CUORE DI CAVALIERE.

PARTE PRIMA

"Desidera qualcosa da bere, signore?", chiese l'hostess con fare gentile. "Come??? Ah…no, grazie!", rispose Seiya, un po’ soprapensiero. Dal finestrino stava osservando un paesaggio che ormai gli era famigliare: entro pochi minuti avrebbe nuovamente toccato il suolo greco. Non per una battaglia, non per una ricognizione per conto di Atena…non questa volta!

Sembrava passata un’eternità dallo scontro con Nettuno…in realtà erano trascorse solo poche settimane…il tempo necessario perché tutti i Cavalieri si rimettessero in forze dopo l’ultima battaglia e tutto tornasse alla normalità. Seiya sorrise a questo pensiero: normalità…una vita normale…sarà mai possibile per un Cavaliere? Gli ritornò alla mente il discorso che fece a Lamia prima della partenza per il Grande Tempio: i Cavalieri hanno una missione da compiere e non possono venire meno al loro dovere; per questo non potranno mai trascorrere una vita tranquilla e spensierata come gli altri ragazzi…"Oh, Lamia, amica mia…quante volte mi sei stata vicina, ti sei presa cura di me, hai pianto per me…e ora che potrei stare con te, volo lontano…il mio destino è altrove, è in battaglia, è al fianco di Atena…non posso chiederti di far parte del mio mondo, è un mondo che non puoi comprendere…".

Un velo di tristezza oscurò il suo volto, quando, ancora immerso nei suoi pensieri, sentì il capitano annunciare l’ormai prossimo atterraggio. Avrebbe trovato ciò di cui era in cerca? Non aveva notizie di Castalia da tempo: sperava di trovarla al Santuario o nei dintorni. Gli avevano comunicato che fosse partita per la Grecia per cercare Patricia. Sua sorella in Grecia? Come poteva essere? La speranza di ritrovarla era sempre più flebile, ma pur sempre viva nel suo cuore. "Patricia…", disse con un filo di voce, mentre ancora guardava fuori dal finestrino.

Sceso dall’aereo, Seiya decise di proseguire a piedi. Non aveva fretta, questa volta. Voleva godersi il paesaggio e dare libero sfogo ai suoi pensieri, che affollavano in modo confuso la sua mente…Ricordava le battaglie affrontate, le ferite subite, le vite innocenti spezzate in nome della giustizia…ripensava ad Atena, ai compagni Cavalieri, a Castalia…e a Tisifone…quante volte aveva pensato a lei, nelle ultime settimane! La sua voce risuonava ancora forte nella sua mente: "Amore…", così l’aveva chiamato mentre proteggeva il suo corpo dalla freccia d’oro. "Avresti dato la tua vita per salvarmi…", pensò Pegasus. "…E pensare che fino a poco tempo fa desideravi la mia morte!".

Cominciò a ricordare i primi momenti passati insieme, ai tempi dell’addestramento e dopo la sconfitta di Cassios per ottenere l’armatura. Aveva sempre ammirato il suo carattere forte, che così bene si addiceva ad una Sacerdotessa Guerriera, quel fuoco che sentiva bruciare dentro di lei…impetuosa ed impulsiva, un po’ come lui… "Qualcosa in comune l’abbiamo, questo è certo!", si disse Seiya, riuscendo a stento a trattenere una risata. Come era rimasto stupito nel vedere quanto fosse bella, senza la maschera! Ma non poteva sapere quale mistero si celasse dietro quel pezzo di metallo, che a lui era sempre apparso un’inutile tortura…

Aveva cercato con tutto se stesso di evitare lo scontro con lei, non voleva combattere con una donna! Ma era proprio così che Tisifone non voleva essere considerata: una donna… "Se mi avessi spiegato prima la situazione…avrei capito…". Ma la Sacerdotessa aveva aspettato quel giorno, alla clinica, per rivelargli il suo segreto: "…Avevo solo due strade per salvarmi dal disonore…una era ucciderti, l’altra era amarti…", così gli aveva detto. E Tisifone aveva finito con lo scegliere la seconda via, perché non poteva più controllare il forte sentimento che provava per lui. Più di una volta aveva rischiato la sua vita per l’uomo che amava, e ancora lo aveva fatto di fronte a Nettuno. Seiya ricordava con dolore quel momento: la freccia di Sagitter era infilzata nella sua schiena, lei, ferita e abbandonata tra le sue braccia, aveva pronunciato parole d’amore: "…Tu eri pronto a donare la vita per gli uomini, non impedire a me di donarla a te. La vita è un bene prezioso, ma senza di te non avrebbe senso, non ne avrebbe per me! Non rifiutare il mio sacrificio, non stavolta…".

