I

Lentamente Milo di Scorpio scendeva gli antichi gradini che dalla sommità del Santuario, dalle stanze di Atena, lo riportavano verso la casa di cui era custode.

Talmente inaspettato era quanto appena accaduto in quel sacro luogo che ancora continuava a tornarvi con il pensiero, cercando di rivivere ogni istante con ritrovata lucidità.

Mai avrebbe pensato di ritrovarsi faccia a faccia con quell’uomo. L’aveva desiderato, sì, ardentemente: quando aveva saputo la verità, riemersa dagli abissi, con forza aveva sperato di poter un giorno guardare negli occhi dell’anima nera che tanto dolore aveva causato, che tanti nobili cavalieri aveva portato alla morte.

Innumerevoli volte si era visto, illusioni della mente, lanciargli ad una ad una le sue cuspidi letali, provando una sinistra gioia nel vederlo soffrire, urlare, implorare pietà.

Sorrise fra sé, pensando all’ironia del fato.

Era stato lì, ai suoi piedi, inerme.

Uno, due, tre colpi scarlatti.

Per Camus. Per Saga.

Ancora.

Per Aiolos. Per Shura.

Per se stesso.

Eppure…

Perché ad ogni ferita inflitta cresceva in lui l’amarezza? Perché non riusciva a gioire della vendetta tanto agognata? Chi era veramente quell’uomo? Perché non reagiva? Era potente, quasi quanto il fratello… possibile che desiderasse subire tutto ciò, che avesse scelto quella prova come via di espiazione?

Ripensò al suo viso, ai suoi occhi…

Sì, ci credeva. Voleva crederci.

Nuovamente sorrise. Ci sono individui in grado di rinascere. Era molto probabile che loro due non sarebbero sopravissuti a quella guerra sacra contro Ade; ma finché erano vivi l’avrebbero combattuta insieme…

 

II

Solo nella vasta sala immersa nella penombra il giovane uomo stava chino in avanti, le ginocchia sul duro marmo. Calde lacrime gli rigavano il bel volto, lacrime che i suoi lucenti occhi di smeraldo non riuscivano più a trattenere.

In un passato ancora dolorosamente vicino avrebbe giudicato impossibile una simile scena. Avrebbe riso al solo pensarci. Lui, così potente da ingannare un dio; piangere come una bimbetta indifesa! Ridicolo.

Ma non le sentiva allora. Nel freddo silenzio degli abissi solo la voce della sua ambizione, della sua rabbia, dominava i suoi pensieri. Non le sentiva, le voci, le grida, i pianti… Non le vedeva… le immagini di una vita che ora riaffioravano all’unisono, per ognuna una limpida goccia salata…

 

La piccola casa dalle bianche mura…

"Kanon, vieni!" Fratello…

"Kanon, che aspetti? Vieni a giocare!" Clito, Learco… le loro risate… le sue risate…

L’ululato del vento, il mare in tempesta… Un bambino affacciato alla finestra…

"Che fai lì in piedi? Pensi ancora al prigioniero a Capo Sunion? Morirà… "

Un corpo devastato, le onde che lo spingono verso la roccia… le sbarre… la roccia…

Atena… perché?

L’acqua che sale, che entra nella bocca… perché, Saga? Il torace che brucia… i sensi che si appannano…

"Mi dispiace Kanon, dovrò imprigionarti…"

" … riceverà l’investitura… cavaliere di Gemini… "

… perché lui?

La vecchia porta aperta di schianto…

"Sono stato scelto! Inizierò anch’io l’addestramento!" Clito. "Diverremo cavalieri, tutti e tre! Combatteremo assieme! Sempre!" Clito…

"No!"

"Fermati, Kanon! Non puoi più fare niente!"

"Lasciami!"

Il sole accecante nell’arena…

" … una disgrazia…"

"… un incidente… "

"Incidente? È colpa sua! È colpa tua, Aiolos!"

Atena… perché?

