CAPITOLO 7 - VERITA'

Il vecchio saggio, Dohko aveva avvertito i pensieri della sua dea arrivare come acqua fresca alla sua mente.

"Venerabile Rooshi..."

Un sorriso parve stirare per un attimo le sue labbra

"Dea Athena. La sua voce è un raggio di sole."

Rilassò tutti i suoi sensi per preparasi meglio alla connessione telepatica stabilita. La giovane dea era evidentemente agitata, il panico nella sua voce come punture di spilli nel suo animo.

"Temiamo che l'avvento di Hades sia vicino. Shaka...lui sembra essere davvero preoccupato da un ospite della pensione di Soichiro."

Le mani segnate dal tempo stavano tremando impercettibilmente.

"Ragiona Saori, cosa sarebbe venuto a fare Hades così vicino a te. Non è uno stupido, non rischierebbe mai così tanto. Lui è sguarnito, tu hai con te i cavalieri d'oro. O forse c'è qualcosa di diverso che mi vuoi dire?"

"Lei è tornata"

la voce di Saori rasentava l'isteria

"Il sigillo sta svanendo, Dohko..."

Il vecchio maestro sospirò

"Lasciami il tempo necessario per riordinare le idee. Domani all'alba sarò con te."

La cascata era viva; sentiva il suo cuore pulsare al di sotto del suo eterno sussurro. Il vecchio cavaliere riusciva ad avvertire la sua voce e decifrare le sue parole. Il drago addormentato stava chiamando a sé la giovane tigre.

Il cosmo di Dohko pervase la piccola pianura, potente come un sole boreale. Il suo corpo plasmato dalla stessa dea Athena si ruppe come creta asciutta ed un giovane moro con la mascella squadrata apparve al suo posto.

Alexandra si svegliò da quello che sembrava essere stato un vero e proprio incubo. Fuori il cielo era ancora buio, la luce delle stelle si rifletteva argentea nel mare, calmo e piatto.

Si alzò seduta, cercando di calmare il battito del suo cuore. L'unica sensazione che le era rimasta era ancora quello strano nodo nello stomaco ed il profumo di fiori tutto intorno a lei.

Con cautela, come se fuori dalla porta dovesse attenderla chissà quale mostruosa creatura, si avviò verso l'angolo bar della sala comune, decisa a prepararsi una tazza di buon tè. L'ipotesi di tornare a dormire decisamente evaporata. Appena il bollitore cominciò a fischiare, comparve nonna Kaede, l'espressione segnata di chi non aveva chiuso occhio.

"Oh, scusami. Ti ho forse svegliata?" ma la cara nonna si limitò a sorridere facendo un gesto generale nella direzione delle miscele di tè.

La ragazza le lasciò carta bianca e, ancora una volta, tornò a stupirsi di come le sapienti cure di Kaede riuscissero a comporre bevande così pregiate. Un aroma leggero e fiorito si diffuse per la stanza non appena le foglie secche toccarono l'acqua calda.

Una tazza azzurra di fine porcellana le venne spinta in mano. Al centro dell'acqua che stava lentamente diventando di un bel verde scuro c'era un piccolo fiore bianco, chiuso su se stesso.

Presero posto entrambe sul divanetto di vimini sotto la veranda dalla quale si poteva ammirare il mare. Le prime avvisaglie di luce verso oriente stavano tingendo il cielo di scie rosate.

"Questa bevanda è molto particolare." la sua voce le sembrava improvvisamente lontana

"Noi tutti tendiamo a proteggerci, chiusi come questo fiore" indicò con il mento la tazza "ma solo quando il fiore si dischiude possiamo apprezzare il suo vero, autentico aroma."

Alexandra notò che il piccolo fiore di gelsomino stava pian piano aprendo i suo petali

"Tu, mia cara nipote, sei preziosa come quel piccolo fiore." sorrise anche se gli occhi sottolineavano la tristezza che portava nel cuore

"Soichiro ha cercato di proteggerti. Così facendo, però, ti ha impedito di sbocciare e di vivere per quella che sei." il fiore nella tazza era completamente dischiuso

"Non so cosa ti riserverà il destino. Ricorda solo questo" I suoi occhi a mandorla scuri come la notte si fissarono in quelli di lei "Scegli con il cuore. Scegli la tua felicità. Ti voglio troppo bene per poterti parlare di giusto e di sbagliato. Scegli di essere felice."