"…Tisifone…", mormorò, chiudendo gli occhi per un momento, come per non permettere a quell’immagine di fuggire via…il clacson di un’automobile lo riportò alla realtà. "Meglio affrettarsi…", si disse. Ma non potè fare a meno di sperare di incontrare la Sacerdotessa, durante il viaggio.

"…Tisifone, perdonami, ma non posso permetterti di sacrificare la tua vita per me, non solamente perché tu sei donna, ma soprattutto perché la tua vita mi è molto cara!...". Tisifone ripensava incessantemente a quella frase da giorni, da quando Nettuno era stato sconfitto. Ricordava l’intenso dolore che aveva provato quando era stata ferita alla schiena, la speranza di riuscire a portare a termine l’impresa ormai appesa ad un filo…ma soprattutto le tornava alla mente il calore che aveva provato tra le braccia di Pegasus, il suo caldo e dolce cosmo…sarebbe morta piuttosto che vederlo nuovamente ferito da quella freccia, non poteva permettere che la vita dell’uomo che amava venisse strappata via…era così: lei lo amava, ormai da tempo!

Ma cosa significavano quelle parole? "…la tua vita mi è molto cara…". Cosa le stava dicendo? Il suo cuore voleva credere che lui ricambiasse i suoi sentimenti, ma cercava disperatamente di convincersi che non fosse così, che intendesse solo salvarla da morte certa come aveva fatto con altre persone. In fondo, sapeva che Seiya fosse un uomo coraggioso, disposto a tutto pur di salvare vite innocenti! Voleva credere che la realtà fosse quella, perché se avesse scoperto di essere amata da lui non avrebbe saputo come comportarsi. Era una Sacerdotessa del Grande Tempio, le regole non le permettevano di frequentare un uomo. Aveva scelto di rinunciare alla propria femminilità pur di ottenere l’armatura, e ora doveva prestare fede al giuramento fatto…

"Tisifone, mi stai ascoltando?", chiese Asher, che le era accanto. "…Eh, cosa? Oh, scusami, cosa dicevi?", rispose lei, arrossendo. Il Cavaliere la guardò accigliato, e disse: "Sei distratta!!! A cosa pensi?". In quel momento la Sacerdotessa ringraziò di avere indosso la maschera, così l’amico non potè vedere il suo viso cambiare colore. "…Io? No…beh, ecco…", farfugliò, senza riuscire a trovare una risposta. Asher, compreso il suo imbarazzo, le sorrise: "D’accordo, non dirmelo, non voglio saperlo!" e cambiò discorso.

Mentre parlava con la Sacerdotessa, Asher la osservava con attenzione. Si era chiesto tante volte come potesse essere il suo viso, sempre nascosto dietro quella maschera; istintivamente la immaginava molto bella, nonostante il suo carattere un po’ rigido e la sua indole guerriera, che poco spazio lasciavano alla femminilità. Certamente era molto diversa da Isabel, così elegante, aggraziata, educata…Senza volerlo Asher si ritrovò a pensare alla sua dea: in realtà lui non riusciva a vederla come una divinità, come sembravano fare gli altri Cavalieri, forti forse delle battaglie combattute al suo fianco. Per lui Isabel era una donna, una splendida donna. L’aveva conosciuta quando ancora erano bambini, e aveva sempre giudicato un onore poter giocare con lei; era così grato ad Alman di Thule per averlo accolto in casa sua, che non poteva fare a meno di viziare la sua nipotina come meglio poteva.

"…Avrei fatto qualsiasi cosa pur di vederla sorridere!", pensò Asher, arrossendo istintivamente mentre ricordava alcune scene legate alla sua infanzia. Era stato più volte deriso per quella che gli altri bambini giudicavano essere arrendevolezza o mancanza di orgoglio, ma a lui non importava: voleva solo che la sua Principessa fosse felice!

Quando era giunto il momento di partire per l’addestramento si era sentito perso; come avrebbe fatto a stare lontano da lei, a non vederla per sei lunghi anni? Come avrebbe fatto senza il suo sorriso? Sentiva ancora le parole che Isabel gli disse prima che si allontanasse dalla Villa: "…fatti onore ad Orano, Asher, torna con l’armatura dell’Unicorno!...". Per sei anni aveva stretto i denti, ricordando la promessa che le aveva fatto quel giorno, e alla fine aveva compiuto il suo dovere: era divenuto Cavaliere. Lo aveva fatto per lei, per quella bambina ormai divenuta donna…

Che emozione era stata per Asher incontrarla, dopo tanto tempo. Il suo cuore aveva cominciato a battere forte come mai aveva fatto prima…avrebbe voluto abbracciarla, e dirle di aver pensato a lei ogni giorno e ogni notte dalla sua partenza…l’amava. Era evidente. Ma la sorte spesso gioca brutti scherzi: il Cavaliere aveva scoperto la vera identità di Isabel: era Atena. Una dea. Come avrebbe potuto essere alla sua altezza? E come avrebbe potuto prendere nel suo cuore il posto che aveva intuito essere già occupato da un altro uomo? Quanta amarezza aveva provato, nel dover rinunciare a lei…"Sarai sempre la donna della mia vita, il mio primo e unico amore…Isabel…", pensò Asher, rattristandosi.