Clito! Le sue mani, così fredde… gli occhi dorati… spenti…

Gli occhi, tutti quegli occhi! Spenti! Vuoti! Morti! Tutti quei morti… Sulle mani! Tutto quel sangue…

L’azzurro tempio, il lontano canto del mare…

"…Ma tu, uomo, non mi hai detto qual è il tuo nome…"

"…il mio nome? Dragone del mare, mio signore… "

La scogliera, quella figura amata e odiata che si allontana…

"La maledizione ti colpirà, anzi ti ha già colpito… " Saga…

La luce nella fredda cella…

Atena! Il suo dolce cosmo…

La fredda lama nella carne…

Atena, perdono! Il suo sorriso…

"Non vedo alcun traditore qui, ma solo un compagno di battaglia. Si chiama Kanon di Gemini, un coraggioso cavaliere d’oro."

Milo… Grazie…

 

Come di risveglio da un improvviso incubo ad occhi aperti, nuovamente padrone di sé, Kanon riprese coscienza della realtà. Incerto si portò la mano al torace. Milo di Scorpio l’aveva salvato, riconoscendolo come compagno d’armi. Non poteva più cedere alle debolezze, non ora. Non poteva deluderlo. Non poteva deludere Atena.

"Combatti per il futuro, non per il passato" questo gli aveva detto la dea. Ne sarebbe stato capace?

Guardò il pavimento coperto del suo stesso sangue. Lentamente provò ad alzarsi, a fatica, le punture scarlatte che ancora gli bruciavano le carni. Meglio così. L’avrebbero sorretto. Gli avrebbero ricordato l’immensa generosità di chi aveva tradito e quel perdono che, lo sapeva, non ancora meritava.

Si voltò verso le pesanti tende che nascondevano alla vista le stanze più interne. Ora era pronto.

Pensò alla breve battaglia che prima dell’arrivo del cavaliere dell’ottavo tempio l’aveva visto fronteggiare il fratello…

Custode della terza casa… il cuore gli si riempì di commozione per la fiducia e l’onore che gli erano stati accordati. Non era riuscito a proteggerla però. I rinnegati erano passati indenni; Saga l’aveva sconfitto nuovamente… Non sarebbe più accaduto.

Ora per la prima volta sentiva dentro di sé cosa veramente significasse l’essere guerriero di Atena.

Saga… Anche lui ne era stato fiero… Perché combatteva al fianco di Ade? Si era redento… Qual era il suo vero scopo?

 

III

Sette fuochi ancora illuminavano la meridiana dello zodiaco. Sette ore. Cinque ne erano trascorse da quando gli antichi difensori del Santuario, ora sicari al comando del signore dell’oltretomba, avevano iniziato la loro folle corsa verso le stanze della dea. In quello stesso sacro luogo ora Kanon di Gemini attendeva.

Per un attimo aveva creduto che tutto si fosse concluso al tempio del Cancro, da dove i cosmi dei tre traditori erano scomparsi in seguito ad un terribile colpo lanciato a distanza dal cavaliere della Vergine: illusione durata pochi istanti.

In quel momento, nella sesta casa, Shaka di Virgo stava infatti nuovamente affrontando i compagni di un tempo. Solo. Un suicidio. Neppure lui, l’uomo più vicino a un dio, avrebbe potuto resistere contro tre cavalieri d’oro, doveva saperlo! A meno che… possibile?

Cercò di scacciare i tetri pensieri che l’avevano colto, sperando in cuor suo di sbagliarsi: erano pochi, troppo pochi! Non potevano più permettersi di perdere guerriero alcuno; non in questo momento.

Si guardò attorno e in quell’istante si rese conto di quanto il destino si divertisse a giocare con le vite degli uomini.

In una di quelle stanze suo fratello, cavaliere votato ad Atena, aveva tentato di uccidere la dea ancora in fasce. Solo in quel freddo e buio tempio aveva rivestito la carica che era stata di colui che aveva crudelmente ucciso, il Gran Sacerdote, perseguitato da chissà quali tormenti, la sua anima divisa perennemente in lotta.

