SHUN PRESENTA:

LA SAGA DEI SANTI DI BRONZO

 

PROLOGO

 

Quando Hyoga varcò il cancello di quell’enorme villa, a Tokyo, il suo viso infantile era ancora segnato dalla recente tragedia : la nave sulla quale viaggiava insieme alla madre era affondata nei freddi abissi della Siberia.

Lui era scampato per miracolo, ma sua madre era sparita tra i flutti, senza che nessuno potesse intervenire.

Nei limpidi occhi azzurri del bambino, immensamente tristi, sembrava ancora riflesso quel terribile episodio a cui aveva assistito impotente e disperato.

Ma la donna neanche quando si era vista perduta aveva pensato a se stessa.

Doveva infondere il suo infinito coraggio in quella piccola creatura bionda ; l’unica cosa che la tormentava era l’essere costretta ad abbandonare il suo Hyoga, che fino a quel momento non aveva avuto nessun altro cui appoggiarsi oltre alla sua mamma.

Il bambino avrebbe dovuto crescere in fretta d’ora in poi e lei l’avrebbe aiutato, lasciandogli un ricordo di serenità anche nel momento estremo.

Lo salutò dolcemente e l’ultima immagine che il bimbo aveva impressa nella memoria era il volto sorridente della madre, la mano coperta dal guanto che lo salutava dal ponte della nave.

Ma Hyoga sentiva di essere lo stesso arrabbiato con lei ; perché l’aveva costretto ad andarsene ? Perché non l’aveva lasciato restare al suo fianco ?

Numerosi bambini, forse ospiti di quello strano posto, si erano ammassati nel giardino, incuriositi.

Dovevano essere almeno un centinaio, tutti tra i sette e i nove anni.

Hyoga si sentiva spaesato, ma il suo carattere gli imponeva di non darlo a vedere ; non appena maturò quella decisione, i suoi occhi malinconici si indurirono e quel triste bimbo di otto anni sembrò, all’improvviso, più adulto.

Era alto per la sua età, con i capelli dorati che risplendevano nel sole di mezzogiorno ; gli occhi, di un incredibile azzurro, erano leggermente a mandorla.

Un uomo grosso, completamente calvo e dallo sguardo truce, si fece largo senza troppi complimenti, scansando malamente un gruppo di ragazzini particolarmente animato e si diresse verso il nuovo venuto.

La sua massa minacciosa sovrastava il ragazzino il quale, da parte sua, lo fissò con fermezza, senza abbassare gli occhi azzurri, singolarmente glaciali per un bambino così piccolo.

I due rimasero per un po’ senza parlare, fissandosi reciprocamente, come a voler sostenere una sfida silenziosa.

Il gigante, che evidentemente con il suo sguardo intendeva intimorire il bambino, dovette rinunciarvi.

"Bene" disse finalmente l’uomo con un leggero sogghigno "Chissà che tu non abbia qualche speranza di farcela."

Hyoga ebbe un attimo di perplessità : cosa voleva significare quella frase ? Speranza di farcela in che cosa ?

Dopo la morte di sua madre era stato condotto ugualmente in Giappone, da alcuni uomini che il piccolo non aveva mai visto prima.

L’avevano spaventato ; non si erano dimostrati particolarmente gentili né tantomeno affettuosi con lui, non l’avevano consolato.

Semplicemente l’avevano preso in consegna e se l’erano trascinato dietro per tutto il viaggio, senza fornirgli alcuna spiegazione.

Hyoga non conosceva nessun altro oltre alla mamma, non sapeva a chi rivolgersi, non sapeva se quelle persone avevano davvero il diritto di condurlo con loro.

Ma lui non aveva potuto fare altro che seguirli.

Durante il viaggio l’avevano costantemente tenuto d’occhio, come si fa la guardia ad un carcerato piuttosto che a un bambino appena toccato dalla più grande tragedia.

Non emanava ombra di conforto dai suoi custodi ; se possibile, resero ancora più profondo quel baratro di solitudine, di abbandono, di angoscia, in cui il piccolo era precipitato.

La mamma gli aveva detto che si erano messi in viaggio per incontrare Alman di Thule, il padre del piccolo, con il quale la donna aveva avuto una breve ma intensa relazione.

Hyoga sapeva che l’uomo doveva trovarsi in Giappone ; forse, quegli uomini che l’avevano condotto lì lo conoscevano?

Ma quel posto somigliava in modo sconcertante ad un collegio o ad un orfanotrofio.

Chi l’aveva voluto lì e perché ?

"Mylock, che succede ?" squittì una vocina autoritaria, ma chiaramente infantile.

Una bimbetta esile, che non doveva avere più di sette anni, apparve di fianco all’uomo.

I capelli, lisci e di un bel biondo ramato, incorniciavano un visino estremamente grazioso, ma pieno di carattere ; i grandi occhi azzurri brillavano di un’orgogliosa fierezza e il nasino all’insù accentuava l’altezzosità di quella fisionomia decisamente aristocratica.

Gli occhi vispi e alquanto freddi di quella bizzarra tipetta presero a scrutare insistentemente il bambino.

Hyoga detestava essere guardato in quel modo, con quell’irritante aria di sufficienza che ostentava quella specie di principessa dall’aria viziata e provò per quella ragazzina un’istintiva antipatia.

Lo sguardo truce di Mylock, intanto, si era fatto sottomesso e rispettoso.

"E’ il nuovo arrivato, lady Saori ; credo si chiami Hyoga."

La bambina ricominciò a squadrare il ragazzo dall’alto in basso, come se stesse giudicando il valore di un oggetto.

Hyoga si sentì irritato e incrociò le braccia con fare strafottente ; riteneva giunto il momento di chiarire la svolta che aveva preso la sua vita e di chiedere chiarimenti.

Cercò di contenere la rabbia e lo smarrimento, quando si decise a parlare per la prima volta.

"Qualcuno vorrebbe spiegarmi" chiese, cercando di apparire più educato possibile, almeno quanto glielo permetteva la paura che provava "che cosa ci faccio qui ? Mia madre mi ha detto che in Giappone avrei incontrato mio padre ; voi sapete dove posso trovarlo ?"

"Nessuno ti ha dato il permesso di parlare" ruggì Mylock.

"Sei nordico ?" domandò Saori, afferrando con una manina incredibilmente piccola, un ciuffo biondo di Hyoga.

"Non sono affari tuoi !" gridò il ragazzo, scostando con prepotenza la mano di Saori.

"Come ti permetti ?" scattò Mylock, afferrando il bimbo per il colletto della camicia e sollevandolo da terra.

Strattonandolo in malo modo, si fece largo tra i ragazzi ed entrò nell’immenso edificio.

 

...

 

Shun aveva osservato la scena dalla prima fila di bambini, dove si trovava accanto al fratello Ikki.

Aveva provato un impeto di affetto e ammirazione spontanei per quel bambino così bello e fiero.

Quando Mylock e Saori si erano avvicinati al nuovo arrivato, Shun aveva cominciato a tremare, fino a scoppiare in lacrime assistendo al concludersi del battibecco.

Dopo che Mylock e Hyoga erano scomparsi all’interno del palazzo, Shun rimase a guardare la porta che si era richiusa alle loro spalle.

La fissava con grandi occhi spaventati, come se si fosse trattato della bocca di un terribile mostro che aveva appena inghiottito uno di loro.

Non era solo l’immaginazione infantile di un bambino eccessivamente sensibile : il piccolo sapeva benissimo cosa sarebbe accaduto al nuovo compagno e soffriva terribilmente a quel pensiero.

Il suo sguardo era completamente concentrato su quella porta, tanto da non accorgersi che Saori, con il suo visino borioso, si stava dirigendo verso di lui.

Quando se ne rese conto sussultò, come se avesse visto un fantasma.

La bambina si fermò davanti a lui, con le mani sui fianchi e un sorriso beffardo che mal si addiceva a quel volto delicato e grazioso.

I tremiti di Shun si accentuarono nonostante il braccio affettuoso di Ikki stretto intorno alle sue spalle.

Saori si avvicinò ancora, senza parlare e puntando il naso contro quello del bambino.

Erano alti uguali, ma la ragazzina appariva più imponente a causa della visibile timidezza di Shun, il quale non osava guardarla in faccia e, si intuiva, avrebbe desiderato farsi tanto piccolo da scomparire.

Per lui era impensabile sostenere uno sguardo così fermo e duro ; i suoi grandi occhi gentili erano rivolti al suolo, le spalle basse e il bel viso, incorniciato da riccioli ramati, rintanato in esse, come una tartaruga nel suo guscio.

"Guardate tutti !" gridò Saori, con voce argentina e squillante "Qui c’è una bambina paurosa che sta per mettersi a piangere, e non sono certo io !"

Numerosi bambini, pur detestando quella ragazzina, scoppiarono in una fragorosa risata.

Shun sentì Ikki fremere al suo fianco, ma non osò guardarlo in faccia... come doveva vergognarsi di avere un fratello così debole !

Non riuscì più a sopportare quelle risate canzonatorie ; indietreggiò, per poi voltarsi e scappare via, in lacrime.

In mezzo alle risate, gli parve di udire la voce imperiosa di Ikki che lo chiamava ma, contrariamente al suo solito, era troppo disperato per obbedirgli.

 

...

 

Quando Saori apostrofò Shun con quella cattiveria, Ikki avrebbe desiderato fulminarla con il solo potere del suo sguardo, uno sguardo decisamente duro per un ragazzino di nove anni.

Poi, nell’udire le risate alle spalle del fratello, fremette per la rabbia.

Da quando Shun era nato, Ikki si era preso l’impegno di proteggerlo, contro tutto e tutti.

La loro mamma era morta quando Shun aveva tre anni e il padre non l’avevano mai conosciuto.

Ikki e Shun non avevano nessun altro ; erano rimasti completamente soli e il bambino più grande, che aveva solo cinque anni all’epoca, aveva preso molto sul serio il suo ruolo di fratello maggiore.

Inoltre Shun, così piccolo, timido e dolce, accentuava il suo istinto protettivo.

Fin da piccolo aveva dimostrato una tale positività, un tale desiderio di amare ed essere amato che Ikki, contagiato da quell’aura di serenità e speranza che sembrava avvolgere il fratellino, non aveva mai rimpianto di doversi prendere cura di lui.

Anzi, la sua presenza l’aveva aiutato a non arrendersi, a non abbandonare mai la retta via.

Da quando erano rimasti soli, Ikki non era mai ricorso ad espedienti disonesti per procurarsi da vivere.

Avevano vissuto di stenti, fidando sull’aiuto di poche persone generose.

Poi erano dovuti fuggire dalla loro vecchia casa.

Ikki ricordava poco di quel periodo di fughe continue, solo che qualcuno voleva impossessarsi di Shun, strapparlo dalle sue braccia, separarlo da lui.

Avevano continuato a scappare per quasi un anno, Ikki non sapeva più da chi o da che cosa.

Shun ancora non capiva, ma percepiva l’inquietudine del fratello e gli sorrideva sempre, come se avesse compreso, pur così piccolo, che il suo sorriso era il migliore incoraggiamento, il regalo più grande per l’adorato fratellone.

Si aggrappava a lui più come a un padre che come a un fratello.

Appena nato, la prima parola che aveva imparato a pronunciare dopo "mamma", era stato proprio il nome di Ikki.

L’adorazione che provava per lui era totale.

Non distoglieva quasi mai i grandi occhi verdi da quelli grigio scuro del fratello ; Ikki era tutto il suo mondo, il suo punto di riferimento, il suo sostegno.

Ed era completamente ricambiato in questi sentimenti.

Erano in molti a commuoversi di fronte a quel legame fraterno quasi morboso, a quella dedizione assoluta che univa quei due bambini così piccoli.

Ikki non ricordava quando avevano smesso di fuggire ; ad un certo punto, nella sua memoria c’era un vuoto totale, come se si fosse addormentato all’improvviso e si fosse risvegliato più tranquillo.

Dopo quel momento, chiunque li stesse inseguendo aveva deciso di lasciarli in pace.

Qualche giorno dopo si erano imbattuti in un parroco, la cui gentilezza, l’atteggiamento paterno, erano riusciti ad infrangere la diffidenza di Ikki.

Il religioso aveva preso il sempre fiducioso e sorridente Shun tra le braccia e aveva teso la mano al bambino più grande.

Dopo un attimo di esitazione, il ragazzino accettò quell’invito e si lasciò condurre dall’uomo in un orfanotrofio, dove erano stati accolti e curati amorevolmente, senza che nessuno li obbligasse a separarsi.

Per quel che Ikki poteva ricordare, quello era stato il periodo più sereno e tranquillo da quando la mamma era morta.

Purtroppo durò poco.

Un giorno, due uomini enormi vestiti di nero, in giacca e cravatta, dall’espressione truce accentuata dagli occhiali scuri, erano venuti per portarli dove si trovavano adesso.

Non ci avevano guadagnato nel cambio ; gli adulti di Villa Thule erano tutt’altro che affettuosi e trattavano i piccoli ospiti come carcerati, non risparmiando loro umiliazioni e punizioni, anche fisiche, spesso senza validi motivi.

L’unica cosa positiva era la scuola : li preparavano molto bene e insegnavano ai ragazzi anche il greco antico e le lingue arcaiche, l’astronomia e la mitologia.

C’era un grande osservatorio alla villa e i bambini adoravano essere condotti lì e perdersi nella contemplazione di quello spettacolo stellare.

Un’importanza fondamentale aveva l’attività fisica ; i ragazzi passavano ore in palestra e nell’enorme giardino : li obbligavano a svolgere i più svariati esercizi fino allo sfinimento e, tra gli sport più praticati, c’era la lotta in tutte le forme.

Era faticoso, ma in quei momenti i bambini sfogavano la loro naturale energia infantile e si concedevano un po’ di allegria.

Rare erano le pause in cui i ragazzi potevano girovagare liberi nei limiti consentiti e giocare come preferivano.

L’unica femmina del posto era Saori, ma la bambina era trattata diversamente, quasi come una piccola principessa ; si diceva che il padrone della villa, un ricchissimo duca, fosse suo nonno.

Quindi lei era una duchessina.

Saori sembrava pensare di avere ogni diritto sugli altri bambini.

Li comandava a bacchetta e li trattava con prepotenza ; in pochi reagivano ai suoi soprusi, perché sapevano che i sorveglianti avrebbero preso le sue difese.

Anche adesso, dopo la provocazione rivolta da Saori al piccolo Shun, Ikki si limitò a puntare su di lei uno sguardo furioso ma, suo malgrado, trattenne gli insulti che gli erano saliti alle labbra ; avrebbe solo peggiorato le cose, sia per se stesso che per il fratellino.

Inoltre avrebbe desiderato che Shun se la cavasse da solo una volta tanto.

Sapeva, da informazioni raccolte alla villa, che i bambini erano stati raccolti per uno scopo misterioso e che presto sarebbero stati mandati tutti in posti differenti.

Ikki era sconvolto a quell’idea e immaginava che Shun dovesse esserlo ancora di più.

Prima dell’inevitabile e sconvolgente separazione, il ragazzo avrebbe desiderato insegnare al fratello ad affrontare il mondo senza il suo sostegno.

Ma Shun era così ingenuo, fragile e sensibile che Ikki disperava di poterci riuscire.

Per questo, quando l’aveva visto correre via piangendo, l’aveva richiamato piuttosto duramente : doveva smetterla di scappare quand’era intimorito.

Tuttavia, Shun sembrò non udirlo e scomparve tra i cespugli del boschetto interno alla villa.

 

...

 

"Immaginavo che sarebbe finita così" sospirò Seiya, seguendo con lo sguardo la massa gigantesca di Mylock che scompariva insieme a Hyoga all’interno della villa.

"Poverino, mi dispiace" sussurrò Shiryu con la sua vocina gentile "Non sarà un bel benvenuto."

"Perché ?" chiese Seiya stizzosamente, mentre sul suo bel visetto abbronzato compariva una comica smorfia di disgusto "Qualcuno di noi, qui, è stato accolto con gentilezza ?"

Shiryu sollevò le spalle ; il suo volto gentile era malinconico : "No, ma almeno io non ero stato punito il primo giorno."

Seiya rivolse uno sguardo divertito a colui che riteneva il suo amico più caro e scoppiò in una fragorosa risata :

"Io invece sì."

Un attimo dopo si pentì della propria ilarità e provò una viva partecipazione nei confronti del nuovo arrivato : "Proprio per questo, so quanto sono severi fin da subito... mi dispiace per lui."

"Già ; sembra un tipo simpatico... chissà cosa ne pensano Ikki e Shun... a proposito, dove sono ?"

Seiya e Shiryu cercarono con lo sguardo i due compagni ai quali erano più affezionati.

"Eccoli laggiù" indicò Seiya.

Li videro proprio nel momento in cui Saori si stava avvicinando a Shun.

Un attimo dopo, udirono chiaramente la cattiva frase della bambina rivolta al loro amico e non parteciparono all’ilarità generale.

Seiya imprecò, lanciando un insulto alla piccola duchessa che, per sua fortuna, fu coperto dal fragore delle risate.

Shiryu rimase muto, osservando con sguardo triste e comprensivo la fuga del piccolo amico.

 

...

 

Shun corse a rifugiarsi sotto il suo albero preferito, quello che recava le impronte dei pugni di Ikki.

Si accoccolò sull’erba e nascose il viso tra le braccia.

Ormai non riusciva più a trattenere i singhiozzi.

Odiava la propria debolezza ; sapeva benissimo che la sua reazione era stata eccessiva per la semplice frase, seppur molto crudele, di quella bambina.

Più probabilmente erano le risate dei compagni a fargli così male...

No... non era niente di tutto questo.

Si rese conto che non pensava neanche più all’offesa che aveva subito e forse, non ci aveva mai realmente pensato.

Le sue lacrime erano per il bambino biondo che probabilmente, adesso, dopo avere perso la mamma, era picchiato senza pietà.

Al solo pensiero di quello che stava passando, proprio in quel momento, il nuovo compagno, i singhiozzi di Shun si fecero ancora più disperati.

Non udì i passi che si avvicinavano a lui così, quando qualcosa lo toccò alle spalle, sussultò, lasciandosi scappare un urletto acuto.

"Siamo solo noi, che ti prende ?"

Il bambino sorrise sollevato alla vista dei due compagni che adorava, un brunetto piccolo come lui, con grandi occhi neri e vivaci e un bellissimo ragazzino, probabilmente un po’ più grande, alto e snello, con lunghi capelli neri e un viso cordiale ed amichevole.

"Ciao Seiya... Ciao Shiryu" sussurrò Shun strofinandosi gli occhi con un braccio, cercando, senza troppo successo, di liberarli dalle lacrime che colavano senza sosta sul suo viso delicato.

Seiya si sedette accanto a lui.

Loro due erano tra i più piccoli alla villa : avevano sette anni, mentre la maggior parte dei ragazzi ne aveva otto come Shiryu e qualcuno nove.

"Allora" chiese Seiya con un tono di simulata impazienza "Sentiamo, perché piangi questa volta ?"

Shun non osava guardarlo in faccia ; si sentiva troppo umiliato per la scena che l’aveva visto protagonista davanti a tutti i compagni.

"Saori ti ha spaventato ?" insisté Seiya.

Un’espressione vergognosa apparve sul visetto grazioso di Shun ; i grandi occhi, di un bellissimo verde misto ad azzurro che ricordava il colore del mare, si posarono per un attimo su quelli scurissimi e vispi di Seiya... Due sguardi incredibilmente espressivi, seppur così diversi.

"Non devi darle questa soddisfazione Shun... lei ci gode ad essere perfida... E’ solo una piccola stupida e non merita neanche la nostra considerazione."

Shun deglutì e tirò su col naso, emettendo un ultimo singhiozzo ; quindi, finalmente, il suo volto angelico si illuminò di un tenerissimo sorriso.

"Mi... mi dispiace..." balbettò con una melodiosa voce che ben si addiceva a quella figurina dall’aspetto fragile.

Seiya si lasciò scappare una risata per il candore del compagno : "Non parlare come se dovessi chiedere scusa a qualcuno... tu non hai fatto niente di male... a parte piangere, come al solito... Non ti sembra di avere avuto una reazione un po’esagerata ?"

Shun sospirò : "Non è per quello che mi è venuto da piangere."

Seiya rimase perplesso : "Ah no ? ual è il problema allora ?"

"Forse ho capito !" esclamò Shiryu che credeva, ormai, di conoscere bene il sensibile compagno "Ci scommetto che ti sei commosso per il nuovo arrivato !"

Shun sollevò gli occhi, ancora lucidi e brillanti di lacrime, per posarli su quelli scuri, a mandorla, del compagno.