Atena voltava le spalle al Cavaliere di Ariete, mentre parlava con lui nelle stanze del Grande Sacerdote. La nuova minaccia era sempre più vicina, lo sapevano entrambi, e al Grande Tempio tutti i Cavalieri d’Oro erano in stato di all’erta. Ma era stato vietato loro di far trapelare notizie sulla situazione. Su una cosa la dea aveva particolarmente insistito: i cinque Cavalieri di Bronzo che già tanto avevano combattuto per lei non dovevano assolutamente prendere parte alla ormai prossima battaglia, non si dovevano nemmeno avvicinare al Santuario.

"Non voglio più vederli combattere…", pensò Isabel, "…non voglio più vederli feriti, in fin di vita…già troppo hanno fatto per la giustizia…è giunto il momento per loro di vivere una vita serena, senza battaglie, senza così grandi responsabilità che non si addicono a ragazzi della loro età…saranno altri a difendere l’umanità, questa volta…non potrei sopportare di vederli ancora rischiare la vita…di vedere Seiya in quelle condizioni…".

Sentiva una stretta al cuore ogni volta che le tornavano alla mente immagini della passate battaglie, e rivedeva Pegasus affrontare il nemico con tanta determinazione, nonostante le ferite, nonostante le scarse speranze di salvezza, senza pensare a se stesso…era a lei che pensava in quei momenti, Atena lo sapeva bene, lo sentiva invocare il suo nome…chiuse gli occhi, mentre pensava al suo bel viso…al suo sguardo sicuro…alla sua voce calda…

Aveva rischiato tante volte la sua vita per lei. Ma lo aveva fatto per Atena, in veste di suo Cavaliere, o per Isabel? Riusciva a vederla come una donna capace di amare? O per lui ora era solo una divinità da proteggere, una missione da portare a termine? Se l’era domandato tante volte, da quando la sua vera identità era stata rivelata ai suoi Guerrieri. "Cosa provi per me, Seiya?", si chiese Isabel, mentre non riuscì a trattenere un sospiro. "Va tutto bene, Atena?", le domandò Mur, vedendola pensierosa. "Certo, va tutto bene", rispose lei. Ma non era così, non per Isabel, non per la ragazza che da tempo era innamorata di un uomo che non avrebbe mai dovuto desiderare. "Ad una dea…è concesso amare?", si chiese lei, ma non si diede la risposta che purtroppo conosceva bene.

PARTE SECONDA

Seiya era ormai giunto nelle vicinanze del Grande Tempio. Quanti ricordi legati a quel luogo: l’addestramento, la battaglia contro i Cavalieri d’Oro e Saga di Gemini, le ferite subite…del tempo era trascorso da allora e altri nemici erano stati affrontati, ma lui ancora una volta si trovava lì...

Mentre camminava immerso nei suoi pensieri, una voce famigliare lo raggiunse: "Pegasus!!!", gli urlò una donna che conosceva bene. "Tisifone!!! Sei tu!!! Che piacere rivederti!!!", le rispose il Cavaliere, offrendole il suo miglior sorriso. Ebbero entrambi un tuffo al cuore nel vedere la persona che tanto avevano desiderato incontrare, e a stento si trattennero dall’abbracciarsi.

Decisero di passeggiare insieme dirigendosi verso la spiaggia, in modo da rimanere un po’ soli. Il cielo era limpido, il sole si apprestava al tramonto, il vento leggero muoveva delicatamente i loro capelli e il suono della risacca del mare rendeva l’atmosfera molto piacevole. Si sedettero vicino alla riva, in un punto particolarmente isolato della spiaggia, per essere sicuri di non essere disturbati. Chiacchierarono a lungo, passando da argomenti seri ad altri più spiritosi, parlando delle loro esperienze, del loro passato, degli altri Cavalieri, del motivo che aveva spinto Pegasus a tornare laggiù, della loro convalescenza dopo lo scontro con Nettuno…si ritrovarono entrambi a pensare agli ultimi momenti di quella battaglia: i tentativi disperati di sconfiggere il nemico, la corsa contro il tempo per salvare Atena, il sacrificio di Tisifone in nome dell’amore che la legava a Seiya, le parole del Cavaliere rivolte a lei…restarono in silenzio ad ascoltare il battito del loro cuore, sempre più forte, sempre più intenso…

