Capitolo 13: Vampe di Guerra

Erano stati assegnati alla difesa dell’area attorno alla Meridiana dello Zodiaco: Degos aveva spiegato loro che, data la posizione rialzata, sarebbe stato un punto possibile d’arrivo dell’offensiva nemica.

Per quel motivo i due avevano atteso, atteso percependo i cosmi di un gruppo di nemici ai piedi delle Dodici Case, percependo battaglie iniziare nei pressi dell’Arena del Santuario, ma quando altre battaglie erano scoppiate nella strada che conduceva a Rodorio, lì dove i santi di bronzo erano stati stanziati, non avevano potuto attendere oltre e così, i due allievi di Munklar del Sagittario s’erano mossi

Correvano decisi e svelti fra le rocce di Atene, mentre i cosmi dei giovani cavalieri loro compagni stavano accendendosi e spegnendosi contro un qualche nemico ignoto; non li conoscevano, erano sempre stati nella Foresta Nera, fino a qualche giorno prima, ma sapevano che stavano rischiando le loro vite senza timore.

Con questa consapevolezza in mente e con il silenzio a fargli compagnia, i due cavalieri d’argento udirono un suono acuto, quasi un grido, echeggiare nell’aria, prima di vedere un’ondata di tetra energia cosmica schiantarsi a qualche passo da loro, costringendoli a spostarsi sui lati per evitare la potenza di quel singolo colpo, che lasciò al suolo un cratere e, nello stesso, un uomo, in piedi, avvolto da nere vestigia che i due non riconobbero.

"Che cosa abbiamo qui? Due cavalieri di Atena!", esclamò divertito l’individuo, il volto segnato da parecchie e parecchie cicatrici, "Vi eravate fermati a cena e vi siete resi conto solo adesso di fare tardi per la festa?", rise divertito l’uomo.

"Come osi, invasore, chi sei?", domandò il più giovane dei due guerrieri di Atena, chiaramente ferito ad una gamba, "Duhkra del Pavone Nero, amico mio, del Sestetto Nero, discepolo di Virgo Oscuro, cavaliere d’argento Oscuro, prigioniero dell’Isola della Regina Nera, eccetera, eccetera, eccetera…pensate a qualcosa, aggiungeteci il colore nero e probabilmente ci avrò a che fare.", rise ancora l’individuo.

"Sei divertente, Ombra, e normalmente gradirei una bella chiacchierata, ma, come tu stesso intuivi, siamo in ritardo per la battaglia, quindi togliti di torno, o preparati a cadere.", minacciò il più anziano dei due cavalieri d’argento.

"Mi sei già simpatico, amico mio… come ti chiami?", chiese Duhkra, ancora immobile nel cratere, "Wolfgang dei Cani Venatici e lui è Ludwig del Centauro.", rispose quello, secco, ricevendo uno sguardo di studio da parte dell’altro.

"Le vostre vestigia non mi aiutavano affatto a capire chi foste: lui le ha davvero rovinate, mentre tu, al contrario, hai un’armatura a dir poco nuova di zecca!", esclamò ancora il Pavone Nero.

"Qui, signori miei, abbiamo un serio problema: il mio maestro richiede che voi non disturbiate il massacro dei cavalieri di bronzo, quindi non penso di potervi permettere di andare avanti.", aggiunse poco dopo, un perfido sorriso in volto, prima che il cosmo di Wolfgang brillasse attorno a lui, "Ludwig, tu continua, raggiungi gli altri, penserò io a questo buffone.", sentenziò deciso il tedesco, "Gli impedirò di fermarti.", lo rassicurò.

"Non servirà…", avvisò tranquillo Duhkra, "Sei tanto sicuro di te, cavaliere nero?", domandò di rimando Wolfgang, "Al contrario, mi rendo conto di quanto tu sia determinato, ma se ti preoccupassi di difendere il tuo amichetto, non mi concederesti tutta la tua attenzione e forza, quindi lo scontro sarebbe quanto mai noioso.", ribatté tranquillo il Pavone Nero, "Aggiungi che il Centauro, qui, è ferito, quindi non penso sarà di molto aiuto agli altri, perciò lasciarlo andare non sarà un problema, ma anzi, ti costringerà a dare il meglio di te per finirmi e soccorrerli tutti.", concluse con un sorriso furbo, lasciando esplodere il cosmo, una tetra energia che lo circondava.

"Vai pure, ragazzino del Centauro, ora mi divertirò con i Cani venatici, dì al mio maestro che lo raggiungerò dopo.", aggiunse, di nuovo sorridendo, Duhkra.

Per un istante Ludwig volse lo sguardo a Wolfgang, che gli rivolse un cenno d’assenso, quindi il cavaliere del Centauro scattò in avanti, lasciando il proprio compagno a combattere contro quello strano nemico pieno di cicatrici.

***

I cavalieri di bronzo osservavano con attenzione il mastodontico nemico che si poneva dinanzi a loro: Gwyvin, questo il nome con cui s’era presentato, era alto più di due metri, di certo, massiccio, muscoloso, con una barba rossastra sporca e mal curata che si ergeva su tutto il volto, rivolgeva ai santi di Atena un sorriso sghembo, reso ancora più brutto dalla mancanza di un paio di denti, gli occhi, asimmetrici, di un colore marrone spento, si trattenevano su ognuno dei quattro come se stessero osservando dei pasti gustosi.

I capelli, anch’essi rosso sporco, scivolavano sulle vestigia, vestigia che provocarono un brivido di orrore in Talos, poiché erano le vestigia di uno dei suoi più cari amici, come ben sapeva Darius, al fianco del Leone Minore, le vestigia del defunto Vincent di Scutum.