"Ho indovinato eh ?" chiese ancora Shiryu strizzandogli un occhio con un sorriso rassicurante.

Shun annuì vigorosamente.

"Sai una cosa Shun ?" disse Shiryu "Anch’io sono rimasto colpito da quello che è successo e sono preoccupato per quel bambino... Sicuramente l’hanno rinchiuso nella cantina della villa, come fanno sempre quando puniscono qualcuno ; potremmo andare da lui."

Il viso di Shun si illuminò e i suoi occhi si riempirono di gratitudine.

"Ottima idea Shiryu !" approvò Seiya scattando in piedi, pronto a muoversi immediatamente.

"Vi dispiace se vengo con voi ?" chiese una voce più matura di quella dei compagni.

Il ragazzo che apparve non doveva avere meno di nove anni, ma ne dimostrava anche di più.

I riccioli neri incorniciavano un viso piuttosto duro e arcigno anche se piacevole e, in quel momento, cordiale.

Gli occhi grigi e ardenti non erano a mandorla, ma nei tratti somatici c’era qualcosa di orientale.

Si intuiva che quel ragazzino doveva essere predisposto all’ira ed era facile scorgere dietro quel volto, precocemente indurito, un animo ribelle.

Con un urletto di gioia, Shun corse verso il ragazzo :

"Ikki-niisan ! Sapevo che saresti venuto a cercarmi !"

Il ragazzo accolse il piccolo tra le braccia, stringendolo a sé con un atteggiamento visibilmente protettivo.

Il suo volto subì una trasformazione mentre rispondeva all’abbraccio del fratellino ; la durezza lasciò il posto ad un affetto infinito ; gli occhi, posandosi sulla testolina castana di Shun, si addolcirono notevolmente.

Intanto Seiya e Shiryu avevano già spiccato la corsa in direzione del palazzo.

Ikki afferrò una mano di Shun, che scomparve completamente in quella del fratello e, trascinandoselo dietro, li raggiunse in men che non si dica.

 

...

 

Hyoga sedeva rannicchiato in un angolo della buia cantina : l’avevano picchiato duramente e il suo piccolo corpo soffriva fino a farlo lacrimare.

Aveva cercato di non piangere, di non dare soddisfazione a Mylock e ai suoi aiutanti, ma non c’era riuscito ; aveva solo otto anni e non era mai stato trattato in quel modo, sua madre non avrebbe mai preso in considerazione certi metodi, se ne sarebbe indignata.

Lei voleva portarlo in Giappone per fargli conoscere suo padre e invece si era ritrovato solo in quel posto terribile.

Avrebbe dato qualunque cosa per comprendere almeno qualche particolare nel rapido susseguirsi degli ultimi avvenimenti.

Dei passi affrettati sulle scale lo fecero trasalire ; tremò e si sentì vulnerabile come non mai.

Però quei passi non risuonavano minacciosi e non potevano appartenere a quegli uomini giganteschi.

La porta si spalancò mentre Hyoga, tremante, si mise all’erta ; gli erano bastati gli ultimi terribili giorni per imparare a non fidarsi di nessuno.

Quattro ragazzini, probabilmente quasi suoi coetanei, apparvero sulla soglia.

"Ciao ; sapevamo che ti avremmo trovato qui !" esclamò quello che sembrava il più grande.

Dietro di lui spuntò un bimbo minuscolo, con folti capelli di un biondo leggermente ramato e uno sguardo estremamente dolce; Hyoga, in un primo momento, lo scambiò per una bambina.

Quel ragazzino, i cui grandi occhi azzurro-verdi sembravano avere la miracolosa capacità di rasserenare chi li guardava, erano fissi su di lui, ansiosi.

Hyoga non sfuggì allo strano incantesimo di quello sguardo tenero, ma che comunicava una forza particolare, misteriosa : la forza dell’amore e della speranza, pensò il piccolo siberiano.

Gli sembrò di sentirsi meglio e di provare, pur senza conoscerlo, un affetto infinito verso quello strano bambino.

Intanto quella specie di cherubino gli si era avvicinato e, visibilmente intimidito, gli posò una piccola mano sulla spalla, balbettando :

"Co... come stai ?"

Hyoga lo guardò, commosso.

Era colpito da quel gesto spontaneo, dalla preoccupazione che leggeva sul volto di quel bambino nei confronti di un perfetto sconosciuto.

Non poté fare a meno di sorridergli, anche se debolmente e trattenne a stento un desiderio quasi irrefrenabile di abbracciarlo.

Anche gli altri ragazzi si erano avvicinati a lui e lo guardavano con visi amichevoli e comprensivi.

Gli bastava ricambiare i loro sguardi per avere la sensazione di essere meno solo : quei bambini erano come lui, condividevano la sua stessa sorte, i suoi stessi problemi... sentiva, in uno strano modo che non riusciva a spiegarsi che, in quel momento, tra loro si era stabilito un legame, una specie di accordo silenzioso ; era nato per incontrarli e per condividere con loro gioie, tristezze e difficili battaglie.

Insieme a loro avrebbe potuto sopportare tutto.

Ma che strani pensieri mi hanno fatto venire in mente questi quattro, pensò ; non ho mai provato niente di simile incontrando altri bambini.

"Stai molto male ?" chiese un bellissimo ragazzino dai lunghissimi capelli neri e gli occhi a mandorla.

Hyoga sollevò le spalle :

"Sopravviverò" rispose.

"Ma certo !" esclamò un altro di quei quattro ragazzi, piuttosto piccolo, dai grandi occhi scuri e un’aria simpatica e sbruffona che conquistò subito Hyoga "Io ne ho prese più di tutti qui alla villa e ti assicuro che, quando ci fai l’abitudine, impari a fregartene."

"Non darti troppe arie Seiya" intervenne il ragazzo più grande, quello che l’aveva salutato per primo "Io e te ce la disputiamo bene su chi ne ha prese di più... e mi sono accorto che a te, qualche lacrimuccia scappa ancora."

Colui che aveva chiamato con il nome di Seiya gli rispose con una boccaccia che suscitò l’ilarità generale.

Senza badargli, il bambino maturo si rivolse al siberiano :

"Possiamo sapere come ti chiami ?"

" Hyoga... nella mia lingua significa Isola di ghiaccio."

"Un nome adatto per chi viene da un paese gelido come il tuo... soprattutto lo trovo indicato per te che hai saputo tenere testa benissimo a Mylock e alla duchessina Saori... Io mi chiamo Ikki e quel moscerino vicino a te, è il mio fratellino Shun... i nostri nomi, in giapponese, significano entrambi la stessa cosa : scintillio... forse è l’unica particolarità che abbiamo in comune."

Hyoga li osservò entrambi, piuttosto perplesso ; davvero, non avrebbe mai creduto che potessero essere fratelli.

Shun era rassicurante, candido, mentre Ikki, per quanto fosse cordiale, aveva un qualcosa di inquietante, di infinitamente rabbioso negli occhi scuri e ardenti.

Anche gli altri due ragazzi si presentarono : si chiamavano Shiryu e Seiya ; Hyoga notò che erano particolarmente affiatati tra di loro.

I quattro bambini si sedettero intorno a lui.

Ikki, Shiryu e Seiya cominciarono a chiacchierare con lui amichevolmente mentre Shun quasi non parlava e si limitava, ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, a sorridergli con un’espressione così affettuosa da essere più efficace di qualsiasi parola.

Hyoga ricambiava quei sorrisi ; desiderava mettere il più possibile a suo agio quel timido e dolcissimo nuovo amico.

Finalmente Hyoga poteva interrogare qualcuno su ciò che gli stava succedendo.

"Cos’è questo ? una specie di orfanotrofio ?"

"Non proprio" spiegò Shiryu con la sua voce singolarmente calma e rilassante "Siamo stati tutti raccolti per strada o da vari istituti e riuniti qui. Dicono che dovremo diventare sacri guerrieri."

Hyoga rimase perplesso :

"Sacri che ? Non so neanche cosa voglia dire !"

"Neanch’io" intervenne Ikki "L’unica cosa che ho capito è che presto ci spediranno come tanti pacchi postali verso vari paesi, per un addestramento alla guerra."

"Come alla guerra ? Perché ?"

"Non lo so ; ma ho sentito dire che, prima di cominciare a distribuirci in giro per il mondo, dovevano radunare cento ragazzi e... credo che con te, ormai, ci siamo."

Mentre Ikki pronunciava queste ultime parole, Hyoga vide il piccolo Shun trasalire e guardare il fratello con gli occhioni sgranati.

Notò anche che Ikki, a sua volta, lo strinse maggiormente a se, e un lampo di disperazione attraversò quegli occhi freddi.

Hyoga si sentì intenerito : i caratteri dei due fratelli erano completamente contrastanti, ma l’affetto reciproco che provavano era qualcosa di quasi miracoloso intuì, forse addirittura morboso.

Invidiò un po’ quel forte legame fraterno... ma per una strana intuizione credeva di comprenderne il significato fino in fondo : aveva appena conosciuto quei quattro compagni, tuttavia sentiva che li avrebbe amati come fratelli... Non aveva mai provato niente di simile, ma gli piaceva e gli riscaldava il cuore.

Provò sollievo : negli ultimi giorni, fino a quel momento, una morsa di ghiaccio gli aveva attanagliato il cuore... credeva che non sarebbe mai più riuscito ad amare nessuno, a riversare su nessuno quel caldo sentimento che lo legava alla madre.

Poteva comprendere l’inquietudine di Shun ; quello che aveva sentito aveva messo in ansia anche lui :

"Non riesco a capire... non ci capisco niente... mi sembra di essere finito in un sogno assurdo... chi è questa gente, cosa vuole da noi ?"

"Hai ragione" commentò Seiya amaramente "è assurdo, ma purtroppo non è un sogno... sapessi per quanti giorni ho sperato che lo fosse."

Il viso sorridente e sbruffone di Seiya si incupì e Hyoga si rese improvvisamente conto che quel ragazzino dall’aria vivace, il quale a prima vista appariva così allegro e infantile, aveva un fondo di tristezza nel suo piccolo cuore, dovuto probabilmente ad una dolorosa esperienza.

Ma raramente il vivace monello, che sapeva portare, con la sua sola presenza, una ventata di allegria, lasciava emergere il suo lato più malinconico... sapeva reagire al dolore evidentemente e Hyoga lo ammirò per questo.

Il piccolo siberiano sperava di ottenere ancora qualche informazione : gli sembrava tutto così vago, strano...

"Perché proprio noi ? Voglio dire... ci hanno scelti a caso o...

Shiryu si strinse nelle spalle :

"Ne sappiamo quanto te ; lo so che vorresti capirci qualcosa... lo vorremmo anche noi ma purtroppo, ti abbiamo detto tutto quello che sappiamo."

La disperazione di Hyoga lasciò il posto ad un’ira irrefrenabile.

Dimenticando il dolore delle frustate ricevute scattò in piedi stringendo i pugni, senza accorgersi di Shun che fece un balzo indietro per lo spavento, ranicchiandosi contro il fratello.

"Non possono trattenermi qui contro la mia volontà" gridò il piccolo siberiano ; negli occhi chiarissimi tremolavano lacrime di indignazione "Non faranno di me il loro schiavo ! Devo trovare mio padre e non ho tempo da perdere con loro ! Questa notte me ne vado !"

"Questa è bella !" commentò Seiya con un’amara risatina "Quanti di noi credi che sarebbero ancora qui, se avessero avuto la possibilità di andarsene ?"

Hyoga si voltò a fissarlo ; Seiya continuò :

"Non riuscirai mai a scappare ; ci sorvegliano sempre e il terreno è circondato da filo spinato... e non hai ancora visto i cani."

La rabbia sul visetto di Hyoga lasciò il posto alla costernazione e, subito dopo, ad una disperazione infinita :

"E’... come essere in prigione" sussurrò con un filo di voce "Siamo prigionieri..."

"Finalmente hai capito" commentò Ikki cupamente.

Seiya tirò su col naso... solo allora i compagni notarono le lacrime che colavano lungo le guance del monello : aveva cercato di nasconderle fino a quel momento, ma non ci riusciva più.

Come già aveva fatto con Hyoga, Shun perse tutta la sua timidezza quando si trattò di confortare qualcuno ; si staccò dal fianco del fratello e avanzò carponi verso l’amico, circondandogli le spalle in un delicato abbraccio.

Hyoga era sempre più colpito : c’era davvero qualcosa di singolare in quel bambino.

Grazie a quell’affettuoso contatto, Seiya si calmò e chinò il volto : sembrava imbarazzato per essersi lasciato andare in quel modo.

"Scusatemi... io..." balbettò asciugandosi il viso con un braccio.

Finalmente Shun parlò... era di poche parole, ma sapeva cosa dire al momento giusto :

"Ritroverai Patricia Seiya... ne sono sicuro..."

Seiya non rispose, ma lo sguardo affettuoso che lanciò a Shun, chiarì subito a Hyoga che non era l’unico a subire il fascino angelico di quel minuscolo bambino.

"Chi è Patricia ?" domandò il piccolo russo.

"E’ mia sorella" sospirò Seiya "Questi bastardi mi hanno portato qui separandomi da lei."

"Seiya, mi dispiace tanto" singhiozzò Shun commosso e poggiando la testa castana sulla spalla di Ikki "Mi sento in colpa... io almeno sono con mio fratello."

Seiya lo rassicurò con un sorriso :

"Credo che la fortuna non abbia preso molto in considerazione nessuno di noi Shun... non è il caso che tu ti senta in colpa."

Shun sospirò ; lui non si impegnava come Seiya nel cercare di trattenere le lacrime che ormai colavano senza sosta sulla carnagione chiara del suo viso :

"Forse è vero... neanche io e Ikki staremo insieme ancora per molto..."

Si nascose il volto tre le mani, le spalle scosse da singhiozzi disperati.

"E’ troppo fragile" pensò Hyoga tra sé "Se non ci fosse suo fratello si lascerebbe vincere dalla disperazione... non riesco a immaginarlo separato da lui."

"Shun ! ! !"

L’esclamazione rabbiosa di Ikki fece sussultare tutti.

Il fratellino lo guardò, cercando di dominare le lacrime : sapeva perché Ikki si era arrabbiato... detestava vederlo piangere.

Gli occhi grigio scuro di Ikki si posarono fermamente sui suoi ; Shun non riuscì a sostenere lo sguardo duro del fratello e chinò il capo, balbettando qualche parola di scusa.

Il viso di Ikki si addolcì quasi subito : allungò una mano e la passò delicatamente sulle guance di Shun, liberandole dalle lacrime.

Poi prese il fratello per le spalle e lo attirò vicino a sé, abbracciandolo con calore.

Gli altri, durante questa scena, erano rimasti muti : le loro espressioni serie e malinconiche li facevano apparire come piccoli adulti... la vita aveva voluto che crescessero in fretta.

Rimasero seduti in silenzio ancora per un bel po’, ciascuno immerso nei propri pensieri.

Shun si addormentò tra le braccia del fratello e dopo qualche minuto cominciò a lamentarsi nel sonno.

Ikki lo guardava senza fare nulla, con dipinte sul volto rabbia e preoccupazione.

"Perché non lo tranquillizzi ?" chiese Hyoga, che avrebbe desiderato lui stesso dare un po’ di conforto a quel fragile bambino.

Ikki chiuse gli occhi per un attimo, quindi li riaprì e fissò un punto davanti a sé :

"Presto ci separeranno e lui non riesce a pensare con rassegnazione a questo fatto... Rimarrà davvero solo e dovrà affrontare prove ben peggiori di quelle che ora lo spaventano... Io mi sento in colpa... L’ho sempre difeso, protetto da tutto, ho superato gli ostacoli al suo posto, ma non dovevo farlo... l’ho reso troppo dipendente da me e ora non potrò più proteggerlo... devo cominciare a non essere più il suo appoggio ; è difficile anche per me, perché mi verrebbe istintivo, ma gli farei solo del male e forse è già troppo tardi."

Hyoga annuì, colpito dalla maturità di Ikki : il suo atteggiamento nei confronti di Shun era quasi paterno.

Comprendeva la sua difficile posizione, ma capiva benissimo anche come doveva sentirsi il fragile Shun.

 

...

 

Shun si svegliò di soprassalto, tutto sudato e con il respiro affannoso.

Qualcuno l’aveva portato a letto... doveva essere stato Ikki.

Aveva avuto un incubo, interminabile ed angosciante : l’avevano strappato a forza dalle braccia del fratello, l’unico sostegno che aveva avuto nei suoi sette anni di vita.

Si era sempre appoggiato a lui per ogni cosa e Ikki non l’aveva mai lasciato, neanche per un attimo.

Da quando si trovavano in quella specie di carcere l’aveva sempre protetto, persino dalle punizioni dei sorveglianti, spesso prendendole al posto suo.

Shun piangeva lacrime amare quando questo accadeva, ma suo fratello agiva sempre con fermezza e Shun, timido e umile, non riusciva a impedirgli quei gesti.

Non che Shun attirasse spesso le punizioni : era estremamente tranquillo, silenzioso e obbediente... Ikki pensava che lo fosse troppo.

Gli unici motivi per cui veniva richiamato duramente erano gli esercizi fisici...

Era agile e veloce, saltava e correva con la grazia e la leggerezza di un cerbiatto, in questo aiutato dalla sua figurina minuscola...

Ma nella lotta era un disastro ; quando era faccia a faccia con un altro ragazzo sembrava perdere ogni elasticità, si irrigidiva e, addirittura, tremava.

Non prendeva mai l’iniziativa e apparentemente non voleva neanche provare a vincere ; i suoi tentativi di concludere qualcosa erano alquanto goffi.

Inevitabilmente finiva a terra nel giro di pochi secondi e parecchi ragazzi, vedendolo così indifeso, avrebbero infierito, rischiando di fargli male se Ikki non fosse sempre accorso per prevenire il misfatto...

L’avversario di Shun perdeva ogni baldanza, ma Ikki non risparmiava i rimbrotti neanche al fratello, che piangeva implorando il suo aiuto.

Tuttavia, il fratellone abbandonava ogni severità nei suoi confronti quando, a loro volta, gli istruttori si avvicinavano per rimproverare e umiliare ulteriormente il piccolo... era in quelle occasioni che le sgridate e le punizioni destinate a Shun ricadevano su Ikki, il quale si frapponeva tra lui e gli adulti con una sfrontatezza alla quale persino il corpulento Mylock faticava a tenere testa.

Scene di questo genere si ripetevano quasi giornalmente.

Finché c’era stato Ikki vicino a Shun, nessuno era riuscito a fargli veramente del male.

Ma ora quel terribile sogno e la consapevolezza che presto sarebbe diventato realtà...

Aveva di nuovo voglia di piangere, ma non voleva rischiare che gli altri ragazzi, e soprattutto Ikki, lo sentissero.

Così sgattaiolò silenziosamente fuori dalla camerata, attraversò i corridoi dell’enorme villa e uscì in giardino.

Rabbrividì al contatto dei piedi nudi con l’erba irrorata di rugiada.

Correndo si diresse verso il rifugio di sempre, l’albero sul quale Ikki sfogava il suo carattere iroso prendendo a pugni la corteccia.

Su di essa erano incisi i segni delle nocche del ragazzo, a dimostrazione di quanto fosse sorprendente la forza di quel bambino di nove anni.

Shun era l’opposto : piccolo e magro, sensibile fino agli eccessi, non poteva neanche pensare di fare del male a qualcuno... Sarebbe morto piuttosto.

Appariva così buono ed indifeso da suscitare istinti di protezione non solo in suo fratello, ma anche in molti altri ragazzi, compreso Seiya che era di qualche mese più giovane di lui.

Allungò una mano verso l’impronta lasciata dal fratello poi, aggrappandosi letteralmente al tronco, scoppiò in singhiozzi incontrollati.

"Shun, va tutto bene ?"

Si voltò di scatto : Hyoga era davanti a lui, il volto pieno di comprensiva complicità.

Con un gesto impulsivo e spontaneo Shun, sempre piangendo, si gettò tra le sue braccia.

Hyoga lo accolse, un po’ sconcertato :

"Su non fare così" Non sapeva che altro dire per confortarlo.

Ma Shun non chiedeva niente ; quel contatto sembrava bastargli.

Restarono abbracciati, in silenzio, finché piano piano, i singhiozzi di Shun si fecero più pacati e poi cessarono del tutto.

"Sc... scusami..." sussurrò, staccandosi dal nuovo amico.

Hyoga sorrise, guardando quei grandi occhi verdi che sembravano pieni di stelle, così inumiditi dal pianto e illuminati dalla luna.

"E di cosa ? Finché possiamo darci un po’ di sostegno a vicenda, perché rinunciarci ?"

Shun annuì :

"Già... presto saremo completamente soli." Mentre pronunciava queste parole, il corpicino di Shun fu assalito dai brividi.