"Avresti sacrificato la tua vita per salvarmi…", disse Pegasus quasi in un sussurro, fissando l’orizzonte di fronte a sé. "Senza pensarci due volte…", rispose la donna, "…non sarei potuta rimanere con le mani in mano…preferirei morire che vederti senza vita…". Seiya chiuse gli occhi sentendo le sue parole. "Non dire così, Tisifone…non potrei mai perdonarmi se tu dovessi morire per causa mia! Le parole che ti ho detto quel giorno…corrispondono a verità…la tua vita mi è molto cara…tu sei molto importante per me…". La Sacerdotessa non trovava il coraggio di guardare in viso il suo interlocutore, sentiva mancare il respiro nell’ascoltare ciò che le stava dicendo. "Tisifone…", disse Seiya, con una dolcezza che mai aveva osato mostrare prima, e si sporse verso di lei. Allungò lentamente una mano verso il suo volto e cercò di toglierle la maschera. Lei si tirò istintivamente indietro, allarmata per il suo gesto, dicendo: "…No, Pegasus, che fai? La maschera…non puoi…non posso…". Ma lui insistette, le appoggiò la mano sulla guancia sempre guardandola, mentre lei obiettava con sempre minor convinzione: "…non posso stare senza maschera…non devi vedermi senza…io…non…". "…Non preoccuparti…non c’è nessun altro oltre a me, qui…", la rassicurò lui, "…e io ti ho già visto senza maschera…permettimi di ammirare ancora una volta il tuo splendido viso…ti prego, Tisifone…".

La donna non ebbe la forza di respingere l’uomo che amava, e lasciò che le togliesse la maschera. Pegasus rimase senza fiato nel vederla, socchiuse le labbra come per dire qualcosa, ma si fermò ad ammirarla, mentre lei arrossiva e distoglieva lo sguardo. Desiderava così tanto mostrarsi a lui, ma al contempo si sentiva così indifesa…il Cavaliere le prese nuovamente il viso con la mano, la fece voltare verso di lui perché lo guardasse negli occhi, e mentre le accarezzava delicatamente la guancia le disse: "Ricordavo che fossi bella, ma nessun ricordo potrà mai rendere giustizia alla tua bellezza…è così un peccato nasconderla con una maschera, tutti dovrebbero poter vedere il tuo viso, i tuoi occhi, le tue labbra…". "Solo tu puoi vedermi, Pegasus…solo tu…", sussurrò lei mentre il cuore sembrava scoppiarle nel petto, "…di nessun altro mi importa davvero, di te solo!".

"Oh, Tisifone…", disse lui mentre le sfiorava le labbra con un dito. Si avvicinò a lei e, mentre la sentiva tremare, la baciò. L’emozione fu intensa per entrambi: così a lungo avevano desiderato che giungesse quel momento! Ma quando lui allontanò il suo viso da lei, la donna si rese conto di cos’aveva appena fatto: aveva abbassato le sue difese e si era lasciata andare come una Sacerdotessa non dovrebbe mai fare…si ritrasse di scatto e schiaffeggiò Pegasus con decisione, anche se in realtà avrebbe voluto punire se stessa per la sua debolezza. Si alzò e corse via.

Seiya rimase per un attimo colpito dal suo gesto. Avendone però compreso le motivazioni e sentendo ancor di più accrescere dentro di sé il desiderio di lei, la rincorse e la fermò afferrandole un braccio. Lei, ritrovatasi di nuovo faccia a faccia con il Cavaliere, cercò di divincolarsi per fuggire lontano da lui e dalla tentazione che lui rappresentava per lei. Ma il ragazzo la trattenne stringendole le braccia con le mani badando a non farle male, la guardò intensamente facendo vacillare la sua appena ritrovata determinazione a non cedergli, la attirò a sé e la baciò nuovamente. Tisifone cercò ancora di resistergli, ma alla fine si abbandonò al suo caldo abbraccio. Intuendo cosa Pegasus desiderasse, e provando lo stesso identico desiderio, si sdraiò sulla sabbia e lasciò che i loro corpi divenissero una cosa sola, scaldati dagli ultimi raggi di sole che salutavano il tramonto…

Rimasero a lungo abbracciati, con i granelli di sabbia che accarezzavano la loro pelle. Seiya non riusciva a smettere di ammirare il viso di Tisifone e la osservava con uno sguardo pieno di dolcezza. Lei si sentiva così al sicuro, protetta dall’uomo che amava, e per la prima volta nella sua vita fu contenta di sentirsi donna. Arrossì a questo pensiero, mentre il suo Cavaliere le sorrideva dolcemente e le scostava i capelli dal viso.