"Mocciosi, non sarete una sfida degna di lode, ma almeno potrò tenermi occupato uccidendovi!", rise il gigante, avanzando verso i quattro cavalieri di bronzo, che lasciarono esplodere i loro cosmi, "Se vuoi la battaglia, mostro, allora l’avrai!", lo sfidò per prima Mirea della Colomba, le piume bianche che già roteavano attorno a lei.

La giovane sacerdotessa si lanciò per prima all’attacco, "Leuké Ftera!", invocò, scatenando la pioggia di piume, cui, però, il massiccio nemico contrappose il nero scudo, bloccandole con lo stesso.

Stava quasi per ridere il gigante nemico, quando abbassò la propria arma di difesa, ma solo in quel momento si rese conto che la guerriera della Colomba non era più dinanzi a lui ed un violento calcio ascendente lo colpì alla spalla sinistra, prima ancora che potesse chiedersi dove l’altra s’era spostata.

L’impatto non ebbe l’effetto sperato da Mirea: Gwyvin non si spostò di un passo, mentre lei, per il contraccolpo, arrancò malamente verso il suolo, atterrando su tutti e quattro gli arti, lasciandosi scoperta ad un violento calcio dello Scudo Nero, che la colpì alla base del collo, lanciandola indietro, verso i suoi compagni, dove cadde, mentre un respiro affannoso usciva a malapena da sotto la maschera di bronzo.

"Bella strategia, mocciosa, ma sei troppo debole per me! Nessun altro che vuole farsi avanti?", domandò divertito il gigante nemico, squadrando i restanti tre cavalieri della casta minore.

"Costui è forte…", osservò Talos del Leone Minore, "Cavaliere della Lince, mi sarai al fianco in questo attacco?", chiese ancora, rivolgendosi a Darius, poco lontano da lui, il quale fece un cenno affermativo con il capo, "Lasciate che anch’io vi aiuti.", suggerì allora una voce alle loro spalle, quella di Ayra della Chioma di Berenice, avvicinatasi a Mirea per controllarne le condizioni.

"Sì, forza, fatevi avanti tutti e tre assieme!", li spronò il mastodontico nero invasore, con il suo orrido sorriso, "Anzi, permettetemi di darvi un incentivo!", aggiunse, espandendo il cosmo, che si manifestò dallo scudo come un’ondata di furente energia, strali di luce oscura, che volarono con precisione e rapidità contro Talos ed i suoi compagni, fu però la prontezza di Darius a sollevare una barriera d’energia cosmica intorno a tutti loro, contenendo l’assalto nemico.

"Complimenti, cavaliere, ottima tecnica, mi riporti alla memoria ricordi di prima della mia prigionia, devo ammettere!", esordì divertito Gwyvin, "Ma non basterà!", aggiunse, prima che, circondato per intero dal proprio cosmo abbagliante e malefico, il guerriero nero si scagliasse contro la barriera, distruggendola in una pioggia di frammenti di luce ed investendo in pieno addome il santo della Lince, che fu scagliato indietro di diversi metri, affondando nella parete rocciosa alle loro spalle.

"Darius!", urlò subito il cavaliere del Leone Minore, "Ecco il prossimo!", rise divertito il nero nemico, sferrando un violento gancio destro all’addome del discepolo di Menisteo, piegandolo sulle ginocchia, senza più fiato, con il capo chino verso il terreno.

"Dove guardi, ragazzo?", chiese prontamente il mostruoso avversario, sferrando una violenta sberla con il piatto del nero scudo contro la nuca di Talos, sbattendolo definitivamente al suolo, "Resta così!", urlò ancora, ghignando divertito il guerriero oscuro, schiantando un fascio d’energia sul corpo ferito del cavaliere al suolo, prima che una serie di fili di puro cosmo si avvolgessero al suo corpo, cercando di catturarlo.

"Tekercselés Haj!", affermava, proprio in quel momento, la voce di Ayra, intrappolando il nemico nella chioma di pura energia.

"La stretta di una fanciulla, da quanto tempo non ne godo i piaceri? Eppure ricordavo più morbido il tocco di capelli sinuosi!", la schernì il nero gigante, lasciando esplodere dallo scudo un’ondata d’energia che invase l’emanazione cosmica di Ayra, producendo su di lei urla di profondo dolore, piegandola in ginocchio, "Lascia la presa, ragazza, o il potere insito nel mio scudo ti distruggerà!", avvisò beffardo Gwyvin, iniziando a muoversi, malgrado la stretta presa.

Urla di dolore continuarono ad espandersi dalla maschera della sacerdotessa di Berenice, mentre risa provenivano dal volto deforme del gigantesco nemico, prima che due cosmi esplodessero di nuovo sul campo di battaglia, "Fortis Talon!", invocò una voce ai piedi dello Scudo Nero, "Leuké Ftera!", aggiunse una seconda, di fianco alla sacerdotessa sofferente ed i due colpi assieme riuscirono a spingere indietro l’Ombra malefica, che si ritrovò ad indietreggiare di alcuni passi prima di fermarsi ed osservare di nuovo il cavaliere del Leone Minore in piedi, seppur con il viso vistosamente sanguinante per la nuova ferita e le due sacerdotesse sorreggersi a vicenda.

Un ghigno sul viso illeso del nero gigante s’iniziò a dipingere, prima che, in un bagliore luminoso, anche il quarto cavaliere di bronzo si rifacesse avanti, affiancandosi ai suoi parigrado.

