CAPITOLO 12: OROBUROS

L'ultima volta lo aveva guardato negli occhi mentre affondava la spada a doppio taglio al centro del suo petto. Piangendo. Mentre lui sorrideva.

Poi aveva capito quanto profondo potesse essere il dolore, assoluto. Assoluto come il gelo che permeava l'undicesimo tempio, le mura bianche, il corpo senza vita del suo custode riverso ai piedi di una colonna, poco distante da quello di un giovane in nero, i capelli dello stesso colore del ghiaccio.

Tremava ancora, mentre Shion era accorso sull'altura delle stelle, il marmo candido bagnato del suo sangue.

Ora stava sorridendo anche lei.

Goccia dopo goccia

Prima ancora si erano solo sfiorati, senza quasi incontrarsi. Il loro destino perso tra le alture del Tibet. Lui troppo tardi aveva avvertito il cosmo di lei che, scambiandolo per un ladro, non aveva esitato a colpire, con precisione di un'assassina.

Dopo goccia dopo

Nell'epoca del mito lui l'aveva rapita pur di averla con sé.

Imbrogliata con parole suadenti. Sposata per promessa divina. Ricordava ancora l'ira di Demetra che aveva minacciato di mandare a morte l'umanità.

Dov'era Athena, allora? Dove la sua proverbiale saggezza ad impedire tale scempio? Per volere di Zeus Persefone era dovuta stare al suo fianco accettando tutte le notti il suo corpo, accettando la sua presenza, accettando di vivere negli inferi. Poco le importava che ne fosse la signora e tutti la trattassero col massimo rispetto. La sua carnagione rosea era diventata pallida, la sua risata spontanea un mesto sospiro.

Fino a quando, un giorno, finì per guardare lui, Hades, con occhi diversi. Come se si fosse improvvisamente risvegliata da un brutto sogno. E vide per la prima volta l'uomo innamorato, la disperata devozione, i suoi maldestri tentativi di farla felice e di occuparsi di lei. Così prese nelle mani la propria vita e decise che avrebbe amato la tenebra. Per sempre. Per tutte le vite a venire.

Goccia dopo goccia

Stava camminando veloce, almeno quanto le concedeva il suo corpo stanco e provato. Il sangue del braccio ferito dalla restrizione continuava a cadere goccia dopo goccia macchiando il pavimento di marmo immacolato del tempio. Un bruciore sordo le intorpidiva i movimenti ed i pensieri.

Chiari di fronte agli occhi della sua mente i cosmi degli dei riuniti e dei guerrieri frementi per l'imminente battaglia. Sorrise, sembravano davvero un cielo di stelle infuocate.

Arrivata al colonnato, si voltò di scatto. Una scia rossa, dietro di lei. Ma quanto sangue aveva perso? Probabilmente sarebbe morta prima di poter concludere qualcosa di utile. Le ferite sul braccio sembravano diventare sempre più profonde. Si appoggiò stancamente ad una colonna.

Ancora pochi passi e lo avrebbe rivisto.

Ironico. Probabilmente sarebbe andata a firmare la sua condanna a morte e l'unico pensiero razionale era che avrebbe rivisto l'uomo che...

Si fece forza, doveva fare in fretta, prima che le esplosioni dalle case più in bassi mietessero altre vittime.

Tutto ciò che le sue energie le concessero, però, fu di accasciarsi alla colonna più vicina stringendo gli occhi. Il mondo esplose in una colonna di luce

Dopo goccia dopo

Mu era di fronte ad una porta chiusa. Il legno elegante finemente cesellato. Una porta che lui, il cavaliere dell'Ariete, conosceva bene. Una porta attraverso la quale era passato molte volte. Una porta che in più di un'occasione era rimasta ermeticamente chiusa, escludendolo dall'ingresso in quel giardino segreto. Chiusa, come gli occhi aquamarina del suo padrone.

Ora come ora, quella porta, inesorabilmente chiusa gli aveva salvato la vita, impedendogli di correre in aiuto di Shaka della Vergine. Così alla fine ci sei riuscito...