Hyoga non voleva che si mettesse di nuovo a piangere... Desiderava trovare un argomento di conversazione per cambiare discorso.

"Sai che non avrei mai pensato che tu e Ikki foste fratelli ?"

Shun lo guardò un attimo, poi rispose :

"E’ perché io assomiglio alla mamma e lui al papà... nostra madre non era giapponese..."

"Sì... posso immaginare che le tue origini non siano giapponesi" sorrise Hyoga, osservando quegli occhi grandissimi e quei capelli tendenti al biondo "Di dov’era tua madre ?"

Shun si rattristò maggiormente, e Hyoga temette di aver mancato di delicatezza.

"Non lo so... ero piccolissimo quando è morta e non me la ricordo assolutamente... Ikki ricorda solo che era bellissima e mi dice sempre che le assomiglio... Noi due, comunque, siamo nati in Giappone..."

Hyoga notò che il compagno aveva infilato una mano nel colletto del pigiama e sembrava stringere qualcosa tra le piccole dita.

"Che cos’hai lì ?"

Shun sorrise, e mostrò a Hyoga un ciondolo d’oro a forma di stella con incise due parole :

YOURS FOREVER .

"E’ l’unico ricordo che ho di mia madre... non me ne separo mai."

Hyoga fu sopraffatto dalla tristezza... come si sentiva vicino a Shun e a tutti gli altri ragazzini di quel posto adesso...

Non aveva ancora realizzato pienamente la dura realtà : era un orfano, come tutti loro... fino a poco tempo prima, guardava con compassione i coetanei che si trovavano nella situazione di Shun e adesso...

Si posò una mano sugli occhi... Cominciava a rendersene conto... sua mamma non c’era proprio più... la sua vita aveva subito una svolta radicale e ancora incomprensibile... Gli eventi gli erano piovuti addosso senza dargli il tempo di assimilarli.

Istintivamente, la sua mano infantile andò ad un oggetto che teneva gelosamente al collo.

Lo estrasse e lo mostrò a Shun... Non si era confidato con nessuno fino a quel momento, ma sentiva di poterlo fare con lui...

Lo rassicurava e gli dava fiducia ; con quel piccolo amico avrebbe parlato di tutto :

"Anche mia madre mi ha lasciato un suo ricordo... guarda..."

Shun posò due occhi incuriositi e pieni di ammirazione su una croce perlata, estremamente preziosa.

"E’ la Croce del Nord" spiegò Hyoga "Quando me l’ha data stavamo per metterci in viaggio, poco prima che lei..."

Non resse più ; la sua voce si incrinò e scoppiò in un pianto disperato...

L’aveva trattenuto troppo a lungo, ma ora non ce la faceva più...

Non voleva lasciarsi andare davanti agli altri, ma con Shun era diverso... Hyoga gli stava aprendo completamente il proprio cuore, spontaneamente, e non si vergognava di sfogare tutto il suo dolore davanti a lui...

Forse, perché Shun sembrava prendere su di sé la sofferenza altrui, facendola sua... Non si limitava ad ascoltare... Partecipava con tutto il suo essere, e il suo grande cuore entrava in una specie di simbiosi con quello dell’altra persona.

Almeno queste erano le sensazioni del piccolo russo, mentre sfogava con l’amico tutto quello che aveva tenuto nascosto dentro di sé fino ad allora.

Si lasciò andare completamente... Shun era l’unico che l’aveva visto piangere in quei giorni.

Questa volta toccò al piccolo compagno abbracciarlo per dargli conforto.

E lo fece con un trasporto e una spontaneità tali, che Hyoga pensò che doveva essere nato per consolare gli altri.

Infatti, quell’abbraccio riuscì a calmarlo.

Rimasero per un po’ in silenzio, quindi Hyoga chiese :

"Ho notato che parecchi bambini, qui, non sembrano giapponesi..."

"Infatti, non tutti lo sono ; forse Seiya è completamente giapponese... Però, c’è una cosa strana che mi ha incuriosito..."

"Cioè ?"

"I padri dei ragazzi che si trovano qui... sono tutti giapponesi... sono le madri a non esserlo..."

Hyoga rimase perplesso :

"Sì... in effetti è una cosa strana..."

In quel momento si accorse che Shun lo stava osservando con un sorriso divertito.

"Cosa c’è ?"

"Tu sembri ancora meno giapponese di me... a parte gli occhi a mandorla... però, sono di un azzurro incredibile !"

Hyoga ricambiò il sorriso :

"Mia madre era russa... ma... mi viene da ridere... sembra quasi una barzelletta..."

"Che cosa ?"

"Anche mio padre è giapponese... Sarà una coincidenza ? Cento bambini su cento, con madri di ogni nazionalità ma tutti con il padre giapponese... mi sembra strano che possa esserlo..."

"Ora capisco perché parli così bene il giapponese pur non avendo mai vissuto qui... te l’ha insegnato tuo padre !"

Hyoga negò con un cenno del capo :

"Me l’ha insegnato mia madre... Non ho mai conosciuto mio padre... stavamo venendo qui apposta, prima che lei morisse in quell’incidente navale..."

"Mi spiace... scusa... un’altra coincidenza... Qui nessuno ha mai conosciuto il proprio padre ; prima di rimanere orfani vivevamo solo con le nostre madri..."

Hyoga non credeva alle proprie orecchie... tutto sembrava determinato, studiato e preparato nei minimi dettagli.

Quello che aveva sentito lo sconcertava.

Sembrava quasi che i proprietari di quel posto, chiunque fossero, dopo la morte di sua madre, avessero colto al volo l’occasione per portarlo lì.

I suoi occhi azzurri si indurirono, come avevano già fatto parecchie volte negli ultimi giorni, sempre più spesso... ora sembravano aver raccolto tutto il gelo dei ghiacci eterni da cui il bambino proveniva.

A Shun chiaramente non piacque quella trasformazione e lo fissò con timore quasi reverenziale, come se non riconoscesse più l’amico e il confidente di pochi istanti prima.

"Dai, non ti arrabbiare..."sussurrò con voce leggermente tremante.

Hyoga lo guardò e, come al solito, quegli occhioni dolci fissi su di lui lo aiutarono a rilassarli.

Sorrise al compagno : quel piccoletto aveva la capacità di rasserenarlo.

"Scusa Shun... ma è difficile non arrabbiarsi nella nostra situazione..."

Un attimo dopo puntò su di lui uno sguardo incuriosito :

"Tu però ci riesci... ti arrabbi mai per qualcosa Shun ?"

Il compagno rimase perplesso, come se non avesse capito la domanda.

Probabilmente non se l’è mai neanche chiesto, pensò Hyoga.

Invece Shun rispose :

"Penso... penso di sì... mi arrabbio spesso... quando gli altri mi prendono in giro... soprattutto con gli adulti di questo posto che spesso sono così cattivi... mi arrabbio con chi è crudele, perché non lo capisco..."

"Ma come fai a non dimostrarlo mai ? A tenere la rabbia sempre nascosta dentro di te ?"

"Perché altrimenti non si finirebbe più... la rabbia porta solo altra rabbia... sarebbe così triste !"

"Allora, secondo te è più facile e più giusto fare finta di niente ?"

"Per me forse è più facile, ma non so se è più giusto... Ikki dice che bisogna vivere lottando."

"Sai una cosa Shun ? In un certo senso lo credo anch’io... altrimenti i più deboli, quelli che non si difendono, saranno sempre sottomessi e la cattiveria vincerebbe... In realtà non l’ho mai creduto tanto come in questo periodo."

Shun sospirò :

"Ma perché bisogna per forza arrabbiarsi per lottare ed essere coraggiosi ? Perché si deve a tutti i costi odiare qualcuno ? Ikki mi fa paura a volte... sembra che si senta obbligato a combattere con il mondo intero."

Hyoga non sapeva cosa pensare : da quando aveva scoperto il dolore della vita era combattuto tra il rancore che provava per tutto e tutti e il desiderio di non perdere gli ideali positivi che la madre gli aveva insegnato.

Shun non era stato condizionato da niente nel suo carattere : Ikki era profondamente diverso e gli adulti non erano certo stati i suoi modelli fino ad ora.

Hyoga si trovò a pensare che nessuna influenza esterna sarebbe mai riuscita a modificare ciò che in Shun era innato : una grande sensibilità, speranza e fiducia nel mondo.

Sospirò ; chi aveva ragione, Ikki o Shun ?

Certo, i sentimenti più nobili erano quelli di Shun e c’era molta differenza tra la bontà di quel bambino e la vigliaccheria della quale, se ne era già accorto, veniva accusato da parecchi compagni.

Shun aveva una forza particolare e Hyoga sentiva di capirla fino in fondo, pur non sapendo come spiegarla a parole...

No... Shun non sarebbe diventato un debole... l’amore, la sensibilità, la bontà, sarebbero stati la sua forza e Hyoga si augurò che Shun potesse diventare più determinato senza modificare quel suo animo così raro.

Ha ragione, pensò... Odiare è brutto e forse è la soluzione più facile... Shun sembra così piccolo, ma in realtà è molto maturo, in un modo che neanche la maggior parte degli adulti riesce ad essere.

"Tu e tuo fratello siete proprio forti sai ? Siete diversi eppure tutti e due in gamba a modo vostro..."

Shun rivolse lo sguardo a terra, socchiudendo gli occhi fattisi terribilmente malinconici.

Perché improvvisamente sembra ancora più triste ? Si chiese Hyoga.

Furono le parole di Shun a rispondergli :

"Mi sento così in colpa... sono un peso per lui fin da quando sono nato... sarebbe stato meglio se non avesse avuto un fratello inutile a cui badare."

"Non dovresti parlare così... è vero che dipendi da lui, forse troppo e che cerchi sempre la sua protezione, ma per il resto... io credo che anche lui dipenda da te..."

"Cosa vuoi dire ?" esclamò Shun, puntando su di lui due occhi curiosi e increduli.

"Non vedi come ti adora ? Almeno quanto tu adori lui... sei la sua ragione di vita, si sarebbe perso se non ci fossi stato tu... gli hai dato la forza per non arrendersi, un motivo per andare avanti nonostante le difficoltà... e non solo perché sei il fratello più piccolo da proteggere..."

No, non era solo per quello ;  gli era bastato passare poco tempo insieme ai due fratelli per capire molte cose del loro rapporto...

Era stata la presenza di Shun a sostenere il fratello, il suo sorriso luminoso e pieno di fiducia, il suo carattere così particolare che aveva temprato la durezza di Ikki, ammorbidendo il suo cuore.

"No... Ikki non sarebbe stato così forte senza di te" proseguì "sei la persona più dolce che io abbia mai conosciuto, pensi sempre agli altri prima che a te stesso... Tu e Ikki siete maturi e adulti... tutti e due..."

Shun arrossì, colpito da tutti quei complimenti :

"Anche tu sembri più adulto di quello che sei.... parli come una persona grande."

Hyoga rimase un bel po’ sovrappensiero... in effetti non aveva ancora pensato a quanto si sentiva diverso da quando la tragedia l’aveva segnato :

"Credo di essere cresciuto più negli ultimi giorni che in tutti i miei otto anni."

Shun annuì ; comprendeva benissimo il significato di quelle parole.

Restarono seduti sotto l’albero in silenzio per qualche minuto, poi Hyoga osservò :

"Scommetto che sei il più giovane qui all’istituto."

Shun sorrise, un sorriso che sembrò portare il sole nella notte buia e rispose :

"Sbagliato... Seiya e Asher sono più piccoli di me... be’... per poco... hanno la mia stessa età."

Hyoga sorrise a sua volta, perplesso :

"Non ho ancora conosciuto Asher, ma avrei giurato che Seiya fosse più grande di te... senza offesa eh ?"

Finalmente Shun si lasciò andare ad una risatina :

"Non mi offendi... tu mi vedi solo piccolo... per lo meno non mi hai ancora chiamato piagnone o femminuccia, come fanno quasi tutti..."

"Non vedo perché dovrei prenderti in giro... te l’ho detto, a me sembri in gamba e poi... sei stato uno dei primi qui a darmi un aiuto, a farmi sentire un po’ meglio... io ho la sensazione di avere conosciuto già i migliori tra tutti i miei nuovi compagni."

"Mio fratello e gli altri due sono proprio forti... Seiya ci tiene sempre allegri, è un clown... è anche molto coraggioso e indipendente per essere tanto piccolo... con i suoi modi sbruffoni riesce a tenere testa anche a Mylock e a Saori."

Hyoga ridacchiò :

"Già, lo supponevo... sembra proprio un bel tipo... Be’, grazie per questa chiacchierata e per le confidenze, ma ora è meglio tornare in istituto : non vorrei che qualcuno si accorgesse che non siamo a letto... ne ho prese abbastanza per oggi."

 

...

Hyoga non aveva rinunciato a scappare da quel posto.

Il giorno dopo non riuscì a raccogliere alcuna informazione in più.

Al mattino si era svegliato prima delle cinque insieme a tutti gli altri...

Era quella l’usanza.

Prima della colazione i bambini erano già al lavoro, con i primi esercizi in giardino, quando ancora c’era buio e l’aria fresca pizzicava la pelle...

Hyoga dovette ammettere a se stesso che non era una cosa spiacevole dopo che i postumi del sonno erano svaniti...

Erano più che altro esercizi di respirazione e, in un certo senso, meditazione.

Nel cibo, i padroni di quel posto, chiunque fossero, non erano avari : la colazione non era pesante ma nutriente, sicuramente adatta e sana per bambini di quell’età.

Subito dopo, come tutti i ragazzi normali, frequentavano lezioni scolastiche per il resto della mattinata, con una pausa di un quarto d’ora nella quale respiravano un po’ di libertà... sempre sotto la stretta sorveglianza di Mylock e dei suoi assistenti.

Il pranzo era buono ed abbondante ma piuttosto leggero.

Il tempo di digerire ed arrivavano quelle che forse, erano le ore più dure... esercizi e sport di ogni genere fino a sera con pochissime pause.

Non sarebbe stata una cosa terribile tutto quel movimento se non fosse stato così estenuante e oppressivo.

Hyoga dimostrò subito di eccellere in quasi tutte le discipline, soprattutto nel nuoto...

Notò subito la grande abilità di Ikki, Seiya e Shiryu e, alla faccia di chi lo prendeva in giro, anche di Shun.

Il piccolo era veloce come uno scoiattolo e aggraziato come una gazzella...

Hyoga, insieme ai suoi quattro nuovi amici, era sempre tra i primi, nella corsa, nel nuoto, negli esercizi ginnici.

Fu scelto insieme a Shun e ad altri due ragazzini per una gara di velocità.

Arrivò primo, seguito immediatamente dal piccolo amico.

Quando tagliarono il traguardo, i due bambini si guardarono... Non c’era ombra di invidia né di rivalità nel tenero sguardo di Shun.

Si sorrisero ed entrambi, quasi leggendosi nel pensiero, sollevarono le mani e batterono amichevolmente i palmi uno contro l’altro.

Hyoga si chiese perché Shun fosse guardato con tanta ilarità da parecchi compagni e fosse trattato con tanta sufficienza.

Era solo per il suo aspetto delicato, che lo faceva sembrare quasi una bambina, o per la sua timidezza ?

Però, nonostante questa timidezza, non era un musone : era aperto ed amichevole, spontaneo come pochi riuscivano ad essere.

Era unicamente di una grande umiltà, ma Hyoga lo riteneva uno dei più simpatici tra tutti i compagni, forse quello a cui già si sentiva più affezionato.

Proprio non riusciva a capire cosa gli altri ci trovassero di ridicolo in Shun.

In parte, una risposta la ebbe assistendo ad un episodio.

Hyoga ed altri tre ragazzi erano in costume, pronti a tuffarsi in piscina.

Il padiglione era immenso e c’era spazio per parecchie discipline.

Il piccolo russo poteva vedere, poco distante, Seiya che si dedicava alle flessioni, Shiryu che si esibiva in spettacolari stiramenti e posizioni yoga degne di un contorsionista e Ikki che prendeva a pugni un sacco da pugilato appeso ad un gancio.

Dietro di lui, su un ring, Shun stava per intraprendere una lotta contro Nachi.

Questi era un piccolo orientale con corti capelli neri, alto e smilzo, dall’aspetto abbastanza simpatico.

Chiaramente era più grande di Shun.

Hyoga notò subito che il piccolo amico sembrava un altro ; si era messo sulla difensiva e rimaneva rigido e immobile, con il respiro affrettato e gli occhi spalancati più grandi che mai....

Erano due occhi spaventati e tristi.

Nachi attaccò per primo, afferrando le braccia di Shun e spingendolo...

Shun cercò di fare altrettanto, posando le mani sulle spalle di Nachi e spingendo a sua volta, ma con una goffaggine e un’incertezza che stupirono Hyoga.

Un attimo dopo Nachi l’aveva scaraventato a terra e Shun rimase seduto, singhiozzando disperatamente.

"No" disse Hyoga tra sé "non devi piangere."

Nachi lo osservava perplesso, quasi imbarazzato... Non era un ragazzo cattivo e non amava infierire evidentemente.

"Ma quante storie" si limitò a dire.

"Che bisogno avevi di farmi male sul serio ?" disse Shun tra i singhiozzi.

"Non mi sembra il caso di mettersi a piangere come una femminuccia" ribatté Nachi.

Intanto, sentendo piangere il fratello, Ikki aveva interrotto i suoi esercizi :

"Shun ! ! Smettila di frignare ! ! Comportati da uomo ! !"

Un attimo dopo si trovava sul ring accanto al piccolo :

"Non diventerai mai forte se alla minima difficoltà scoppi in lacrime."

Come se il diventare forte fosse l’ultimo dei suoi pensieri, Shun sollevò i grandi occhi azzurro-verdi, cercando lo sguardo rassicurante del fratello e sussurrò senza smettere di piangere :

"Aiutami... niisan"

Ikki sospirò e, con un gesto che gli era abituale, allungò una mano per asciugargli il viso inondato di lacrime.

Fu in quel momento che Nachi si cacciò nei guai ; Ikki l’avrebbe lasciato stare se avesse tenuto la bocca chiusa ma il ragazzino, del tutto candidamente, si rivolse a Ikki :

"Ma... Shun è davvero tuo fratello ?"

Ikki si voltò di scatto, gli occhi roventi di rabbia... evidentemente frasi del genere lo ferivano.

Nachi si rese conto di ciò che gli stava per accadere, ma era troppo tardi per impedirlo... quando la furia si impossessava degli occhi di Ikki, nessuna richiesta di scusa l’avrebbe fermato.

Afferrò la maglietta del compagno e lo sollevò con una forza straordinaria ; un attimo dopo, Nachi si trovò scaraventato a terra.

Ikki torreggiava su di lui :

"Ritira immediatamente quello che hai detto ! !"

"Non ti arrabbiare" balbettò Nachi "Non volevo offendervi... l’ho detto solo perché sembrate così diversi !"

Ikki non infierì, ma non si era calmato del tutto ; il suo sguardo, tuttavia, non era più così furioso...

c’era una certa tristezza in esso :

"Shun non è un vigliacco... è solo troppo sensibile... sono due cose diverse..."

A Hyoga parve di percepire un tremito nella sua voce... Credeva di intuire cosa passava per la testa di Ikki : la sensibilità di cui parlava era nello stesso tempo la più grande forza e la maggiore debolezza di Shun... Ikki non voleva che la perdesse ma ugualmente, temeva che a causa di essa Shun sarebbe stato abbattuto e sconfitto dalla vita di sofferenze che lo attendeva.

...

 

Prima di andare a letto, Hyoga e Shun si trovarono da soli in bagno...

Shun era di nuovo malinconico e Hyoga immaginò che il motivo potesse essere l’episodio di quel pomeriggio.

Glielo chiese, desideroso di essergli di conforto, come Shun lo era stato con lui fin dal primo momento in cui si erano incontrati.

Shun sollevò le spalle e rispose con voce leggermente tremante :

"Ci sono abituato sai ? Succede così quasi tutti i giorni... mi dispiace però che mio fratello se la prenda con gli altri ragazzi per qualcosa che è solo colpa mia... Non volevo che si arrabbiasse con Nachi."

"Be’, in realtà non l’avrebbe fatto se Nachi avesse tenuto la bocca chiusa... però la sua osservazione era stata un po’ troppo offensiva."

"Non l’aveva fatto apposta... aveva ragione... Io e mio fratello non ci assomigliamo.... Ikki dovrebbe vergognarsi di me..."

"Non è vero, però devi ammettere anche tu che il modo in cui sei scoppiato a piangere era un po’ esagerato."

Shun non rispose ; tenne lo sguardo a terra ed emise un sospiro che si trasformò quasi in un singhiozzo.