Il tempo era passato in fretta; convennero entrambi che fosse saggio rivestirsi e allontanarsi dalla spiaggia. Arrivati nei pressi del Tempio, si scambiarono un lungo sguardo, e nessuno dei due sentì il bisogno di parlare, in quanto i loro sentimenti erano chiari. Si sorrisero e si salutarono, nella speranza di incontrarsi nuovamente al più presto.

PARTE TERZA

Mentre Pegasus camminava ancora immerso nei suoi pensieri, rimase sorpreso di incontrare nelle vicinanze del Santuario il Cavaliere dell’Unicorno. "Asher, amico mio, qual buon vento ti porta qui?". Ma l’espressione sul viso del suo interlocutore lo lasciò subito perplesso. "Cosa significa quello sguardo che mi rivolgi? Non sembri particolarmente contento di vedermi!". Asher rimase ancora qualche attimo in silenzio, stringendo i pugni e trattenendo la rabbia che provava dentro di sé, per poi dire a denti stretti: "Tu…tu hai il mondo nelle tue mani…ma lo getti via come se non valesse niente…". "Che cosa?!?!", disse Seiya, che non riusciva a capire le sue parole. Per quale motivo ce l’aveva con lui? Cosa poteva essere successo? "…Ti ho visto con Tisifone…", disse Asher aumentando il tono della voce, "…davvero credevate di essere al sicuro da sguardi indiscreti, sulla spiaggia? Avreste dovuto cercare un luogo più appartato…". Pegasus sentì per un momento mancare il respiro, rimase come impietrito di fronte a quella rivelazione. Immagini confuse si affacciarono alla sua mente, e il suo pensiero andò in particolar modo a Tisifone, al ruolo che ricopriva e che le vietava di lasciarsi andare e di mostrare la propria femminilità, come invece aveva appena fatto di fronte agli occhi di un altro Cavaliere.

Ripreso il controllo, tuttavia, replicò con decisione: "La cosa non ti riguarda, Asher. Dimentica ciò che hai visto, e cedi il passo!", e ricominciò a camminare. Ma appena ebbe superato Unicorno, quest’ultimo continuò il suo discorso: "Non ti rendi nemmeno conto di quello che fai…della sofferenza di quante persone vuoi essere artefice, Pegasus?". A queste parole Seiya si voltò e disse: "Ma si può sapere di che diavolo stai parlando? Sei forse impazzito? Spiegati chiaramente, oppure finiamo qui questa farsa!".

Il suo atteggiamento alimentò la rabbia dell’altro, che decise di esprimere apertamente ciò che pensava: "Di cosa sto parlando?!?! Davvero non l’hai ancora capito? Stolto! Tu potresti avere la donna di cui sono innamorato da sempre; è te che lei vuole, non ha occhi che per te…". "Stai parlando di Lady Isabel!?!?", chiese Pegasus, incredulo. "Esattamente! Milady…mi sono rassegnato a perderla, perché per me la sua felicità viene prima della mia: se è te che vuole, non posso fare altro che tirarmi indietro…ma ora, cosa devono vedere i miei occhi? A quale scena ho dovuto assistere? Tu hai appena tradito i suoi sentimenti per te, abbandonandoti tra le braccia di un’altra!!! Credi che la nostra dea sarebbe felice di saperlo? E a Tisifone non pensi? E’ una Sacerdotessa, non le è permesso comportarsi come una donna qualunque, e tu lo sai bene!!! Vuoi che venga cacciata dal Grande Tempio? E’ questo che vuoi? O preferisci spezzarle il cuore, appena ti sarai stancato di lei?".

Seiya non volle accettare che il Cavaliere si rivolgesse a lui in quel modo, e reagì nervosamente: "Chi sei tu per giudicarmi? Non penserai di potermi dire cosa posso o non posso fare!?! Se Lady Isabel prova qualcosa per me non è di certo una mia colpa! Credevi forse di poterla conquistare tu, facendole da cavalluccio?". Sentendosi rinfacciare ancora una volta questa sua debolezza, Asher perse definitivamente la pazienza, si scagliò contro il suo avversario e gli assestò un pugno in pieno viso, concentrando in esso tutta la rabbia che aveva in corpo. Seiya, caduto a terra per la violenza del colpo subito, si infuriò. Si rialzò di scatto e restituì il pugno ad Asher. I due cominciarono quindi a colpirsi a vicenda, ma senza utilizzare il loro cosmo o i loro colpi segreti; non erano infatti due Cavalieri quelli che si stavano affrontando ora, ma due ragazzi comuni.

