CAPITOLO VI°

- L'investitura -

 

Grecia, Kinos (uno dei villaggi prossimi al Santuario). 247 anni fa.

Sion si era teletrasportato direttamente dal Jamir fino ad un villaggio nella zona di Atene, che era il più prossimo al Santuario. Un posto abitualmente frequentato da soldati del grande tempio, che quando erano in libera uscita non perdono occasione per andare a giocare a dadi e ad ubricarsi alla taverna anche se ciò non gli sarebbe mai stato concesso. Il paese era dall'aspetto molto modesto e mediterraneo; le strade erano dalla pavimentazione pietrosa e polverosa e le file di abitazioni costellate di panni stesi fuori ad asciugare; mentre la via del mercato pullulava di gente, di rumori e di vita.

Una volta arrivato, si fermò all'osteria per togliersi l'appetito e la sete: Dentro, mentre era seduto ad un tavolo aspettando di essere servito, notò un ragazzo seduto ad un tavolo vicino al suo che avrà avuto più o meno la sua età che mangiava quasi come un'animale, come se non mangiasse da giorni; inoltre produceva dei rumori disgustosi che avrebbero attirato l'attenzione di chiunque. Sion lo guardò un po' divertito pensando che mentre il suo maestro lo aveva educato anche sulle buone maniere di compostezza, il ragazzo in questione non era un tipo che si faceva problemi per questo genere di cose.

Poi, quando ebbe finito il suo pasto uscì dall'osteria e si incamminò in una delle vie principali e guardò verso l'orizzonte. Il Santuario non si trovava molto distante da lì si ergeva sulle stesse colline su cui si trovava il villaggio, solo decisamente più in alto, attornato da una vasta cerchia di rovine tutt'intorno e da solide ed imponenti mura.

Si incamminò quindi per l'uscita dal villaggio di Kinos e ad un certo punto vide una bambina coperta di cenci seduta al lato della strada, con un'aria triste che lo colpì, perchè gli ricordava quando da piccolissimo era già un'orfano e conduceva una vita che, se non fosse stato per l'incontro con i sacerdoti del grande tempio che gli offrirono la possibilità di cambiare la sua vita, non sapeva come sarebbe finita, o che ne sarebbe stato di lui. Si avvicinò alla bambina e gli si accovacciò dinnanzi, che era probabilmente poverissima e affamata ed estrasse una mela dalla sua sacca e gliela porse dicendo gentilmente: - Ecco a te piccola, puoi prenderla! - in quel momento l'espressione della bambina, che aveva un viso d'angelo, mutò in un'espressione di gioia e di ringraziamento. Mentre Sion era girato di spalle rispetto alla bambina e rimetteva a posto alcune cose nella sua sacca, quando si avvicinò un tizio che aveva probabilmente esagerato col vino, che sfilò la mela dalla mano della bambina dicendo : - Bene, dopo un pasto abbondante e una bella bevuta mi ci mancava giusto la frutta. ih, ih....... hic! -

Sion si voltò e si accorse dell'accaduto, e notò che la bambina stava singhiozzando ancora più triste di prima.

- Ehi, tu....ubriacone. Restituisci immediatamente la mela a questa povera creatura; ti rendi conto che tu sei sazio mentre questa bambina non ha di che vivere? - (Sion)

- E perché mai. Forse perché sei tu che me lo imponi, ragazzino impertinente? - (Tizio)

- No, perché quello che hai compiuto è un gesto degno di un verme, rendi subito il maltolto e vattene! - (Sion)

- Altrimenti..... che cosa faresti? - disse il tizio in tono di sfida

A quel punto Sion si spazientì e utilizzò in un istante la psicocinesi dapprima per attirare a se la mela, e poi per respingere violentemente l'uomo, che si ritrovò con la testa immersa in una bevitoia per cavalli lì di fronte.

- Ti servirà per smaltire la sbornia. Dovresti solo vergognarti di una simile bassezza! - disse Sion un po' alterato.

Il tutto era avvenuto così velocemente, che nessuno in quel tratto di strada si accorse di quello che aveva fatto Sion, a parte scorgere l'uomo che solleva la testa imbevuta di acqua lurida dalla bevitoia con un'espressione smarrita.