Gli venne da sorridere, nonostante il suo cosmo pulsasse di dolore. Shaka

Non avrebbe mai più rivisto quegli occhi così profondi. Tra breve il Santuario si sarebbe trasformato in un inferno. Sarebbe stato quello il loro addio? Le sue dita solcavano il legno intagliato, liscio e freddo come le sue lacrime di cristallo.

Fino a che punto avrebbero osato, Saga e gli altri, fino a che punto per salvare la vita di Athena e restituire Persefone ad Hades? Shaka, perché non mi hai aspettato? Credi di poter sconfiggere l'esercito di Hades da solo?

Goccia dopo goccia

Una luce tenue sgusciò nella stanza adiacente, segno che il pesante portone di legno stava cedendo il passo. Il coraggio spavaldo lasciò gli occhi di Milo, solo un attimo prima.

Camus

L'avrebbe rivisto, dopo anni, avrebbe avuto di fronte a sé la sua unica fisicità e non il vivo ricordo della sua memoria.

Avrebbe potuto accarezzare ancora i suoi capelli, baciarlo o schiaffeggiarlo per aver osato morire prima di lui.

Avrebbe avuto questa unica occasione, ma il destino non avrebbe concesso nulla al cavaliere dello Scorpione poiché Camus sarebbe stato un nemico da sconfiggere.

Aprì i pugni che fino ad allora aveva tenuto saldamente chiusi, cercando di impedire alle lacrime di cadere, accorgendosi che la sua stessa Antares era saldamente conficcata nel palmo della sua mano. Non si era nemmeno preoccupato del dolore, né del sangue che ora macchiava la sua armatura.

Sorrise, amaramente sfilando l'aculeo velenoso con un mero respiro.

Camus

Di notti d'estate, stelle leggere al di là dei suoi capelli, di baci che sapevano di sale, di risate sommesse.

Perché la notte era l'unico momento in cui potevano fingere di essere normali amanti, abbandonando per poche ore il peso delle loro corazze e di quello che loro stessi erano chiamati a rappresentare.

Saga, col suo personale bagaglio di colpa e redenzione capitanava l'oscuro terzetto, la sua anima vuota come i suoi occhi, lacrime che nessuno doveva vedere.

Shura, il suo animo già tormentato da un passato di agonia recava evidenti i segni della battaglia, nel corpo come nel cuore, traditore due volte, traditore per sempre.

Milo distolse lo sguardo, serrando le ciglia al pungente fastidio delle lacrime impietose.

Camus, nemmeno lui aveva il coraggio di alzare gli occhi, nonostante la bruciante, ardente necessità.

Sapeva bene che Milo gli avrebbe letto dritto nel cuore, tuttavia non voleva che lo vedesse così, un nemico, una nuova lotta.

L'aria crepitò carica di energia quando l'ira di Aiolia esplose il suo colpo più potente che si abbatté sui tre come una tempesta di fulmini.

Clangore di metallo e grida sommesse di dolore.

Solo allora Milo si costrinse a vedere. Camus riverso al suolo, la pelle diafana, l'armatura nera e brillante come le notti d'estate ridotta in frantumi. Le labbra chiazzate di sangue, tagli e ferite sulla pelle lasciata scevra di protezione.

Fece per raggiungerlo, quando l'Aquario si rialzò, a stento, lo mise a fuoco, le iridi blu scure piene di dolore e vergogna.

Milo si avvicinò lentamente mentre intorno i cosmi dei compagni pulsavano per l'imminente scontro.

Si fermò di fronte a lui

Galaxian Explosion

Camus accennò un sorriso che gli stirò la ferita sul labbro inferiore

Starlight Extinction

Milo sorrise di rimando, portando le sue mani alle spalle di lui

Excalibur

Si baciarono in fretta, lacrime e sangue. Milo, ti prego, uccidimi...

Lightning Plasma

Disperate, le mani di Milo si serrarono intorno al suo collo, stringendo, per spegnere il dolore, la vita fasulla del suo compagno, l'agonia lenta e feroce a cui era condannato.

S'agapò...