Hyoga continuò :

"Ma perché hai reagito così ? E’ solo negli esercizi di lotta che non riesci a cavartela.... Sembravi un altro..."

"Perché non mi piace ! !" esclamò Shun con una foga improvvisa "perché devo impegnarmi per cercare di fare male agli altri ? E perché gli altri accettano di farlo ? Nachi è stato davvero duro quando mi ha gettato a terra... non è stato attento.. io non capisco perché... Non abbiamo niente l’uno contro l’altro e allora che bisogno c’era di farci del male solo perché ce l’hanno ordinato ? ! ! !"

Hyoga lo fissò perplesso... Non si era mai chiesto una cosa del genere ma ancora una volta, Shun gli aveva aperto gli occhi e la mente...

 

...

 

Hyoga non osava addormentarsi...

Aveva studiato un piano per andarsene e nessuno glielo avrebbe impedito.

L’unica cosa che gli dispiaceva era che probabilmente, se fosse fuggito non avrebbe mai più rivisto Shun al quale sentiva di essere già affezionatissimo...

Ma doveva trovare suo padre, Alman di Thule...

Per quello era partito dalla Siberia, per quello la mamma era morta... Non che Hyoga sentisse di amare quel padre che non aveva mai conosciuto, ma credeva di doverlo alla memoria della mamma.

Era così eccitato e ansioso che riuscì benissimo a stare sveglio ; nonostante la giornata fosse stata estenuante e lui si sentisse decisamente stanco, non gli venne sonno.

Molto prima che suonasse la sveglia per tutti, si alzò.

Aveva pensato per tutta la giornata a un piano di fuga e gli mancava solo di metterlo in pratica.

Aveva visto dove erano tenuti i cesti della biancheria che quella mattina dovevano essere trasportati in lavanderia, al di fuori di quel cancello sbarrato...

Si nascose in uno di essi e attese.

Dopo un po’ di tempo, rannicchiato nel suo nascondiglio, cominciò a sentire i rumori e gli schiamazzi tipici della prima mattinata.

Tra un po’ qualcuno sarebbe venuto a prelevare quei cesti per caricarli su un camion e trasportarli fuori dalla villa.

Purtroppo la fortuna non era dalla parte del ragazzino ; il coperchio del cestino si sollevò e apparve il faccione di Mylock.

Hyoga gemette per la disperazione, mentre il gigante lo osservava esterrefatto.

Senza pronunciare parola, il brusco sorvegliante lo afferrò violentemente per un braccio e, come il primo giorno, sparì con lui all’interno della villa.

Poco dopo cominciò a borbottare :

"Fortunatamente mi sono ricordato di dover aggiungere qualcosa nella cesta ; guarda caso, proprio oggi il padrone è qui alla villa : sarà lui personalmente a punirti."

E così, pensò Hyoga, stava per conoscere il responsabile di tutto, l’uomo che aveva voluto lì tutti quei bambini...

Nessuno gliene aveva ancora rivelato il nome, anche perché lui non l’aveva chiesto... non gli interessava poi molto in realtà.

Ma adesso si chiedeva cosa avrebbe dovuto aspettarsi da quella persona misteriosa e fu colto dai brividi.

Salite alcune scale, continuando a stringere saldamente il braccio di Hyoga, Mylock bussò a un’enorme porta intarsiata.

Una voce dura e penetrante rispose dall’interno :

"Chi è ?"

"Sono Mylock signore ; le ho portato un ragazzino che cercava di fuggire."

"Entra !"

Mylock aprì la porta quel tanto che bastava per poter entrare, spingendo malamente avanti Hyoga che quasi perse l’equilibrio.

Su un’elegante poltrona stava seduto un giapponese abbastanza anziano, con un viso duro incorniciato da una curata barba nera.

Sulle sue ginocchia se ne stava appollaiata Saori, avvolta in un abitino azzurro eccessivamente caramelloso, pensò Hyoga disgustato.

La bambina lo squadrò con prepotenza e sbottò :

"Per colpa tua io e mio nonno siamo stati disturbati ! Non c’è mai e possiamo stare insieme così poco !"

Il nonno la guardò con condiscendenza :

"Da brava piccola ; lasciami parlare con questo sgorbietto e poi ti richiamerò."

Saori, imbronciata, scivolò lentamente dalle ginocchia dell’uomo e, senza guardare nessuno, si diresse verso la porta e scomparve.

Quindi, l’anziano signore si rivolse a Mylock :

"Lasciaci soli anche tu."

Mylock si inchinò ed uscì chiudendosi la porta alle spalle.

Hyoga e il vecchio si fissarono reciprocamente per lunghi secondi, poi l’uomo esordì :

"Tu sei Hyoga, quello che viene dalla Siberia ?"

"Sissignore !" rispose fieramente il bambino, cercando di nascondere il tremito nella sua voce.

"Io mi chiamo Alman di Thule... sei abbastanza grande per avere già sentito parlare di me immagino."

Hyoga emise un’esclamazione acuta, quindi balbettò :

"Pa... papà..."

"Non balbettare, non mi piacciono i deboli !"

Hyoga non aveva mai udito un tono di voce così glaciale.

Alman di Thule... suo padre si chiamava così... era stata la mamma a dirglielo.

Era talmente sconvolto da non sentire quasi ciò che l’uomo gli stava dicendo :

"Meriti una punizione per ciò che hai fatto : resterai chiuso nei sotterranei per tre giorni, senza mangiare e con l’acqua razionata."

Il piccolo non avrebbe mai immaginato che un padre potesse accogliere così il figlio che non aveva mai conosciuto ; sembrava che per lui fosse la cosa più naturale del mondo.

L’uomo sembrò accorgersi del suo sguardo sconvolto :

"Che c’è ? Non posso fare favoritismi verso uno dei miei figli... ne ho troppi e voglio che rispettino le regole !"

Troppi ? Ma dov’erano questi figli ?

Sembrava stravedere per quella nipotina ma...

Poi un’intuizione, una terribile consapevolezza si fece largo in lui : tutti i bambini ospiti della villa avevano madre straniera e padre giapponese.

Gli era sembrata una coincidenza bizzarra, ma se si fosse trattato di un padre comune ?

Quel padre, il padrone della villa, colui che li aveva raccolti perché diventassero guerrieri... Alman di Thule.

Ma perché ?

Per quale motivo avrebbe dovuto far nascere cento bambini e forse più, tenendo conto di possibili sorelle, tutti più o meno nello stesso periodo e in varie parti del mondo ?

E cosa c’entrava Saori, sua nipote ?

Perché quel trattamento privilegiato verso quell’antipatica bambina ?

E che dire del fatto che tutti i bambini avevano perso la madre ?

 

...

Saori, appollaiata sui gradini che conducevano al portone della villa, era pensierosa.

Quando Mylock era entrato con il bambino biondo, lei e suo nonno stavano parlando di un sogno che la ragazzina faceva sempre più frequentemente quasi tutte le notti : lei non era più Saori in quel sogno, ma una ragazza con uno scettro bellissimo in mano e una lunghissima tunica bianca, ed era circondata da giovanotti in armatura.

Suo nonno le aveva prestato molta attenzione, quindi aveva detto :

"Ascolta attentamente i tuoi sogni ; forse, col tempo, capirai da sola e se così non sarà, quando avrai l’età giusta, cercherò di chiarirti qualcosa".

Non aveva compreso affatto il senso di quelle parole.

Poi era giunto Mylock con il biondino e non avevano potuto approfondire.

"Come detesto Hyoga e tutti gli altri bambini ! !"

Non si era accorta di avere urlato.

Un ragazzino che passava in quel momento si fermò a fissarla : dai lunghi capelli neri e dal viso magro ed elegante riconobbe Shiryu.

Il ragazzino le si avvicinò, con una serietà quasi adulta dipinta sul volto :

"Perché hai nominato Hyoga ? Dov’è ? Gli è successo qualcosa ?"

La voce di quel bambino, dolce ma così matura per la sua età, riusciva a metterla in soggezione e ciò la fece infuriare ancora di più ; era abituata a sottomettere, non a farsi sottomettere.

"Non ti riguarda !" rispose con alterigia ed ergendosi in tutta la sua altezza... non troppa a dire la verità... arrivava a malapena alle spalle di Shiryu.

"Lasciala perdere ; da lei non otterrai nulla !"

Seiya, che appariva sempre in coppia con Shiryu, pronunciò quella frase con malcelato disprezzo.

"Come osi ?" sbottò Saori indignata.

Non sopportava quel ragazzino, le era più antipatico di tutti : le rispondeva sempre male, non esaudiva i suoi desideri né la rispettava.

Quella sua aria sostenuta e sbruffona la irritava profondamente ; chissà chi si credeva di essere ?

Un sorrisetto terribilmente crudele per una bimba di sette anni, si dipinse sul suo volto e, alzandosi sulla punta dei piedi, puntò il naso contro quello di Seiya :

"Il vostro amico se la sta vedendo brutta ; ha cercato di scappare e mio nonno sa essere molto severo !"

Seiya e Shiryu si guardarono : Seiya fremeva di rabbia e, quasi sicuramente, sarebbe saltato addosso a Saori se il compagno, più riflessivo e maturo, non l’avesse trattenuto.

 

...

 

Era passato un giorno dal tentativo di fuga di Hyoga.

Shun era preoccupato : il compagno sembrava scomparso nel nulla.

Chissà quale punizione poteva avergli inflitto Alman di Thule ?

Aveva visto poche volte quell’uomo, solo di sfuggita : lo terrorizzava ancor più di Mylock e tremava come una foglia ogni volta che lo vedeva ; cercava di farsi piccolo piccolo e di scomparire dietro al fratello.

Ora Hyoga era stato punito da lui in persona.

La mente infantile e fantasiosa di Shun cominciò a lavorare freneticamente, immaginando cose terribili che potevano essere capitate all’amico.

Forse non l’avrebbe mai più rivisto, forse... l’avevano ridotto in un tale stato da costringerli a mandarlo all’ospedale o, forse... l’avevano addirittura ucciso.

Era di nuovo rifugiato sotto il suo adorato albero... Considerava quella pianta quasi un sostituto del fratello.

Aveva una tal voglia di correre da lui per cercare conforto.

Perché aveva quella brutta sensazione, che Ikki cercasse sempre più spesso di stargli lontano ?

Era come se volesse evitarlo.

Lo odiava per la sua debolezza? Si vergognava di lui?

L’idea che Ikki potesse non amarlo più lo riempiva di sgomento.

"Hey femminuccia, tanto per cambiare piangi un po’ ?

Shun sussultò e si alzò velocemente quando si trovò davanti tre compagni...

Li conosceva bene... Erano Ban, Geki e Asher che, più di ogni altro, non perdevano occasione per tormentarlo.

"No.. non sto piangendo..." mormorò, sollevando un braccio per asciugarsi gli occhi.

"Da quando in qua sei diventato bugiardo ?" ghignò Asher.

Geki, un ragazzone grosso e dal viso tondo come una luna piena, allungò una mano e afferrò il polso di Shun, tirandolo verso di sé.

"Mi fai male" piagnucolò Shun, cercando di divincolarsi.

Senza badargli l’altro lo gettò a terra e gli piegò il braccio dietro la schiena, incurante delle urla di dolore del piccolo.

"Ehy... non esagerare" intervenne Ban "Sei il triplo di lui... rischi di romperglielo quel braccio !"

Senza allentare la presa, Geki ribatté :

"Quando saremo sotto addestramento rischieremo ben altro... Mylock non fa che ripeterci quanto sarà pericoloso... Questa femminuccia non resisterà un giorno !

"Smettila Geki e pensa piuttosto a quanto resisterai tu !"

Shiryu li osservava con il suo sguardo maturo e tranquillo.

Dietro di lui Seiya aveva già sollevato i pugni, pronto ad assalire i tre piccoli bulli.

Shiryu lo trattenne :

"Sono sicuro che non sarà necessario perché adesso questi tre lasceranno in pace Shun e spariranno dalla circolazione.... Non è vero Geki ?"

Come al solito, il tono di voce di Shiryu ebbe l’effetto desiderato.

Tutti i ragazzi nutrivano rispetto per lui, anche quelli più grandi... un rispetto dovuto più a sincera ammirazione che a paura.

Geki lasciò il braccio di Shun, che si sollevò a sedere reggendosi il gomito dolorante.

Il suo sguardo riconoscente era puntato sui due amici.

Geki e i compagni si allontanarono avviliti.

Shiryu e Seiya si sedettero accanto a Shun.

"Ti fa molto male ?" domandò Shiryu con la sua solita dolcezza.

Shun scosse la testa, facendo ondeggiare intorno a sé i lunghi ciuffi castani.

Aveva deciso che avrebbe cercato di essere forte d’ora in avanti.

Gli faceva male, ma non si sarebbe lamentato.

Seiya sembrò accorgersi di questa improvvisa determinazione :

"Lo so che ti fa male invece... ma mi fa piacere vedere che non piangi."

Shun riuscì anche a sorridere : gli costava una grande forza di volontà trattenere le lacrime, ma questa fu una delle prime volte in cui dimostrò di possederla questa volontà e di saperla usare benissimo.

In quel momento, ai due amici sembrò più grande : il suo sguardo esprimeva dignità, orgoglio quasi e Seiya e Shiryu ne rimasero stupiti.

Ci fu qualche attimo di silenzio prima che Seiya riprendesse la parola :

"Vieni con noi Shun ? Vorremmo andare a cercare Hyoga... probabilmente l’hanno rinchiuso nelle cantine come il primo giorno."

Shun scattò in piedi, ansioso di mettere in pratica quell’idea.

"Dov’è Ikki ?" gli chiese Shiryu "Credo che gli farebbe piacere venire con noi".

Il visetto di Shun si rattristò :

"Non lo so dov’è ; ho paura di averlo fatto arrabbiare."

"Tu ?" commentò Seiya con una risatina "Non riesci a fare arrabbiare nessuno, tantomeno tuo fratello !"

"Però, sembra che Ikki non voglia più stare con me" .

"Sono qui ragazzi !"

Ikki comparve improvvisamente dal nulla.

"Non voglio più sentirti dire simili sciocchezze Shun !"

Il fratellino lo guardava con un’adorazione tale, che Seiya e Shiryu non poterono fare a meno di scoppiare a ridere.

"Non ero molto distante" aggiunse Ikki "Sarei potuto intervenire io in aiuto di mio fratello ma non ho voluto. Anche voi due avreste dovuto lasciare che si arrangiasse."

Seiya e Shiryu si scambiarono uno sguardo stupito, mentre Shun comprese improvvisamente il significato del comportamento di Ikki.

Sollevò il volto, finalmente illuminato dal suo bel sorriso, verso quello del fratello.

Due sguardi non potevano essere più diversi e, nello stesso tempo, più complementari... come il giorno e la notte.

Come spesso accadeva, la durezza sul viso di Ikki si sciolse quando quelle due paia di occhi si incontrarono.

Si avvicinò a Shun e prese delicatamente tra le mani il braccio dolorante del piccolo.

A quel tocco Shun fece una smorfia, ma nuovamente resistette ed emise un lamento quasi impercettibile.

Ikki glielo massaggiò dolcemente :

"Non è niente di grave, fratellino... sai, sei stato molto forte prima... mi sei sembrato più grande del solito e quei tre si sono comportati da vigliacchi."

Shun, che era riuscito a non piangere nel momento più difficile, non riuscì invece a trattenere le lacrime di commozione per le parole di Ikki.

Questi sbuffò, assumendo un tono ironico :

"Mi sembrava troppo bello non vederti piangere per un giorno intero !"

Tutti, compreso Shun, scoppiarono a ridere.

Shiryu notò che Ikki teneva tra le mani un piccolo sacchetto di plastica :

"Cosa c’è lì dentro ?"

"Ah questo ? Be’, immaginavo che avreste voluto andare a cercare Hyoga e, dato che probabilmente l’hanno lasciato a digiuno, ho pensato di rubare qualcosa da bere e da mangiare nelle cucine".

Seiya spalancò gli occhi, pieno di ammirazione :

"Hai corso un bel rischio sai ?"

"Be’... sono abituato a prenderle, non mi spaventerebbe più di tanto l’idea".

"Ti capisco" rise Seiya "Anch’io ci sono abituato !"

"Dai muoviamoci" li incitò Shiryu "Tra un po’ sarà ora di cena e se non ci faremo trovare a tavola con gli altri le prenderemo tutti e quattro !"

Quando Hyoga udì i passi infantili avvicinarsi alla porta, comprese immediatamente di chi doveva trattarsi.

Infatti, dopo pochi istanti, la porta si aprì e Hyoga credette di rivivere da capo ciò che era successo il giorno del suo arrivo.

Seppure molto debole e depresso, il piccolo siberiano sorrise :

"Sapevo che sareste venuti" mormorò.

Erano quasi due giorni che non mangiava e beveva pochissimo, ed era privo di forze.

E’ facile quindi immaginare il sollievo e la riconoscenza che provò quando Ikki gli presentò il bottino da lui trafugato in cucina.

Rimasero con lui per qualche minuto, poi fu lo stesso Hyoga a metterli in guardia :

"Dovete andare ; tra poco chiameranno per la cena".

I quattro amici lo salutarono e, chiusa la porta alle loro spalle, si ricordarono di sprangarla nuovamente perché nessuno potesse nutrire sospetti.

Shun si voltò indietro parecchie volte :

"Poverino... tutta la notte da solo in quel posto terribile... e ha perso la mamma da così poco tempo..."

"Non essere triste fratellino" lo rincuorò Ikki "Hyoga non è un fifone, l’ho capito subito e noi l’abbiamo tirato su di morale..."

 

...

 

Intanto, Hyoga rifletteva : dalla chiacchierata che avevano fatto, si era reso conto che nessuno di loro era a conoscenza della verità su Alman di Thule.

Probabilmente erano rimasti orfani troppo piccoli per sapere quale fosse il nome del padre...

Sua madre aveva avuto il tempo di nominarglielo prima di lasciarlo solo.

Avrebbe dovuto parlarne agli altri ?

Decise che era meglio non farlo...

Erano suoi amici e temeva di angosciarli troppo.... i ragazzini ospiti della villa non amavano Alman, lo ritenevano un aguzzino... avrebbero preso malissimo quella sconvolgente realtà e poi non era sicuro al cento per cento che fosse proprio vero.

Sospirò... anche per lui sarebbe stato meglio dimenticare tutto...

Presto avrebbero mandato lui e i compagni lontano da quel posto e un giorno, forse, tutto sarebbe venuto a galla...

Non aveva perso la speranza di capirci qualcosa in quella bizzarra situazione.

 

CAPITOLO 1

UN DESTINO SCRITTO NELLE STELLE

Nei verdi giardini di Villa Thule, risuonavano le grida allegre dei bambini.

Era un momento divertente perché era stata organizzata una partita di calcio...

Erano stati scelti undici bambini per squadra e gli altri fungevano da riserve.

Ikki, in veste di portiere, lanciava energiche incitazioni alla propria squadra, soprattutto a Shun.

Il piccolo e i suoi tre amici erano decisamente i più abili...

Seiya e Shun, i più piccoli in quanto a dimensioni, si esibivano in spettacolari dribbling e sembrava che nessuno riuscisse a fermarli.

Anche Hyoga e Shiryu erano bravissimi.

Ad un certo punto si trovarono tutti e quattro davanti alla porta avversaria e saltarono nello stesso momento, per colpire il pallone con la testa.

La palla sgusciò in mezzo a loro, quasi prendendoli in giro e le loro fronti per poco non si scontrarono.

Ricaddero a terra gli uni addosso agli altri, ridendo come raramente avevano fatto.

Ci fu un momento in cui Shun fu fronteggiato da Asher, il quale non si dimostrò affatto un campione di lealtà atterrando il piccolo con uno sgambetto.

Shun cadde malamente e sentì un forte dolore alla caviglia.

Questa volta non riuscì a dimostrarsi coraggioso e scoppiò in lacrime, ancora più umiliato dalle risate canzonatorie di Asher.

Ikki percorse con una velocità straordinaria i metri che lo separavano da quella zona del campo e, dopo pochi istanti, fu Asher ad essere scaraventato a terra...

"Sempre a proteggerlo eh ?" sbottò questi rialzandosi "Come farà tra poco, quando non avrà più la sua ombra pronta ad accorrere ad ogni lacrimuccia ?"

Ikki l’avrebbe assalito di nuovo, ma fu afferrato per la collottola da una mano gigantesca.

"Che cosa succede qui ? !" ruggì Mylock, allontanando malamente Ikki da Asher.

"Vedete di mantenere l’ordine o ve lo faccio mantenere a suon di frustate! a tutti e due!"