L'unica persona che forse si era accorta di ciò che era accaduto era il ragazzo che Sion aveva già visto nell'osteria poco prima, il quale aveva una corporatura abbastanza muscolosa per essere anch'egli un ragazzino; pelle leggermente olivastra; penetranti occhi castani e folti e mossi capelli scuri; che si avvicinò a Sion e, parlando curandosi di non essere udito da altri oltre al suo interlocutore chiese: - Salve; ho involontariamente notato quello che è successo a quell'uomo, però io non penso che si sia buttato da solo addosso alla bevitoia ma penso che sia stato tua a scaraventarcelo contro; però mi sarei accorto se tu lo avessi colpito fisicamente, ma non è stato così, perché non ti sei neppure mosso e di questo ne sono certo. Non ho mai sentito parlare di un potere simile..........puoi dirmi di che si tratta? -

- Si chiama psicocinesi, ed è la facoltà di far spostare gli oggetti nello spazio. Trattasi di un potere talmente complesso che elude persino la legge fisica della gravità! Io ne sono padrone quanto basta da poter scaraventare un qualsiasi oggetto ma anche una persona nella direzione che voglio.......e da poter raggiungere qualsiasi luogo con la sola forza della mente grazie al teletrasporto; inoltre credo che questo potere sia anche in grado di dare percezioni su possibili momenti futuri. - spiegò Sion.

- Interessante, sarebbe come se tu fossi un veggente! - (Ragazzino)

- Ora rispondi te ad una mia domanda. Ti ho rivelato il mio segreto soltanto perchè sei riuscito ad avvertire la mia azione, cosa di cui un normale essere umano non avrebbe potuto accorgersi........ciò significa che sei un saint non è così? - chiese Sion incuriosito.

-Mpf.....forse, chi lo sa?!- (Ragazzino)

- Io ti ho fatto un domanda ed esigerei una risposta, non un indovinello! -

- Sei insistente.......no; non lo sono. - rispose il ragazzino non senza un velo d'ironia.

-Certo; ora devi scusarmi, ma non voglio perdere altro tempo; prenderò una stanza alla locanda e mi riposerò un po'; domani potrebbe essere un giorno importante per me! - (Sion)

Poi Sion si voltò verso la bambina e gli chiese:

- Come ti chiami, piccola? -

- Elora - rispose timidamente la fanciulla.

- Elora, vieni con me alla locanda. Là ti farò avere una cena calda e un posto riparato dove passare la notte, ti va?. - domandò Sion alla bambina, a cui restituì la mela.

La bambina si asciugò le lacrime e senza dire una parola si mi se in piedi e seguì Sion, che si allontanò insieme a lei dall'altro ragazzino.

- Bene, sembra che nonostante abbia uno strano potere e un'aria misteriosa, abbia anche un cuore d'oro, quel tipo!- pensò quest'ultimo.

L'indomani:

Sion si svegliò di buon'ora e andò a prendere anche Elora nella stanza adiacente alla sua e uscirono dalla locanda dopo aver fatto colazione.
Dopodiché si diresse assieme ad essa alla grande entrata del Santuario, che era un enorme cancellata posta fra solide e imponenti mura, sopra cui c'erano dei camminamenti su cui erano di ronda delle sentinelle, che quando videro Sion intimarono: - Alt! Chi va là! -

- Mi chiama il grande sacerdote! - comunicò Sion, che mostrò la lettera che gli aveva dato il suo maestro alla guardia che giunse per controllare l'autorizzazione.

- Questo è il sigillo caratteristico del sacerdote del Jamir.....potete entrare.- affermò la guardia, che poi si rivolse verso le sentinelle sul muro di cinta ed esclamò: - Sollevate il cancello! -

Il pesante cancello si aprì progressivamente dal basso verso l'alto, azionato da cingoli a catena.

Sion, apprestandosi ad entrare, fece per prendere per mano Elora ma la guardia lo interruppe nuovamente: - Fermo, lei non può entrare in questo luogo se non è autorizzata! -

- Uff......nella lettera sigillata ci dovrebbe essere anche scritto che devo condurre questa bambina dai sacerdoti minori, che la richiedono come inserviente alla mensa dei soldati. - rispose Sion, inventando prontamente una scusa per far entrare Elora assieme a lui.

- Non ti credo, ragazzino....rimuovi il sigillo e apri la lettera!- (Guardia)

- Questa lettera può essere aperta solo dal Grande Sacerdote; se tu lo facessi al posto suo e quello che c'è scritto riguardo alla bambina fosse vero.......potresti passare guai seri per una simile sciocchezza; non credi allora che sia meglio lasciar perdere e farci passare senza trattenerci oltre? - rispose astutamente Sion.

- E va bene, passate pure! - disse la guardia un po' riluttante.

Più avanti, nella zona delle antiche rovine, i due scorsero dinnanzi a loro il ragazzo del giorno prima seduto su un pilastro crollato che disse sorridendo: - Sei un po' in ritardo.......ti stavo aspettando! -

- Sapevo che avevi anche tu a che fare con questo posto e che ti avrei ritrovato qui.....anche tu sei qui per ricevere l'investitura, giusto? -

- Esatto .....ho atteso per anni questo momento e non voglio far aspettare il grande sacerdote. Quindi pensavo che potremo incamminarci insieme verso il palazzo in cima al santuario dove ci riceverà il grande sacerdote; così intanto faremo un po' conoscenza visto che saremo compagni, non credi? - (Ragazzino)

- Certo, cominciamo col presentarci: Il mio nome è Sion. -

- Mi chiamo Dokho, piacere di conoscerti Sion. -

Sion lasciò quindi in custodia Elora ad un cortese sacerdote minore, che si sarebbe occupato di lei fino all'ora del suo ritorno; dopodichè si incamminò assieme a Dokho sulla lunga scalinata che conduce al palazzo del grande sacerdote.

