CAPITOLO V°

-La partenza e il "Clan del Dragone Nero"-

 

Jamir(enorme massiccio montuoso fra il pakistan e la cina). 247 anni fa.

Passarono sei lunghi anni. Sion era stato addestrato in questo ambiente roccioso insidioso e ostile, nelle vicinanze della casa del maestro, che era una specie di piccola torre circondata da stretti e pericolanti sentieri e profondi precipizi. In questo periodo, Sion venne a conoscenza di tutto quello che un cavaliere deve sapere, maturò interiormente, imparò a sprigionare un cosmo potentissimo, molto di più di quello del suo maestro e riuscì inoltre a padroneggiare (con molti tentativi e profondo impegno) il potere che più unisce il cosmo alla mente, ovvero la psicocinesi che è un potere che pochissimi cavalieri, nel corso della storia hanno appreso come sfruttare. Un giorno, dopo tanti sacrifici, il suo mentore gli ha riconosciuto di essere pronto a diventare cavaliere.

Il maestro dava le spalle a Sion, che era compostamente seduto dietro di lui e che era pronto ad ascoltare le parole di quell'uomo, le parole che lo avrebbero congedato, dette da una persona che si era impegnata ad aver cura di lui per sei anni. Il quale disse: - Sion, prima che tu parta ti voglio chiedere una cosa. In questi anni, fra le molte cose che ti ho insegnato ce n'è una che è fondamentale per essere dei veri saint di Athena.......lo so che ti ho spiegato in diverse occasioni i principi fondamentali dell'onore di un cavaliere, ma voglio lo stesso che tu imprima nella tua mente quello più importante: <Ricordati sempre che devi essere sempre fedele ad Athena, in ogni caso dovrai proteggerla........anche a costo della tua vita se necessario, perché ella è la dea della giustizia e rappresenta l'unica speranza degli esseri umani nel caso in cui il male tenti di instaurare il caos o la distruzione in questo mondo! Infine, ti chiedo di portare con te una lettera che dovrai far consegnare al grande sacerdote una volta che arriverai al santuario; buona fortuna mio giovane allievo! -

- Dunque, io vado.........tornerò a trovarla in questo posto, un giorno ma ora devo andare. Arrivederci mio onorevole mentore!- Ribatté Sion.

Quando il maestro si girò, Sion non c'era già più e il suo cosmo si avvertiva ormai a diverse centinaia chilometri di distanza ed era già ad Atene.

- Ha usato il teletrasporto che ha imparato da solo........è ormai potentissimo, molto più di me! - mormorò il maestro, che aveva dato le spalle a Sion per nascondere le lacrime di gioia e di tristezza che scorrevano dal suo volto. Lacrime di gioia perché era riuscito a trasformare un ragazzino in un grande cavaliere e infatti la sua bocca sorrideva; mentre le lacrime di tristezza erano perché in quei sei anni il suo allievo era diventato per lui come un figlio e gli sarebbe mancato molto.

 

Lo stesso giorno. Goro Ho, Cina.

Anche Dokho era stato addestrato per sei anni dal suo Sensei, (conosciuto anche come "l'eremita dei cinque picchi") nei luoghi affascinanti ma impraticabili prossimi alla grande cascata di Goro Ho, che sorge direttamente dalle alture del monte Ro.

Quella mattina, Dokho si svegliò e si alzò dal letto e vide che il maestro si era già alzato. Uscì al di fuori della casupola dove vivevano, che era una specie di grossa capanna di legno con il tetto fatto di canne di bambù e ricoperto di foglie. Decise quindi che intanto sarebbe andato a prendere l'acqua dal pozzo che era a poche centinaia di metri da lì, come faceva ogni mattina.