Poi, lanciando un’occhiata a Shun ancora singhiozzante, aggiunse :

"Anzi, a tutti e tre... Smettila di frignare o preferisci che ti dia un buon motivo per farlo ?"

Shun, tremante, si fece più piccolo che poté, ma si impose di ricacciare indietro le lacrime.

"Ora basta giocare" concluse il sorvegliante "Tornate tutti in palestra !"

Quindi si ritirò nuovamente tra le fila dei guardiani.

"Be’ Ikki... pare che ve la siate cavata" disse Seiya con un sorrisino.

Ikki non rispose...

Aveva puntato su Shun due occhi tristi e severi al tempo stesso.

Il fratellino non riusciva a sopportare quello sguardo, nel quale il rimprovero si univa ad un’ansia infinita.

 

 

 

Più tardi, verso sera, i ragazzi ebbero un po’ di libertà prima di cena.

Ikki, vedendo il fratellino terribilmente depresso, si avvicinò a lui e lo prese per mano.

"Vuoi venire a fare due passi con me ?"

Shun annuì e lo seguì docilmente fino al parco alberato.

Camminarono in silenzio, tenendosi per mano, fino al solito albero.

Qui si sedettero sull’erba, sotto le fronde che dialogavano con la brezza serale.

Shun si prese le ginocchia tra le braccia e si rannicchiò accanto al fratello, come se cercasse la sua protezione.

A quel contatto, Ikki poté accorgersi che il piccolo tremava come una foglia.

"Shun, non ti senti bene ? Hai freddo ?"

"No..." rispose Shun in un flebile sussurro "No Niisan... sto bene..."

Ikki non gli credeva ; non l’aveva mai visto così abbattuto e depresso.

Delicatamente gli pose una mano sotto al mento e lo costrinse a sollevare il viso...

Non si era sbagliato ; Shun stava piangendo di nuovo, ma questa volta il suo pianto aveva qualcosa di ancora più doloroso...

Non erano i tipici singhiozzi di un bambino... Era un pianto silenzioso, adulto in un certo senso.

Ikki sospirò e scosse la testa...

"Scu... scusami Ikki..." balbettò Shun "Io... vorrei essere forte come desideri ma... all’idea che presto dovrò allontanarmi da te...."

E credi che per me sia diverso fratellino ? Pensò Ikki, ma tenne quel pensiero per sé.... Era fondamentale che Shun non notasse la sua disperazione.

Possibile che questa volta non gli fosse possibile aiutarlo ? Che dopo sette anni passati a proteggerlo da ogni minima difficoltà, adesso avrebbe dovuto permettere che lo mandassero da solo chissà dove per un addestramento alla guerra ?

Un addestramento alla guerra, già.. proprio lui, quel bambino incapace quasi di alzare le mani anche solo per difendersi...

Era terribile per Ikki, il pensiero di non poterlo aiutare come al solito, di doverlo lasciare in balia di eventi ancora incomprensibili.

Mylock l’aveva detto chiaro e tondo a tutti... probabilmente, parecchi di loro avrebbero perso la vita in quell’addestramento.

Ikki era sicuro di avere qualche possibilità di farcela, ma Shun...

Si sentiva soffocare all’idea che il fratello fosse tra quelli con meno probabilità di sopravvivere... ma era inutile nasconderselo.... Era proprio così purtroppo.

Assalito da quei pensieri, Ikki stava per lasciarsi vincere dalla disperazione ; avrebbe voluto urlare per la frustrazione ma, per il bene di Shun, non doveva farlo...

No... doveva convincersi che Shun poteva riuscire.... doveva convincere se stesso e anche Shun...

Si alzò di scatto, costringendo il fratello a fare altrettanto.

Quindi, sotto gli occhi sgranati del piccolo, cominciò a tempestare di pugni la corteccia, scalfendola con ulteriori impronte.

Dopo qualche minuto smise e i suoi occhi decisi si posarono su Shun.

"Prova tu adesso !"

Il piccolo deglutì... Gli sembrava una cosa impossibile.

Ma lo sguardo del fratello non ammetteva repliche.

Shun si avvicinò alla corteccia e, dopo parecchia esitazione, la sua piccola mano colpì il legno, in modo non troppo convinto.

Tuttavia gli sembrava di avere usato parecchia forza, perché sentì un dolore atroce alle nocche.

Le lacrime triplicarono mentre osservava le ferite scarlatte che si erano aperte nella pelle.

"Non ce la faccio Ikki-niisan!" piagnucolò disperatamente.

Ikki gli posò le mani sulle spalle :

"Shun, ascoltami... la vita è stata crudele con noi e sappiamo che presto, lo sarà ancora di più... Ma noi dobbiamo dimostrare di essere più forti del destino... dobbiamo farlo per poterci incontrare ancora dopo l’addestramento... Dobbiamo farlo per noi due !"

"Ma Niisan... sei anni... dovremo stare lontani sei anni..."

"E in questi sei anni andremo avanti da soli, ma pensando sempre ad una cosa... che dobbiamo farcela per stare di nuovo insieme ! Questo pensiero dovrà aiutarci... il nostro incontro dovrà essere il nostro scopo, la nostra motivazione per non arrenderci e per sopravvivere ! Grazie a questo potremo essere più forti di tutti ! Pensa a quelli che non hanno nessuno da cui tornare... credi che stiano meglio di noi ?"

Shun socchiuse i suoi begli occhi simili a giade, pensando a Hyoga, a Shiryu, che erano rimasti completamente soli, senza affetti, eppure non si abbattevano.

"No... hai ragione... però..."

"Ascolta... tu mi vuoi bene, vero Shun ?

Shun spalancò gli occhi, come se gli avesse fatto la domanda più sciocca che si potesse immaginare :

"Io...Niisan... te ne voglio tanto..."

"Allora fallo per me... diventa forte per farmi felice... perché io non debba stare in ansia per te... così, potrò anch’io lottare serenamente sapendo che un giorno, rivedrò mio fratello e potrò riabbracciarlo !"

Con un ultimo singhiozzo, Shun si gettò tra le sue braccia.

Rimasero così, stretti l’uno all’altro, mentre il tramonto dipingeva con un gigantesco pennello intinto di rosso, il prato e le fronde degli alberi.

 

...

 

Qualche mattina dopo, un silenzio insolito ed irreale serpeggiava tra i giardini di Villa Thule.

I bambini erano raccolti in piccoli gruppi e bisbigliavano tra loro, tesi e visibilmente ansiosi.

Alcuni sedevano solitari e malinconici, senza rivolgere parola ad alcuno.

Ikki era preoccupato per suo fratello : sembrava scomparso nel nulla.

Il campanello che chiamava tutti i bambini a raccolta, squillò improvvisamente facendolo sussultare.

Non era l’unico ad aver avuto quella reazione.

Il trillo che scandiva tutte le loro giornate, quel giorno suonava particolarmente come una condanna : i bambini stavano per scoprire quale sarebbe stata la loro sorte.

I ragazzini sbucavano da ogni angolo, ma non si affrettavano come al solito... Era come se stessero marciando verso un’esecuzione di gruppo.

Nessuno era felice di dover partire : certo non stavano bene alla villa, ma lì, almeno, avevano delle certezze ed erano tutti insieme.

Ora, il loro futuro stava per trasformarsi in un immenso punto interrogativo : non capivano e nessuno si era preoccupato di spiegarglielo se non vagamente, cosa si volesse da loro e cosa avrebbero dovuto aspettarsi.

L’unica cosa chiara a tutti era che si trattava di una cosa pericolosa, nella quale la maggior parte di loro avrebbe perso la vita.... Mylock era stato chiaro in modo impietoso su questo punto.

Ikki vide Seiya, Hyoga e Shiryu spuntare tutti insieme dal boschetto.

Sperava che ci fosse anche Shun con loro, ma dovette ricredersi : il suo fratellino non appariva da nessuna parte.

"Ma dove sarà finito ? Così si caccerà nei guai !"

Seiya, che aveva notato l’amico, sollevò una mano in segno di saluto : nonostante una certa tensione, il vivace piccoletto sembrava non aver perso l’abituale spavalderia ; il solito sorriso, gioviale e sbruffone, splendeva sul bel volto abbronzato.

Hyoga e Shiryu apparivano più seri e pensierosi.

Ikki corse loro incontro.

"Cosa ci facevi lì immobile ?" gli domandò Seiya "lo sai che se non scattiamo al suono del campanello, crapa pelata comincerà a strillare."

Si zittì, notando la palpabile tensione del compagno.

"Che cosa c’è ? Proprio tu hai paura ?"

Ikki lo guardò malissimo :

"Non dire sciocchezze... Sono preoccupato per Shun... non riesco a trovarlo..."

"Ora che ci penso" intervenne Hyoga "Sta sempre con noi e adesso è parecchio che non lo vedo. Pensavo fosse con te !"

Ikki sospirò :

"Io invece, speravo che fosse con voi".

"Non è da lui..." osservò Shiryu "Secondo me è spaventato e si è nascosto da qualche parte. Che cosa facciamo ? Se non rispondiamo subito alla chiamata verremo puniti."

"Voi andate" rispose Ikki "Io cercherò mio fratello. Non è necessario che finiamo tutti nei guai !"

"Io ti aiuterò a cercarlo !" esclamò Seiya con decisione, i grandi occhi scuri ardenti per l’entusiasmo.

"Anch’io !" proruppero Hyoga e Shiryu ad una sola voce.

"Ma davvero... non serve..." protestò Ikki.

"Shun è anche nostro fratello" si lasciò sfuggire Hyoga senza riflettere "ed è giusto che ti aiutiamo !"

"Cosa vuol dire che è anche vostro fratello ?" chiese Ikki un po’ sconcertato.

Hyoga, resosi conto dell’errore commesso, balbettò :

"No... volevo dire che... è un amico fraterno.... che ci vogliamo bene come fratelli..."

Gli altri sembrarono non rendersi conto della poca convinzione che Hyoga, aveva messo in quelle parole.

"Già" rise Seiya "se è così sono pienamente d’accordo !"

"Sì" aggiunse Shiryu "Anch’io voglio bene a Shun come se fosse un mio fratellino... anche a voi... ho quasi la sensazione che tutti i ragazzi, qui, siano miei fratelli a volte... non è strano ?"

Rimasero un attimo in silenzio...

Non se ne erano resi conto fino ad ora, ma quei sentimenti erano comuni a tutti loro.

Solo Hyoga, tuttavia, era in grado di comprenderli nel loro autentico significato.

Comunque non avrebbe detto niente : perché sconvolgere tutti quanti con una notizia di cui, tra l’altro, non aveva prove ?

In una giornata già di per sé sconvolgente poi ?

"Grazie ragazzi" stava dicendo Ikki, il volto solitamente duro ora prossimo alla commozione "Allora muoviamoci ; tremo all’idea che questa volta, non riuscirò a salvarlo dalla punizione !"

 

Shun era rannicchiato, tremante e in lacrime, dietro a un gruppo di barili, nelle cantine.

Se qualcuno fosse entrato non l’avrebbe visto : si era fatto ancora più piccolo di quel che era e, dietro a quelle botti, scompariva letteralmente.

Aveva udito, in lontananza, il suono del campanello ed era scattato in piedi per un attimo, senza riuscire a reprimere un urletto con la sua vocina squillante.

Aveva quasi deciso di rinunciare alla sua idea e di obbedire al richiamo.

Ma dopo il momento di panico, pensò che non ce ne sarebbe stato bisogno : non sarebbe stato punito perché nessuno l’avrebbe più rivisto.

"Adesso chiuderò gli occhi e mi addormenterò qui ; non mi risveglierò mai più".

Dopo pochi minuti, distante come in un sogno, gli parve di udire la porta che si apriva.

"Shun, sei qui ?"

La voce di Ikki sembrava provenire da un mondo infinitamente lontano.

"Che bello" pensò "Mi addormenterò per sempre con la voce di Ikki che mi parla."

"Shun !"

"Shun, se sei qui rispondi, ti prego !"

"Dai, non farci stare in pensiero !"

C’erano anche gli altri, i suoi tre più cari amici.

Shun aprì gli occhi e, improvvisamente, si rese conto che non stava sognando : Ikki, Hyoga e gli altri lo stavano cercando ed erano preoccupati per lui.

Un’idea terribile gli balenò nella mente : la campanella era suonata da un pezzo e i ragazzi sarebbero stati puniti a causa sua...

Come aveva potuto essere così egoista ?

Tremando, sgusciò carponi dal suo nascondiglio.

"Ni... niisan..." balbettò con un flebile sussurro.

Ikki, Seiya, Shiryu e Hyoga osservarono senza parole quella figurina esile che parve materializzarsi dall’oscurità stessa : Shun sembrava davvero più piccolo e fragile che mai.

Sul volto di Ikki, lo stupore lasciò il posto ad un’espressione furiosa.

Sollevò i pugni e si gettò contro il fratellino.

I compagni emisero un’esclamazione di spavento, temendo che Ikki volesse picchiarlo.

Invece afferrò il bimbo per le spalle e lo sollevò da terra, scuotendolo brutalmente e urlando :

"Piccolo incosciente vigliacco ! Ora ci farai punire tutti ! Immagino che sarai soddisfatto !"

Gli amici erano impalliditi : non avevano mai visto Ikki rivolgersi così a Shun.

"Dai Ikki, calmati" cercò di tranquillizzarlo Shiryu "Non voleva fare niente di male... pensa a come deve sentirsi..."

La sua voce ebbe, come al solito, l’effetto desiderato ; Ikki allentò la stretta e smise di gridare.

Un attimo dopo, le sue spalle furono scosse dai singhiozzi e il suo viso sempre così duro si inondò di lacrime...

I ragazzi lo osservavano senza sapere come reagire : non l’avevano mai visto piangere.

"E come credete che mi senta io ?" singhiozzò "Tutti si dimenticano che ho solo due anni più di mio fratello... è sempre lui quello da proteggere.... Eppure anch’io sono spaventato e ho paura del futuro !"

Nessuno osò replicare...

"Però" continuò il ragazzo "è anche vero che... quello che mi spaventa di più, è il pensiero che non potrò più essere con te Shun... Ho cercato di non farti capire quanto stavo male... ma ho bisogno di confidarmi con te adesso... Vorrei proteggerti tutta la vita fratellino... e sapere che non potrò farlo... che tu, tra poco, sarai da solo chissà dove... mi fa stare male..."

Sconvolto dal dolore del fratello, come spesso accadeva, Shun dimenticò completamente il proprio : come altre volte, reagì in un modo inaspettato, lasciando gli altri perplessi a chiedersi se quel piccolo angelo fosse davvero il più fragile di tutti loro.

Sul suo pallido viso l’angoscia svanì, per lasciare il posto ad un sorriso sereno ; allungò una mano e, con delicatezza, asciugò le guance di Ikki, bagnate di pianto.

"Niisan, non preoccuparti ; ti ricordi la nostra promessa, quella che ci siamo scambiati sotto il nostro albero ? Ci vogliamo bene e questo ci darà la forza per riuscire, il pensiero di poterci rivedere ci renderà forti... Smettila di piangere per me... farò del mio meglio per farti felice, perché tu, quando ci rivedremo, possa essere orgoglioso di me..."

Ikki lo strinse a sé in un abbraccio caloroso :

"Ma io sono già orgoglioso di te... scusa per come ti ho assalito..."

"Non devi scusarti... Ho sbagliato... meritavo qualcosa di peggio... Avrei meritato che mi picchiassi..."

"Tranquillo Shun" scherzò Seiya per sdrammatizzare "Tra poco sarà crapa pelata a farlo al suo posto e noi ti faremo compagnia !"

 

...

 

Saori, con il suo portamento impettito, se ne stava superba vicino a Mylock il quale sbraitava ogni insulto possibile indirizzato ai cinque ragazzi che non erano presenti all’appello.

Nel centro dell’immenso giardino, nel grande parco della villa, era stato montato un piccolo palco, nel mezzo del quale un piedistallo reggeva una grossa scatola con un foro sul lato superiore.

Saori e Mylock erano in piedi su quel palco improvvisato e i soliti sorveglianti, con cani ringhianti al guinzaglio, erano disposti intorno, con gli occhi coperti dagli anonimi occhiali scuri.

I ragazzi, da parte loro, evidentemente avvezzi a quella sorveglianza da carcerati, apparivano più intimoriti da quello scatolone che attirava come una calamita cento paia di occhi ansiosi.

Tutti loro sapevano che quell’oggetto dall’apparenza insignificante, racchiudeva il loro futuro.

La piccola Saori era sconcertata : solitamente avrebbe riso nel vedere le espressioni spaventate sul volto dei ragazzi.

Ma quel giorno, stranamente, si sentiva coinvolta nella loro sorte ; non sapeva spiegarsi come e perché, ma intuiva che anche il suo futuro era in qualche modo legato al contenuto di quella scatola.

Era certa, pur non comprendendone il motivo, che quei bambini sarebbero andati a rischiare le loro vite per qualcosa che riguardava anche e forse soprattutto lei...

Si sentiva responsabile...

Provava pena per loro, un sentimento a lei del tutto sconosciuto... Per questo la faceva stare così male : lei, sempre fredda e superiore a tutti, ora sentiva un terribile groppo in gola nell’osservare quei visetti terrorizzati che fino al giorno prima aveva deriso...

Cos’era questo desiderio di proteggerli e, nello stesso tempo, di essere protetta da loro ?

Sapeva che il loro sacrificio era necessario, ma la sua anima si lacerava....

Avrebbe voluto tenerli lontani dai pericoli, ma quei pericoli erano inevitabili...

Un dovere che doveva essere compiuto per qualcosa di superiore a tutti loro, lei compresa...

Ma cosa c’entrava lei ?

Perché doveva prenderla così ?

Aveva forse a che vedere con il sogno che ormai la perseguitava ogni notte ?

A dire il vero, ora, quelle immagini le apparivano sempre più spesso anche durante il giorno : le capitava, senza preavviso, di cadere in una specie di torpore e di vedere se stessa fanciulla, ai piedi di un’enorme statua antica, femminile, forse una dea... una divinità guerriera in armatura, con un grosso scudo in una mano e una nike alata senza testa nell’altra...

E insieme a lei, intorno a questa statua, i soliti, giovanissimi guerrieri...

Ma a proposito di questi, nelle ultime visioni era cambiato qualcosa : prima erano personaggi senza volto mentre adesso, alcuni di loro avevano assunto una fisionomia...

Le sembrava di riconoscerli...

Soprattutto cinque le erano rimasti particolarmente impressi...

Cinque ragazzi in armatura che la circondavano come per farle scudo, mentre una strana luce scaturiva dai loro corpi.

Non ricordava perfettamente il loro aspetto ma solo particolari, dettagli che identificavano quei guerrieri adolescenti...

Lunghissimi capelli neri e un portamento nobile ; occhi a mandorla, azzurri, limpidi quasi come il ghiaccio ; uno sguardo duro e deciso, temperato da coraggio e generosità ; due immensi occhi verdi, sognanti e buoni; un sorriso vivace e sbruffone illuminato da un paio di grandi occhi neri pieni di ardore...

Erano queste le caratteristiche di quei cinque guerrieri che, da qualche giorno, le avevano toccato il cuore.

E lei conosceva quei cinque ragazzi....

Improvvisamente ne fu convinta...

Sapeva chi erano...

Cos’era questa nuova personalità che la richiamava all’amore verso il prossimo, questo desiderio di fare qualcosa per gli altri, per il mondo intero ?

Era immersa in questi pensieri, decisamente troppo complicati perché una ragazzina di sette anni potesse farvi completamente chiarezza, quando la voce di Mylock, salita di parecchie tonalità, fece sobbalzare persino lei che, sicuramente, non aveva nulla da temere da quell’uomo.

Le fu subito chiaro il motivo di quelle grida : erano comparsi i cinque ritardatari.

Alcune guardie li circondarono con i cani i quali, ringhiando, mostrarono i denti ai bambini.

I cinque ragazzi si strinsero gli uni agli altri.

Mylock scese dal palco e, a grandi passi, si diresse vero di loro.

"Vi servirà una scusa più che convincente per giustificare il vostro comportamento... Non per sfuggire alla punizione ovviamente, ma per renderla leggermente meno dolorosa !"

Sorprendentemente, fu proprio Shun a rispondere al sorvegliante, con la sua vocina timida e umile :

"Mi dispiace ; non punisca gli altri, è stata tutta colpa mia... Sono in ritardo perché sono venuti a cercarmi..."

Mylock, come tutti i presenti, rimase alquanto perplesso per l’atteggiamento del piccolo, ma non si lasciò intenerire.

Lo guardò e incrociò le braccia :

"Se proprio lo desideri sarai il primo a subire il castigo, ma questo non salverà gli altri..."