Atena e Mur stavano ancora parlando tra loro, quando Kiki entrò di corsa nella Stanza del Grande Sacerdote, dimenticandosi di bussare a causa della foga che l’aveva condotto lì. Suo fratello stava per riprenderlo per il suo comportamento, ma Isabel sollevò una mano per fermarlo, e lo rassicurò con un sorriso. Si rivolse quindi a Kiki: "Cosa ti porta qui con tanta fretta?". Il bambino, affannato per la corsa, rispose: "Pegasus…sta facendo a pugni con Unicorno…qui fuori!!!". Atena rimase sorpresa dalla notizia, e chiese a Mur di andare a controllare, e di riferirle sull’accaduto.

Congedatosi da lei, il Cavaliere di Ariete raggiunse i due contendenti e si mise subito tra loro per dividerli…Alla sua richiesta di spiegazioni per lo spiacevole spettacolo, Asher guardò intensamente Seiya negli occhi, cercando di riprendere il controllo e di soffocare la rabbia che ancora sentiva agitarsi dentro di lui, e disse a Mur: "Non è successo niente. Stavamo solo chiarendo una questione privata". Non volle aggiungere altri dettagli, non volle rivelare ciò che sapeva, più per rispetto nei confronti di Tisifone che per difendere il suo avversario. Anche Seiya non volle dare maggiori spiegazioni al Cavaliere di Ariete, si limitò a promettere che una tale scena non si sarebbe ripetuta. Entrambi i Cavalieri lo salutarono e si allontanarono ancora fianco a fianco, come se nulla fosse accaduto.

Ma Kiki, che aveva ascoltato parte del discorso dei due contendenti, disse al fratello: "Non so cosa sia successo di preciso…però ho sentito Unicorno che diceva qualcosa riguardo a Pegasus e Tisifone…che li ha visti insieme sulla spiaggia…non so a fare cosa, ma pare fosse qualcosa che una Sacerdotessa dovrebbe evitare…". Mur intuì subito di che cosa si stesse parlando, riuscì a stento a mantenere il suo autocontrollo, scosse semplicemente la testa mentre sospirava. Disse a Kiki di non riferire a nessun altro della faccenda e si congedò da lui per tornare nelle stanze del Grande Sacerdote, dove Atena lo attendeva inquieta.

"Allora, cosa succede?", chiese la dea, appena lo vide entrare dalla porta. Il Cavaliere d’Oro ebbe un momento di incertezza: doveva riferirle ciò che aveva scoperto oppure era meglio evitare? Isabel lesse sul suo volto che era accaduto qualcosa, e gli intimò di dirle la verità. Mur le spiegò quanto sapeva, e le sue parole colpirono la ragazza come una freccia diretta al suo cuore. "Seiya…e Tisifone…", disse con un filo di voce. Si voltò per non mostrare al Cavaliere il proprio sgomento e cercò di riprendersi, ma sentiva mancare il respiro all’idea dell’uomo che amava insieme ad un’altra donna. Cercò un appoggio che la sostenesse, chiuse gli occhi e cercò di respirare lentamente.

Sentì crescere dentro di lei un sentimento misto di gelosia e rabbia. Strinse i pugni, cercando di valutare più freddamente la situazione. Mur intuì il motivo della reazione di Atena, e le chiese se potesse fare qualcosa per lei. La dea gli ordinò di cercare la Sacerdotessa e di condurla da lei. Aveva bisogno di parlarle.

"Entra pure, Tisifone", disse Isabel, che ancora voltava le spalle alla porta della stanza. Le due donne erano sole, in quel momento. La Sacerdotessa sentì un brivido percorrerle la schiena: aveva il presentimento che l’argomento da trattare riguardasse il suo incontro con Pegasus. Riuscì solo a chiedere: "Volevate parlarmi?". Atena rimase ancora un po’ in silenzio, mentre cercava di riordinare le idee; poi iniziò: "Sì, ti ho fatto chiamare perché volevo avere conferma di una notizia che mi è giunta poco fa e che ti riguarda. Tu sei una Sacerdotessa del Tempio di Atena, non è così?". "Certo, lo sono", rispose Tisifone, sempre più preoccupata. "Bene…e tu conosci bene le regole che una Sacerdotessa deve seguire?". Di fronte al silenzio della donna, Isabel continuò: "Sei stata addestrata a lungo per ricoprire questo ruolo. Credo che per te, come per qualsiasi Cavaliere, sia importante poter indossare un’armatura e compiere il tuo dovere. Questo comporta delle rinunce, necessarie per il bene dell’umanità intera, dovresti saperlo. Certamente non è facile, forse è ingiusto, ma è così che stanno le cose. Qual è la principale rinuncia richiesta alle Sacerdotesse del Santuario di Grecia, Tisifone?".

