto; il nuovo arrivato posò il suo piede sullo scrigno dorato, commettendo un gesto per certi versi sacrilego, una mancanza di rispetto verso l'Armatura sacra tanto cara a Lady Isabel.

"Ma cosa fa? E' pazzo?" chiese con sorriso ironico un giovane seduto poco più in basso rispetto al palco dell'Armatura.

"Ehi spaccone, con la tua ridicola entrata hai interrotto un duello emozionante! Potevi giungere prima, o meglio, potevi startene a casa tua!" si alzò, parlando con tono di sfida, il suo amico mostrando il pugno. Phoenix, impassibile, abbassò lievemente il capo, osservando i due ragazzi e concesse loro un piccolo sorriso beffardo, atterrendoli.

La catena, durante questo susseguirsi di emozioni, non aveva smesso di muoversi nemmeno per un attimo ed ora che il misterioso individuo si era finalmente mostrato, sembrava avesse iniziato ad agitarsi ancora di più. Andromeda, tutt'altro che felice per aver ritrovato il fratello, avvolto com'era da una strana sensazione d'inquietudine, dopo qualche istante lasciò andare la catena per tentare di dipanare un dubbio che aveva iniziato ad attanagliargli il cuore, giustificandosi agli occhi dei compagni dicendo di non essere più in grado di gestire la sua arma che svelta si diresse verso il bersaglio.

"Fratello, sei davvero tu?" si chiedeva "Non posso credere che sia vero: la minaccia che la mia catena ha indicato per tutto questo tempo eri tu, Phoenix. Come posso accettare una cosa del genere? Perdonami fratello, devo farlo: se non sei tu il pericolo che incombe su di me e su tutti noi, allora la catena si fermerà, riconoscendoti."

"Non l'hai riconosciuto, Andromeda?"

"Phoenix è tuo fratello, Cavaliere!"

I compagni gli rimproverarono il gesto, mentre la catena si avvolse attorno al bracciale sinistro di Phoenix, immobilizzandolo.

"Sì, lo so bene, ma la catena non avrebbe mai attaccato Phoenix, eppure è successo!" pensò tra sé Andromeda col cuore colmo di dolore "Dunque mio fratello è davvero una minaccia per tutti noi, la catena lo ha colpito, confermando la triste sensazione che ho avuto in cuor mio dal primo istante".

"Fratello? Quel Phoenix è il fratello di Andromeda?" chiese qualcuno tra il pubblico.

"Non lo sapevi? Piuttosto bisognerebbe capire perché ora si combattono!" risposero altri.

Andromeda notò che il fratello portava una piccola visiera che copriva i sui suoi occhi, celandone lo sguardo:

"Fratello, potrei capire molto se riuscissi a leggere nei tuoi occhi. Non potrei mai dimenticare lo sguardo triste, ma deciso, che mi concedesti al nostro addio per infondere forza nel mio debole cuore. Oh Phoenix, se solo riuscissi a leggere nei tuoi occhi..."

Notò poi un piccolo sorriso rigare il volto di suo fratello, un sorriso audace e sicuro, proprio come quelli a cui era abituato. Fu Asher, inoltre, a far riaffiorare alla mente i ricordi di bambino, che si unirono a quelli del triste addio che sancì però un'importante promessa; tanto bastò ad Andromeda per riconoscere in quel sorriso abbozzato la parte migliore di suo fratello. Abbassò la guardia e si sciolse in un pianto liberatorio.

"Fratello, fratello, finalmente ti ho trovato!"

La folla continuava a rimanere in silenzio ma da qualche parte, tra gli spalti, qualcuno aveva iniziato a versare qualche lacrima, gioendo insieme al Cavaliere di Andromeda, pur non conoscendo le sue vicende personali. Un applauso spontaneo e imprevisto riecheggiò per qualche istante nella cavea, quando, d'un tratto, l'espressione di Phoenix si fece dura e minacciosa: strinse forte la catena avvolta al suo braccio e scagliò un potente colpo infuocato col destro che colpì un inerme Andromeda alla spalla sinistra, provocandogli una ferita.

"La crudeltà di Phoenix è senza limiti" commentò Crystal, osservando in alto con sguardo truce.

Ansimando, Andromeda si illuse che quell'uomo non potesse essere suo fratello e si rivolse al nuovo arrivato con sofferte parole di accusa.

"Phoenix, no tu non sei mio fratello, è impossibile. Lui era fortissimo, ma anche molto nobile, mentre tu sei arrogante, un essere carico solo di odio".

Fu solo allora che Phoenix si rivolse per la prima volta ad Andromeda e lo fece con tono feroce e colmo di disprezzo.

"Fratello, mi dispiace vedere che non sei affatto cambiato." e dicendo questo alzò la piccola maschera mostrando i suoi occhi, forse consapevole del fatto che uno sguardo fosse stato più che sufficiente. Quella vista fu per Andromeda come una dura sentenza.

"Quegli occhi sono carichi di odio, di malvagità." pensò il Cavaliere sofferente "Ma sono quelli... di mio fratello".

"Fratello..." riuscì soltanto a dire tra le lacrime, ma Phoenix lo interruppe bruscamente.

"Piangi ancora come una femminuccia e questo non l'ho mai sopportato. Ti annienterò per primo Andromeda, i deboli non hanno il diritto di combattere per la sacra Armatura".

"Maledetto!" pensò Pegasus stringendo i pugni, desideroso di intervenire.

"Fratello..."

"Taci Andromeda e preparati! Ali della Fenice!"