"Sarete una soddisfazione maggiore dello sterminio dei guerrieri di Bronzo Nero, questo è sicuro.", rise soddisfatto Gwyvin, "Lo sterminio dei guerrieri di Bronzo Nero?", ripeté perplessa la voce di Mirea, "Sì, sacerdotessa, ci è stato ordinato alcuni giorni fa, dai Dodici d’Oro Nero ed, assieme ai Due Negromanti, al Centauro Oscuro ed a pochi altri, guidati da Carena Nera, abbiamo massacrato quasi tutti e quarantotto quei moscerini! Mi sono divertito non poco, era una vita che non partecipavo ad un massacro del genere!", aggiunse con orgoglio il gigante.

"Mostro!", lo accusò prontamente Ayra, "Perché? Perché amo la guerra? Perché mi arde dentro come un fuoco incontrollabile e mi permette di plasmare la vita secondo i miei piaceri ed obiettivi? No, questo non fa di me un mostro, ma uno dei pochi uomini realmente onesti con se stessi che ci siano a questo mondo!", ribatté deciso quello.

"E non hai mai pensato a come la tua libertà si regga sulla morte di chiunque tu voglia uccidere?", domandò pacatamente Darius, "Pelatino, questa è la legge della giungla, che tutte le bestie seguono e gli uomini, essendo bestie, non possono sottrarsi a queste leggi!", rispose indispettito quello, "Guarda la defunta Sagitta Nera qui!", aggiunse Gwyvin, vicino al corpo di Ippolita, "Ha ucciso per evitare che il più forte facesse del male al più debole e cosa ne ha ottenuto? Di vivere in una gabbia con gli altri che assieme a lei avevano cercato di spezzare questa legge naturale del mondo!", spiegò, sferrando un calcio al cadavere senza vita.

"Maledetto!", ruggì Mirea, espandendo il cosmo e scatenando ancora una volta la furia delle Candide Piume che le erano proprie.

"Insieme, cavalieri!", li spronò allora il santo della Lince, liberando la potenza del Morsus Lucis, subito seguito dal Fortis Talon del Leone Minore, mentre già Ayra invocava la sua Eske a Berenice, unendo la pioggia di ricci energetici alla furia delle fiere cosmiche, che si andarono a combinare allo stormo di bianche piume.

"Un attacco degno di essere respinto, finalmente!", esclamò soddisfatto Gwyvin, sollevando il massiccio scudo oscuro e lasciando che brillasse d’energia, "Polemou Aspida, rifulgi di furore!", imperò, mentre tutti gli attacchi nemici andavano a scontrarsi con la massiccia difesa del guerriero nero.

Il gigantesco nemico tenne lo scudo sollevato per alcuni secondi interminabili, prima che tutta l’energia sullo stesso si spegnesse per poi esplodere in un’ondata che, violenta ed ampia, travolse i quattro cavalieri di bronzo, rigettandoli al suolo, le vestigia sempre più rovinate ed il corpo coperto da un maggior numero di ferite.

"Mi sbagliavo…", commentò pacato Gwyvin, guardando giovani santi al suolo, "Non siete poi così potenti rispetto alle vostre nere ombre… Stevron, Jeyne, Joseth, erano poco migliori di voi, di chi indossava le vestigia di Berenice oscura non so molto, credo che la sua vita sia stata presa da chi ci guidò al massacro di quelle pecorelle nere.", aggiunse divertito, fermandosi proprio davanti ad Ayra, che ancora si agitava al suolo, e subito affondò il bordo dello scudo, ricolmo d’energia cosmica, nel fianco della fanciulla, lasciando che dalle labbra di lei esplodesse un urlo di dolore, "Posso recuperare su questa mancanza di una Berenice fra le mie vittime, però!", fu l’unico commento del gigantesco nemico.

"Lasciala stare, maledetto!", urlò una voce dalle muraglie di roccia, prima che una sagoma, avvolta in un cosmo infuocato piombasse sul campo di battaglia, scalciando indietro il nero gigante di qualche passo e fermandosi proprio fra lui ed i cavalieri feriti.

Ludwig del Centauro era arrivato sul campo di battaglia.

***

Quando apparve sull’Isola della Regina Nera, alle parole di Temujin, Chi Yu apparve quanto mai soddisfatto, ma la sua soddisfazione scomparve quando vide che niente era stato ancora messo in moto, "Che cosa vi ha fatto rallentare tanto?", chiese subito il Cinese, ricevendo solo uno sguardo da parte dell’altro, che gli indicò una piana poco distante, una piana dove si trovava numerose fosse e dove altri corpi erano ancora in piedi, corpi ricoperti da vestigia nere, che avevano circondato l’uomo con l’armatura di Gemini Oscuri.

"Non li avevamo eliminati quei pezzenti? Decine di cadaveri sono stati offerti alle fornaci dello Slavo per arricchire il potere che già le vestigia dei culti di tutto il mondo e delle divinità imprigionate avevano saputo darci… o mi sbaglio?", domandò sbalordito colui che indossava le vestigia di Libra Oscura.

"Sembrerebbe che i guerrieri d’argento nero siano stati un po’ sciatti nel loro lavoro di massacro: almeno una dozzina di queste ombre di bronzo era sopravvissuta, per quanto ormai ne perdurino solo cinque.", spiegò Temujin, volgendo lo sguardo verso il campo di battaglia improvvisato.

"Cinque su Dodici? Giano deve essere d’ottimo umore, o di pessimo…", rise divertito Chi Yu, prima di voltarsi verso la propria discepola, che fin lì era stata trasportata assieme a lui.