Alexandra ristette senza dire una parola nemmeno quando Kaede decise di rientrare, i colori stavano esplodendo nel cielo dell'alba ma lei sembrava cieca a quello spettacolo.

Più rifletteva su quanto asserito da sua nonna più quel senso di disagio aumentava. Quelle parole sembrava sancissero un lungo addio.

"Pandora!"

Il grido del suo signore le esplose nella testa talmente perentorio da farla sussultare. Di corsa, si recò nella stanza del trono di fronte alla tenda grigia dalla quale traspariva l'immagine fumosa del sommo Hades. Sapeva che lui non si trovava affatto lì, ma quella presenza evanescente allo stesso momento la confortava e la spaventava. Si inginocchiò

"Mio signore..."

"Si sta svegliando. Convoca i giudici e mandali da me, questa notte." la ragazza sgranò i suoi cupi occhi violetti.

"Ma... Sommo Hades, con i cavalieri d'oro riuniti e così vicino ad Athena..."

"Non ho chiesto di discutere i miei ordini, mi sembra." la sua voce era un vortice nero.

"Ho giocato bene le mie carte, credo di aver ottenuto la fiducia necessaria perché mi segua senza discutere. I tre giudici mi assicureranno una fuga più veloce. Fai attenzione Pandora. Prepara le nostre schiere: è probabile che Athena organizzi un'incursione per riprendersi la ragazza. Non dobbiamo lasciargliela toccare...non finché è viva."

Hades interruppe il contatto di colpo lasciando il castello prima che la ragazza avesse la possibilità di ribattere.

Sospirando Padora si trascinò fino all'arpa magica. Il contatto con il freddo legno aumentava la sua capacità telepatica.

Rhadamanthys...dove sei?

La risposta del giovane arrivò subitanea seppure assonnata

Pandora? Mia signora, la ascolto

Per un secondo la ragazza avvertì un inspiegabile sollievo pervadere il suo cosmo

Hades ha richiesto la vostra presenza ed il vostro supporto. Niente battaglie, solo un rapimento. Questa notte, alla pensione.

Un brivido di eccitazione lo percorse

Ci saremo, somma Pandora...

La ragazza si torse le mani di un pallore quasi cadaverico

Ti prego Rhadamanhys, fai...fate attenzione...

Il suo tono lo fece sorridere e, prima che potesse impedirlo, il suo cosmo pulsò all'unisono con quello di lei

Non si preoccupi, somma Pandora, torneremo tutti sani e salvi.

Dohko arrivò a villa Kido lasciando una scia nel cielo come una stella cadente. Saori lo attendeva con un tè caldo sulla terrazza principale della villa, quella che dava direttamente sul mare.

"Sono felice di rivederti. Sei un faro nei momenti più bui." lui fece un sorriso sghembo che si specchiava nei suoi occhi verdi ed antichi. Nonostante l'aspetto di un giovane possente Saori sapeva che celava la saggezza del saggio Rooshi.

"Purtroppo non reco buone notizie, mia dea"

la ragazza lo fece accomodare accanto al tavolo riccamente apparecchiato

"Hades è qui per sua moglie Persephone, questo è chiaro." sorseggiò la bevanda che Saori gli porse

"La questione, semmai, è il motivo per il quale la vuole con sé arrivando ad esporsi in maniera così evidente dopo secoli di sonno"

la giovane dea stava fissando la tazza che aveva tra le mani senza vederla affatto

"Bene, il motivo è la sua armatura"

Saori lo fissò come se all'improvviso gli fosse spuntata un'ulteriore testa

"No, sommo Dohko, ricordo bene di averlo visto, durante l'ultima guerra sacra, indossare la sua armatura, ma..."

"Sforzatevi ancora un po', divina Athena, Hades indossava un'armatura incompleta. Chi brandiva la spada del potere era Persefone, che combatteva al vostro fianco."

Saori impallidì vistosamente. Le mani tremavano al punto che dovette posare in tutta fretta la tazza prima di rovesciare il suo contenuto sulla fine tovaglia di fiandra.