Si chiese ancora una volta quanto con le sue parole ed azioni avesse contribuito alla caduta del fratello.

All’infinito si era ripetuto che nulla sarebbe cambiato, che Saga avrebbe comunque ceduto al suo demone interiore… era vero? Avrebbe potuto lui, Kanon, salvarlo da se stesso?

Forte sentì di nuovo crescere in sé quel senso di disagio e vergogna che continuamente lo assaliva ogni qual volta il suo pensiero tornava al passato… era lui il vero demone. Proteggere Atena e il suo Santuario, combattere fino all’ultimo alito di vita, fino a che l’ultima scintilla di cosmo avesse brillato in lui… niente di tutto ciò avrebbe cambiato ciò che era stato, la luce mai avrebbe veramente illuminato la sua anima; lo sapeva…

Anche Saga aveva atteso in quello stesso luogo l’esito di una folle corsa verso le sacre sale. Aveva trovato la pace infine… sarebbe stato così anche per lui? Ed era veramente stato così per il fratello?

Saga, pazzo! Che aveva intenzione di fare? E… cosa accadeva nella sesta casa?

Si voltò, rendendosi conto della presenza della divina fanciulla. Perché quell’oscuro presentimento?

Atterrito, finalmente si rese conto di quanto stava per avvenire…

Pesante, una coltre di tenebra oscurò il cielo ed il Santuario tutto. Poi fu la luce… e il nulla.

***

L’urlo di Atena. Il colpo proibito. Il colpo del disonore.

"Saga, ma… ma perché… che cosa ti ha spinto a un’ignominia tanto grande?"

 

IV

Mentre scendeva i gradini che dalla statua della dea lo riportavano verso la tredicesima casa Kanon fissava le macerie sotto le quali ormai giaceva gran parte del Santuario. Il risultato dell’assurdo scontro fra due colpi proibiti. La morte di Shaka, travolto dall’ignobile attacco, aveva tolto la ragione perfino ai rimanenti cavalieri d’oro. Avevano rischiato di distruggere ogni cosa. Solo l’intervento dei cavalieri di bronzo aveva infine evitato la tragedia. Milo, Mu ed Aiolia erano stati sopraffatti dall’ira… pazzi! Si erano resi conto di ciò che sarebbe potuto accadere? La guerra contro Ade era appena al suo prologo! Fratello… cosa voleva ottenere in quel modo?

Una fresca brezza accompagnava i suoi passi, creando mille onde fra i lunghi capelli, adornandoli di rosei petali che mai aveva visto prima in quel luogo roccioso. Tenue nell’aria aleggiava un dolce profumo. Era forse un messaggio di speranza che viaggiava col vento fino a quel luogo ormai intriso di dolore?

"Kanon, ti prego, ho bisogno di un favore da parte tua. Recati a Palazzo, e prendi una cosa; un oggetto che è custodito sotto al trono."

Nuovamente entrò nel buio tempio. Il trono… Qualcosa che Saga aveva abbandonato lì…

Uno scrigno.

"… è giunto il tempo di renderglielo..."

Possibile che fosse veramente…

Chiuse gli occhi. Sono il buffone della sorte…1

 

V

Ormai a terra, privo di quattro sensi, straziato nella carne e nell’anima, Saga di Gemini guardava la fanciulla e l’alto uomo al suo fianco. Atena. Kanon. Così lontano quel giorno in cui per l’ultima volta l’aveva visto… era veramente cambiato?

***

Quando Mu aveva salito gli ultimi gradini che lo conducevano alla sommità del Santuario, sorreggendo quel corpo ormai stremato, era parso per una attimo a Kanon di rivedere quel bambino che gli sorrideva quando giocavano felici per le vie di Atene. Quanti sogni; quante speranze… perdute…

"Kanon, prendi lo scrigno e dallo a Saga."

"Subito"

"Aprilo, fratello mio."