"Yan Luo, ti ordinerei di eliminare quei cinque pezzenti, ma mi hai già dato abbastanza dispiaceri per un giorno solo, quindi direi che puoi andare nel luogo preposto per riunire tutti i guerrieri d’argento nero sopravvissuto.", sentenziò pacatamente il Cinese, volgendosi verso Temujin, prima che l’altra, nel medesimo silenzio che la contraddistingueva, scomparisse da quell’Isola Prigione.

Rimasti soli, i due si diressero verso il campo di battaglia, dove Giano, con un semplice movimento della mano sinistra, aveva appena spazzato via la vita dal corpo di altri due dei guerrieri neri, assieme a buona parte delle loro vestigia.

"Titos dell’Orologio Oscuro e Sandor della Fornace Nera, poveri sfortunati!", rise di gusto Chi Yu, "Pensare che facevano parte dei Black Four di questa generazione assieme agli ancora vivi, da ciò che vedo, Caio dell’Orsa Maggiore Nera e Flemeth del Delfino Oscuro…", commentò pacatamente il Cinese, prima che il suo sguardo si spostasse sull’ultimo ancora vivo dei guerrieri di bronzo nero, "Questo spiega molte cose… Olyvar della Fenice Oscura, l’autoproclamatosi Immortale Nero.", esclamò riconoscendo l’ultima delle tre figure sporche di sangue e visibilmente stanche, "Eliminarvi sarà un gioco da bambini.", rise divertito il Cinese.

"Non così in fretta, vile!", ammonì allora una voce, proveniente dalla medesima direzione in cui una piccola casa si trovava, una voce che ben presto prese le forme di due figure mascherate che si posizionarono dal lato opposto rispetto ai tre guerrieri di bronzo nero.

Erano un giovane dai corti capelli castano pallido, il fisico abbronzato e muscoloso, segnato da alcune cicatrici, una casacca verde e rossa da addestramento che ne copriva gambe, cinta e parte del petto, lasciando visibili le braccia, mentre una maschera piuttosto particolare celava il suo volto.

Al fianco dell’uomo, una sacerdotessa guerriero, poiché la maschera di bronzo di lei lasciava chiaramente intuire la sua natura di seguace di Atena, i corti capelli biondi che appena scendevano dall’elmo che, come tutto il resto dell’armatura, richiamava perfettamente le forme di quella di Olyvar, seppur non fosse nera come la notte.

"L’ultimo guardiano, Kaal, e la sua dolce metà, Diana, la Fenice Immortale… ora siamo al completo!", osservò pacatamente Chi Yu, volgendosi poi verso la maschera amorfa di Giano, da cui ben presto arrivarono le parole di quello: "Non necessitiamo di nessuno di questi individui, solo della maschera intrisa del potere delle divinità ci interessa, il resto può sparire.", ma prima che il cosmo immane di chi comandava gli Homines s’espandesse, Temujin lo fermò con un cenno della mano, "Ce ne occuperemo noi di questi rimasugli, dobbiamo legarci ai rituali in atto nei vari santuari, le divinità di Grecia e non solo devo cadere oggi, quindi dobbiamo sbrigarci.", sentenziò deciso l’uomo dagli occhi dorati, prima di volgersi verso Chi Yu, "A te la fanciulla dall’armatura di bronzo, so che hai una predisposizione per ucciderli, io eliminerò questi tre vermi che strisciano fra le tenebre.", ordinò deciso, volgendosi verso i tre guerrieri neri.

***

Il massiccio Gwyvin dello Scudo Oscuro osservava il giovane che gli si era parato davanti, dopo averlo sorpreso con un calcio incandescente, un giovane dalle vestigia ridotte ai minimi termini, il cui corpo era segnato da passate battaglia, un ostacolo da poco, così lo catalogò il nero invasore.

"Chi sei, ragazzino mezzo morto?", domandò il gigante, "Ludwig del Centauro, cavaliere di Atena e discepolo di Munklar del Sagittario!", rispose prontamente quello ricevendo una risata divertita dal nemico.

"Quelle sono le vestigia del Centauro? Devono aver visto giorni migliori, non assomigliano minimamente a quelle di Nesso, che pure non si cura particolarmente della loro interezza!", rise divertito il gigante, "In ogni caso, al contrario di queste pulci, almeno tu sei allievo di un cavaliere d’oro, come me, che dalla guerriera dei Pesci Oscuri fui guidato verso il principio del mio costante desiderio di sangue!", lo schernì ancora, lasciando brillare il proprio cosmo malefico, "Desiderio che mi aiuterete ad appagare, tutti voi!", li avvisò, pronto alla battaglia.

"Un desiderio che piuttosto soffocheremo assieme alla tua stessa vita, gigante!", ribatté deciso il giovane austriaco, partendo alla carica, malgrado il costante dolore che sentiva alla gamba ferita, quando già spiccava un salto in direzione dell’avversario, "Galopp des Rigil!", urlò Ludwig, scatenando la pioggia di calci incandescenti, che trovarono, però, il nero scudo nemico sulla loro strada.

Il guerriero oscuro, però, non rimase sulla difensiva, bensì sollevato con attenzione lo scudo, già lasciò che l’energia fluisse lungo lo stesso, iniziando una carica frontale verso il cavaliere di Atena, intento nell’atterraggio.