Shun si gettò in ginocchio di fronte a lui e abbassò lo sguardo, scoppiando a piangere :

"La prego... lasci stare gli altri... accetterò anche le loro punizioni..."

Erano tutti colpiti, persino Mylock e i suoi imperturbabili assistenti.

Crapa pelata, tuttavia, scoppiò in una risata sprezzante e, senza troppi complimenti, afferrò un braccio di Shun costringendolo ad alzarsi :

"Se è proprio quello che vuoi ti accontenterò... sarai punito solo tu, sul palco, davanti a tutti, in modo che serva da esempio ai tuoi compagni..."

Così trascinò il bambino, che non oppose alcuna resistenza, in direzione del palco.

Ikki sembrava impazzito : non poteva sopportare di veder maltrattare il suo fratellino senza poter intervenire.

Sicuramente sarebbe saltato addosso a Mylock se uno dei guardiani non lo avesse afferrato saldamente, impedendogli ogni minimo movimento.

Ikki urlava con tutto il fiato che aveva in gola, pregando Mylock come non aveva mai fatto.

Mai prima d’ora aveva accettato di umiliarsi chiedendo pietà a quell’odiosa persona : non ci avrebbe neanche pensato per se stesso, ma in quel momento avrebbe strisciato davanti a lui purché togliesse quelle sporche mani di dosso al suo fratellino.

Intanto, Mylock e Shun erano giunti in cima al palco e il piccolo si voltò alle urla del fratello maggiore : Ikki si era aspettato di vedere il suo visino spaventato inondato di lacrime.

Invece, gli occhi del piccolo erano completamente asciutti e il volto illuminato da quell’umile e bellissimo sorriso che apparteneva solo a lui e che, in quel momento, era tutto per Ikki...

Il ragazzo sentì un grande orgoglio crescergli dentro :

"Quello è mio fratello e diventerà un grande uomo !"

Probabilmente, Shun avrebbe affrontato peggio la punizione assistendo alla reazione incontrollata del fratello...

Così, Ikki si impose di calmarsi e ricambiò il sorriso del bimbo, strizzando un occhio in segno di complicità.

Mylock legò le mani di Shun a uno dei pali che reggevano la tettoia del palchetto improvvisato.

Che bisogno c’era ? Si chiese Saori ; Shun non sarebbe andato da nessuna parte e comunque non sarebbe stato in grado di difendersi.

La duchessina non aveva mai assistito di persona alle punizioni riservate agli altri bambini e, quando Mylock impugnò il bastone per compiere il crudele gesto anche lei, che solitamente tendeva a pensare solo a se stessa, si impressionò e, chissà perché, sentì che proteggere quei bambini era un impulso che cresceva ogni giorno dentro di lei.

Così non poteva andare, si disse ; c’era qualcosa di sbagliato in quella situazione.

Quei ragazzi non erano nati per essere trattati in quel modo disumano ; non erano schiavi....

Erano destinati a qualcosa di nobile.

Soprattutto Shun, Ikki e i loro tre amici sarebbero stati fondamentali per lei in futuro : un giorno, da loro sarebbero dipesi avvenimenti molto importanti e lei avrebbe dovuto loro moltissimo.

Quelle premonizioni la sgomentavano..

Suo nonno, ogni volta che lei gliene accennava, assumeva un atteggiamento ambiguo, ma non appariva stupito...

Ma perché il suo adorato e affettuoso nonno permetteva che Mylock trattasse così gli altri bambini ?

Il primo colpo di Mylock stava per partire ; Shun chiuse gli occhi, stringendoli più che poté.

"Fermati Mylock !" gridò una vocina autoritaria.

Saori aveva afferrato saldamente il bastone, con una fermezza tale in quelle manine che tutti ne rimasero sbigottiti.

Come aveva potuto quell’esserino minuscolo bloccare così istantaneamente le forti braccia del sorvegliante ?

Mylock la guardò, piuttosto teso e nervoso.

"Che succede signorina ?" borbottò.

"Non abbiamo tempo per queste sciocchezze ! Desidero che iniziamo subito quello che dobbiamo fare !"

"Ma... non possiamo lasciarlo impunito !"

"Io dico di sì... Mio nonno non sarebbe contento se sapesse che mi hai fatto assistere a uno spettacolo del genere.... lo sai che non ha mai voluto !"

Mylock arrossì visibilmente : sapeva benissimo che per il duca Alman quella bambina era l’essere più prezioso sulla faccia della terra e lui, al suo confronto, era ritenuto meno che zero.

Se Saori si fosse lamentata di lui con suo nonno, chissà quale asso nella manica avrebbe tirato fuori il potente duca per farla pagare a chi non aveva soddisfatto il suo gioiello.

"Voglio che sleghi Shun immediatamente ! !" concluse Saori, guardandolo con il suo fiero cipiglio.

Soggiogato, Mylock obbedì.

Finalmente libero, il bambino rimase qualche istante immobile, non osando guardare in faccia nessuno.

Poi raccolse quanto più coraggio poté e posò lo sguardo su Saori, con un misto di timore e gratitudine.

Solitamente, quando gli occhi azzurri della duchessina si posavano su di lui, erano crudeli e canzonatori.

Ma questa volta Shun vide uno sguardo diverso... non c’era ombra di cattiveria...

Gli parve di intravedere un fondo di dolcezza in quegli occhi gelidi.

Tuttavia, la voce della bimba fu dura come al solito quando gli parlò :

"Dai, togliti dai piedi e vai ad aspettare il tuo turno ! ! "

Shun non si spaventò : annuì con un sorriso e, invece di usare le scale, saltò agilmente giù dal palco.

Quindi corse incontro al fratello che lo abbracciò, visibilmente commosso e sollevato.

Anche i loro tre amici si strinsero intorno ai due fratelli e coccolarono Shun come se fosse stato molto più piccolo di tutti loro.

Gli altri bambini avevano dato il via a un assordante chiacchierio : stavano commentando l’accaduto, osservando Saori ..

Era chiaro chi fosse l’argomento della conversazione.

L’atteggiamento della bambina che quasi tutti, tranne forse Asher, odiavano, aveva colpito i piccoli ospiti della villa.

"Fate silenzio !" sbraitò Mylock, che intendeva ristabilire tutta la sua autorità dopo l’umiliazione che aveva subito.

La voce del gigante, unita ad un solo sguardo dei corpulenti custodi con i cani, fece spegnere le voci in ultimo, leggero brusio.

Dopo essersi guardato intorno per accertarsi che tutto fosse a posto, Mylock si schiarì la voce ed esordì con il suo discorso :

"Vi trovate qui riuniti oggi, per estrarre da questo contenitore il nome della vostra destinazione...Ognuno di voi verrà addestrato per diventare un cavaliere di bronzo... un sacro guerriero di Athena per l’esattezza... Se riuscirete otterrete un’armatura, di bronzo appunto, che dovrete riportare qui in Giappone tra sei anni... Ciascuna armatura rappresenta una costellazione e racchiude i poteri cosmici di quella costellazione... se non morirete durante l’apprendistato, quella costellazione diventerà la vostra guida... la vostra vita sarà irrimediabilmente legata ad essa !"

Saori sentì il dovere di farsi avanti...

Non le sembravano precise le spiegazioni di Mylock....

Non sapeva come, ma sentiva di saperne più di lui...

Quindi interruppe Mylock e continuò :

"Voi ancora non lo potete capire... in realtà ogni armatura sa già a chi deve appartenere di diritto... dovete solo dimostrarvi degni di questo diritto... Il vostro destino è segnato da una costellazione, fin da quando siete nati... non si tratta del vostro segno zodiacale... certo, anche questo esercita il suo influsso, ma sarà più utile se, in futuro, qualcuno di voi meriterà di salire più in alto nella gerarchia cavalleresca... solo i cavalieri più nobili possono indossare l’armatura del segno zodiacale sotto cui sono nati... Ma questo non ha importanza adesso... per ora si tratta solo di stabilire quale costellazione, possiamo dire minore anche se non è proprio esatto, vi ha scelti...L’estrazione di oggi sarà guidata dal destino... serve soltanto perché anche noi possiamo conoscere ciò che le stelle sanno già, per farci sapere dove dobbiamo mandarvi !"

Si bloccò di colpo : non poteva credere di essere stata lei a parlare...

Non ne aveva mai saputo niente di tutta questa storia.

Un impulso le aveva fatto prendere la parola e la voce era uscita spontanea.. Ma non sembrava appartenerle..

Anzi sì... le apparteneva, ma non alla piccola Saori...

A volere che lei parlasse era stata quella fanciulla tredicenne dei suoi sogni, la Saori futura.

Una cosa del genere era già accaduta parecchi anni prima... Ma come poteva lei ricordare qualcosa, anche se solo vagamente, avvenuto quando lei non era ancora nata ?

Quando forse neanche Mylock era ancora nato... neanche suo nonno... nessuno di coloro che erano vivi adesso...

Le sembrò di essere sommersa da una marea di ricordi confusi, ricordi che si perdevano nella notte dei tempi.

Sì, qualcosa di simile era già accaduto e più di una volta : un avvenimento che si ripeteva nei secoli, quando un momento particolarmente critico per il pianeta lo richiedeva.

Perché era assalita da quei pensieri ?

Si sentiva soffocare e aveva una gran voglia di piangere ; ma non l’avrebbe mai fatto davanti a tutti, così si impose il solito autocontrollo.

Intanto , i bambini avevano cominciato a sfilare sul palco ; uno ad uno aprivano i bigliettini estratti davanti a Mylock.

Saori si riscosse durante il turno di Hyoga.

La bambina notò come il biondino stesse facendo di tutto per apparire freddo ed indifferente.

Da quegli occhi belli e glaciali non trapelava la minima emozione.

Ma quando estrasse il pezzo di carta e lo aprì, il tremito della sua mano fu evidente.

Hyoga lesse e non riuscì a reprimere un’esclamazione.

Era una reazione comprensibile : Hyoga sarebbe andato in Siberia.... sarebbe tornato a casa e avrebbe rivisto i posti dove era nato e cresciuto.

Il piccolo, ormai, non si curava più di nascondere ciò che provava e mentre scendeva dal palco, tutti videro il suo volto inondato di lacrime.

Ma l’attenzione di Saori era ora rivolta a Shiryu, che aveva appena infilato la mano nel contenitore.

Ostentava molto autocontrollo, ma il suo volto affabile era alterato da una certa tensione.

Aprì il biglietto e con la sua vocina gentile lesse :

"Cinque Picchi, Cina !"

Shiryu era stato fortunato, pensò Saori : il suo maestro sarebbe stato un uomo giusto e degno di stima.

Scosse la testa, confusa... un altro pensiero involontario.

Come poteva sapere, lei, chi era il maestro dei Cinque Picchi ?

E perché nella sua testolina si era materializzata l’immagine di un uomo piccolo, terribilmente anziano, appollaiato su un altissimo lastrone di roccia ?

Era un vecchio saggio, seduto con le gambe incrociate, assolutamente immobile...

Contemplava un punto lontano davanti a sé.

Cosa stava guardando ?

"Il sigillo ! Sta per spezzarsi !"

Cos’era quel grido di allarme esploso nella sua mente ?

Cosa le stava succedendo ?

Cosa c’entrava un sigillo che stava per spezzarsi ?

Quale sigillo ?

In quel momento, udì una vocetta baldanzosa :

"Atene, Grecia !"

Si trattava di Seiya.

Nell’osservare quella figuretta piacevole e vivace, la bimba pensò che non le era poi così antipatico...

Soprattutto intuiva che i loro destini erano particolarmente intrecciati.

Il più grande onore era toccato a lui...

Suo nonno le aveva raccontato tutto della Grecia e dei suoi miti..

Sapeva che la tradizione dei sacri guerrieri di Athena era nata lì..

Ma forse, non aveva bisogno di ricordare gli insegnamenti del nonno...

Lo sapeva e basta, senza che fosse necessaria alcuna spiegazione.

Sospirò...

E così, Seiya se ne andava in Grecia e sarebbe tornato solo dopo sei anni... se fosse sopravvissuto.

Ma certo, riguardo a questo non aveva dubbi : avevano un compito misterioso da svolgere insieme.

Immediatamente dopo di lui salì Shun, timido e pauroso.

A differenza degli altri, lui non faceva nulla per mostrarsi più sicuro di quello che era.

Non era da lui nascondere ciò che provava...

Saori non se ne era mai resa conto, ma si sentiva intenerita da lui : era limpido come il cielo sereno, un libro aperto per tutti... bastava guardarlo negli occhi per leggergli nel cuore.

Lesse balbettando :

"I... isola della Regina nera..."

No, pensò Saori, c’era qualcosa che non andava.

Mylock scoppiò in una crudele risata.

"E’ incredibile ! Proprio a te è capitato il posto peggiore ! Lo sai di cosa si tratta ?"

Shun fece segno di no con la testa.

Allora, Mylock si piegò per portare il volto all’altezza di quello del bambino :

"E’ un vero inferno ! Un’isola del Pacifico posta proprio sotto l’Equatore ! Tutto l’anno è percossa da un’inarrestabile pioggia infuocata..."

Shun abbassò lo sguardo balbettando qualcosa, ma a voce troppo bassa per essere udita.

Mylock non gli prestò attenzione e continuò ad infierire sul visibile terrore del ragazzo :

"Ma il clima, già di per sé insopportabile, è niente in confronto a colui che sarà il tuo maestro... E’ chiamato il Cavaliere del Mistero, perché nessuno ha mai visto il suo volto, sempre coperto da una maschera.... è il più crudele tra tutti i maestri... dicono che sia peggio di un demonio... Nessuno è mai tornato vivo da lì... Anzi.. qualcuno è tornato, ma la sua personalità era completamente distorta !"

Saori si stava lambiccando il cervello per trovare una soluzione : sapeva che qualcosa non aveva funzionato... Le cose dovevano andare diversamente per Shun.

All’improvviso, la voce strafottente di Ikki si intromise nel discorso di Mylock :

"Sai una cosa ? La descrizione così pittoresca che hai fatto di quel posto, mi ha colpito talmente che ho deciso di vederlo di persona !"

"Vorresti andarci al posto di tuo fratello ? Non è possibile, una cosa del genere non è prevista !"

Saori sorrise ; stava cominciando a credere davvero al destino.

Era certa che la situazione richiedesse una modifica... e la risposta era giunta da Ikki.

"Va bene così Mylock... lascia che Shun estragga un altro foglio !"

Mylock le rivolse uno sguardo torvo : era la seconda volta in pochissimo tempo che quella principessina lo contraddiceva di fronte a tutti.

Ma ogni desiderio di Saori, per lui, doveva essere un ordine.

Quindi annuì in direzione di Ikki e gli ordinò di scendere.

Shun era impietrito : se l’Isola della Regina Nera era veramente un tale inferno, Ikki rischiava la vita più di tutti e, come al solito, si era sacrificato per lui, il suo fratellino.

"Vuoi muoverti a pescare quel maledetto biglietto ? !" Lo redarguì nervosamente Mylock.

Shun, che ormai tremava come una foglia, introdusse la mano nell’apertura e, estratto il foglietto, lesse :

"Isola di Andromeda, Oceano Indiano".

Saori era esultante : adesso era tutto a posto.

Andromeda era la principessa etiope salvata da Perseo dopo che aveva accettato di sacrificarsi per salvare la sua gente.

Shun era legato alla costellazione di Andromeda : quell’armatura era inequivocabilmente la sua, senza possibilità di errore.

 

CAPITOLO 2

PARTENZA

"Fermati Shun ! ! !" gridò Ikki, cercando di richiamare il fratellino che, dopo l’estrazione, era scappato via sconvolto.

Non gli fu difficile raggiungerlo ; lo afferrò per un braccio e lo costrinse ad arrestare la sua corsa.

Shun si arrese alla forza del fratello e si abbandonò contro di lui, ma continuava a singhiozzare.

Ikki lo fece sedere sul prato e si inginocchiò al suo fianco :

"Non è ora che la smetti di frignare ?"

Invece di obbedire, il piccolo si mise ad urlare in modo isterico :

"Perché Ikki ? ! ! Questo non lo dovevi fare ! !"

"Di cosa stai parlando ?"

"Lo sai benissimo ! ! L’Isola della Regina Nera ! Dovevo andarci io ! ! Ti sei sacrificato per me da quando sono nato, ma questo è troppo ! !"

"Shun, non mi dire che questa volta non ti fidi delle mie decisioni... è meglio così per tutti e due..."

"Ma non è vero ! ! Quello è il posto più pericoloso ! ! Hai sempre detto che vorresti solo la mia felicità, ma se adesso io dovessi sopravvivere e tu morire, sarò condannato a una vita di terribile rimorso ! !"

Ikki rimase interdetto : a questo non ci aveva pensato...

Con la sua decisione aveva dimostrato di non avere fiducia in Shun ; forse l’aveva addirittura umiliato e se davvero le cose fossero andate come Shun temeva, il suo fratellino sarebbe stato condannato ad un’eterna infelicità.

Eppure, dentro di sé, Ikki sentiva di avere fatto la scelta giusta.

Obiettivamente lui credeva di avere qualche possibilità di cavarsela in quell’inferno che aveva descritto Mylock... Shun no... Per lui sarebbe stata dura anche nella più facile scuola di addestramento.

No... non aveva sbagliato :

"Shun, ascolta... una vita di rimorso sarebbe la mia se tu morissi su quell’isola e io sapessi di non avere fatto niente per salvarti... Credimi... con il mio gesto ho solo dato ad entrambi una possibilità in più di rivederci tra sei anni..."

Shun si sdraiò di fianco sul prato e strinse nei pugni due ciuffi d’erba, nascondendo leggermente il viso nell’incavo di un braccio :

"Io credo che non sia giusto" mormorò "Non riesco a sentirmi bene..."

"E invece è giusto così !"

Entrambi sussultarono a quella voce ; Shun si sedette di scatto, guardandosi intorno con aria smarrita.

Persino Ikki era sconcertato...

Alman di Thule era apparso alle loro spalle : il suo sguardo non mostrava la solita durezza.

Istintivamente Shun si avvicinò di più a Ikki, che scrutava con il solito sospetto quel volto anziano e ombroso.

"Tuo fratello ha agito con la massima saggezza Shun, non solo spinto dall’affetto..."

I bambini erano sconcertati : come mai Alman era così gentile ?

C’era quasi commozione nella sua voce.

"E’ stato il destino a guidare il cuore di Ikki... Le stelle vogliono così, credetemi... Sei tu a dover lottare per l’armatura di Andromeda, Shun..."

Shun avrebbe voluto chiedergli da dove prendeva tutta questa certezza ma deglutì, senza riuscire a tirare fuori neanche un flebile suono.

Ikki, invece, parlò, senza la minima timidezza :

"Visto che sa tante cose, per quale armatura dovrò combattere io ? Quale armatura c’è sull’Isola della Regina Nera ?"

Alman non si adirò per il tono strafottente di Ikki ; scosse semplicemente la testa e rispose :

"Non lo so... Sono poche le armature di cui conosco con certezza l’ubicazione... L’Isola della Regina Nera è un totale mistero per me... Io sono solo uno strumento, come voi... Non mi è stato rivelato tutto."

Nel frattempo, un altro ragazzino si era avvicinato al gruppetto, ascoltando incuriosito quella conversazione.

Si trattava di Seiya che, dopo un po’, si decise a farsi avanti :

"Signore..." esclamò con la sua vocetta vivace e tenendo fieramente il nasino all’insù.

Alman rivolse così a lui le sue attenzioni e nuovamente, lo fece con una disponibilità impensabile :

"Che c’è Seiya ? Vorresti qualche informazione ?"

Seiya annuì.

"D’accordo... hai avuto un grande onore sai ? Tu lotterai per una delle armature più importanti... si dice che, pur essendo solo un’armatura di bronzo, sia unica e abbia delle particolarità eccezionali ! Non per niente si trova in Grecia, la patria dei sacri guerrieri di Athena... se riuscirai a diventare un sacro guerriero, quella corazza, protetta dal cosmo di Pegasus, sarà tua !"

Seiya non parve particolarmente colpito da quelle parole : c’era una questione che gli premeva maggiormente :

"Posso chiederle una cosa ?"

"Dimmi ragazzo !"

"Se riuscirò a portare quell’armatura in Giappone, potrò rivedere mia sorella ?"

"Sì Seiya... te la farò rivedere..."

 

...

 

Il cuore di Alman era greve e triste.

Cosa aveva fatto a quei ragazzi ?

E se tutto fosse stato inutile ? Se si fosse trattato solo di una colossale menzogna invece che di una necessità voluta dalle stelle ?

Se quelle crudeltà e quei sacrifici che aveva inflitto ai bambini e quelle ancora più dure che li aspettavano alle scuole di addestramento avessero finito per rivelarsi nient’altro che cattiverie gratuite ?

