RISVEGLI

CAPITOLO I

L’incontro

Joy esce dallo studio dello psicanalista visibilmente alterato. I suoi passi lungo il viale del centro sono frenetici e nervosi, non vede l’ora di raggiungere la sua abitazione per scolarsi l’unica bottiglia di birra rimasta nel frigorifero. Il centro del paese è affollato di gente, la piazza principale è circondata di edifici antichi ma ottimamente conservati, i due piccoli bar posti agli estremi della stessa, quasi non riescono a contenere gli avventori intenti in combattute partite a carte o a sorseggiare i loro caffè. Il fragoroso vocio del mercato settimanale si propaga ovunque e sembra essere la causa del leggiadro movimento delle chiome degli imponenti pini. Insomma, l’aria che si respira è allegra e solare, così diversa dalla zona del porto, buia e malfamata, da far sembrare il tutto come appartenente a due entità diverse.

"Sono due settimane che questo medico da strapazzo mi intontisce con le sue cazzate. I miei incubi sono sempre più frequenti, ora ho dei flash anche di giorno. La voce di quella fanciulla mi rimbomba nella testa come una goccia d’acqua che cade dal rubinetto in piena notte. Quelle parole le vedo impresse ovunque, non posso più leggere niente che me le vedo apparire davanti. Come se non bastasse ho anche perso il lavoro per essermi addormentato un'altra volta, non ho neanche un misero centesimo in tasca e l’affitto della topaia in cui vivo sta per scadere. Invece di aiutarmi il dottore cosa fa? Si ostina a chiedermi della mia infanzia, dell’orfanotrofio, dei miei genitori. E chi se la ricorda più l’infanzia, non credo neanche di averla avuta. E poi quegli stupidi sonniferi che mi ha prescritto sono ancora peggio di quelli che compravo di contrabbando" pensava mentre si dirigeva in tutta fretta verso casa.

Ma tutto questo era quasi passato in secondo piano. Qualcos’altro ora tormentava la sua mente, un interrogativo ancora più gravoso e opprimente.

Joy si voltò di scatto e ancora una volta era lì: il vecchio che ogni giorno si presentava al porto per osservarlo, era dietro di lui, da giorni era diventato la sua ombra, una presenza silenziosa ma ingombrante, quello sguardo malinconico lo penetravano più a fondo di una lama affilata.

Accelerò il passo nella speranza di seminarlo ma ancora sentiva il suo sguardo e il suo fiato addosso. I pensieri di scherno che avevano accompagnato quella presenza fino ad allora fecero posto ad un senso di paura "e se fosse lui l’ombra che vuole uccidermi nel mio sogno? No non è possibile, cosa vado cianciando, ha stento si regge in piedi."

Senza quasi accorgersene, aveva raggiunto il molo. Si guardò intorno ma non vide nessuno, un accenno di sorriso segnò il suo volto, il vecchio era sparito. Rimase un attimo a guardare il mare, riprendendo il fiato perso per la corsa, si aggiustò i capelli con una mano e riprese il cammino verso casa.

Giunto a casa improvvisamente si fece pallido, i suoi muscoli si paralizzarono e i suoi occhi non volevano credere a quello che vedevano.

"Buongiorno Joy, sei arrivato finalmente, nonostante la tua giovane età non sei così veloce nella corsa, ti sei fatto fregare da un povero vecchio come me eh eh eh eh!"

" C…. Come sai il mio nome? Cosa vuoi da me? Perché ti ostini a seguirmi? Vuoi forse uccidermi? Cosa mai ti avrò fatto?

"Esagerato, addirittura ucciderti. E come pensi potrei fare, sono solo un misero anziano mendicante, non avrei mai la forza di farti del male, anche se ho dimostrato di essere più veloce"

"Bravo, cosa vuoi la medaglia? Togliti di mezzo e sparisci, smettila di tormentarmi!"

"Suvvia non essere scortese, offrimi almeno un bicchiere d’acqua"

"Se serve per farti poi scomparire ok, entra"

Joy aprì la porta e i due entrarono in casa. Sporcizia e polvere regnavano sovrane, i vestiti sporchi formavano una specie di moquette sul pavimento e l’odore di muffa era fortissimo. Il vecchio si tappò il naso e disse: "Mamma mia ragazzo, nessuno ti ha insegnato che una casa va tenuta pulita?"

"Le tue prediche non mi interessano, vuoi quest’acqua o no?"

Il vecchio prese il bicchiere che Joy porgeva e mando giù.

"Ecco ora puoi andartene e non ti azzardare a farti vedere ancora altrimenti non rispondo delle mie azioni"

"Posso almeno sedermi un attimo, sai le mie gambe non sono più quelle di una volta eh eh eh"

" No non puoi, sparisci dalla mia vita, lasciami in pace!" disse indicando la porta.

"Ok ok va bene, sei proprio un maleducato sai? Pensavo che le suore dell’orfanotrofio ti avessero insegnato qualcosa"

"Sai che sono cresciuto in orfanotrofio, come è possibile?"

"Ohh ragazzo mio, io so molto di te, più di quanto credi"

"Molto di me? Ma come………Argh smettila vuoi solo confondermi, vattene!" urlò.

"D’accordo Joy me ne vado, non esiste più l’ospitalità di una volta" sospirò l’anziano.

"Peccato però, avrei potuto sciogliere tutti i nodi che ti tormentano. Da quanto non dormi più?

Dimmi, il sogno che fai ogni notte, hai imparato a conviverci?"

A quelle parole, Joy rimase basito. Chi era quella persona dinanzi a lui? Come poteva sapere del sogno che lo tormenta ormai da mesi e che non lo fa più vivere? Possibile che uno sconosciuto possa finalmente risolvere il suo problema? La mano che teneva stretta una bottiglia d’acqua si rilassò facendola cadere in terra, le sue ginocchia tremarono piegandosi fino a farlo genuflettere.

Per la prima volta in vita sua si sentì impotente, il suo carattere duro vacillò, la sua testa si reclinò in avanti e delle lacrime iniziarono a solcargli il viso. Avrebbe voluto urlare tutto il suo dolore ma la sua voce era strozzata in gola.

Il vecchio gli si avvicinò e con fare compassionevole, poggiò la mano sulla sua spalla:

"Non preoccuparti amico mio, presto tutto sarà chiarito. Abbi fiducia in me!" .

Joy sentì un profondo calore provenire dalla mano del vecchio e alzando la testa sorrise.