"Sei lento, mezzo morto!", imperò, prima che la sua mastodontica sagoma scura piovesse addosso a Ludwig che, preso quasi alla sprovvista, ebbe appena il tempo di sollevare le braccia ed espandere leggermente il proprio cosmo, venendo però sospinto indietro, mentre un tetro rumore di ossa rotte echeggiava lungo l’arto sinistro.

Riuscì a fermarsi, seppur malamente, Ludwig, cercando di nascondere una smorfia di dolore, "Hai ottime capacità di difesa ed attacco, guerriero nero, ma non sono sopravvissuto agli scontri con le Fiere d’Africa per essere abbattuto dall’Ombra di Vincent, di cui, con la tua sola presenza, offendi la memoria.", avvisò deciso il cavaliere d’argento, lasciando bruciare il proprio cosmo.

"Di molte cose sono l’Ombra, mezzo morto, ma non di questo Vincent! Anzi, se costui è già caduto in battaglia, forse dovrei essere io offeso nel paragone!", ammonì deciso il nero nemico, espandendo il cosmo lucente lungo lo scudo, "Poiché in guerra solo il forte sopravvive e come può l’Ombra essere più debole dell’originale? Forse dovrei chiedere di costui le vestigia per me!", vaneggiò ancora il mastodontico nemico, "Ma sarebbe un’offesa per chi ero un tempo ridurmi a vestire un’armatura d’argento! No, io che in una vita passata affrontai ben tre cavalieri d’oro, non posso finire così in basso!", concluse deciso.

"Tre cavalieri d’oro? Di cosa vai parlando, guerriero nero? Nessuno potrebbe mai sopravvivere a così tante battaglie contro guerrieri di tale risma! Non sopravvalutarti!", lo minacciò Ludwig, espandendo il caldo cosmo, "Piuttosto preparati a cadere!", aggiunse, mentre, facendo leva sulla gamba meno danneggiata, condensava il caldo cosmo nell’altra, ben consapevole che, a lungo andare, lo scontro non sarebbe mai potuto essere a suo vantaggio, date le ferite riportate nelle passate battaglie in Polinesia e non ancora curate al meglio.

"Aufflackern des Marfikent!", urlò il cavaliere d’argento, liberando il globo energetico di puro calore che scagliò con precisione millimetrica contro il massiccio nemico che, con un ghigno, fu comunque lesto nell’espandere il proprio cosmo e lasciarlo rifulgere attraverso il nero scudo: "Polemou Aspida!", tuonò Gwyvin, espandendo l’energia attraverso l’arma da difesa, che subì in pieno l’incandescente potere del Centauro.

Per alcuni, interminabili, secondi, le due energie parvero in perfetto equilibrio, poi, come già era successo ai poteri dei quattro cavalieri di bronzo congiunti, il caldo assalto di Ludwig fu assorbito dal vasto e luminoso cosmo del nemico, che subito, in una fragorosa risata, rimandò contro il cavaliere d’argento il globo d’energia, schiantando Ludwig diversi metri più indietro, ustionato e con il poco che restava delle vestigia ormai distrutto quasi del tutto.

"Costui ha un potere incredibile…", bisbigliò a quella vista Talos del Leone Minore, rialzandosi in piedi, mentre già anche gli altri giovani santi di bronzo lo seguivano.

"Vero, ragazzino, il mio potere è incredibile, poiché proviene dal Mito stesso, come la mia coscienza!", ribatté prontamente il nero avversario, "Grazie alla mia insegnante, la guerriera dei Pesci Neri, ho ottenuto memoria delle mie vite passate e, su tutte, di quella in cui fui causa scatenante della primigenia guerra fra Atena ed Ares!", rise divertito il mastodontico nemico.

"Di cosa vai parlando, pazzo?", domandò sbalordita Mirea, che sosteneva Ayra, la cui meno era sul fianco ferito, "Parlo di ciò di cui, da Omero in poi, molti cantarono e scrissero: la Guerra presso le mura dell’antica città di Ilio! Fui io a scatenarla! Paride, principe di Troia e custode dello Scudo di Ares!", esclamò ebro di gioia l’uomo orribile in viso.

"Paride, un seguace di Ares?", ripeté sconvolto Talos, "Sì, giovani cavalieri, dimenticate le storie dei musici, la verità è ben più crudele!

Atena, dea della Giustizia, aveva preso forma umana, dopo aver combattuto nel suo corpo originale la guerra di Atlantide, una generazione prima. In quel periodo veniva chiamata Alena, colei che poi, le storie, chiamarono Elena.

Fui io a rapirla, con l’aiuto delle tenebre e dei figli prediletti di Ares, Deimos e Phobos, dalla città di Sparta, dove era in visita, assieme al più fedele dei suoi cavalieri d’oro, il fratello minore dell’allora Sommo Sacerdote: Menelao di Cancer.

Io ero Paride, custode dello Scudo della Guerra ed uno dei quattro Comandanti di quelli che voi chiamate i Berseker di Ares! Mio padre, Priamo, con la Spada di Ares, ci guidava ed i miei fratelli Ettore, armato della Lancia, e Deifobo, custode della Scure, erano gli altri comandanti dell’esercito.

Ero io, però, il prediletto del Signore della Guerra, poiché contemplavo ed adoravo quanto lui la distruzione e la bellezza che dalla vampa furiosa della pugna proveniva! Per questo il possente Ares mi sussurrò di attaccare Sparta e rapire la dea, che ancora non aveva ottenuto la sua ancestrale coscienza!

Quante battaglie che vissi allora! Contro Menelao, dinanzi alle porte che Enio difendeva per noi di Ilio, porte che solo la scaltrezza di Ulisse della Bilancia, assieme alla sfacciata fortuna di alcuni insulsi guerrieri di bronzo come voi, quelli di Pegaso, del Cavallino e dell’Unicorno, poterono aprire.