Molti di quei ragazzini sarebbero morti per niente, tra inimmaginabili atrocità : li stava privando di un futuro tranquillo, normale e sereno...

O forse no dopotutto : quell’incontro di sei anni prima che aveva segnato la sua esistenza, gli aveva affidato un messaggio che non aveva potuto non ascoltare, una missione che doveva compiere a tutti i costi...

Erano troppe le coincidenze, le cose che dopo quella memorabile notte in Grecia si erano spiegate.

Primo fra tutte queste cose, il suo impulso a viaggiare e ad unirsi con così tante donne nel giro di poco tempo : pensare che in gioventù, non era mai stato un libertino.

E ognuna di quelle relazioni aveva dato almeno un frutto : si era ritrovato con un centinaio di figli, tutti maschi, sparsi su tutto il globo.

Dopo la notte della rivelazione, aveva compreso che tutto era accaduto per uno scopo : lui stesso era stato uno strumento del destino e degli dei, come quelle donne e quei bambini.

Concitate urla infantili portarono i suoi passi verso un angolo degli immensi giardini.

Riecco la solita scena ; era giunto il momento di darci un taglio o la maturazione della piccola Saori sarebbe stata compromessa...

Sarebbe stato un disastro se fosse cresciuta così dispotica e prepotente, se avesse continuato a farsi odiare da quei ragazzi.

La bambina era sulla schiena di Asher e con il frustino da amazzone, lo incitava a correre carponi sulla ghiaia.

Il volto del ragazzino era sofferente, ma stringeva i denti ; i compagni erano intorno ai due, alcuni frementi di rabbia, altri angosciati.

All’improvviso Saori lo vide e, con foga, scese dalla schiena di Asher e gli corse incontro, precipitandosi tra le sue braccia.

Alman vide Asher lasciarsi scivolare a terra : aveva i pantaloni strappati, le ginocchia e i palmi delle mani sanguinanti e graffiati dalla ghiaia.

Alman abbracciò la bambina :

"Non sono mai alla villa e sbaglio ; dovrei controllare con i miei occhi come vanno le cose..."

Pensava anche a Mylock, che abusava del potere che aveva sui bambini e spesso esagerava.

Ma soprattutto, la paura l’aveva spinto a viziare Saori, appoggiandola in ogni angheria verso gli altri piccoli ospiti.

"Avrei dovuto occuparmi di più della tua educazione, nipote mia..."

La fece voltare, in modo che gli occhi della piccola duchessa potessero puntarsi su Asher...

Con sua soddisfazione, Alman notò un doloroso stupore sul visino di Saori mentre osservava il sofferente ragazzino sostenuto dai compagni.

Non era mai accaduto, prima, che lo sguardo della bambina superasse l’indifferenza : era cambiato qualcosa ultimamente.

Le parole che Alman aveva in mente, non potevano fare che bene :

"Vedi cosa hai fatto al povero Asher ? Sono sicuro che ti dispiace e che d’ora in poi mostrerai a questi ragazzi, che stanno per andare a rischiare la vita da soli, in posti sconosciuti, tutta la cura e il rispetto che meritano.. perché lo fanno anche per te piccola... anche per te lotteranno in questi anni... dovrai essere una guida per loro, ma non una tiranna... dovrai conquistare la loro fiducia e il loro amore con fermezza, certo, ma una dolce fermezza... dovrai tirare fuori tutta la bontà che è nel tuo cuore e ce n’è tanta, anche se non hai ancora imparato a usarla... ma io questa bontà la vedo già rispecchiata nei tuoi occhi... "

La bambina lo ascoltava attentamente , con curiosità ma senza un eccessivo stupore : Alman comprese che Saori stava gradualmente acquistando la consapevolezza necessaria...

Presto avrebbe compreso da sola chi era ; non ci sarebbe stato bisogno del suo intervento.

 

...

 

"Shun, ti stavo cercando..." disse Hyoga giungendo inaspettato alle spalle dell’amico.

Shun sussultò e si voltò verso di lui... Aveva gli occhi rossi e lucidi : Hyoga comprese che aveva pianto di nuovo...

Lo faceva più spesso del solito ma mentre prima, nei momenti di disperazione, andava a rifugiarsi tra le braccia di Ikki, ora cercava di non farsi vedere da lui : gli aveva promesso che sarebbe stato forte e voleva dimostrare questa forza imparando anche a tenere per sé il dolore, senza farlo pesare a coloro che amava... era un fardello suo e che doveva portare solo lui...

Ma Hyoga era il suo confidente ; cercavano di farsi coraggio a vicenda, anche se Hyoga sentiva di essere stato più fortunato di Shun : sarebbe tornato nella sua terra d’origine e non aveva nessun rimpianto, nessun senso di colpa contro cui combattere...

Non sapeva cosa dire per sollevare Shun dalla difficile situazione in cui si trovava e, come se non bastasse, il piccolo sarebbe stato tra i primi a partire : ormai era questione di giorni...

Hyoga, invece, sarebbe stato tra gli ultimi.

Shun lo guardò un attimo, senza dire nulla, poi abbassò il volto.

Fu Hyoga a rompere il silenzio, un po’ timidamente, perché riteneva che ogni cosa che avesse detto sarebbe stata inutile o addirittura fuoriluogo :

"Vorrei... poter fare qualcosa per te Shun..."

Il piccolo si strinse nelle spalle :

"Siamo tutti nella stessa situazione..."

"Non è vero... la tua è un po’ particolare..."

"Lo so cosa pensate tutti... che io sono un egoista e ho messo mio fratello in pericolo di vita per salvarmi..."

Hyoga emise un’esclamazione indignata : davvero pensava una cosa del genere ? Che gli altri lo giudicassero colpevole ?

Forse c’era qualcuno che la pensava così, ma erano i più insensibili e superficiali, non certo lui.

"Una simile idea non mi ha nemmeno sfiorato, Shun !"

Shun si lasciò sfuggire un sospiro penoso, il suono stesso dell’angoscia :

"Ma è così... Sono un essere debole e inutile, buono soltanto a rovinare la vita di Ikki... che ci sono venuto a fare al mondo ? !"

"Non devi parlare in questo modo... l’abbiamo già fatto questo discorso... tu sei venuto al mondo per dare un senso alla vita di Ikki e anche per dimostrare quanto vali... e riuscirai a dimostrarlo !"

Il ragazzino guardò Hyoga con un’infinita gratitudine negli occhi verdi e, con un singhiozzo, si asciugò le lacrime che non era riuscito a trattenere :

"Sono contento di averti conosciuto... Però, sono così triste di dover lasciare anche te... Se torneremo tra sei anni, forse tu mi avrai dimenticato..."

Il piccolo russo si sentì intenerito dall’affetto che Shun provava per lui :

"Dimenticarti ? Sei stato una delle poche cose belle che mi siano successe dopo la morte di mia madre, una consolazione... Se farò del mio meglio in questi sei anni sarà anche per la speranza di rivederti... e se accadrà, saprò dimostrarti quanto la nostra amicizia conterà ancora tanto per me ! Sei legato ad un momento significativo della mia vita... non potrei scordarmi di te neanche se lo volessi... e comunque non vorrei !"

Adesso, lo sguardo di Shun era quasi incredulo per ciò che aveva udito ; a Hyoga venne da sorridere :

"Ora Shun, facciamo un giuramento : tra sei anni, quando torneremo, chiederemo notizie l’uno dell’altro e faremo di tutto per incontrarci... e allora passeremo il resto della nostra vita camminando fianco a fianco !"

Allungò la mano destra ; Shun fece altrettanto e intrecciò il mignolo con il suo.

"Giuriamolo Shun... giuriamo che tra sei anni ci vedremo qui, in questo punto, in questo stesso giorno !"

Shun annuì ; gli occhi dei due bambini si specchiavano gli uni in quelli dell’altro, due paia di occhi, bellissimi anche se così diversi, accomunati dal luccichio dovuto alla commozione di entrambi.

"Che la maledizione ci colga se uno di noi due dimenticherà questo patto !" aggiunse ancora il piccolo russo...

"Ikki, un po’ di tempo fa, mi ha detto, per farmi coraggio, di pensare a come devono stare male quelli che non avranno nessuno ad aspettarli tra sei anni" disse Shun, con la sua vocina tremante "mi sei venuto in mente tu ed ero così triste per te... ma adesso..."

"Sì Shun... mi hai appena dato un motivo per essere più forte, perché anch’io avrò un fratello da cui tornare...."

Aveva pronunciato quelle parole senza riflettere ; ma Shun non poteva comprendere le reali implicazioni che si celavano in quel fratello... aveva accolto quella parola come una manifestazione di profonda amicizia da parte di Hyoga.

Era vero, pensò il piccolo : adesso, l’amico aveva qualcuno da cui tornare... lui però si trovava costretto ad abbandonare un fratello in più... e aveva così tanta paura di non farcela... non si sentiva fiducioso e combattivo come la maggior parte dei suoi compagni...

Era terrorizzato, non solo per la paura di perdere la vita ma forse soprattutto per la consapevolezza che così, avrebbe tradito la fiducia di chi credeva in lui

 

 

Ancora un giorno, l’ultimo che avrebbe passato con il fratellino...

Dalla finestra penetravano le prime luci di quell’ultima alba in cui si sarebbero risvegliati stretti l’uno all’atro e in cui Shun avrebbe potuto trovare protezione tra le sue braccia.

Anche quella notte il piccolo l’aveva passata nel letto del fratello maggiore, ma questa volta, neanche quel contatto era riuscito a tranquillizzarlo... perché anche Shun era consapevole che d’ora in poi, avrebbe dovuto farne a meno...

Aveva scalciato e si era lamentato per ore, calmandosi solo verso il mattino.

Neanche Ikki aveva dormito, ma non perché Shun l’aveva disturbato : era lui stesso troppo teso, troppo ansioso.

Forse era ridicolo, ma si sentiva vicino a quelle madri a cui veniva strappato un cucciolo ; aveva trascorso la notte ad abbracciare il fratellino, a riempirlo di baci sulla fronte e ringraziando il cielo perché il buio impediva a Shun di scorgere le lacrime silenziose che solcavano le sue guance : vedere il fratello così abbattuto e scoraggiato, non avrebbe aiutato quel bambino che era il più sensibile ed emotivo che si fosse mai visto.

Ikki si guardò intorno : dormivano tutti e la sveglia non era ancora suonata... dal giorno dell’estrazione, ai bambini erano state concesse più ore di riposo.

Shun gemette e sussurrò qualche parola :

"Non lasciarmi... Ikki... niisan... ho paura..."

Ikki sentì un dolore al petto : credeva che il suo cuore stesse per spezzarsi.

Lo strinse più forte ; anche lui aveva paura... si era sforzato di avere fiducia nelle capacità del fratellino, ma proprio non riusciva ad immaginare Shun tra i pochi sopravvissuti, in quell’esperienza atroce che li aspettava...

Come avrebbe potuto quella creatura così fragile e delicata, sopportare le condizioni di vita che, come era stato detto ai ragazzi, nelle scuole di addestramento erano proibitive ?

Come avrebbe potuto il suo fratellino, così ingenuo e vulnerabile, incapace di ogni pensiero negativo, essere addestrato alla guerra ?

Ikki si sforzava di immaginare un Shun tredicenne, che indossava con fierezza un’armatura ed esibiva uno sprezzante atteggiamento da guerriero, ma proprio non ci riusciva...

Come sarebbe stato Shun tra sei anni ?

Non ci sarebbe stato nessun Shun tra sei anni... qualche maestro spietato si sarebbe accanito su quel bambino buono ed indifeso ed avrebbe stroncato la sua vita, nel tentativo di trovare in lui un briciolo di cattiveria in nome di Athena...

Per quanto si impegnasse, Ikki non riusciva ad immaginare suo fratello adulto... tutto quello che vedeva nella propria mente erano quei due grandi occhi verdi, spalancati e pieni di terrore e di lacrime... il piccolo corpo ricoperto di ferite provocate dagli addestramenti... l’immagine di Shun che moriva invocando il suo nome, circondato da esseri senza volto e insensibili, che non mostravano la minima pietà per le sofferenze di un bambino.

Ikki scosse la testa : no, doveva cacciare quell’immagine... era dovuta alla sua ansia, alla consapevolezza di non poterlo più proteggere...

Senza rendersene conto, cominciò a singhiozzare ; non riusciva più a trattenersi.

Pregò che Shun continuasse a dormire ancora per un po’.

Una mano si posò affettuosamente sulla sua spalla : era Hyoga... Ikki scostò malamente quella mano che voleva dargli conforto e scattò in piedi.

Quel gesto brusco svegliò Shun, il quale si stropicciò gli occhi e guardò intorno con il suo solito sguardo da cerbiatto smarrito.

"LASCIAMI IN PACE ! ! !" gridò Ikki.

"Non fare così..." sussurrò Hyoga "Io... ti capisco..."

"No che non capisci ! ! Nessuno può capirmi ! ! !"

Ikki, in pigiama, diede una spinta a Hyoga e scappò via di corsa.

Quasi tutti i bambini erano stati svegliati da quel baccano.

"E invece posso capirti eccome..." mormorava Hyoga continuando a fissare tristemente il punto in cui il compagno era scomparso "Se solo sapessi cosa mi lega a te... a tutti questi bambini.... ma soprattutto a Shun.... anche io lo giudico... il mio fratellino..."

Una piccola mano si aggrappò a una falda del suo pigiama ; si voltò verso gli occhi sgranati di Shun, inginocchiato sul letto :

"Che cosa è successo Hyoga ?" squittì con quella flebile vocina da cucciolo indifeso che era solo sua.

Hyoga si sedette al suo fianco :

"Niente di grave... non preoccuparti..."

"Stasera... dovrò partire... non era un brutto sogno... è proprio vero..."

"Oh... Shun..."

"Hyoga... cosa aveva mio fratello ? Perché litigavate ?"

"Non stavamo litigando... lui... è solo molto triste..."

Shun balzò giù dal letto e si vestì in fretta e furia :

"Sono un egoista ! Devo andare da lui !"

Nel giro di pochi istanti, anche lui varcò la soglia della camera, mentre i compagni assistevano perplessi a quella scena.

Shiryu e Seiya si avvicinarono a Hyoga.

"Si può sapere che diavolo è successo ?" chiese Seiya.

"Quello che dovevamo aspettarci il giorno in cui Shun e Ikki avrebbero dovuto separarsi..." rispose Shiryu.

Hyoga non aveva più staccato gli occhi dalla porta :

"Sì Shun... vai da lui... solo voi due potete trovare le parole giuste da dirvi..."

 

...

 

Ikki era rannicchiato ai piedi dell’albero, punto di riferimento dei due fratelli ; teneva il viso nascosto tra le braccia... Shun non l’aveva mai visto così, ma chissà quante volte Ikki aveva combattuto da solo contro la tristezza, senza farsi vedere dal fratellino... Lui non aveva nessuno cui appoggiarsi nei momenti di sconforto.

Povero Ikki, si disse Shun... sono una vera palla al piede ; non deve affrontare solo la paura di un difficile addestramento, ma anche l’ansia per un fratello debole e incapace.

Si avvicinò così silenziosamente che Ikki non lo udì, finché non si lasciò cadere al suo fianco ; solo allora il ragazzo bruno sollevò il viso e si voltò verso di lui.

Quando lo vide, sfregò velocemente il braccio sul viso bagnato per asciugare le lacrime e, con una capacità di ripresa miracolosa, gli rivolse uno dei suoi soliti, rassicuranti sorrisi.

Shun ricambiò quel sorriso meglio che poté ; rimasero a fissarsi così, a lungo, senza parlare.

Una mano di Ikki si allungò ad accarezzare i riccioli del fratello, ai quali la luce dell’alba donava un colore singolare e prezioso : sembravano risplendere di luce propria, accendendosi di svariati riflessi in tutte le tonalità del biondo e del rosso.

Anche la pelle bianca del bambino era illuminata dai primi raggi del sole, in quel momento particolare della giornata in cui ogni colore appare strano, quasi magico : Shun era come una creatura incantata, perfetta, di una bellezza eterea ma così fragile, che avrebbe potuto scomparire da un momento all’altro al contatto con la triste realtà.

Era quello che stava per accadere ? Si chiese Ikki ; il suo fratellino sarebbe davvero svanito dal mondo per trasformarsi definitivamente in un angelo ?

"E io cosa farei senza di te ?" sussurrò senza rendersene conto.

"Cosa dici niisan ?"

Ikki sussultò e si diede dell’idiota ; tutte le sue debolezze e le paure stavano sgorgando all’improvviso, abbattendo quell’argine di durezza che, fino ad ora, aveva retto senza eccessivi problemi.

Shun distolse lo sguardo per rivolgerlo a terra :

"Tu credi che non ce la farò, vero Niisan ? Per questo sei così triste".

Ikki si mise di scatto in ginocchio e lo afferrò per le spalle :

"No Shun ! ! Ce la farai ! Io sono sicuro che ce la farai ! Me l’hai promesso !"

Shun sorrise timidamente, con tristezza :

"E’ proprio questa la cosa peggiore... le probabilità sono contro di me... non avrei dovuto promettere..."

Le mani di Ikki lo strinsero con maggior forza ; adesso tremavano e piangevano tutti e due.

"Oh Niisan !" singhiozzò Shun aggrappandosi a lui e nascondendo il volto nel suo forte abbraccio "Vorrei tanto esserti più di aiuto, avere meno paura ! ! Ma sto così male !"

Che sto facendo ? Pensò Ikki... Fino a poco tempo fa sono riuscito ad avere fiducia in Shun, ero riuscito a trasmettergli questa fiducia... Cosa mi sta succedendo ? Shun non è debole, è solo troppo sensibile : ma farebbe qualsiasi cosa per me, e per potermi rivedere tirerà fuori la sua forza nascosta... ne ha... ne ha da vendere ! Io lo so ! ! Una forza che in pochi possono capire... non è forza fisica, durezza, ma una forza che è tutta nel cuore ! Chi può conoscerlo meglio di me ?

Lo fissò a lungo : ora lo vedeva... gli occhi di giada erano sempre uguali, lo sguardo, il viso, sempre infantile e innocente...

Ma riuscì a vederlo nel pieno dell’adolescenza, bellissimo, elegante nelle sue forme efebiche ma non prive di una virtù, di una fierezza guerriera...

Finalmente, nei suoi pensieri, all’immagine di un bambino indifeso e morente, si era sostituita quella di un ragazzino di tredici anni, quello che Shun sarebbe diventato a dispetto di chi lo sottovalutava.

Sorrise di nuovo, questa volta con più sincerità :

"Ora lo so" disse "So che ce la farai ! ! Guardami negli occhi Shun ! !"

Il piccolo obbedì.

"Osservami attentamente... riesci a capire che ci credo davvero ?"

Shun annuì, stupito ; evidentemente, aveva notato la differenza nell’atteggiamento del fratello.

"Niisan...."

"Ti ho visto... è stato un lampo, ma ti ho visto chiaramente... un bellissimo guerriero di tredici anni, ma sempre lo stesso innocente Shun... riuscirai a diventare forte senza cambiare ! Sarà il tuo cuore a vincere l’armatura, non la tua forza fisica !"

Shun era sconcertato, ma Ikki appariva davvero convinto : la sua fiducia gli scese nell’animo, lo avvolse con un calore intenso, protettivo come le braccia del fratello.

Anche il piccolo sorrise di nuovo, e anche il suo sorriso fu più sentito e sincero.

Quella dose di fiducia che Ikki gli aveva infuso, l’aveva quasi convinto che poteva farcela.

Ma Ikki ? Quel posto terribile in cui doveva andare ? Shun si chiese se sarebbe riuscito a combattere anche contro il senso di colpa.

"Fratello e tu ? Ho paura dell’Isola della Regina Nera, paura che ti porti via da me !"

Una mano di Ikki arruffò affettuosamente i morbidi capelli di Shun e una voce spavalda e sbruffona rispose :

"Non sia mai che un’isola, un uomo con una maschera e delle difficili condizioni climatiche, mi impediscano di tornare da te... lo sai che sono forte no ?"

"Il... più forte del mondo..."

"E allora su con la vita e pensa ad essere forte anche tu !"

Le effusioni furono interrotte dal giungere improvviso di Mylock :

"Finalmente ti ho trovato microbo ! Vai a prepararti, è quasi ora di partire !"

Shun sussultò mentre il suo sguardo smarrito si spostava simultaneamente dal sorvegliante al fratello.

Anche Ikki era stato preso alla sprovvista :

"Ma è presto... deve partire stasera !"