Mentre camminava, ad un certo punto scorse il maestro poco più avanti, ma era circondato da cinque uomini vestiti come dei barbari che non promettevano niente di buono. Uno di questi, che aveva l'aria losca e cupa con una cicatrice su un volto rude e dall'espressione aggressiva, e i capelli neri legati, lo teneva saldamente per il bavero della sua toga cinese. Dokho, sentì udire queste parole da quell'uomo: - Allora,vecchio eremita! Stiamo perdendo la pazienza, sappiamo che tu sai dove è nascosto lo scrigno di giada...........parla!!-

Il sensei, che non si sentiva molto minacciato ed aveva ancora un'espressione composta rispose: - Vi ripeto che non vi dirò mai dov'è. Non l’ho nascosto io, ma so dove si trova.......e anche se vi dicessi dove si trova non riuscireste mai ad impossessarvene, voi che siete una setta di assassini e profanatori che da molto tempo infestano queste terre!-

A quel punto, uno degli altri esclamò - Stupido vecchio ostinato! Te la faremo pagare per le tue parole, così forse cambierai idea e ci dirai quello che vogliamo sapere; stendiamolo!-

-Fermatevi, non osate levare le mani sul Sensei, o dovrete vedervela con me!- esclamò Dokho.

Uno dei cinque, che non si erano ancora accorti di lui, disse sghignazzando: - Ma adesso chi diavolo è questo ragazzino e cosa pensa di poter fare..... huh, huh, huh! -

- Non intrometterti, torna indietro e aspettami là, queste sono cose di cui devo occuparmi io!-

- Ma.....Sensei!- ribattè Dokho stupito.

Iniziò così una violenta lotta. L'eremita, seppur prendendo qualche colpo perché da solo contro quattro, li colpì tutti abbastanza velocemente, facendoli cadere al suolo doloranti.

Un uomo che sembrava essere il loro capo, che inizialmente aveva lasciato il compito di lottare ai suoi uomini, si mise in posizione di lotta ed esclamò: - Rialzatevi idioti! Avete sottovalutato quest'uomo e ignoravate il fatto che non è un vecchio comune.........ma ti avverto eremita, con me non sarà la stessa cosa. In guardia!-

In quel momento i due iniziarono a combattere, ma dopo pochi istanti, il maestro venne atterrato.

Intanto gli altri quattro si rialzarono e subito si misero a calpestare pesantemente il Sensei, approfittando del fatto che era al suolo.

- Non ricordate? Vi avevo detto che se osavate levare le mani sul venerabile Sensei, ve la sareste dovuta vedere con me!! Fatevi avanti, maledetti! - esclamò Dokho molto contrariato.

- Sei ancora qui, ragazzino? Non hai seguito il consiglio del tuo maestro? Sei un moccioso fastidioso. Come preferisci.........elimineremo te per primo!Addosso!! - tuonò il capo degli assalitori.

Correndo con una rapidità animalesca, Dokho raggiunse i cinque in meno di un secondo, che con movimenti quasi impercettibili li sbaragliò meglio di come aveva fatto il suo maestro poco prima.

Dopodiché, accorse subito in soccorso del suo maestro, che era disteso a terra poco più in là.

- Sensei! Come si sente; è ancora cosciente? -

- Certo, mio giovane e premuroso apprendista, e non sono neanche ferito! - rispose il maestro rassicurante.

- Che cosa volevano da lei quei tizi? - chiese Dokho.

- Ughhh......anf...anf....... questo non ti riguarda, ficcanaso! - disse dolorante il capo dei cinque che era ancora cosciente e si stava per rialzare, che dopo aver sputato del sangue che aveva in bocca, minacciò Dokho:

- Come hai osato ostacolarmi in questo modo........te la farò pagare; ucciderò te e poi il tuo caro maestro, così vi ritroverete nell'aldilà! Ehi, voi rialzatevi, non abbiamo finito di combattere e inoltre non possiamo permetterci di essere sconfitti da un ragazzino....in piedi!! - e così, anche se molto storditi e doloranti, gli altri quattro si misero di nuovo in piedi.

- Cosa? Non vi ho voluto uccidere perché volevo darvi la possibilità di sparire da questo posto, ma a questo punto sembra inutile discutere con la gente come voi.......ora la mia furia vi travolgerà!! - disse Dokho.

- Muuooriii!!! - urlarono gli assassini prima di gettarsi rabbiosamente verso Dokho.