Uccisi io Achille del Leone, dopo che egli aveva vendicato la morte di Patroclo di Scorpio per mano di mio fratello Ettore, ma fui poi a mia volta sconfitto ed ucciso da Filottete del Sagittario!", lamentò all’ultimo il gigante, volgendo lo sguardo verso Ludwig che stava rialzandosi, "E proprio per questo tu, che del Sagittario di quest’epoca sei allievo, ora cadrai, senza poter salvare questi moscerini che sei giunto ad aiutare!", lo avvisò deciso il nero guerriero.

"Sei potente, ma ancora di più folle, se credi davvero di essere un uomo il cui nome risveglia il Mito, nella mente delle genti!", lo ammonì Ludwig, affiancandosi ai cavalieri di bronzo, "E di certo non lascerò che questa pazzia continui a perdurare sulla terra!", avvisò, ricevendo un cenno d’assenso da tutti i giovani guerrieri attorno a lui.

"Non a te spetta la scelta, ragazzino mezzo morto, ma a me, che dei Pesci Oscuri sono il più potente discepolo!", ribatté irritato Gwyvin, scattando avanti e scomparendo per qualche istante alla vista dei cinque guerrieri, per poi riapparire dinanzi a Mirea ed Ayra.

"Non come Luxa, che alle Cinque Bestie s’era unito, cercando banalmente di imitare ciò che un tempo possedeva, similmente alle sue fiamme nere, vago retaggio delle vite che aveva passato!", esordì portando con violenza indietro i pugni ed investendo con due diretti, paralleli fra loro, le sacerdotesse guerriere allo stomaco, rilasciando la violenta energia cosmica di cui li stessi erano stati bardati, sollevandole in cielo, prima che ricadessero malamente al suolo, distanziate da diversi metri di dura roccia.

"Maledetto!", urlò prontamente Talos, scattando all’attacco, ma trovando lo scudo nero ad attenderlo e bloccarlo; "Non come quel patetico idiota di Frinn, che sognava del suo passato, essendo insignificante il suo presente, vivo cercando di utilizzare armi che non sono più mie!", aggiunse, mentre il cosmo circondava tutto il suo corpo, mutando la posizione di difesa in cui si trovava in una carica d’attacco, che schiantò parte delle vestigia del Leone Minore, o di ciò che ne restava, sprofondando il giovane cavaliere nella dura roccia con tutto il peso del corpo del nero guerriero.

Subito dopo, ancora Gwyvin si mosse, balzando in alto, fra Ludwig e Darius, "E nemmeno come Viktor, che paragonando l’imperfetto presente in cui la gloria dei nostri miti è ben poca cosa, cercava di sfuggire del tutto il potere che un tempo era stato suo, non riuscendo a ghermirlo a pieno fra le proprie mani!", continuò, schiantandosi con violenza fra i due consacrati di Atena e sollevando ondate di pura energia che sbalzarono indietro ambo i nemici, che si trovarono a rotolare feriti al suolo per diversi metri.

"Io, Gwyvin dello Scudo Oscuro, sono più di tutti loro, sono colui che ha saputo ricordare, prendere, e rendere perfettamente con i suoi scarsi mezzi, un potere che proveniva dal Mito, il potere di Paride e dello Scudo di Ares, signore della Guerra!", esclamò, unico ancora in piedi, prima di volgere lo sguardo verso Virgo Nero, seduto al suolo, e la sua discepola in piedi di fianco, e ghignare soddisfatto.

"Ora, cavalieri, di questo ancestrale potere, assaggiate la forma massima! Eleuse Polemou!", imperò, sollevando lo scudo al cielo.

Il possente cosmo del nero gigante si liberò dall’arma, ascendendo al cielo come una vampata di fiamme di pura luce nera, che, salite verso il cielo, presero la forma di meteore di tenebre luminose, schiantandosi dovunque attorno al guerriero oscuro, così come, poco prima, avevano fatto i fulmini di Ippolita, investendo con interminabile violenza i cinque cavalieri al suolo, mentre una tetra barriera d’energia proteggeva Haoma e la sua discepola.

Quando la furia di quel possente attacco fu quietata, rimase solo il silenzio.

Nel silenzio, la risata soddisfatta di Gwyvin echeggiò, prima che si volgesse agli altri guerrieri neri lì presenti: "Dunque, possente Haoma, che ne pensate? Sono, o no, pronto per ottenere un’armatura d’oro nero? Sento già il cosmo di Ashur abbandonarci, sembra che un posto per me si sia appena liberato!", esclamò con tono orgoglioso il possessore dello Scudo Nero, ricevendo uno sguardo di sfida da Tolué, di fianco al suo maestro.

"Oseresti innalzarti oltre noi Quattro? Vorresti raggiungere le vette che spettano solo al maestro Haoma ed ai suoi pari?", domandò con disappunto la guerriera oscura, "Osare? Lo riterrei più che giusto! Secondo te, perché non mi sono mai associato con nessuno dei nostri pari? Perché non li ritenevo degni di immischiarmi con loro! Negromanti, Bestie, Sorellanze e Sestetti! Puff! Tutti gruppi di piccoli uomini intimoriti dalla caotica natura dell’Isola Prigione, troppo deboli per sperare di spiccare nella massa, ma abbastanza furbi per pensare che, stando in un gruppo, nessuno li avrebbe osati minacciare.", derise soddisfatto il nero guerriero, "Anche voi, Vela, Carena, Poppa e Bussola… cosa siete di così speciale? Niente! Ammetto che tu sei forse la più potente dei discepoli di Haoma, che Akab è il più abile degli allievi di Luis, che Omega è proprio ciò che il suo soprannome lascia immaginare, ma Syrin? Trucchi da circo sono i suoi!", aggiunse ancora.