Non vi era riuscito. Non aveva potuto sostenere il suo sguardo che per pochi istanti… Era stata la vergogna? La maledizione ti colpirà, anzi ti ha già colpito… Quanto lo aveva odiato! Quanto aveva desiderato vederlo prostrato ai suoi piedi! Ma ora…

O era stata forse la pietà? Vieni a giocare, fratello! No, non era quello il momento!

Un pugnale. Nello scrigno che gli aveva appena consegnato vi era quella stessa arma che Saga aveva un tempo levato sulla piccola Atena nella culla.

Lui aveva armato i suoi intenti, lui aveva risvegliato il demone nel cuore dell’angelo… ora infine ne armava anche la mano.

Atena…

 

VI

L’ingresso degli Inferi torreggiava su di lui, immerso in un cupo cielo sanguigno. Quel luogo lo attendeva ormai da tempo.

Lasciate ogni speranza voi che entrate…

Guardò beffardo la sinistra incisione. Avrebbe lasciato la speranza ad altri, lui non ne aveva bisogno. Non sarebbe tornato a vedere le stelle; il suo destino, era probabile, si sarebbe compiuto in quella terra di dannati… sì, era una sorte appropriata.

Pensò ad Atena, in viaggio con Shaka alla ricerca del vero nemico. Pur consapevole di quanto stava in realtà accadendo la sua morte l’aveva profondamente colpito… quanto coraggio in quella fragile fanciulla! Non avrebbe mai lasciato la vita prima di esser certo di aver almeno in parte ripagato la sua fiducia!

L’armatura dei Gemelli… Quale senso di malinconia quando l’aveva indossata…

Vi avrebbe reso onore, e avrebbe combattuto anche per lui, per lui che aveva sacrificato la sua anima per un bene più grande. Fratello… sarò presto con te.

 

VII

Kanon di Gemini correva veloce alla volta della Giudecca, del palazzo di Ade. La sacra armatura risuonava, chiamata dalle undici compagne. Il cosmo di Atena era scomparso. La situazione era grave; doveva raggiungere gli altri cavalieri.

"Ma quanta fretta. Credi che ti lasci andare via così, Kanon?"

Rhadamantis della Viverna. Ancora lui! Non ora!

"Lo faresti se avessi compreso quel che accadrà."

E sia. Era quello infine il suo momento. Non era in fondo così male.

"Che significa?"

"Molto presto il regno degli Inferi sarà rovesciato e la feccia che lo abita verrà spazzata via."

Si liberò dell’armatura. Non era mai stata veramente sua. Ora sarebbe tornata al suo legittimo custode. Non gli serviva più. Vola, dalle altre armature d’oro!

Saga… lascio tutto nelle tue mani…

"La mia missione nel regno degli Inferi è compiuta. Possiamo batterci senza interruzioni, Rhadamantis."

***

Ad ogni colpo, ad ogni ferita, sentiva il suo spirito sempre più libero. Era privo di armatura, non ne aveva bisogno. Come promesso ora rendeva ad Atena la vita che quel lontano giorno, nella prigione di capo Sunion, lei aveva salvato. Ma non sarebbe stato solo. L’Inferno avrebbe accolto il suo giudice.

Con un ultimo sforzo afferrò l’avversario alle spalle ed espanse il suo cosmo, proiettandolo verso il cielo infernale. La sua missione era compiuta. Nella Giudecca le dodici armature d’oro erano finalmente riunite; la vittoria era ormai certa. Con questo lui, Kanon, aveva redento del tutto il suo passato e non aveva più rimpianti.

***

Per l’ultima volta Kanon di Gemini lanciò il suo colpo più potente, pronto ad accoglierlo lui stesso.

Atena… fratello…

Sorrise, mentre l’energia di un’intera galassia lo avvolgeva… così bella…

Poteva vederla ora… l’aveva raggiunta infine… la luce.

 

 

 

 

 

1. W. Shakespeare, "Romeo e Giulietta" Atto III, scena I