La donna capì che i suoi timori erano fondati. Atena aveva scoperto tutto. Sapeva di lei e di Pegasus. Si sentì mancare e a stento si resse in piedi: si rendeva conto di ciò che aveva fatto, sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma aveva perso il controllo. E ora si trovava a dover affrontare il giudizio divino…"La prima rinuncia…è…la propria femminilità…", disse, abbassando lo sguardo. "Proprio così…", riprese Isabel, "…la femminilità…puoi forse dire di aver rispettato questa regola, oggi?". La Sacerdotessa strinse i pugni: non poteva giustificarsi in alcun modo, era venuta meno al suo dovere…"No, Atena, non l’ho fatto. E mi dispiace per questo…accetterò qualsiasi vostra decisione in merito".

La dea rimase senza parole di fronte all’arrendevolezza dell’avversaria, un comportamento che non si sarebbe aspettata da lei e che accrebbe la rabbia che provava nei suoi confronti. "Non puoi averlo…non voglio che lui sia tuo…", disse nervosamente. Di fronte a quelle parole, Tisifone finalmente comprese la realtà delle cose: Atena non era irritata con lei per l’infrazione delle regole del Tempio; era gelosa! "Milady…anche voi…". Era innamorata di Seiya. Come poteva essere? In quel momento di fronte a lei non c’era una dea, c’era Isabel, una donna che soffriva per un amore che non avrebbe mai potuto vivere. La vide voltarsi, e lesse nel suo sguardo la sfida che le stava lanciando.

"Non ti è permesso avere distrazioni…", la sentì dire con fare deciso, "…quello che è successo poco fa non si dovrà più ripetere, altrimenti ti caccerò dal Tempio! Stai quindi attenta alle tue azioni, non mettere eccessivamente alla prova la mia pazienza! Stai lontana da Pegasus! E ricordati di quanto ti è stato ordinato: lui e gli altri quattro Cavalieri di Bronzo non si devono neanche avvicinare al Santuario. Ora vai…".

Tisifone accennò un inchino, accettò gli ordini ricevuti e si voltò, incamminandosi verso la porta della stanza. Ma prima di uscire e chiuderla alle sue spalle, con un guizzo di orgoglio si fermò e disse: "Permettetemi di dire solo una cosa…neanche ad una dea è concesso distrarsi con uno dei suoi Cavalieri…non sono io il vero ostacolo tra voi e ciò che desiderate…".

Isabel rimase come di pietra di fronte alle sue ultime parole. Aveva colto nel segno.

La Sacerdotessa si allontanò dal Grande Tempio camminando velocemente, con la mente affollata da mille pensieri confusi. Anche Atena provava qualcosa per Pegasus? Da quando? Lui ne era al corrente? Ma soprattutto, lui ricambiava i suoi sentimenti? Avvertì una stretta allo stomaco all’idea che questo potesse corrispondere alla realtà. Non sapeva che tipo di rapporto ci fosse tra loro, ma sapeva bene che quello che c’era stato tra lei e Pegasus non doveva ripetersi…doveva finire tutto lì…come avrebbe fatto a rinunciare a lui? Sapeva per certo che avrebbe sofferto per questo…ma non poteva venire meno al suo dovere. "E’ stato un errore…", disse tra sé e sé, "…perché mi hai tentato, Pegasus? Sapevi che non avrei saputo resisterti…ma ora…tutto questo deve finire! Io devo stare da sola…e pensare solo a compiere il mio dovere". Era una Sacerdotessa del Grande Tempio: il suo destino era quello. Anche se faceva male.

Pegasus e Unicorno camminavano ancora vicini, entrambi chiusi in un agitato silenzio. Fu Seiya a parlare per primo, guardando di fronte a sè: "Perché non gli hai detto la verità?". "Non mi sembrava il caso di divulgare la notizia...", fu la risposta che ricevette, "…cosa avrei ottenuto, in fondo? Avrei solo creato problemi a Tisifone, ed è l’ultima cosa che vorrei…hai ragione, Pegasus, non è un mio diritto dirti cosa puoi o non puoi fare…ma dovresti imparare a riflettere bene prima di compiere atti che potrebbero arrecare danno ad altre persone…". La forte rabbia che aveva provato nei confronti del compagno si era quasi totalmente dissolta, e aveva lasciato il posto ad un velo di tristezza. Sfogarsi in quel modo gli aveva fatto bene, ma contemporaneamente si vergognava per aver rivelato a Seiya i propri sentimenti per Isabel…provava una tale invidia nei suoi confronti…ma era conscio del valore di quel Cavaliere, che tanti nemici aveva affrontato e sconfitto con coraggio, mentre lui era rimasto in disparte…non sarebbe mai stato come lui, lo sapeva. Forse lui non meritava le attenzioni che Atena rivolgeva altrove…e questa consapevolezza lo feriva profondamente.