"Ti zittirò qui, adesso, ricordandoti quale posto ti spetta!", lo minacciò prontamente Tolué, ma bastò un cenno di Virgo Oscuro perché l’altra si fermasse: "La battaglia di Gwyvin non è ancora finita, aspettane l’esito prima di attaccarlo.", sentenziò pacatamente il guerriero d’oro nero, prima che anche il gigante si voltasse per notare che i cinque cavalieri attorno a lui si stavano rialzandosi, tutti feriti e stremati, ma di nuovo in piedi.

"Ancora vivi? I miei complimenti, mocciosi, siete testardi e valorosi come veri guerrieri di Atena, ma al pari di tutti i vostri simili, siete destinati a morire! E potete credermi: fin dai tempi del Mito ero abbastanza bravo a farlo!", rise ancora il nero guerriero, scaricando un’ondata d’energia nel terreno attraverso lo scudo oscuro, che scosse tutti e cinque i santi di Atene, costringendo in ginocchio Ayra e Talos.

"Ecco i primi a cadere!", ululò gioioso Gwyvin, caricando ancora una volta verso il giovane cavaliere del Leone Minore con lo scudo dinanzi a se: "Fortis Talon!", ribatté deciso il santo di bronzo, con le mani al suolo, lasciando che la pioggia di lapilli raggiungesse da sotto i piedi il guerriero nero che, sorpreso ed impreparato, fu sbalzato lateralmente, rotolando al suolo, prima di rialzarsi per la prima volta realmente ferito, seppur in modo ben superficiale.

"Troppo hai osato, mostro, sferrando ancora ed ancora quella tua carica contro di noi! Anche al più stolto degli uomini vengono in mente delle strategie quando si vede davanti sempre il medesimo attacco.", avvisò con tono affaticato l’allievo di Menisteo.

"E noi siamo tutt’altro che stolti!", aggiunse la voce di Ludwig da sopra il nemico, prima di esclamare: "Kreis des Agena!".

Un anello di fuoco si generò attorno al nero guerriero, circondandolo da ogni parte, impedendogli, parzialmente, anche di vedere i cavalieri attorno a lui, "Tutto inutile! Il mio cosmo può spazzare via questo vostro patetico potere!", avvisò sicuro di se il gigante malefico, prima di avvertire qualcosa che gli bloccava i movimenti delle gambe, dei fili energetici, gli stessi che la sacerdotessa di Berenice già aveva avvolto su di lui, "Nemmeno questo servirà!", urlò ancora, trovandosi però bloccato dalla vita in giù, libero di usare lo scudo, ma non di voltarsi.

"Sai come possono cinque cacciatori stanchi catturare un toro furioso?", domandò, da oltre le fiamme, il cavaliere del Centauro, "Impedendogli di attaccare!", avvisò il santo d’argento, mentre già una sfolgorante luce brillava alle spalle del nero nemico, allungando la sua ombra.

"Elvashak, sconfiggi il nemico!", invocò Darius della Lince, scatenando il possente assalto energetico, che investì la spalliera destra e parte della copertura della schiena del guerriero oscuro, distruggendole e provocando una ferita al corpo del gigante.

Un ruggito di rabbia proruppe dalle labbra dello stesso, che sollevò lo scudo sopra il capo, "Dici che il modo migliore per fermare un toro è impedirgli di attaccare? Può darsi, cavaliere, ma hai forse dimenticato che le mie doti offensive, grazie a questo scudo nero, non richiedo il contatto diretto per uccidervi tutti?", domandò di rimando Gwyvin, "Hai forse dimenticato che possiedo questo potere? Eleuse Polemou!", urlò deciso ancora, scatenando un’altra pioggia di nere meteore di luce contro i cinque avversari.

"Ora!", urlò la voce di Darius, mentre già il cerchio di fuoco che aveva circondato lo Scudo Nero si espandeva, diventando una cupola, perforata al centro, che contenne in parte la potenza del devastante attacco, prima che due voci echeggiassero ancora: "Leuké Ftera!", esclamava Mirea, "Morsus Lucis!", aggiungeva proprio il cavaliere della Lince, unendo il proprio attacco a quello della sacerdotessa guerriero, così da rafforzare il Cerchio della stella Agena, creato da Ludwig, disperdendo del tutto la furia guerriera scatenata da Gwyvin.

E proprio il gigante nero fu, al qual tempo, soggetto ad un altro attacco: il braccio sinistro, infatti, ancora intento nel sostenere l’assalto scaturito dallo scudo, si ritrovò bloccato, fino alla spalla ed al collo, dai capelli d’energia di Ayra, mentre una sagoma, avvolta in un cosmo simile alla dura roccia, già si faceva avanti contro di lui.

"Impetum Leonis Minoris!", urlava già Talos, investendo in pieno il guerriero oscuro, senza provocare eccessivi danni alle vestigia di questi, ma, nella forza dello schianto, storcendo in modo innaturale il braccio mancino, fino a spezzarlo e lasciare che scivolasse poi di fianco al corpo del gigante, incapace di sostenere ancora lo scudo oscuro.