I ricordi della dea Athena invasero la sua memoria come un'onda di alta marea.

Persefone.

La sua precedente incarnazione aveva lunghi capelli biondi ed occhi di cielo.

Immagini sbiadite presero forma nella sua mente. Lei coperta dalla sua armatura dorata, alla sua destra Persefone brandiva la spada a doppio taglio, alla sua sinistra Poseidon, suo alleato, con i sette generali degli abissi, dietro di lei i dodici cosmi d'oro dei cavalieri più potenti, frementi per la battaglia che stava per iniziare.

L'attacco sferrato agli Specter di Hades, la spada della stessa Persefone che affondava nel petto del dio, sigillando l'armatura con il suo sangue e le sue lacrime.

Tutta la notte correndo su e giù per le dodici case, aperte, come ospedali da campo ad accogliere i feriti, cercando insieme, con i loro poteri divini, di aiutare e curare. Tutta la notte, sorde e cieche alle loro stesse ferite, al loro stesso dolore. Quante armature rimasero senza un padrone? Quante vite furono spezzate in quelle poche ore?

Ricordava il pianto che le invadeva l'anima ma che non trovava sfogo nemmeno nelle lacrime: il suo corpo umano che protestava reclamando riposo e cure.

Poseidon l'aveva portata alla tredicesima casa, innamorato come uno sposo, ignorando le sue proteste, aveva intravisto Persefone all'undicesima casa, in lacrime sul corpo del santo dell'Acquario.

Troppo stanca anche solo per consolarla, trasportata senza più forze da quelle braccia forti verso il suo tempio. L'acqua della fonte rossa per il sangue che ancora colava dalle sue ferite. Il potere eterno di Poseidon che pian piano leniva il suo dolore, gentile come le onde del mare calmo.

Ricordava di averlo amato, come dea e come donna, ricordava le sue mani su tutto il corpo, i suoi baci a cancellare le lacrime mai versate, a portare oblio al dolore.

All'improvviso un cosmo potente e terso come il cielo in primavera spegnersi di colpo e la voce concitata di Shion dall'altura delle stelle

Divina Athena, la somma Persefone è...lei si è...

Stancamente la giovane dea si era recata dove il cavaliere d'Ariete indicava e là, sull'altare principale, trafitta dalla stessa spada che aveva ucciso Hades poche ore prima, c'era Persefone, un leggero sorriso sulle sue labbra esangui.

"Perché, sommo Dohko" Saori aveva le lacrime agli occhi "Perché ha combattuto al nostro fianco...perché si è tolta la vita"

Il giovane seduto di fronte a lei sospirò sorseggiando il tè ormai tiepido, il sole colorava d'oro il mare

"Lei amava Hades, divina Athena, lo amava dai tempi del mito nonostante tutto, nonostrante lui cercasse di distruggere l'umanità, nonostante la sua fede in voi. Ha combattuto al vostro fianco, per il bene della giustizia, per gli ideali che voi le avete insegnato ad apprezzare. Tuttavia il suo giovane cuore non ha potuto sopportare il dolore, vittima e carnefice lei stessa."

Saori ristette, una mano stretta saldamente a pugno appoggiata alle labbra

"Come posso fare per impedirlo, Dohko." lo guardò dritto negli occhi, il suo cosmo rovente al di là di essi lo fece rabbrividire involontariamente.

"Chiamate a voi gli altri cavalieri. I vostri paladini sapranno consigliarvi per il meglio. Quanto a me, credo che il destino si possa piegare solo fino ad un certo punto. Ma io so di non essere obiettivo: ho vissuto per più di duecento anni, grazie a voi, tuttavia riesco a capire l'irruenza che vi muove, somma dea."

Lo congedò con un abbraccio lasciando che Tatsumi in persona lo conducesse alle proprie stanze. Il richiamo telepatico arrivò contemporaneamente ai cavalieri d'oro.

Mu avvertì una scarica di pura energia attraversargli tutto il corpo. Un richiamo da parte di Athena in persona diretto con urgenza alla sua mente. Sapeva che quella stessa voce aveva risvegliato anche gli altri cavalieri così, senza una parola si accinse ad uscire dalla stanza. Senza una ragione apparente la sua armatura lo precedette a villa Kido come un lampo d'oro.