Il ragazzo li aspettava e intanto aveva bruciato in un attimo il suo cosmo come mai aveva fatto in sei anni, si mise in una particolare posa di combattimento, che preparava il colpo segreto che gli aveva insegnato il Sensei e tuonò:

- Le fauci del dragone non avranno pietà di voi; hhhuuuooooo.............-

ROZAN SHORYUHA!!!*

*(colpo del drago nascente dal monte Ro)

Il colpo provocò un forte rumore, l'incredibile energia del cosmo di Dokho, che era uscita dal suo pugno, che aveva portato verso l'alto come una veloce cometa di luce verde, travolse i cinque violentemente che rimasero indifesi davanti all'enorme potere sprigionato da quel ragazzo e ne rimasero vittime.

L'energia del colpo, però, dopo aver annientato i nemici, passò oltre trapassando le nuvole nel cielo sovrastante, e per qualche attimo si vide la luce del sole scaturire dal foro fra quelle nuvole.

- Maestro, mi perdoni se ho usato il colpo che lei mi ha insegnato e che con tanta fatica ho appreso contro questi esseri indegni. Ma ora mi dica........perché la hanno aggredito così, che cosa volevano!?-

- Se te lo dirò, prometti che non lo rivelerai! Dunque........quei tizi appartengono alla setta del "dragone nero"; sono i discendenti di coloro che sono stati respinti dal santuario perché non d'animo giusto o non adatti a essere saint nell'epoca precedente e portano avanti il rancore della loro stirpe impegnandosi a impossessarsi dello scrigno di giada. Una volta, il loro precedente capo, era un cavaliere nero e seminava il terrore in questa ragione per i suoi sporchi e futili motivi di dominio.

È per questo che sono venuti da me; per sapere dove è custodito lo scrigno di giada, ma io che ne sono il custode non glielo rivelerò mai! - spiegò il maestro.

- I cavalieri neri? vuol dire che questi sono i precursori di coloro che erano l'antitesi morale dei cavalieri di Athena come mi aveva raccontato una volta? Se è così, che cos'è questo scrigno di giada di cui loro vogliono impossessarsi? - chiese Dokho.

- Lo scrigno di giada è solo quello che sta all'esterno, ovvero non è quello che interessava a quelli del clan del dragone nero, ma quello che vi sta dentro.......le sacre vestigia della costellazione di Dragon, che sono una delle poche armature dei cavalieri di Athena che si trovano al di fuori del santuario di Grecia! L' armatura del dragone è situata in fondo alla grande cascata del monte Ro; le acque della cascata scorrono sull'armatura, forgiandone la resistenza e l'energia. In particolare, lo scudo del dragone si dice che sia duro come un diamante, e perciò quasi indistruttibile. Nelle mani sbagliate sarebbe un'arma pericolosa, ma dubito che quella setta di assassini sia degna di farne uso; non esistono uomini simili fra di loro, che non sono degni forse neanche di stare al mondo!- rispose il Sensei.

- E ti dirò di più. credi veramente che io sarei stato veramente sconfitto da quelli, io che sono uno dei sacerdoti più fedeli al grande sacerdote? Mi sono fatto atterrare apposta da quel tizio perché volevo sottoporti alla tua prova ultima sfruttando quella situazione imprevista, in cui avresti dimostrato di essere degno di diventare cavaliere. E mi sono fidato perché ero sicuro che avresti agito così e ce l' avresti fatta, perché se così non fosse stato, forse sarebbe stata la fine per entrambi! -

- Capisco Sensei, grazie per avermi ritenuto degno di tale onore. - (Dokho)

Il giorno dopo, il giovane Dokho si preparò per la sua partenza per la Grecia e il suo maestro lo aveva avvertito che gli aveva messo nella sacca una lettera da far consegnare al grande sacerdote.

- E' giunto alfine il momento di salutarci, Sensei; tornerò a trovarla - (Dokho)

- Io sono un'eremita, e il mio volere è di stare isolato dal resto della civiltà, certo.......questo finché il mondo diventerà così sovraffollato da non permettermelo più (sorride ironico)! Ma la tua visita, mi sarà sempre gradita, Dokho.....futuro cavaliere al servizio della Dea Athena! - (Sensei)

- Grazie, non dimenticherò mai quello che lei ha fatto per me; Arrivederci! -