"Maledetti vigliacchi!", ringhiò il nero nemico, con l’arma che strisciava sul terreno, mentre lui li osservava tutti con una smorfia di dolore dipinta sul volto, "In cinque e con l’inganno per avere ragione abbastanza da ferirmi!", li accusò con rabbia.

"Ricordi quando ti dissi come si poteva cacciare un toro? Mentivo! Il modo migliore è spezzargli le corna, poi, con tutta la forza che ha in corpo, se controllato, il toro non sarà più così pericoloso, per quanto furente ed ancora massiccio. E tu, gigante che si crede Paride, non sei poi così dissimile da un toro senza corna, adesso: lo scudo era la tua forza! In esso rifulgeva il cosmo di cui eri padrone, con quello sapevi controllare ed assorbire il potere degli attacchi avversari e rimandarlo indietro.", spiegò con voce affaticata Ludwig, "Non so se tu sia davvero la reincarnazione dell’uomo che scatenò la Guerra di Troia, o se davvero fu combattuta fra l’esercito di Ares e quello di Atena, come tu hai raccontato, ma di certo il tuo potere proviene dall’uso che fai di quella tua arma… al contrario di Vincent, che cercava di avere virtù anche esterne all’uso del suo, di scudo, tu sei legato indissolubilmente al potere dello stesso e per questo, oggi, cadrai!", concluse il santo del Centauro, espandendo il proprio cosmo.

"Cadere? Sono l’ultimo araldo della Guerra su questa terra, come potrei cadere per le semplici azioni di un gruppetto di mocciosi quali siete voi? Ho affrontato cavalieri d’oro nel tempo del Mito, ho combattuto su decine di campi di battaglia finché non fui segregato sull’Isola della Regina Nera, so sopportare il dolore di un braccio spezzato, quindi forza, attaccate, vi mostrerò chi oggi deve cadere!", ruggì infastidito il gigantesco nemico, mentre, con una smorfia di dolore, utilizzava il braccio destro per portare il mancino con lo scudo dinanzi a se.

"Per Vincent, Menisteo ed Hans, per onorare chi finora si è sacrificato per noi! Fortis Talon!", urlò il cavaliere del Leone Minore.

"In nome di Atena: Leuké Ftera!", continuò la sacerdotessa della Colomba.

"Per la giustizia, risplendi, Elvashak!", aggiunse il santo della Lince.

"Esku a Berenice! Che il giuramento si avveri, che la sacra Atene sia difesa!", pregò la giovane guerriera della Chioma di Berenice.

"Aufflackern des Marfikent!", concluse con decisione il Centauro, liberando la possente energia incandescente di cui era padrone.

Assieme i cinque attacchi caricarono contro la difesa del loro nemico, "Polemou Aspida! Che tutti voi possiate spirare dinanzi alla virtù di cui sono padrone!", imperò allora lo Scudo Nero, subendo sulle proprie difese l’assalto combinato.

Le bianche piume, il Vigoroso Artiglio, i riccioli d’energia, la brillante stella della Lince, l’abbagliante globo del Centauro spinsero con decisione contro il massiccio scudo del guerriero nero, urla proruppero da ambo i fronti, echeggiando in quel percorso roccioso diventato scenario per due inimmaginabili battaglie fra la forza ed efferatezza di spietati invasori e la determinazione ed il coraggio di sfiancati difensori.

Quando già un sorriso lieto si stava dipingendo sul volto di Gwyvin, una lingua d’energia infuocata lo colpì alla mano destra: fu solo un attimo, una lieve frustata di calore, ma sufficiente perché le dita del nero mastodonte abbandonassero la presa, lasciando il braccio sinistro a sostenere da solo il massiccio scudo e la possente forza di cinque guerrieri che contro lo stesso stava spingendo, una forza troppo grande perché i muscoli e le ossa sofferenti dell’altro potessero niente.

Con un innaturale movimento, il braccio sinistro si piegò, lasciando che le cinque forze riunite investissero le vestigia ed il corpo celate dallo scudo, distruggendo le prime e dilaniando a tal punto il secondo da mozzare di netto il braccio stesso dal tronco di Gwyvin, che cadde al suolo, rotolando fino ai piedi di Tolué e Haoma, mentre una scia di sangue indicava il percorso che quel corpo malmenato aveva compiuto.

Cercò invano di alzarsi il massiccio nemico, scivolando nella linfa che copiosa perdeva, "Così deve cadere il grande Paride? Abbattuto da un gruppo di disperati?", balbettò allo stremo delle forze, prima di cadere per l’ultima volta al suolo, senza più agitarsi oltre.

Sguardi lieti sfuggirono fra i cinque santi di Atena, stremati e feriti, nel vedere il nemico sconfitto, sguardi che, però, si quietarono nel sentire le battaglie tutto attorno a loro: "Maestro, Wolfgang…", bisbigliò perplesso Ludwig nel riconoscerne due, "La nobile Bao Xe, il venerabile Ascanus…", aggiunse Ayra, "E la possente Olimpia…", contò anche Mirea, "Ed il saggio Degos con loro.", concluse Talos, mentre una smorfia sorpresa e preoccupata si dipingeva anche sul volto di Darius.

"Non restate lì, immobili, a contare i cosmi dei compagni che combattono, cavalieri! La battaglia per voi non è ancora finita!", esordì allora la voce dell’ultima seguace di Haoma ancora lì presente, "Poiché come Ippolita vi aveva profetizzato: sconfitto Gwyvin, un nemico vi resta, la più terribile di tutti! Tolué, l’Intoccabile, è infine giunta a prendere le vostre vite!", minacciò la guerriera di Puppis Oscura, pronta alla battaglia.