"Non è mia intenzione causare la sofferenza di nessuno, credimi, Asher…", si giustificò Pegasus, cercando di ricucire lo strappo che si era creato tra loro. "…e spero che quanto successo non crei problemi a Tisifone, perché ti assicuro che tengo molto a lei…sono impulsivo, questo è vero…dannatamente vero…". Mentre pronunciava le ultime parole abbassò il tono della voce, rendendosi conto di aver agito sull’istinto del momento, senza riflettere sulle conseguenze del suo gesto, come già altre volte era successo. Ma questa volta al suo fianco non c’era stato il saggio Sirio a fermare la sua impulsività…aveva sbagliato, lo sapeva bene…

Si fermò e si voltò verso Unicorno, che fece la stessa cosa in risposta. Si guardarono negli occhi, ma nel loro sguardo non c’era più sfida, non c’era più rabbia, ma solo desiderio di passare oltre l’accaduto. "Mi dispiace se ho urtato i tuoi sentimenti…", disse Seiya con fare sincero, "…spero che riusciremo a superare questa incresciosa faccenda". Asher si scusò a sua volta per averlo colpito, non avrebbe dovuto farlo. Si scambiarono un sorriso, e Pegasus cercò di rendere meno tesa l’atmosfera dicendo: "Guarda che mi hai steso solo perché ero distratto! Altrimenti sarei rimasto in piedi!". "Sì, come no! Guarda che mi sono trattenuto per non farti troppo male!", fu la risposta di Unicorno. I due Cavalieri scoppiarono a ridere.

"Ma come mai sei qui? Dove sei diretto?", continuò Asher. Ascoltata la spiegazione del compagno, gli augurò buona fortuna per la sua ricerca. Prima di salutarsi ed avviarsi ognuno per la sua strada, Seiya chiese: "Che farai adesso?". "Voglio restare nei pressi del Tempio…", fu la risposta, "…ho come il presentimento che qualcosa di importante stia per accadere…".

Nella stanza del Grande Sacerdote Isabel era ancora immersa nei suoi pensieri, quando entrò Mur per avvisarla della sua intenzione di sistemarsi alla Prima Casa, in attesa degli eventi ormai attesi da tutti. Nel vederla così pensierosa, le disse: "Atena…c’è bisogno che voi siate lucida per affrontare ciò che ci aspetta…capisco il vostro turbamento, ma credo sia meglio che vi concentriate su faccende di maggior importanza rispetto ai gesti di un Cavaliere dalla ormai nota impulsività…anche se penso che quando tutto si sarà sistemato sarà utile redarguirlo su quali siano i suoi compiti e i suoi doveri di Cavaliere…".

"I doveri di un Cavaliere…", pensò Milady. Non aveva Seiya forse sempre adempiuto ai suoi compiti? Non aveva rischiato forse più volte la vita per difenderla dal nemico? Nella sua mente si affollarono numerose immagini, ricordi delle battaglie combattute, del coraggio mostrato dal suo Guerriero…nel momento del bisogno si era sempre dimostrato pronto ad intervenire, senza pensare a se stesso, senza timore del dolore o della morte…aveva rinunciato ad una vita tranquilla e serena per diventare Cavaliere di Atena, e sicuramente avrebbe ancora combattuto per lei se solo glielo avesse chiesto…"Hai sempre fatto il tuo dovere, Seiya…", pensò tra sé e sé, "…non posso biasimarti per aver cercato un po’ di calore tra le braccia di una donna…ma chi ne darà a me? Non ne avrei forse anch’io bisogno, in questo difficile momento? Ma tu non sai cosa mi aspetta, non sei al corrente di quanto sta per accadere…ed è giusto così. Forse non saprai mai neanche ciò che provo per te…Seiya…".

"Atena…?", la scosse Mur. La dea alzò lentamente lo sguardo su di lui e, prima di congedarlo, gli disse: "Il nemico è vicino, prepariamoci ad affrontarlo. Pegasus rimarrà fuori da questa guerra, si è già sufficientemente dimostrato all’altezza di indossare la sua armatura. Non intendo parlare con lui di quanto accaduto oggi, per me la faccenda è già chiusa. Al di fuori delle battaglie ha il diritto di decidere come comportarsi, non posso gestire la sua vita privata…".

E, voltandosi e fissando davanti a sé, concluse: "…non si può comandare il cuore di un Cavaliere…".