"C’è stato un cambiamento di programma... Il pullman che deve caricare i primi bambini è già arrivato... partirà tra un’ora e Shun verrà condotto al porto dove si imbarcherà per l’Oceano Indiano !"

I bambini non se l’aspettavano ; pensavano di avere ancora tutta la giornata da passare insieme, di potersi preparare per gradi alla separazione e invece, il destino e gli adulti si accanivano sulle loro paure e sul loro dolore : ci sarebbe stata prima o poi, almeno una piccola cosa che si sarebbe rivelata dalla loro parte ?

Quell’ultima, brutta sorpresa era stata un colpo per Shun, un fulmine a ciel sereno ; Ikki lo vide tremare, vide le lacrime pronte a sgorgare dai suoi occhi, il precedente, momentaneo ottimismo, sgretolato come friabile roccia, dissolto come neve al sole.

Toccava di nuovo a lui trovare la forza necessaria per entrambi ; si accingeva a proteggerlo per l’ultima volta... Ma ora sapeva che Shun avrebbe trovato una volontà sufficiente a reagire, una volta che si fosse trovato solo.

Gli diede una gomitata e gli sussurrò in un orecchio :

"Non provare a fare uscire quelle lacrime... l’hai promesso, non deludermi !"

Shun deglutì, ma riuscì a non piangere ; Ikki si alzò e gli tese la mano... Le piccole dita tremanti di Shun si posarono su di essa e Ikki le strinse con forza, tirandolo verso di sé per farlo alzare.

"Seguitemi !" esclamò Mylock dando loro le spalle e avviandosi a grandi passi verso la villa.

 

...

 

Le mani di Ikki si muovevano meccanicamente, mentre preparava la poca roba che Shun avrebbe dovuto portare con sé in una piccola valigia abbastanza leggera da poter essere sorretta da un bambino di sette anni.

La tristezza nel cuore di Shun si faceva sempre più greve e opprimente, man mano che il fratello finiva di piegare i pochi abiti e li riponeva all’interno il più ordinatamente possibile, perché non risultassero troppo ingombranti.

Shun lo osservava, rimanendo immobile al centro della stanza, come se stesse assistendo ad una scena che gli era estranea, in una soffocante atmosfera onirica.

All’improvviso, mentre piegava l’ultima maglietta, le mani di Ikki si bloccarono, lo sguardo rimase basso, fisso davanti a sé, i pugni si strinsero sulla stoffa bianca e tremarono convulsamente.

Quel subitaneo attacco di dolore riportò bruscamente Shun alla realtà ; portò una piccola mano al petto, assalito da un violento batticuore che lo faceva star male.

Sentì una fitta così forte, che emise un singulto molto simile allo squittio di un topolino in trappola.

Ikki si riscosse e lo guardò con una severità tale da fargli fare un passo indietro :

"Vienimi a dare una mano... tieniti occupato o finirai per impazzire !"

Gli occhi, tuttavia, smentivano quella severità ; in essi tremolavano lacrime che, Shun lo sapeva, non sarebbero mai sgorgate.

Mosse qualche passo verso di lui, prese la maglietta tra le mani di Ikki e la strinse al petto, poi rimase di nuovo immobile, con lo sguardo a terra.

Udì Ikki sospirare...

"Shun..."

La voce era velata di ansia ; Ikki aveva notato che qualcosa non andava nel fratellino, ancora prima che Shun potesse realizzarlo....

Era già al suo fianco quando la stanza si mise a girare e le sue gambe cedettero...

Per un attimo, tutto fu buio ; si riprese quasi subito, quando le mani di Ikki lo accolsero e lo sostennero.

"Devi proprio farmi simili scherzi ? Addirittura svenire ?"

Rabbia, disperazione, tristezza, lottavano per prendere il sopravvento nella voce del fratello.

Shun riaprì di colpo gli occhi, offuscati da un velo di nebbia mentre si specchiavano smarriti in quelli del fratello.

Ikki lo condusse verso il letto :

"Sdraiati per qualche minuto... Devi essere in forma quando parti".

Shun scosse disperatamente la testa e gli gettò le braccia al collo :

"No ! Abbracciami ! Starò meglio se mi abbracci !"

Con un sospiro, Ikki lo strinse talmente forte da sollevarlo da terra.

In quel momento, la porta della stanza si aprì :

"Allora, vi manca ancora molto ? ! Aspettano solo te microbo !"

Ikki era così teso che il vocione roco e cattivo di Mylock fece sussultare persino lui ; Shun si rannicchiò maggiormente nel suo abbraccio.

Ikki cercò di giustificare il ritardo :

"Mio fratello si è sentito poco bene... è quasi svenuto..."

"Mi pare che si sia ripreso adesso... non possiamo fare privilegi per nessuno !"

"Questo significa che lo fareste partire anche se stesse male ?"

"Chi si lascia abbattere da un semplice malessere avrà vita corta nelle scuole di addestramento... lì non hanno pietà o attenzione verso le debolezze di un bambino piagnucoloso !"

Ikki stava per lasciarsi sopraffare da una rabbia incontenibile, come una mamma disperata che sa di non poter fare nulla per salvare il suo cucciolo...

Shun dovette presagire l’avvicinarsi della tempesta e, raccogliendo tutto il suo umile coraggio, si staccò dal fratello e sussurrò :

"Sto.. sto bene... sono pronto..."

Ikki lo guardò con orgoglio e gratitudine e, circondandogli le spalle con un braccio, lo accompagnò fuori, fino nell’immenso cortile dove attendeva il pullman.

Shun si bloccò nuovamente, osservando quel mezzo come avrebbe osservato un mostro degli Inferi giunto per portarlo alla dannazione...

Il motore era già acceso, gli ultimi bambini stavano salendo... Per una volta, apparivano tutti simili a Shun con quegli sguardi atterriti, pieni di domande che non avrebbero avuto risposta finché non fossero giunti a destinazione.

Spazientito per quel nuovo arresto, Mylock prelevò Shun dalle braccia di Ikki e lo condusse fino al veicolo, lasciandolo davanti all’entrata.

Ikki si rese conto dagli atteggiamenti del fratellino, che Shun era di nuovo in preda al panico e lo raggiunse mentre stava per salire sul pullman.

Si guardarono a lungo, con espressioni più significative di qualsiasi parola, quindi Ikki si sforzò di sorridere ed esclamò :

"Ricordati la promessa che ci siamo fatti e torna come guerriero !"

Shun annuì debolmente ma si vedeva che tratteneva a stento le lacrime :

"Sì... te lo prometto... ma..."

Lo sguardo ammonitore e incoraggiante di Ikki non servì a niente ; quelle immense pietre preziose che erano gli occhi di Shun, si fecero più luccicanti che mai.

"Io... vorrei tanto venire con te all’Isola della Regina Nera..."

"Shun, ne abbiamo già parlato... io me la caverò... pensa solo a quando ci rivedremo..."

In tutta risposta, il piccolo cominciò a singhiozzare ; Ikki aveva immaginato che, nonostante le parole che si erano detti, nonostante i buoni propositi, questo sarebbe stato il momento più atroce e difficile.

"Non mi avevi promesso di essere forte ? E ora ti rimetti a piangere come una femminuccia ?"

"Niisan.. voglio stare con te... hai sempre trovato una soluzione a tutto ; perché questa volta no ?"

"Fratellino... ti prego..."

Shun lasciò cadere la piccola valigia e si tuffò tra le sue braccia :

"Niisan... niisan...."

"Oh... Shun..."

Dopo il momentaneo sgomento, Ikki riprese in mano le redini della situazione ; si liberò dal soffocante abbraccio e prese una piccola mano di Shun tra le sue :

"Non fare così... ti sei sempre fidato di me no ? E io ti giuro che andrà tutto bene... ci rivedremo tra sei anni, riusciremo a mantenere la promessa perché è il desiderio più grande che abbiamo... sarà un desiderio così forte che ci farà vincere... non è forse vero che tu lo desideri come me ?"

Shun annuì.

"E allora ce la faremo ! Non può essere altrimenti ! ! Niente e nessuno potrà impedirci di stare di nuovo insieme e quando ci saremo ritrovati, non ci separeremo più !"

"Scu... scusami..."

Ikki gli arruffò affettuosamente i capelli :

"Vai ora...ti stanno aspettando..."

"SHUN !"

Con un coro unanime, tre ragazzini circondarono i due fratelli.

"Te ne andavi senza salutarci imbroglione ?" Seiya diede una spinta a Shun, scherzosa e, allo stesso tempo, colma di affetto.

"Ragazzi" mormorò Shun, regalando a ognuno di loro il suo dolce sorriso, tremolante per via della commozione.

Shiryu gli strizzò un occhio mentre Hyoga avvicinò il viso al suo per sussurrargli :

"Non hai dimenticato che anche con me hai scambiato una promessa vero ? Un giuramento sacro ?"

Shun scosse la testa e lo guardò umilmente... quanti impegni aveva da rispettare... era stato un presuntuoso a prenderli, a volerli illudere e a illudere se stesso, anche se per brevi istanti.

Salì a bordo come un automa, lo sguardo fisso e gli occhi vitrei ; nel momento in cui si sedette e il motore si accese, chiuse i sensi a tutto e si raggomitolò nel suo guscio, sforzandosi di non pensare a nulla...

Sapeva che se un barlume di consapevolezza fosse affiorato in superficie, la disperazione l’avrebbe fatto impazzire.

 

...

 

Saori aveva assistito all’addio dei due fratelli dall’alto della sua stanza, affacciata alla finestra ; le era sembrata così assurda, da parte sua, la commozione che aveva provato nell’osservare il loro saluto.

Ikki era rimasto ad osservare l’autobus che scompariva, portando lontano il suo adorato fratello, chissà dove, forse per sempre.

Lo sguardo di Ikki non era mai stato così sperduto come quella mattina.

Mentre era ancora lì, immobile, come se sperasse di veder tornare il pullman o forse desiderando ardentemente che si trattasse solo di un brutto sogno, Mylock si avvicinò a lui ; possibile che quel bestione si fosse commosso e avesse deciso di confortarlo ?

Saori dovette ricredersi quasi subito ; vide Mylock piegarsi sulle sue lunghe gambe e portare il viso all’altezza di quello del bambino :

"Povero Ikki" lo sentì dire "ti sei sacrificato per il fratellino e speri che lui ci abbia guadagnato nello scambio... mi dispiace doverti disilludere".

Ikki si riscosse nell’udire la sua voce e lo osservò con sospetto :

"Cosa vuol dire ?"

"L’Isola di Andromeda non è molto meglio dell’isola in cui andrai tu.... anch’essa è un inferno... Di giorno è una distesa di fuoco, la temperatura supera i 50° ; ma di notte scende, scende fino a un freddo insopportabile, parecchio sotto lo zero... Sono pochi gli esseri viventi che riescono a resistere ad un simile ambiente... Per tuo fratello sarà impossibile !"

Sogghignando, strizzò l’occhio al bambino :

"L’armatura di Andromeda è lì da secoli, inutilizzata... nessuno è più riuscito ad impossessarsene dai tempi mitologici... tutti sono stati sconfitti, sia dalla spietata selezione dovuta all’addestramento ma anche all’ambiente proibitivo.... Sai, Ikki ? Mi sa che tu e tuo fratello sarete riuniti, sì... ma nell’aldilà !"

Le mani di Ikki si strinsero in pugni tremanti, un ringhio feroce deformò il suo viso maturo :

"Riportalo indietro !" esclamò "fai qualcosa, richiama indietro l’autobus, ma riportalo qui !"

"Lo sai bene che è impossibile !"

"No che non è impossibile !" urlò Ikki "Devi farlo ! Non avete il diritto di trattarci come schiavi ! Di me puoi fare quello che vuoi, ma mio fratello non deve andare in luoghi simili ! Fallo tornare indietro !"

In tutta risposta, Mylock esplose in una crudele risata ; la mente di Ikki fu accecata da un’ira incontrollabile...

Con uno scattò improvviso, fece un balzo e colpì il custode in pieno viso, sferrando un pugno straordinario per un bambino della sua età ; l’allibito Mylock cadde a terra, portandosi una mano al naso sanguinante.

Nello stesso momento, Ikki gli girò intorno e sfrecciò in una veloce corsa verso la recinzione.

Alcuni ragazzi assistevano alla scena ; Seiya fu il primo a fare mente locale e a rendersi conto di quello che sarebbe accaduto se nessuno avesse fermato il compagno.

Si lanciò verso di lui, immediatamente seguito da Hyoga e da Shiryu.

"Fermati !" gridò "Non fare sciocchezze Ikki !"

Dopo pochi istanti gli saltò addosso, ma Ikki era troppo forte per lui e in più era preda di una furia incontrollata ; Seiya fu gettato malamente al suolo e la stessa sorte ebbero gli altri due ragazzi.

Nessuno di loro riuscì a impedire il dramma che seguì.

Ikki saltò e si aggrappò alla recinzione....

La scossa fu istantanea : Ikki fu percorso da un brivido e cadde all’indietro.

Rimase disteso al suolo, con la pelle segnata da evidenti scottature.

Per un po’ il ragazzo, intontito e dolorante, non fu in grado di reagire, mentre il suo corpo era percorso da tremiti e convulsioni.

I compagni erano terrorizzati.

"Ikki ! Ti prego rispondi ! Dimmi che stai bene !" esclamò Shiryu gettandosi su di lui.

Fu immediatamente respinto da un pugno del ragazzo che lo colpì dolorosamente allo stomaco ; la sua capacità di ripresa era stata sorprendentemente fulminea, laddove anche un adulto, forse, avrebbe rischiato la vita.

"Non voglio saperne più niente di voi !"

"Ma perché l’hai fatto ?" domandò Seiya con rabbia "Shiryu voleva solo aiutarti ! Era preoccupato per te !"

"Anche voi siete contro di me ! Non ve ne importa niente della sorte di Shun !"

"Ma cosa dici ?" sussurrò Hyoga, dolorosamente colpito da quelle parole.

In quel momento giunse Mylock, ancora sanguinante, a porre fine al battibecco.

Afferrò Ikki per la maglietta, sollevandolo da terra ; il ragazzo prese a dibattersi furiosamente.

"E no bello mio !" lo apostrofò Mylock "Prima mi hai preso alla sprovvista, ma questa volta non mi freghi più ! L’hai fatta grossa sai ? Non immagini cosa ti costerà questa grave infrazione !"

Pochi istanti dopo i due si allontanarono, sotto gli sguardi demoralizzati degli altri bambini.

"Povero Ikki..." mormorò Shiryu.

"Povero Ikki un corno !" brontolò Seiya "Ci ha trattato come dei nemici quando volevamo aiutarlo ed essere dalla sua parte ! Per me può andarsene al diavolo !"

"Non dire queste cose... pensa a metterti nei suoi panni... come avresti reagito se al posto suo e di Shun, ci foste stati tu e Patricia ?"

La rabbia scomparve dal visetto vivace di Seiya che si piegò tristemente verso terra :

"Io e Patricia ci siamo già passati in un momento simile... hai ragione Shiryu... mentre mi portavano via da lei avrei fatto a pezzi quegli uomini se non fossero stati così grandi e forti !"

Un attimo dopo, sollevò il volto e all’abbattimento si sostituì un’improvvisa fierezza :

"Ma io conquisterò l’armatura e diventerò un guerriero... e allora gli adulti non potranno più permettersi di comandarmi e di trattarmi così, perché io diventerò più grande e forte di loro !"

 

...

 

Mylock e i suoi assistenti si erano davvero sfogati questa volta ; Ikki non ricordava di essere mai stato picchiato in modo così spietato e selvaggio, legato a testa in giù e bastonato a sangue, tanto che l’avevano ridotto a piangere, supplicandoli di smettere... proprio lui, che non aveva mai versato neanche una lacrima...

La terribile scossa che aveva ricevuto dal filo spinato era stata una atroce prova, ma evidentemente, Mylock pensava che né questa, ne l’ancor più dolorosa separazione dall’adorato fratellino fossero punizioni sufficienti.

Poi l’avevano abbandonato lì, sul pavimento, e se ne erano andati senza una parola...

E in più quella paura, il terrore che le osservazioni di Mylock avevano inflitto nel suo piccolo cuore...

"Shun..." continuava a mormorare "Riportatelo indietro... deve stare con me... io devo proteggerlo... riportatelo da me... ridatemi mio fratello..."

Dopo un po’, potevano essere passate diverse ore come qualche minuto per quel che ne sapeva lui, la porta della cantina si aprì e qualcuno gli afferrò un braccio, facendolo gemere di dolore.

"E’ ora di andare !" sbraitò Mylock senza troppe cerimonie.

Non rivide neanche Hyoga, Seiya e Shiryu prima di lasciare la villa e di essere gettato, ferito e febbricitante, nella stiva di una nave mercantile...

Non gli interessava... non avrebbe voluto rivederli... solo suo fratello era importante.

Il solo pensiero del tenero e innocente Shun, la sua piccola, luminosa stella l’avrebbe guidato, qualunque cosa avesse trovato in quella maledetta isola.

 

...

 

Saori seguiva con lo sguardo il pullman sul quale era salito Hyoga ; si scoprì a chiedersi come potessero stare i ragazzi già partiti, soprattutto Ikki, che non era al massimo della forza fisica quando l’avevano caricato sul pullman diretto verso il porto.

Erano rimasti più pochi bambini alla villa, tra i quali Seiya che sarebbe partito il giorno dopo.

Mentre tornava verso casa, Saori lo scorse, seduto sotto ad un albero : era strano vederlo così malinconico, lui sempre sorridente e allegro.

Ma Saori aveva sempre saputo che, sotto il suo atteggiamento baldanzoso, si celava una profonda tristezza : la nostalgia per la sorella maggiore, dalle cui braccia era stato strappato due anni prima.

Il legame con i suoi quattro amici del cuore aveva un po’ lenito la sua sofferenza, ma ora che gli altri non c’erano più era nuovamente solo e il dolore, mai realmente scomparso, era riemerso con il suo manto nero e soffocante.

Saori si avvicinò silenziosamente :

"Ma guarda un po’... il signor sbruffone ha perso tutta la sua aria baldanzosa ?"

Seiya scattò in piedi e la fissò terribilmente adirato :

"Cosa diavolo vuoi ? ! Non ho tempo da perdere con te !"

"Devo darti un ordine : riporta in Giappone l’armatura di Pegasus !"

"Tappati la bocca ! Non prendo ordini da una pivellina prepotente e viziata come te ! Riporterò, sì, l’armatura di Pegasus, ma solo per dimostrare che valgo qualcosa e che non sono lo schiavo di nessuno !"

"Ti impegnerai ancora di più se ti prometto che aiuterò mio nonno a ritrovare tua sorella ?"

Gli occhi di Seiya si inumidirono :

"La tua crudeltà è senza limiti ! So benissimo che lo dici tanto per dire qualcosa.. quando sarò partito non ricorderai nemmeno più la mia faccia !"

"Anch’io so cos’è l’onore sai ? Se mi metto in testa di fare una cosa la faccio, non solo per mantenere la promessa, ma anche per orgoglio personale !"

Seiya non seppe più cosa rispondere ; era troppa la speranza che quelle parole avevano suscitato in lui.

"Allora sei d’accordo ?" continuò Saori "Ti impegnerai ancora di più se ti giuro che manterrò la parola ?"

Seiya annuì, quindi corse via ; non voleva dare a quella bambina che detestava nessuna soddisfazione.

"Ringraziare ti pesava troppo vero ? !" gli gridò dietro Saori.

Ma dopo l’attimo di rabbia sorrise ; le cose sarebbero cambiate tra loro due.

 

...

Arrivò la mattina in cui gli ultimi bambini partirono.

Saori non aveva più rivisto Seiya dopo la chiacchierata del giorno precedente... e sarebbero passati sei anni prima che si fossero incontrati di nuovo :

"Sei anni... saremo due ragazzi di tredici anni ; quanto saremo cambiati ? La partenza dei bambini ha dato inizio a qualcosa che so accadrà, ma che non riesco a capire... cosa sta per succedere ? Cosa diventeranno quei bambini ? E cosa diventerò io ?"

Si guardò intorno : il giardino, la villa, appariva tutto così vuoto e silenzioso senza i volti e le grida che credeva di odiare.

Cosa avrebbe fatto in quei sei anni ? sarebbe stata una noia mortale... tutta sola in quella grande casa vuota...

Ma il tempo sarebbe passato e tante cose si sarebbero chiarite ; la noia sarebbe stata ripagata... avrebbe avuto un sacco da fare al ritorno dei nuovi cavalieri.

Entrò nell’immenso edificio e si chiuse la porta alle spalle, mentre le foglie danzavano nella brezza dei primi giorni d’autunno... una stagione era finita e stava per iniziarne una nuova, lunga e difficile.