Dopo un lungo percorso arrivarono infine al grande portone dove vennero fatti entrare.

Attraversarono il lungo corridoio in mezzo a due sontuosi colonnati camminando sopra ad un pregiato tappeto rosso fino ad arrivare dinnanzi al trono dove era seduto il grande sacerdote dove si misero in posizione semi-inginocchiata; un uomo che entrambi i giovani non avevano mai visto in volto perché egli non si mostra mai senza la sua maschera. Alla sua destra, in piedi, c'era il suo fidato consigliere Grefus, che portò le due lettere all'attenzione del grande sacerdote, che dopo averle lette disse finalmente:

- Miei giovani e valenti aspiranti cavalieri; il giorno in cui i vostri sforzi degli ultimi anni verranno ricompensati è finalmente giunto. Fra poco sarete insigniti del titolo di cavalieri d'Athena; i vostri maestri vi hanno riconosciuti come degni di far parte dei santi protettori della dea della giustizia! Grefus, portami lo scettro di Nike! -

Il sommo consigliere tornò dopo pochi istanti con lo scettro, e lo diede al grande sacerdote, che si concentrò mentalmente sui due ragazzini mormorando: - Athena, permettimi di guardare nella loro anima per assicurarmi della loro piena rettitudine, perché io possa farne tuoi fedeli e valorosi guerrieri!-

Dopo un po', il sacerdote interruppe la meditazione comunicando ai due:

- Il vostro animo è puro e le vostre intenzioni sincere: Ora dovete giurare fedeltà e devozione ad Athena al cospetto del suo scettro; il che mi rivelerà anche la vera natura del vostro cosmo affinché io possa dedurre a quale costellazione appartenete, visto che ogni saint è nato sotto una diversa configurazione celeste. -

Quando i due terminarono di recitare il giuramento, lo scettro di Nike si illuminò ed irradiò una luce che investì Sion e Dokho rivelando nella mente del sacerdote i due microcosmi.

- Hu? Avverto chiaramente in questi due ragazzini la conoscenza della vera essenza del cosmo, quella che è fonte di ogni forza.....il settimo senso! A coloro che ne sono padroni spetta il massimo riconoscimento: Entrare a far parte dei sacri cavalieri d'oro! - pensò sorpreso il sacerdote.

A quel punto, Sion e Dokho si accorsero che la luce dello scettro aveva rivelato un cornicione che percorreva gran parte della sala del trono del grande sacerdote, dove poggiavano decine di scrigni metallici che contenevano tutte le sacre armature che non erano ancora state assegnate, mentre loro stessi vennero sollevati a mezz'aria da una qualche forza.

Improvvisamente, due di questi si aprirono e da esse fuoriuscirono due sagome che si scomposero con un forte rumore metallico i cui pezzi andarono a rivestire di un bagliore dorato i corpi dei due; mentre la voce del grande sacerdote diceva: - Ecco le armature delle costellazioni a cui appartenete che vi hanno riconosciuto come loro degni cavalieri guidati dalla volontà di Athena!- esclamò soddisfatto il sacerdote prima di rivolgersi a Sion:

- Le vestigia di cui sei stato ammantato sono quelle che contraddistinguono il custode della prima casa dello zodiaco, altresì detta "casa del Montone Bianco". Lode a te; Sion dell'Ariete, sacro cavaliere d'oro! - dopodichè disse a Dokho.

- Cavaliere, a te è spettata quella che è la più particolare fra le 88 armature. Le vestigia di Libra non sono infatti soltanto una eccellente difesa ma anche un'arma formidabile: In essa sono comprese le dodici armi della bilancia che sono le armi più potenti dell'universo. Esse hanno il potere di disintegrare qualsiasi cosa grazie all'enorme potenza che Athena ha infuso loro. Ricorda che possono essere usate solo in particolari situazioni che ne richiedano l'utilizzo; ma il tuo valore, com'è per tutti gli altri saint, sarà dato dal modo in cui saprai combattere servendoti del tuo cosmo. Lode a te; Dokho della Bilancia, custode della settima casa!-

I due neo-cavalieri non avevano mai visto prima una sacra armatura, ed erano a dir poco emozionati dall'evento che li aveva appena coinvolti in quello che sarebbe stato lo scopo della loro vita: servire la giustizia e proteggere la pace come sacri cavalieri d'Athena.